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Autore: aurtemporis    10/04/2024    5 recensioni
André vive serenamente con la nonna e il padre che lavora come bracciante nella tenuta di un nobile da molti anni. Un giorno, qualcosa di ritorno dal passato innesca una serie di esiti nefasti che si portano via l'innocenza e la spensieratezza; e la bambina bionda, dal nome curioso, assiste inerme. Negli anni a seguire, un incontro fortunoso dà inizio all'inesorabile piano per appianare un grave torto.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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André rimase tre giorni davanti quell'albero, ci dormiva anche, dato che il tempo era caldo e gradevole pure all'addiaccio. Il giovane servo aveva mantenuto la sua parola, gli portava notizie della giovane bionda due volte, mattino e tramonto. E già che c'era, si occupava anche di non farlo morire di fame, rimediando qualcosa per lui dalle cucine. La mattina del quarto giorno, il ragazzo gli disse di andar via, Oscar stava meglio ed era preferibile che il padrone non sapesse di lui lì apostato da giorni. "Fidatevi delle mie parole, tutti noi che lavoriamo su queste terre siamo molto affezionati alla signorina, più che alla famiglia intera" gli parlò prima di salutarlo, aggiungendo che non sarebbe più andato a riferirgli nulla. Che altro poteva fare, se non fidarsi, non vedeva ragione perché quel ragazzino gli mentisse. Sarebbe tornato al fienile e avrebbe atteso, e se lei non fosse giunta avrebbe fatto ritorno alla tenuta per vederla con i suoi occhi. Voleva solo rivederla in piedi e in buona salute, non gli importava anche se lo avesse poi scacciato. Quel tizio in divisa che gli si era lanciato addosso, si domandava se era qualcuno di speciale per la bionda. E se era sempre quel tale, il suo promesso. Che carte aveva da giocarsi contro uno così, poteva solo sperare nell'amore di lei, augurandosi non si fosse trasformato. Con quei pensieri tenebrosi, tornò lentamente verso la strada che portava lontano dalla tenuta.

 

Oscar sedeva sul letto, una veste bianca indosso e delle lenzuola leggere la coprivano fino alla vita. Le mani poggiavano sulle ginocchia tirate su, e pensava. Da quando si era svegliata, non faceva altro che rivivere gli ultimi accadimenti. Il medico le aveva detto che la lama era entrata e uscita causando una lieve emorragia interna, senza toccare organi importanti. Le aveva proibito di alzarsi per una settimana, tuttavia. Udì bussare, concesse il permesso.

"Oscarléne" il padre entrò e chiuse la porta. 

"Non ho intenzione di rivelare a nessuno ciò che mi avete raccontato, non preoccupatevi" disse subito lei, senza girarsi, gli occhi guardavano le tende irradiate dal sole della tarda mattinata. "Per quanto mi disprezzi nel farlo, porterò ciò che avete fatto con me fino alla morte" rivelarlo a Yves avrebbe conseguito uno scontro fatale, forse un duello tra i due. Altro discorso invece era se il sottotenente l'avesse scoperto con le sue forze o con l'aiuto di chi, forse, ancora stava indagando sull'avvelenamento del conte. Non voleva neppure sapere come il padre aveva agito e chi altri c'era stato, oltre Pascal, a fargli da complice.

"Non sono venuto per questo" girò intorno al letto per poterla guardare negli occhi "ti chiedo perdono per averti causato la ferita… Metterti davanti a una spada per quello lì… Chi è per te? Come fai a conoscerlo?"

La figlia non rispose.

"Il figlio di Grandiér voleva uccidere me e ci sei andata tu per traverso, me ne dispiace" riprese l'uomo.

"So che non era vostra intenzione colpirmi, padre" si voltò, prima che lui continuasse "però, credete che il male che si compie in vita resti impunito per sempre?" strinse le lenzuola nei pugni e lo guardò "Posso capire come vi siete sentito, dopo ciò che è successo in passato, ma niente vi giustifica. Avrei meglio potuto capirvi se aveste affrontato il conte subito, anche in uno scontro alle armi, invece che ordire un subdolo disegno per anni, nell'ombra, al fine di colpire sia lui che mia madre. Non c'è onore in questo"

"Tua madre ha fatto ogni cosa da sé" rise nervoso "lei si aspettava che io continuassi a vivere noncurante di niente? No, lei sapeva che la miccia era ormai accesa, sebbene ci sperasse che io fossi un debole accecato dall'amore, così come lei... Vuoi sapere cosa mi ha ferito davvero?" toccò il legno dei piedi del letto con le mani e lo strinse "Non il tradimento, perpetrato anche solo una volta, ma che lei ne fosse innamorata. Questo è inaccettabile. Se riesci a capirlo oppure no, rimane solo un tuo cruccio" non un cenno, né un vago senso di comprensione sul viso della figlia, ciò che invece l'uomo si attendeva.

"Ho preso una decisione, io e mia madre lasceremo la tenuta e andremo a stare dalla zia Séphora, per il momento" e lo disse guardandolo negli occhi "poi penseremo a una sistemazione definitiva. Oramai è impossibile continuare a vivere tutti e tre come la famiglia che non siamo più e che abbiamo solo finto di essere" ed era felice che almeno le sorelle, tutte sposate e distanti, non avessero subìto quello che stava passando lei. Neppure loro avrebbero mai saputo tutta la verità.

"Non ti affannare a cercare altre sistemazioni" l'uomo si distanziò dal letto e si approssimò alla porta "presto lascerò la Francia, sono comandante di un contingente volontario che partirà per le Americhe a giorni" la figlia si girò "l'ho deciso già da tempo, non pensare che mi faccia dettare da altri le mie scelte" e la prova era che aveva depositato la richiesta presso l'alto comando molti giorni addietro. Qualunque fosse stato l'esito del piano contro Renaud, non aveva desiderio di restare in Francia nei tempi subito seguenti, anche come salvaguardia. Però avrebbe voluto tornare, un giorno. "Potete restare qui, sarò io a lasciare la tenuta" scambiò un ultimo sguardo con la figlia, attese una parola, un qualcosa, anche un'occhiata d'odio; niente di tutto ciò si verificò. Uscì.

 

Il mattino seguente, la bionda dimenticò le direttive del medico e si vestì per uscire. Però non era ancora in grado di calarsi dalla finestra. Trovò fortunatamente solo la madre, quando scese le scale, con i suoi calzoni e la sua camicia che portava al di fuori per non infastidire la fascia intorno l'addome. La donna era stata con lei ininterrottamente fin quando non aveva ripreso i sensi. Ora la vide sdraiata su un divano, aveva paura di lasciarla sola con il padre, temeva qualche altro gesto folle improvviso. Combattuta se uscire o meno andò verso di lei. Non sapeva ancora che il generale aveva già lasciato la residenza, quella stessa mattina, era uscito senza voltarsi indietro, nell'aria afosa di uno degli ultimi giorni di giugno. 

Si inginocchiò davanti la donna, che pareva assopita. Il fianco le faceva male ma rimase così a guardarla in silenzio. Notò qualche ruga in più di quelle che ricordava, l'aveva sempre considerata una persona troppo remissiva, quasi a biasimarla così aspramente certe volte, da non volerle mai assomigliare. Se ne pentì. La donna riaprì piano gli occhi, incrociò quelli della figlia che portava il nome dell'unico uomo che avesse mai amato in tutta la sua vita. Avvicinò una mano sulla guancia della figlia e sorrise. Oscar afferrò quella mano con la sua e la baciò. "Perdonatemi, se non vi ho mai compreso" disse. La madre si commosse "Non vi giudico per ciò che è stato" proseguì, le lasciò la mano e si alzò. Allora la donna la informò del generale, che era andato via, senza dire una parola a nessuno. La figlia sapeva dove, quindi la mise al corrente. Sembrava una notizia che non destava più sorprese ormai.

"Dove vai? Non puoi ancora alzarti dal letto"

"Lo so madre, ma c'è qualcuno che vorrei rivedere. Ci siamo separati in un modo un po' brusco l'ultima volta" sorrise per non farla preoccupare, anche se non l'aveva convinta "sto bene, e sarò di ritorno presto" posò un altro bacio sulla fronte della donna e la lasciò.

Yves, che si era recato lì ogni mattina per avere notizie della bionda, quel giorno la vide uscire in groppa al suo cavallo bianco, con i capelli sciolti che si beavano dei raggi potenti del sole. "Ma dove se ne va in quello stato?!" e correva veloce, come se stesse inseguendo il vento. Girò la sua cavalla nera e iniziò ad andarle dietro. Nella foga, lei non l'aveva neppure visto arrivare.

Raggiunse il fienile in così poco tempo che Yves la perse di vista anche se il tragitto era in fin dei conti molto breve.

André era seduto al suo solito angolino, come passatempo, ogni tanto lanciava una delle sue monete d'oro nella cassetta che un tempo conteneva le pistole, l'aveva sistemata accanto l'ingresso. La seconda arma era invece vicino la sua gamba, sul pagliericcio muffo. Un'ombra si stagliò presso alla cassetta e l'ultima moneta che lanciò ne colpì il bordo, rotolando vicino gli stivali di Oscar. Lei la calciò con un piede e gliela fece tornare tra le gambe. Restò in silenzio, davanti la sua faccia inebetita e le labbra cucite, che le davano ai nervi come ogni volta che si aspettava dicesse qualcosa che invece non pronunciava. "Che c'è, non mi riconosci più?"

André deglutì, con la schiena si sporse per guardarla meglio, il sole gli andava contro ma sembrava in salute, soffocò la commozione. Aveva una gran voglia di abbracciarla ma non si mosse. "Perdonami, come sta la ferita?"

"Nient'altro da dire?"

"È stata colpa mia. Se vuoi puoi spararmi e pareggiare i conti" guardò la pistola che aveva di fianco, la prese e gliela porse tenendola per la canna.

"Non mi hai colpito tu, basta con questo atteggiamento!" Oscar gli si avvicinò e gli tolse la pistola dalle mani, la svuotò con due strattoni veloci, facendo schizzare pezzetta, pallino e tutto il resto della polvere che stava lì da troppo tempo a prender muffa. "Ne hai altre?"

Lui disse di no.

"Questa tua aria indolente e commiserevole… e detestabile, non ti appartiene"

"Perdonami" chinò il capo e si guardò le mani, restò seduto dov'era.

"L'André che ho conosciuto non è così, dove sono la grinta e la determinazione? Mi farò perdonare, anche se dovrò impiegarci tutta la vita… Tue parole, ricordi?"

"Ricordo bene. Sono a disagio per quanto accaduto, ne sento il peso e la responsabilità. Ma sono anche felice che tu sia qui" raccolse la moneta che gli era tornata indietro e la lanciò nella cassetta. "A dir la verità, non sapevo se mi volessi ancora vedere oppure no"

Yves si sporse dietro le spalle della bionda e a quel punto André parve come riacquisire un po' di energia. "Voi non dovreste essere qui" disse a lei, ignorando l'altro.

"Neppure voi, se per questo, mi avete seguita?" Oscar si scansò di lato e lui poté entrare.

"Certo, ero venuto per chiedere della vostra salute e vi ho visto cavalcare come se foste inseguita da un drago, per venire da questo… relitto umano, in questa tana fetida" guardò duramente il bruno che si era alzato. André lo colpì, un veloce pugno sul mento e lo fece sbattere contro il legno malandato del fienile. 

Oscar si avvicinò di fretta per aiutarlo ma il giovane conte si alzò da solo "Il vostro irreale picchia forte…" incurvò le labbra e si rimise in piedi, il mento gli faceva male ma fece finta di niente. "Voi l'amate?" gli chiese. André non rispose, però ricambiò lo sguardo insofferente che gli mostrava l'altro. "Se non avete neppure il coraggio di affermare i vostri sentimenti, non la meritate"

"Fatevi gli affari vostri, signore, noi non ci conosciamo" André spostò gli occhi sulla bionda e poi di nuovo sul conte.

"Sono cose che mi riguardano, lei è la mia promessa e non ve la lascio se non mi convincete di avere rispetto per i suoi sentimenti" si girò a guardare Oscar, che turbata cercava di mantenere la calma. "Mostratemi il vostro coraggio, signore"

André prese la spada da sotto la paglia e la sfoderò "Dove andiamo?" 

"Qui fuori, tanto non passa un'anima" replicò Yves. E mise mano all'impugnatura della sua arma.

"Assolutamente no" Oscar si fece spazio e bloccò l'uscita "nessuna lama si leverà in aria per me" 

"La risolviamo tra uomini allora" Yves si tolse la spada dal fianco e la poggiò accanto alla porta, poi sbottonò la divisa e la tolse.

André si risvoltò le maniche della camicia. A menar le mani era certo di poter vincere, cosa che non poteva giurare con la spada in pugno.

"No, signori, forse non ci siamo intesi, nessuno si batterà per me. Solo io mi batto per me stessa" afferrò la divisa del sottotenente e gliela porse "rivestitevi, prego"

"Allora come la risolviamo? Vi devo dimostrare che questo qui non vi merita, devo umiliarlo, più di quanto lo è già la sua figura meschina e prostrata" lo fissò come a sfidarlo. André ebbe l'impressione che lo stava pungolando di proposito per tirargli fuori una risposta, fosse un altro pugno, un calcio o un'offesa verbale.

"La risolvo io, in tre parole" Oscar si avvicinò ad André "mi avevi chiesto di diventare tua moglie, ma tu cambi idea così velocemente" lui voleva ribattere ma lei lo fermò con una mano "sono qui oggi, non verrò domani né mai più se mi lasci andare senza dirmi la verità. Sta a te" lo guardò, era terrorizzata dalla risposta e stentava a nasconderlo. "DILLO!"

André sussultò, quel grido gli era rimbombato nel petto. "La verità…" il bruno si dimenticò che c'era anche il terzo incomodo. Certo che glielo stavano chiedendo quegli occhi imploranti, la prese per mano e la tirò a sé, baciandola.

Yves chiuse i suoi e poi li riaprì bloccandoli a terra, era come aver preso un pugno portentoso allo stomaco. Già lo sapevi, già lo sapevi, idiota di un Renaud, inutile che reagisci così! Avrebbe voluto ignorare le urla del cuore assillante.

Quando le labbra si separarono, il bruno la trattenne per le braccia "Ecco la verità!" la voce un po' rotta lo costrinse ad aspettare prima di continuare "Non sono un nobile, non ho niente eccetto quello che sta in questo fienile puzzolente. Volevo uccidere tuo padre perché in passato ha causato la morte del mio. Ho vissuto solo per avere giustizia e alla fine non ho potuto neppure prendermela! Tra il mio futuro e il tuo c'è un abisso… tuo padre, lo odio, ma ha detto il vero, siamo inconciliabili. Eccola la verità! " 

"E credi m'importi che tu non sia nobile?" lei lo spinse e gli fece lasciare le braccia "E così tra noi c'è un abisso, eh? Perché mi hai chiesto di diventare tua moglie, allora? Così, sull'impulso di un momento? E ora invece, accampi scuse. Forse perché è più facile dire che non si può cambiare piuttosto che affrontare la realtà e combatterci contro!" gli puntò un dito sul viso "Sai come si chiamano quelli come te, André?" aveva il cuore come impazzito, da un misto di emozioni furenti che lo facevano battere tanto veloce che dovette riprendere fiato.

"Oh, lo so per certo, come l'ha capito il tuo soldatino che hai come promesso sposo" André fece schioccare la lingua tra i denti e guardò per un attimo Yves che lo stava fulminando con gli occhi. "Voglio sposarti più di ogni altra cosa ma, ammesso che potessi, come posso chiedertelo ancora? Ti ho causato solo problemi… eppure sei qui. Vorrei tornare indietro a quando eravamo bambini e scappare con te prima che tutto l'odio mi soffocasse, rubandomi la vita" asciugò le lacrime con il palmo e si girò, aveva quegli occhi puntati dietro le spalle e li percepiva "non c'è luogo in cui tu non esisti, per me… e non riesco a immaginarmi felice senza di te, non dovrei ma non riesco a smettere di desiderarti, non riesco… Ti amo, e quando guardi l'amore negli occhi ne rimani abbagliato, per sempre…" ingoiò un singhiozzo e si voltò a guardarla.

Oscar lo abbracciò. Le mani corsero dietro quei capelli bruni e avvicinarono la fronte alla sua. "Rimani con me. Rimani così e non farti più nascondere dall'oscurità, al resto c'è rimedio" gli sussurrò all'orecchio. Le guance una sull'altra, le lacrime della bionda si mescolarono a quelle dell'uomo che la stringeva forte. 

"Saresti disposta a una vita molto modesta, per diventare mia moglie?"

"Sì, perché ti amo" gli accarezzò i capelli "e non preoccuparti di mio padre, ha intrapreso una strada lontana dalla nostra. Lascia andare il tuo odio, André" lo baciò ancora.

Yves si schiarì la voce, sperando gli togliesse quel groppo alla gola e quel peso dallo stomaco "Possiamo risolvere il problema del titolo, lasciate che me ne occupi io" disse, sorprendendo gli altri due. Ne era stato testimone, ormai era tutto fin troppo reale ciò che stava accadendo davanti a lui.

Più tardi, quando furono tutti e tre fuori da quel fienile, nel mentre i cavalli facevano conoscenza più lontano, loro si trovarono un riparo all'ombra, sotto le fronde di un albero. "Conosco un uomo, un vecchio faccendiere di mio padre" iniziò Renaud "è un falsario" ruotò gli occhi quando li vide entrambi meravigliati "mio padre ne conosceva molta di gente, di ogni tipo. Vi farò avere un titolo, lo prometto"

"Perché lo fate?" André aveva dei dubbi.

"Perché desidero aiutarvi" rispose subito, spostò l'attenzione sulla bionda per un momento fugace e poi mirò il cielo limpido. "Oscar, voi meritate che il vostro… Sì, insomma, che…" scosse la testa, quanto odiava quella sua goffaggine. Quando lei gli sorrise, arrossì e se ne vergognò così tanto che si girò di spalle. Che patetico idiota, pensò tra sé. "Bene, mi farò vivo io alla tenuta a cose fatte"

Oscar lo informò delle novità sul padre. Lo vide come incuriosirsi della scelta del generale. Detto ciò che doveva dirgli, la bionda si allontanò per andare a riprendere il suo cavallo. Era in difficoltà per ciò che sapeva e nascondeva, e ora si trovava anche ad aver accettato il suo aiuto, per amore; chiese perdono a Dio.

"Il vostro nome per esteso?"

"André Grandiér"

Yves annuì, gli riferì che doveva comunicarlo al falsario, così come la sua data di nascita. Si toccò il mento, stava diventando livido. "Ma badate a voi, André, che non si penta mai della sua scelta" lo guardò con ammonizione e non lo vide batter ciglio, segno che aveva compreso le sue parole.

"Mi dispiace avervi colpito"

"Io vi ho offeso, me la sono cercata" sorrise "siete forte e siete sincero, perché altri non si sarebbero posti il problema dello sconvolgerle la vita e gli affetti, nobile o meno. Quindi vi ammiro"

André sorrise di rimando. "Voi, ne siete innamorato?" chiese poi, grattandosi il ponte del naso, ora era lui a porgli quella stessa domanda. "Se non volete rispondere, non insisterò. Lo chiedo solo per chiarezza, intendiamoci"

"Non ha più importanza" ed era certo che la giovane Oscar se ne fosse accorta da tempo. Con un saluto riguardoso, si congedò. Non essere corrisposti faceva parte del rischio. Avrebbe voluto stringerla tra le braccia soltanto una volta, una sola volta gli sarebbe bastata. Ma non sarebbe mai accaduto, non in quella vita. Il primo amore raramente funzionava, almeno così gli aveva spesso detto la madre. Il problema era dimenticarla, avesse almeno potuto strapparsi via i ricordi, a cominciare da quella prima volta che l'aveva vista e l'aveva fatto arrossire come un ragazzino imbranato. 

 

André si trasferì alla tenuta. E per il momento Oscar lo fece accomodare in una delle case migliori delle guardie, che aveva licenziato una per una. In attesa di ufficializzare il fidanzamento e parlarne con la madre. Non volle che tornasse alla vecchia casa che divideva con il padre e la nonna. Lo aveva pregato di lasciar andare il passato. 

La ragazza mise mano a tutti i documenti che trovò nello studio del padre, trovò anche il residuo della cassa del podere intero, un'inezia. Rimase sconvolta quando vide le poche risorse rimaste. E i registri, non erano aggiornati da molti anni, il padre teneva dei fogli annualmente dove annotava di persona, senza intermediari, uscite ed entrate solo per sua memoria, con note di voci che soltanto lui poteva comprendere. Il denaro rimasto copriva a malapena le spese della tenuta, comprese le paghe anticipate ai lavoranti che lei aveva intenzione di fornire anche a costo di tagliare sui fabbisogni del palazzo. Prima cosa che aveva fatto, subito dopo aver esonerato le guardie dalla loro occupazione, era stato andare a parlare con i braccianti di persona. Doveva calmare gli animi agitati, aveva espresso loro gratitudine, soprattutto per aver resistito nel limbo tutto quel tempo, in attesa di risposte, senza andar via. Quella sera, André entrò nello studio senza bussare.

"Che ci fai qui a quest'ora?" domandò lui.

Oscar teneva una mano nei capelli e dei fogli nell'altra "La situazione è brutta, devo trovare un'altra fonte di reddito"

"Si possono allargare i campi coltivabili, così l'eccedenza sarà maggiore e anche gli introiti"

"Buona idea, si potrebbe fare, ma ci vorrà tempo e intanto… Ma tu come sei entrato qui?" alzò gli occhi "Non cominciamo già a prenderci queste confidenze" sorrise.

André ricambiò il sorriso "C'è un ragazzino rosso di capelli che mi conosce, mi ha fatto entrare nel palazzo senza fare storie" scrollò le spalle. Gli aveva anche indicato l'ubicazione esatta dello studio.

"Già cominci ad arruffianarti la servitù…" scherzò lei, poi si alzò e gli mostrò il foglio che aveva trovato tempo fa, riguardo i conti della tenuta.

"Il generale ha sperperato una fortuna, tutte queste uscite…" André lesse le voci una per una "Ha dovuto acquistare libbre e libbre di merce che queste terre non bastavano a coprire, e poi le ha usate per pagare il conte, ma perché non dargli direttamente il denaro?" ricordava le ricevute delle cambiali saldate.

"Più difficile dimostrare la provenienza di beni primari, per chi è nobile e usa una guardia come prestanome. Ci ha lavorato a lungo e l'ha pensata al meglio possibile"

André annuì "Il rancore rende ciechi ma aguzza anche l'ingegno"

"Adesso mi interessa come riparare al disavanzo" e non voleva certo adulare il padre.

"Allargando il terreno per i campi, si ricaverebbe anche della legna da vendere, ce la caveremo"

"Interessante, mi sa che devo interpellarti più spesso" gli accarezzò una spalla.

"Camera tua è sicuramente più arieggiata della capanna dove sto, e là ci fa un caldo tremendo, posso restare stanotte?" il bruno posò il foglio sulla scrivania e la guardò, senza perdere il sorriso.

"Non siamo ancora sposati, quindi no" replicò lei.

"Una formalità"

“Sarà, ma non mi sentirei a mio agio"

André trovò un paio di dadi dentro un piccolo portaoggetti "Ce la giochiamo?"

"Che??" 

"Hai paura?"

"Ah, certo, ti piacerebbe" gli sfilò i dadi dalla mano "chi scommette su cose così importati è uno sprovveduto o uno stolto"

"Concetti troppo severi… Si può lasciare che a decidere sia il fato, per una volta"

"Il fato non deciderà mai nulla al posto mio" ripose i dadi dove stavano. E sollevò il vestito che come sempre raccoglieva polvere quando entrava lì dentro, doveva farci dare una bella ripulita quanto prima. 

"D'accordo, ho capito, torno alla capanna"

"Buonanotte" lo salutò con un bacio, lungo e passionale, che sfuggì al controllo di entrambi. La bionda si ritrovò sulla scrivania impolverata e il bruno sopra di lei, si stava togliendo la camicia. Oscar starnutì dalla polvere sollevata, lo spinse lontano con un braccio, starnutì ancora. André perse l'equilibrio, indietreggiò fino a urtare una libreria altrettanto piena di polvere con la schiena, cadde un vecchio volume. 

La bionda scese dalla scrivania e scosse l'abito, il bruno raccolse il libro, era un vecchissimo atlante, lo ripose dov'era. "Che è accaduto alla servitù?" domandò curioso alla ragazza, la vedeva strofinarsi il naso arrossato. C'era polvere a iosa ovunque si voltasse.

Lei oscillò una mano per tacere sull'argomento, poi sistemò quel che era stato smosso sulla scrivania. In quel momento sentì posare le labbra di André sulla sua guancia "Me la togli una curiosità? Perché lanciavi le spade quel giorno nel bosco?" le sussurrò all'orecchio. Vide quella guancia divenire rossa.

Oscar si girò e gli abbracciò la vita "Anni fa… Mio padre disse ai suoi allievi che chi riusciva a lanciare una spada con precisione poteva colpire qualsiasi cosa"

André si toccò il petto e la guardò negli occhi un lungo istante. La bionda posò una mano sulla sua e intrecciò quelle dita più grandi in una stretta vigorosa. Poteva sentire i battiti viaggiare a gran velocità. Il bruno le baciò la fronte e poi si staccò "Meglio che vada o ci riempiamo di polvere" lei sorrise mentre lo guardò uscire e poi chiudere la porta. Il giovane si fermò lì fuori, ci posò le mani e ci si appoggiò brevemente. Erano così vicini ora, niente più li divideva. Quanto era attaccata ai suoi valori, la bionda. Si spostò e iniziò a camminare verso l'ingresso. L'amava soprattutto per quello. 

 

Un paio di settimane dopo, Yves si fece vedere alla tenuta. Con due attestati. Oscar gli disse di accomodarsi in sala, c'era anche André. Iniziò a raccontare nei dettagli cosa era successo dal falsario "…è un uomo molto attaccato al denaro, con una discreta cifra ha fatto un lavoro eccelso" posò un falso estratto di nascita tra le mani di André "ho fatto modificare il vostro giorno e mese di nascita. Da oggi siete un nobile imparentato alla lontana con i Grimaldi monegaschi. Nessuno andrà a controllare, nessuno anche volendo potrebbe risalire al vostro vero lignaggio, e dovrebbe sperticarsi spendendo un'enorme somma e tempo nelle ricerche. Se vi chiedono del nome di famiglia, direte che è di ramo gerarchico francese, dato che siete nato qui. Se vi chiedono poi delle vostre origini ancestrali nello specifico, divagate, divagate molto. Vi ho portato anche un volume sulla dinastia dei Grimaldi, così potete farvi un'idea. Un ultimo accorgimento, perfezionate i vostri modi e la padronanza del linguaggio"

André leggeva e non si riconosceva affatto in quel nome. André René Grandièr, cavaliere dell'ordine di bla bla bla… Ma se quello serviva per sposare Oscar, se lo sarebbe fatto andare bene. "Vi ringrazio" lo guardò "davvero, sarò in debito con voi per tutta la vita" adesso erano due, i nobili verso cui nutriva profonda stima.

"Con quello potrete chiedere udienza per ottenere la licenza per il matrimonio. Promessa mantenuta" disse Yves e rifiutò di rivelarlo, quando Oscar volle sapere quanto avesse speso, affermò che era il suo regalo di nozze. Poi prese il secondo documento e lo posò tra le mani della bionda "Questo è il passaggio di proprietà della terra che sto facendo bonificare, se ricordate ve ne ho parlato tempo fa. Manca solo la vostra firma"

Oscar vide che c'era uno spazio vacante in fondo alla cessione, che riportava il suo nome come beneficiaria. "Non capisco"

"Partirò per le Americhe, prima della fine dell'estate" disse il sottotenente, vide il volto sorpreso della ragazza "sì, raggiungerò vostro padre. È una decisione ragionata" 

"Ma perché?"

"Perché è una possibilità che devo a me stesso, e personale. Non dipende da nessuno, non pensateci neppure a cercare una causa che vi incolpi" chiarì subito vedendo quel viso preoccupato, anche se sapeva di non essere assai convincente, l'importante era che lei lo credesse, almeno un po' "quello che vi sto chiedendo è un favore, più che un dono. Non posso occuparmene e vorrei che amministraste voi la faccenda. Ho finanziato i lavori fino alla fine di quest'anno ma per i prossimi saranno a vostro carico" sospirò e ignorò le successive domande "credo tuttavia che già dopo tre anni potrebbe cominciare a dare i suoi frutti. E sono sicuro di lasciarlo in buone mani" concluse.

"Non ci sarete per il matrimonio" disse André.

"Ci sarò, con lo spirito" salutò veloce con un inchino la giovane bionda, senza guardarla negli occhi, un minimo accenno di sorriso e un cenno con il capo ad André e lasciò la tenuta. Appena mise piede fuori quella residenza, prese un lungo respiro. La cavalla si era riposata abbastanza "Andiamo, Nyx" prese a trottare su per la salita agevolmente.

 

Una cerimonia sontuosa, ma neanche tanto, in una chiesa grande, ma che non era una cattedrale. André avrebbe preferito quella con il campanile pendente ma era troppo piccola per accogliere la famiglia della sposa, a partire dalle sorelle e finendo con i suoceri delle sorelle. 

Mi ci vedi sposata? ricordò Hortense con un ampio sorriso, salutò così la sorella quando la vide con il suo abito. Oscar sorrise a sua volta e scosse la testa quasi a vergognarsi di quella frase. "Ho capito sorellina. Non dire niente. Sono orgogliosa da sempre del tuo carattere. Sei dura come il piperno e ti incendi davanti le ingiustizie" camminò accanto a lei con i suoi soliti piccoli passi "se questo lo hai scelto tu, allora deve essere l'unico possibile. Ed è anche un bel giovane, il che non guasta" la più giovane l'avvicinò a sé e la strinse forte, non badando al vestito, agli orpelli che si spostavano di qualche centimetro o ai fermagli che le sarebbero saltati.

Pierre, Cédric e Anne non mancarono. Alla fine alla bottega avevano assunto un altro apprendista in via definitiva. André, che aveva cambiato vita e mestiere, raccontò loro una lunga storia. A partire dal giorno in cui aveva bussato alla loro porta e che si concludeva con quel titolo che aveva in un certificato. Specificò che era stato acquisito solo per potersi sposare l'ombra bionda, che non si fece più vedere nelle notti parigine, non ne aveva più il tempo, per ora almeno. La sposa, già, Anne volle vederla in privato prima della cerimonia. Solamente loro due. Quando riconobbe il suo profumo, Anne sorrise così tanto che le fece male il viso fino a sera, perché non era più stata in grado di smettere. Non dovette dirle niente. Quella ragazza poi aveva un forte senso dell'umorismo, andava bene per quel taciturno di André, anche se in quell'ultimo periodo l'aveva visto allegro come mai in tutti gli anni che era rimasto con loro. E sapeva il perché, adesso.

Quella sera, ad André fu concesso di entrare nella stanza di Oscar, che non aveva mai visto, lei si spogliò in fretta, infilò la sua veste da notte e si mise a letto, girandosi su un fianco un attimo dopo. C'era solo una candela a far da lume nella stanza.

"Oscar?" le scuoté un braccio.

"Che c'è?" sbadigliò.

"Ma noi…" le baciò il collo.

"Domani, ora sono stanca, abbi pazienza. Devo mettere in ordine tante di quelle cose. Ho la tenuta da amministrare, il terreno a ovest da disboscare, la palude da supervisionare, le semente da acquistare…" il respiro divenne regolare e la voce si dissipò lentamente. 

Il bruno prese un lungo respiro per calmare i battiti accelerati e tornò al suo lato, con le mani dietro la nuca. "E va bene, vorrà dire che ti darò una mano, così farai prima…" fissò il soffitto. Poi udì un'allegra risata. 

Oscar si girò e salì a cavalcioni su di lui "Stavo scherzando!" rise ancora di più davanti la sua faccia "Sono stata convincente, no?" 

"Tu e il tuo adorabile scherzare sempre!" André provò a farle il solletico ma lei gli fermò le mani e le fissò sul cuscino, dove le lasciò, poi senza pensarci sfilò via la sua camicia da notte, cosicché niente più rimase a coprirla. 

"Come mai arrossisci, André?" chiese tentando di celare il suo stesso imbarazzo.

"Per…" era senza fiato, peggio di una corsa sfrenata "…e perché lo sei anche tu?" la fissava con i suoi occhi verde foresta e lei poteva scorgerli nella camera adombra, parevano incantati. 

"Oh, beh, io…" le mani si posarono sul petto nudo di lui e poté sentire quel frenetico pulsare "non ho mai, prima d'ora…"

Lui aveva un ricordo recente di un'esperienza. Ma la prima volta con chi era innamorato, era tutta un'altra faccenda. André si alzò dal cuscino e l'abbracciò forte. Il corpo dell'uno contro l'altra e i battiti si confusero, poi un bacio gentile che divenne sempre più coraggioso, finché l'imbarazzo lentamente venne dimenticato.

Nel mentre la notte aveva ormai superato il suo picco, André era rimasto sveglio e seguiva l'ombra della luna spostarsi con il trascorrere del tempo, attraverso la finestra. La candela era stata spenta. Oscar dormiva a pancia sotto, un braccio circondava lo stomaco del bruno che ogni tanto lo sfiorava avendo premura di non svegliarla. I sogni potevano anche avverarsi, talvolta. 

Nell'impossibilità di prender sonno, pensò alla nonna, sarebbe stata felice di vederlo sposato e certamente gli avrebbe raccontato delle sue nozze quello stesso giorno. Pensò alla madre che non ricordava, se l'aveva immaginata commuoversi in chiesa. Pensò poi a Madame de Jarjayes, non aveva mai visto una donna così triste in vita sua. Quando la giovane bionda gliel'aveva presentata, gli aveva sorriso con cortesia, lo aveva anche abbracciato. Non che la considerasse già una madre, però, lui alle mamme in generale ci teneva particolarmente. E quella donna gli aveva stretto il cuore per come, con grande dignità, affrontava il demone che aveva nell'anima. Assai simile, anche se distinto, da quello che era stato il suo. 

Quella mattina, prima della cerimonia era andato a visitare la tomba del padre. Il prete, quando lo aveva visto, l'aveva salutato calorosamente, erano molti giorni che non si era più fatto vivo. Quando poi gli ebbe raccontato che stava per sposarsi, gli aveva scorto un sorriso sulle labbra. Non l'aveva mai fatto prima.

 

Quattro anni passarono senza che se ne accorgessero. Erano i primi di luglio, le spighe alte rivestivano tutto intorno alla tenuta. La nonna di André aveva un bel vaso di fiori freschi davanti la lapide. Ed era una giornata secca, calda e ventosa, l'ideale per gli incendi. Oscar volle che si costruissero delle cisterne in punti cruciali della tenuta. Sperando di non doverle mai usare per spegnere fuochi, però la tranquillizzavano.

In ginocchio, tra le spighe, usava la falce per tagliarle in fasci.

"Ma no, no! Non un'altra volta!" André la rimproverò quando vide come lavorava "Devi legarle in gruppi prima di tagliarli! Lo fai tutti gli anni!"

"Ma cosa cambia se li lego dopo?" lei era sporca di terra, ma non più di lui. Si asciugò il sudore dalla fronte.

"Te l'ho spiegato, mio padre era del mestiere, perché non ti fidi e basta?"

"Quanto sei meticoloso!" 

Udirono piangere, una bambina di tre anni circa se ne stava seduta poco lontano, su un grosso sasso. Oscar si alzò in piedi e andò a prendere in braccio la figlia "Va tutto bene, Julie" la sollevò in alto finché non smise "mamma e papà non stanno litigando, quando lo fanno sul serio prendono le spade" guardò la faccia del marito, rossa dal caldo e dalla fatica "e ti lascio immaginare chi vince sempre" rise. Gli altri braccianti si sbellicavano allo stesso modo ogni qualvolta li sentivano beccarsi, la padrona era sempre spassosa. Durante il raccolto, capitava che anche i padroni davano una mano.

André scosse la testa, i capelli li aveva lunghi e legati in una coda adesso. Non poté evitare di sorridere anche lui, dopo aver stretto a gruppo le spighe tagliate dalla moglie. 

Posò la bambina a terra, che si aggrappò ai suoi calzoni. Poi disse che andava a palazzo. Un'altra occasione per controllare le due gemelline, nate da circa un anno. "Vieni Julie, andiamo a dare un po' di noia alle sorelline" scherzò, le diede la mano.

"Cara? Dove la porti?!" strillò André mentre posava i covoni su una carriola. "Julie è la primogenita, deve imparare tutti i passaggi così da correggere i suoi dipendenti!"

"Sì, caro, poi faremo un ripasso!" disse la bionda mentre guardava la figlia "C'è tutto il tempo" aggiunse, strizzando un occhio sorridente alla bimba che tentò di imitarla. E così alla fine ne avevano tre, di figlie. Si incamminarono verso la vecchia residenza. Avrebbe desiderato anche un figlio, ma non avrebbe forzato la mano come suo padre fece a suo tempo con la madre. Tre le bastavano e avanzavano. Con tutto il da fare non poteva star loro dietro, in un mondo come quello poi, che stava cambiando in fretta. Sollevò Julie, che camminava piano con il suo vestitino, e se la posò sulle spalle. Avrebbe imparato ogni cosa, a suo tempo. "Ti insegneremo a difenderti" accelerando un po' fece ridere la bambina "ti insegneremo a riconoscere il bene e il male" rallentò e la figlia le si aggrappò al colletto della camicia "e tu, spero mi perdonerai se qualche volta sbaglierò, per il troppo amore. Per te, come per le tue sorelle"

"No!" la bimba rise.

"Come no?" Oscar la fece saltellare sulle spalle. "Mi vuoi dire che non mi perdoni?"

"No sbagli!" la bambina le acciuffò la lunga coda di capelli e poi la fece ricadere.

"Tra qualche anno ne riparleremo" sorrise e iniziò a correre "però tu non crescere troppo in fretta!"

Victor le andò incontro con aria esagitata e un modesto affanno, gli anni a lui pesavano molto di più che ai giovani padroni "Mia signora… c'è, c'è… l'amministratore della piana bonificata… i lavori… sono stati completati" ed erano in forte ritardo, giudicò la bionda. 

"Fallo accomodare, a breve sarò da lui"

"C'è anche una lettera per voi, mia signora… l'ho lasciata nello studio"

Ringraziò il vecchio maggiordomo, poi disse a Julie di aspettarla lì, ai piedi delle scale. Salì rapida a due a due gli scalini e raggiunse la sua camera, dove vi erano le due gemelline e una balia sempre con loro. La donna le sorrise non appena la vide, era la padrona più singolare per cui avesse mai lavorato in tutti i suoi trenta e passa anni di vita. "Tutto bene, mia signora" le bambine avevano entrambi i capelli scuri, come il padre. Julie invece era come un cherubino, bionda e con i capelli ondulati, la piccola copia della madre. Le controllò brevemente e poi ringraziò la balia, scese giù di nuovo, la figlia la seguì fin dentro lo studio, Oscar la fece sedere sulla scrivania. Quella stanza era stata riordinata e rinfrescata negli anni addietro. La bambina sporgeva le mani.

"Che c'è, Julie?" 

Un piccolo dito le toccò una guancia "Terra!" strillò la piccola.

"Sì, poi la mamma si fa un bagno, se ne trova il tempo" prese la lettera e la rigirò tra le dita. In una chiara calligrafia, c'era scritto Yves Renaud. La aprì in fretta e iniziò a leggere.

 

Cara Oscar,

Vi scrivo purtroppo non per buone notizie. La guerra prosegue e cinque giorni addietro da che sto scrivendo siamo stati colti in un'imboscata, la staffetta che doveva avvisarci della mobilitazione inglese è stata uccisa. Vostro padre mi ha salvato la vita, malauguratamente però la sua ferita alla testa ha preso infezione e non ce l'ha fatta. Sono mortificato nel dover raccontare di ciò in questo modo, avrei voluto parlarvene a voce.

 

Si interruppe a quel punto. Il padre era morto. Accarezzò la testolina della bambina che stava finendo di sbrindellare il dorso di un vecchio libro. Stranamente non provava né dolore né rabbia, e neppure liberazione. L'uomo era divenuto un ricordo sbiadito negli ultimi anni. Leggere che aveva salvato la vita del sottotenente era qualcosa che non avrebbe mai creduto possibile scaturire da un'anima rancorosa come quella del padre. Poteva pensarla come a un tentativo di lavarsi la coscienza oppure, magari, il tempo e la distanza erano riusciti a far piovere nel deserto, portando il generale ad agire d'istinto senza badare alle conseguenze, anche se fatali. Mai l'avrebbe saputo. Poggiò la schiena sulla sedia e riprese a leggere.

 

Prima di spegnersi, Vostro padre mi ha pregato di riferirvi queste parole, dicendo che Voi le avreste comprese "L'ho perdonata, affinché lei mi perdoni" ciononostante, non ha sofferto a lungo. Presto provvederò che la salma e i suoi effetti ritornino in patria. Non gli ho mai raccontato di Voi e del vostro sposo, non ho mai avuto modo di chiedere se volevate o meno che lo facessi al posto Vostro.

Nell'agguato sono stato colpito a una gamba, il medico dice che non è grave, mi servirà solo il bastone per qualche tempo. C'è questa giovane fanciulla nativa della tribù degli Huroni che si sta occupando della mia ferita, ha visto morire quattro dei suoi sei fratelli tra le nostre fila. Si chiama Talise, mi ha detto che significa "acque molto belle" o qualcosa di somigliante, io non comprendo quasi niente di irochese, è lei che parla un po' di francese. 

Oramai sarete sposati da tempo, spero che Voi e il vostro André siate rimasti come vi ho lasciati e auguro sinceramente a entrambi di esserlo per la vita, malgrado la triste notizia. 

Magari un giorno ci rivedremo.

Il Vostro affezionato, 

Yves Renaud.

 

Gli avrebbe risposto, nei prossimi giorni, doveva prima trovare le parole giuste da scrivere. Oscar si alzò con la lettera e fece scendere la figlia, insieme si diressero al salotto. C'era l'amministratore e sua madre che lo stava intrattenendo con delle chiacchiere di circostanza. Lasciò la lettera tra le mani della donna, con la quale scambiò uno sguardo che fece riaffiorare ombre passate. Salutò l'amministratore, gli disse poi di seguirla per parlare nello studio. Julie rimase con la nonna; prese a mangiare un biscotto dal vassoio sul tavolino nel mezzo della sala.

"Nonna, piangi?" la vide che non distoglieva gli occhi da quel foglio.

La donna si asciugò il viso e rivolse uno sguardo stanco alla nipote, prendendola sulle ginocchia "Non è niente, la nonna sente freddo nel cuore"

"Faccio caldo io!" la bambina lasciò cadere il biscotto e l'abbracciò forte.

 

Più tardi, quella sera, André e Oscar si trovarono nella loro stanza a osservare la culla con le due gemelline e poco più lontano il lettino di Julie, ch'era anch'esso occupato dalla bambina. Quando si stancava parecchio dormiva sempre come un sasso. Nei primi mesi, dopo l'arrivo delle gemelle, la piccola Julie di notte dormiva in una stanza terza, con la sua culla. A causa dei continui risvegli notturni delle sorelle. Poi, con lo stabilizzarsi degli orari del sonno di quest'ultime, era tornata nella camera dei genitori. Stare tutti insieme era piacevole per loro come per le piccole, almeno finché non fossero diventate più grandi. André posò un bacio sulla fronte di Julie. Oscar scostò un piccolo ricciolo nero dalla fronte di una delle gemelle, poi raddrizzò la copertina su entrambe, tanto l'avrebbero scostata di nuovo a piacimento nel sonno. Chiese poi al marito di abbracciarla e di tenerla forte, come se dovesse resistere a portentosi venti di bora scesi dal nord. Non sapeva se la madre si fosse o meno liberata dai suoi tormenti, tuttavia vederla piangere le diede sollievo, almeno era una reazione, cosa che lei non era stata capace di avere. C'era qualcosa di interrotto nel legame con il padre, un filo spezzato, e non c'era più modo di collegarlo.

"Non fartene una colpa, il dolore si manifesta in modi diversi, ma stai certa che si manifesta sempre e comunque" le disse André posando la guancia sulla sua.

"Quel che mi fa male è che mi sento come se avessi perduto la mia umanità, e non voglio provare niente del genere"

"Tu? Non riesco a immaginarlo" sorrise e ondeggiò le braccia mentre la stringeva. "Non posso dirti che tuo padre era un brav'uomo ma posso dirti che, se tu esisti, lo devo comunque a lui. Sei la miglior persona che abbia mai incontrato tra i nobili…" gli occhi divennero lucidi "E l'unica che può condividere lo scettro di onestà e lealtà assieme a mio padre"

"Anche tu non sei troppo male" sorrise brevemente, una mano accarezzò i capelli bruni che scendevano sul collo e poi tornò seria "vorrei poterle proteggere da ogni pericolo e sofferenza" le figlie che dormivano le davano pace solo guardandole.

"Faremo del nostro meglio" la condusse al letto e poi soffiò sulla candela posata sul cassettone.

 

Pochi anni più tardi, sarebbe giunta un'altra lettera in cui Yves avvisava della sua decisione di non ritornare più in Francia. Dopo i negoziati, una volta cessata la guerra, rimase in una piccola cittadina di confine tra Canada e Nord America. 

 

 

 

FINE

 

 

 

 

 

 

Ringraziamenti: Grazie per aver letto fin qui questa storia decisamente lontana dall'impronta classica dell'opera originale. Un grazie speciale a chi ha recensito e perdonate gli svarioni che saltano sempre fuori nonostante la lettura e lettura bis. Un caro saluto!

   
 
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