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Autore: Ariadirose    16/04/2024    2 recensioni
È che con te mi sento al sicuro. Sei la mia famiglia. E da molto prima di oggi che sono tua moglie.
Genere: Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Le chiacchiere e i fatti

 

Per il compleanno di André si era pensato di andare a fare una scampagnata in un bellissimo punto di Arras, una altura dalla quale si godeva della vallata.

La coppia aveva esteso l’invito a partecipare alla giornata ricreativa anche ad Alain e alla sua nuova ragazza Giselle, giunta da poco più di un mese alla tenuta.

Sembrava una cosa seria, stavolta, per l’amico burlone del reggimento, che non aveva perso tempo per riuscire a conquistarla. Sorprendentemente garbato, galante, e soprattutto onesto con lei. Ma sempre guascone, quando si trovava a conversare a tu per tu con André.

Dopo il pasto consumato all’aperto, sulla tovaglia disposta ancora sul prato, i due uomini, un po’ distesi, con lo sguardo sulla vista panoramica, osservavano anche le loro due donne che socializzavano; Oscar e Giselle facevano giocherellare il bambino su di una coperta, riparate all’ombra di un pino, e la gioiosità del piccolo, sempre più vivace e in vena di piccole scoperte, permetteva di familiarizzare in modo piuttosto naturale.

Il bambino si mordeva i piedini, sulla via dell’esplorazione del corpo e dell’ambiente circostante, portando comunemente gli oggetti alla bocca.

“Guarda Oscar cosa gli fa fare adesso, Alain”: André invitava l’amico ad osservare.

Quello che André si aspettava di vedere era un giochino tra il figlio e sua moglie che lui ormai conosceva bene; come prevedeva, infatti, vide Oscar prendere un sonaglietto per catturare l’attenzione del piccolo il quale, una volta agganciato l’oggetto con lo sguardo, lo seguiva anche con il movimento: la mamma spostava il sonaglio di lato per indurre il bambino a ruzzolare sul fianco, passando dalla posizione supina a quella prona. Attitudine che, nel promuovere la sua coordinazione, soddisfava la richiesta del piccolo ad essere stimolato nell’attività ludica e nel divertimento.

“Ecco: hai visto? Lui non vuole stare mai fermo, e lei ha già imparato a convogliare i suoi movimenti: fanno come delle piccole esibizioni, ogni volta”, diceva André eccitato, come solo i padri sanno essere dei progressi dei propri figli.

“Ma lo lasciasse un po’ in pace, povera creatura: o forse a un anno, invece che aver imparato a camminare, dovrà già marciare a passo di parata, Cristo!”.

“Sei proprio un idiota… Ma non capisci che è finito il tempo di poppata-ruttino-riposino? È lui che ha bisogno di stancarsi, usare energie, non annoiarsi quando è sveglio: e quando dorme poi, François, se non è un po’ esausto! O vorresti forse farci fare ancora le notti in bianco?”.

“Sei sempre il solito assatanato, vero? So quale bianco ti preoccupa, certo, mica ti riferisci a non poter dormire!”.

“E tu sei sempre il solito idiota!”.

“Sì, sempre. Con la differenza che adesso sono un idiota innamorato…”.

“Ma tu senti… non eri quello che diceva, Fermatemi per tempo, prima che ci rimanga secco, eh?”. Rideva per sfotterlo bonariamente… “Sono felice per te. Vedrai la vita in modo diverso, ora. E più maturo... Lo spero!”.

“Lei mi rende felice… e poi adoro le sue battute, dice le cose con intelligenza, mi interessa sapere ciò che pensa. Voglio chiederle pure di sposarmi. A dicembre, per il mio compleanno. Quale dono meglio di questo: non voglio farmela mica sfuggire”.

“Questo si chiama parlare. È bellissimo. Glielo hai già detto?”.

“No. Stasera, pensavo. Da soli. È solo da oggi che ci penso, a vederle così, le nostre donne parlare insieme. Che senso avrebbe aspettare? Sono convinto sia quella giusta…”. E intanto, un po’ in silenzio, tornavano a guardarle intrattenere il bambino.

Poi Alain riprese a confidarsi: “Pensa che io e lei ancora non abbiamo fatto… insomma, niente. Solo qualche cosetta, niente di più. La rispetto. Lei è tutto per me”.

“Oh, Alain, basta. Questi sono affari vostri, davvero, non li voglio sentire”.

“Ma tu sei veramente strano, sai, amico. Mi diventi pudico persino al contrario. Ma se ti ho detto che non ci ho fatto niente: che ti turbi? E poi ti sto parlando di noi, mica ti ho chiesto di raccontarmi di tua moglie… bell’amico che sei! Dopo tutto il sostegno che ti ho dato, mi avessi mai svelato qualche curiosità sul nostro comandante…”.

“Ancora con questa storia! Tanto lo sai che ho la bocca cucita, no?! E tu ogni due-tre volte che parliamo, mi tiri fuori sempre il solito discorso… E poi, pure adesso che ti sei innamorato ti vorresti impicciare? Ma dimmi, quanti anni hai? Sarai mica un ragazzino o che? E menomale che parlavo di maturità!”.

“Ma non lo capisci André che mi diverte da matti metterti in imbarazzo e farti perdere le staffe? Diamine, è così difficile farti spazientire, e invece basta che ti tocco i numeri che fai con tua moglie, e tu ti infuri come un toro, cavolo, è troppo divertente! …E poi… e poi, certo che Giselle la amo”, tornava di nuovo serio. “Io ho in testa solo lei, ti giuro. Solo lei, André, chi immaginava che tutto insieme sarebbe successo proprio così”, sorridette beffardo, prendendosi gioco di se stesso.

“E poi non dire che tra voi non accada niente”. Tornava André a riprendere la sua natura riflessiva. “Non dirlo, perché non è mai niente, quando tieni davvero a una donna. Ogni cosa di lei ti sfama, anche se per la verità ti mette solo più fame. Perché tanto accade anche nel momento in cui sei più soddisfatto: fai presto ad avere ancora voglia di lei. Ma non è mai niente. Ti può portare direttamente in paradiso per come ti dice una parola, perché la sua voce è unica al mondo. E un suo sguardo? ti può incenerire peggio che un fulmine. Altro che niente”.

“Cavolo. Quanto è vero amico!”.

 

“È così bello il vostro bimbo. Chissà se avremo anche io e Alain dei figli, prima o poi, Oscar”.

“Ve lo auguro, se è ciò che desiderate. E poi sai, si vede che Alain ti vuole molto bene”.

“Lui mi ha parlato di voi: ammira tanto tuo marito; ma anche te. Vi è affezionato, e rispetta enormemente il vostro legame”.

“Per la verità non fa altro che canzonarci… ma sì, si capisce che è il suo modo di esprimere affetto. Sono molto contenta che mio marito abbia un amico come lui, credimi: sono diventati inseparabili. E anche tu sei fortunata: Alain è una persona genuina, sa mostrarsi leale e fedele. È un gran lavoratore. E devo dire che era piuttosto bravo anche come soldato”.

“Mi ha detto che eri stata il loro comandante… mi ha colpito, se devo essere sincera, che una donna, una donna tanto bella e materna, sia stata un ufficiale… ma poi ti ho visto allenare con la spada insieme con André, l’altro giorno, e sono rimasta strabiliata. Non ne capisco, però la tua abilità penso la noterebbe chiunque. Così rapida, inattaccabile: mi hai impressionato. Ma com’è che è stato possibile, questo?”.

“È una storia difficile da spiegare… lo sai del resto, il nome che porto, no?”.

“Oh, scusa, non volevo essere indiscreta. Ho capito quanto tu sia riservata…”.

“No, non fa niente. Non preoccuparti”. Seguitava a parlare, alzando gli occhi verso il panorama. “Quando ero giovane, ha generato in me del conflitto, vivere come un uomo… ma mi chiedo: e se avessi avuto l’educazione e il ruolo di una donna tradizionale, sarei stata meno in guerra? Sarei stata più appagata e risolta? Forse sì: ma solo perché non avrei potuto maturare a sufficienza il mio diritto a dissentire, a esprimere il mio volere; forse non avrei meditato nemmeno di avere una legittima volontà.

Se mio padre mi sembrò dispotico nel voler decidere per me, oggi mi rendo conto che mi ha permesso di arrivare a decidere da sola; se avessi avuto in sorte la condotta di una donna, in definitiva per me avrebbe deciso ugualmente mio padre, ma senza poi permettermi di essere libera. Sarebbe stata una gabbia dorata. Mentre per me, così, è stata solo una gabbia: la differenza è che ho desiderato conoscere chi ero veramente, e capire che bastava solo uscirne fuori. Aprirla. E se invece, tutto quell’oro mi avesse abbagliato?”.

“Credo di aver capito”.

“Questo mi ha riconciliato con mio padre. Il torto che lui crede di avermi fatto è stata invece la mia salvezza… però c’è una cosa… c’è una cosa che ancora molto a fatica digerisco, sai?”.

“Cosa, Oscar”.

“Che io ho dovuto essere assimilata a un uomo per trovare la strada della mia libertà. Perché le donne devono invece vedere precluse tante opportunità, come se questo fosse intrinseco alla loro fisiologia? Ecco, questo mi sembra profondamente ingiusto. Eppure io ho dimostrato che una donna può occupare un ruolo di comando. Può conquistarsi la fiducia degli uomini.… Vero François? Vero?”, si dilettava a interagire col bambino, che era stato catturato dal tono convinto della sua voce, e la fissava coi suoi occhioni azzurri: “Ma che cosa dice questa mamma, eh?”.

 

“Guarda come parlano… ma che cosa si diranno mai… una come tua moglie non è che parla poi tanto…”.

“Con me ci parla”.

“E se invece André fosse proprio tua moglie a raccontare alla mia fidanzata ciò che tu ti fai tanti problemi a tenere segreto?”.

“Sei irrecuperabile, giuro… è che tu non vedi l’ora che sia la tua fidanzata a raccontare in giro ciò che fate o farete insieme…”.

“E sarebbe un bel raccontare, fidati”.

“Sarà. Intanto però sorridono a me. Tutte e due!”.

 

“Io ho avuto sempre André al mio fianco. Se avessi condotto la vita di una donna, non sarebbe stato così. Questo è ciò di cui, più di tutto, sono grata a mio padre, davvero. La fortuna più grande che mi sia capitata”.

“Siete stati tanto amici”.

“Lo siamo ancora”.

“È bellissimo come siate andati oltre a tutto: Alain mi ha raccontato che hai lasciato ogni privilegio per lui. Che hai rifiutato il tuo stemma nobiliare, per amore, l’ho trovata una cosa così toccante. Ci credo che lui si è innamorato di te!”.

Lei sorrise a suo marito insieme a Giselle. Era troppo complesso per Oscar spiegare alla ragazza tutto ciò che era stato tra loro. E che restava loro soltanto.

“André ha fatto per me molto di più. Io non potrei vivere senza di lui”.

“Credo sia questo, sai. Io a volte mi domando come faccio a sapere se Alain sia quello giusto. E il punto è che mi rendo conto che non potrei più fare a meno di lui, anche se è poco tempo che ci conosciamo, eppure non mi occorre sapere altro. Tu sai che non puoi vivere senza di lui: per questo ritieni André così giusto per te”.

“La verità è che André è talmente uomo da poter essere giusto per qualunque donna”. Aggiunse poi Oscar, con tono sospettoso, dettato dal possesso: “E se mai una smorfiosa dovesse ronzargli intorno, allora vedrai come le faccio fare i conti con me. Tipo quella lì, al mercato, la vezzosa… Aurore, la sorella di Linette, che prende la verdura da noi : crede non abbia visto come lo guarda tutta svenevole?”.

“Lascia stare, tanto lui ha occhi solo per te, si capisce benissimo!”.

“Meglio continuare ad addestrare la vista, l’esercizio… e la lingua, non si può mai dire”.

“Insegnami Oscar. Ti va di farmi vedere come una donna debba misurarsi con la spada?”.

“Certo, volentieri. Però dovrai mettere i pantaloni se vuoi allenarti. Ti faccio giusto vedere qualche posizione. Andiamo”.

 

“François, corri da papà”, disse al bambino, dopo avergli dato un piccolo bacio, passandolo tra le braccia di suo marito: “Vorreste far giocare un po’ il nostro signorino? Vorrei mostrare a Giselle qualche mossa con le nostre armi”.

“Certamente, vieni qui: facciamo vola-vola”.

In quel momento Giselle allungò la mano per sfiorare Alain, il quale la contemplava felice e ammaliato. Anche un po’ sorpreso, dell’iniziativa con il comandante. E mentre prendevano le spade e si voltavano per procedere con l’esercizio, congedati i loro compagni, l’allieva si rivolse ironica alla nuova istruttrice, prima di cominciare: “Comunque Oscar, meglio mettere in chiaro: io stavo guardando tuo marito solo per ciò che menzionavi tu...”.

“Te lo dicevo amico, che sorridevano a me! Fai in modo che Giselle inizi a raccontare presto, allora”, disse André nel coricarsi sulla coperta, giocherellando con il bambino in aria; mentre Alain, che se l’era cercata, rimasto seduto si grattava la testa.

 

 

   
 
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