3.
- Dove ti trovi ora?
Premette meglio l'auricolare del microfono a
bastoncino e prima di rispondere dette uno
sguardo intorno a sé.
- NS-EF14... è un po' buio, qui.
- Per forza, lì è saltata sia la forza motrice
che l'illuminazione – la voce della ragazzina
le giunse forte e chiara. Probabilmente raggiunta
quella nuova posizione si era finalmente spostata
all'interno del campo di un'antenna funzionante.
- Merda – commentò cercando tra gli attrezzi che
portava appesi al cinturone. Si trovava all'interno
di uno dei condotti di manutenzione della sua corvetta,
la quale dopo il terzo e ultimo salto a velocità FTL
aveva alzato bandiera bianca. Il computer aveva ridotto
al lumicino la produzione di plasma azzerando o quasi
il ciclo di Stanton e isolato tutti i condotti di
alimentazione dei motori che giacevano ora
inerti. Tutto il Coyote era surriscaldato e non
c'era un angolo dove mancasse qualcosa da riparare
o revisionare. Ciononostante la sua corvetta stava
filando per inerzia a cento milioni di metri al
secondo.
Lucida di sudore per il calore e per la fatica che
stava facendo nell'angusto condotto di manutenzione,
seguì le indicazioni che riceveva dal ponte di comando
tramite la radio e le luci si riaccesero balbettando.
- Bel colpo, è tornata la luce – commentò con tono
piatto.
- Miki...
- Che c'è? - chiese lei sospirando. Dal tono della voce
intuì quale piega la conversazione stesse per prendere.
- Sei ancora incazzata con me?
Roteò gli occhi verso il soffitto continuando a trafficare
dentro il pannello di ispezione. Seduta dentro l'angusto
condotto di manutenzione, la ventilazione azzerata da
un guasto, sudava copiosamente nonostante fosse coperta
solo dai pantaloni da lavoro e dalla sua canottiera
preferita: era completamente nera con una grande
ragnatela bianca stampata davanti, al di sotto di
una piccola scritta che recitava “vedova nera”. Aveva
legato i capelli con la guaina tolta da un cavo
elettrico che si era bruciato a causa di un corto
circuito, ma ciocche ribelli le sfuggivano in
continuazione e la infastidivano appiccicandosi
al viso.
- Ma cosa dici... solo perché mi hai detto che sono
“stronza e uterina”?
- Ma scusa, tu mi hai accusata di essere un
parassita della società!
- Ah, sì... dev'essere stato quando mi hai detto
che ho le tette grosse come il culo.
Dall'auricolare le giunsero dei fruscii confusi.
- Non strofinare il microfono, carina... non
sento quello che dici – la apostrofò Miki con
un ghigno.
- Non ricominciamo a litigare, Miki... okappa?
- Va bene... - disse lei condiscendente. Dopotutto
le stava dando un grande aiuto con le riparazioni. Ilah,
come le aveva detto di chiamarsi, aveva un vero
e proprio dono per quanto riguarda l'informatica. In
un paio d'ore si era totalmente impadronita
del sistema di manutenzione e controllo danni
del Coyote, al punto da riuscire a
individuare un guasto con estrema rapidità.
Aveva anche una spiccata propensione per
litigare. Era insopportabile, petulante, arrogante,
presuntuosa. E anche un po' svitata: riusciva a passare
con sconcertante facilità da una feroce litigata
a una disinvolta confidenza. Aveva trascorso l'ultima
mezzora parlandole di sua nonna che, da come la
descriveva lei, avrebbe anche potuto essere una
divinità greca. Decise quindi di approfittare di
un momento di silenzio che si era creato e che
pesava in modo quasi imbarazzante: forse a Ilah
si era finalmente seccata la lingua.
- Ilah?
- Sì, Miki?
- Che nome è il tuo? Non l'ho mai sentito prima.
- Sarebbe Ilaheva... ma io preferisco Ilah. Quella
svitata di mia madre non mi ha mai detto di cosa si
era fatta il giorno che l'ha pensato. Mi ha fatto
tutto un discorso su una antichissima divinità...
- Un'antica dea dell'amore?
- No, veramente direi proprio di no... mi pare
di ricordare che fosse figlia di un verme mitologico,
ma non so dirti nulla di preciso. Mia mamma a
discorsi strampalati non la batte nessuno. Non le
sto dietro per niente!
Un verme mitologico, pensò con sorpresa. Ma non
molta.
- A proposito, com'è che i tuoi ti lasciano andare
in giro a ficcarti nei guai al punto che ti tocca
scappare?
- Proprio dai miei sono scappata la prima volta. Da mio
padre, per la precisione.
Miki si rabbuiò, nonostante il tono allegro di
Ilah. Detestava chi abusava dei propri figli,
soprattutto delle figlie. Suo padre era stato del
tutto assente, ma era convinta che anche uno troppo
presente fosse altrettanto dannoso.
- Ah, sì? - disse esortandola a continuare.
- Sissì... mi aveva proprio rotto, stressandomi tutti
i giorni con i suoi “vai a scuola”, “studia”, “vestiti
bene”, “non dire parolacce”, “lascia perdere quei drogati
dei tuoi amici” eccetera. Così un bel giorno gli
ho mostrato il segno internazionale del disprezzo
e me ne sono andata.
Miki pensò al carattere di Ilah e spostò il pensiero
sulle ginocchia che le uscivano dalle calze a rete gialle,
rotte. Non stentò a credere che il padre di Ilah avesse
pienamente ragione. Si chiese quale potesse essere il
segno internazionale del disprezzo, ma poi pensandoci
bene pensò di averlo individuato.
- Ma come? La tua famiglia! E la scuola? E tutto il
resto?
- Vuoi sapere della mia famiglia? Non ho perso proprio
nulla: quella scema di mia madre passa tutto il tempo
a cercare informazioni sui flussi energetici cosmici,
sui poteri terapeutici delle pietre lunari esposte
al vento solare e a pregare divinità galattiche
onnipotenti che però non riescono a tirarla fuori
dalla merda in cui vive. Si è anche fatta buttare
fuori da due diversi posti di lavoro. E mio
padre? Crede di essere lui quello con i pantaloni
a casa e invece non è capace di dire altro che “sì”
a mia madre e “no” a me, credendo che ciò significhi
essere marito e padre. E la scuola, tu dirai...
Non poté fare a meno di rammaricarsi per ciò che
stava sentendo: il tono di Ilah era davvero
risentito.
- La scuola – continuò la ragazza parlando velocemente -
è un posto dove si viene omologati da perdenti, dove
se hai un'idea te la uccidono sul nascere, dove se
hai un talento qualsiasi riescono a farti passare
la voglia di coltivarlo. Ma non mi sono fatta
macinare nel loro tritacarne. Ah, no!
Pensò che la verità poteva avere sfumature ben
diverse. Aveva già notato la tendenza di Ilah a non
considerare molto i punti di vista diversi dal suo.
- Segno internazionale del disprezzo anche per loro? -
interloquì.
- Ma certo! Avessi visto le loro facce quando... hey,
non avevi detto che questa era una zona tranquilla?
- Sì che lo è. Siamo nei pressi dell'orbita di
Urano e il bel gigante azzurro è in opposizione. Non
c'è proprio niente, qui – disse sospettosa. Ne aveva
abbastanza di sorprese.
- Beh, per un attimo qui è apparso qualcosa...
- “Qui” dove?
- Dove c'è scritto “Sistema dei sensori FTL” -
ribatté prontamente Ilah. Evidentemente aveva
imparato anche come funzionava il sistema MFD
del pannello principale: era in grado di passare
in rassegna le schermate dei diversi sistemi di
bordo.
- Stai frugando nel computer della nave? - la
apostrofò con tono di rimprovero.
- Ci metti un secolo a riparare ogni singola cazzata...
mi annoio! Stavo solo guardando. Eppoi non serve
che ti scaldi: è tornato tutto come prima.
Ah, io non mi devo scaldare mentre la signorina
“genio” può sputare acido quando vuole e su chi vuole,
pensò stufa di quel tono. Le sembrò che Ilah avesse
bisogno di una lezione di umiltà, come minimo. Quindi
strinse le labbra e cercò di pensare bene a cosa dire
per evitare ulteriori attriti. La litigata di prima
non era stata piacevole: per un paio di volte era stata
tentata di stringere le mani intorno al collo di
quell'antipatico mostriciattolo dai capelli viola
chiaro.
- Sarà stata una nave di passaggio... non siamo poi
così lontane dalle normali rotte.
- Mikiii... di nuovo!
- Ilah lascia stare i sensori FTL, cazzo! - sbottò
risentita.
- Torna, per favore... non sono i sensori FTL... - il
tono lamentoso da bambina viziata le urtò i nervi,
ma ciò che aveva appena detto non era per niente
promettente. Non le disse nulla via radio, ma abbandonò
la riparazione che stava eseguendo ripromettendosi
di scaldare le natiche di una certa bambina a
sculacciate se si fosse trattato di un altro
capriccio.
Procedendo su mani e ginocchia raggiunse l'ingresso
dell'angusto condotto e finalmente poté uscire nella
stiva, drizzando la schiena un po' dolorante. Si
guardò intorno preoccupata: Pong aveva chiuso tutte
le micro-falle che si erano aperte lì nella zona
della stiva, ma il Coyote aveva perduto
l'undici per cento dell'atmosfera. Sapeva bene che
una falla nello scafo può essere molto insidiosa e
ardeva dal desiderio di portare la sua corvetta a
fare un bello scalo tecnico. Le sarebbe costato caro
ma era certo meglio che svegliarsi una mattina
senza più aria da respirare.
Miki risalì la rampa e percorso per intero il corridoio
spinale raggiunse il ponte di comando. L'aria fredda
le fece accapponare la pelle delle braccia. Quando
Ilah la vide deformò il volto esagerando una
smorfia di disgusto, esclamando.
- Come sei sporca, bleah!
- Scusa se sto lavorando, tesoro... vorrei evitare
che questa nave vada in pezzi con noi due dentro.
- Guarda lì, ma non toccare niente, eh! Sporchi tutto!
Miki, non sapendo da dove le arrivasse la forza
di resistere alla tentazione di chiudere quella
petulante, smorfiosa, arrogante ragazzina nella
camera di equilibrio, gettò uno sguardo agli
strumenti indicati. Subito avvampò.
- Chi cazzo ti ha detto di riconfigurare la
disposizione degli MFD? Rimetti tutto com'era
prima!
- Ti è andato a massa un pezzo di cervello? Non
gridare, ci sento benissimo! - esclamò Ilah col
tono di chi ritiene d'avere ragione.
- Rimetti a posto gli strumenti! - insisté senza
abbassare la voce né ammorbidire il tono. Ilah
sbuffò seccata e con pochi, velocissimi tocchi
della penna ottica che stringeva gelosamente
tra le dita riconfigurò la disposizione dei
pannelli di comando del Coyote com'era
prima che lei decidesse di cambiarla.
- Secondo me così non si capisce niente... -
si lamentò con tono offeso incrociando le
braccia.
- L'importante è che ci capisca io! Avanti,
cos'è che dovrei vedere? Abbiamo una montagna
di cose da fare!
- Questo.
Miki inarcò le sopracciglia, sinceramente
stupita. C'era un contatto sul radar di poppa. A
distanza costante, appena entro la portata dei
sensori. Come al solito, pensò riconoscendo un
copione già visto. Il computer identificava la
nave come appartenente alla stessa classe di
quella che aveva aperto il fuoco contro il
Coyote con un colpo di avvertimento,
ma con un ID diverso. Tuttavia quel codice
non le era nuovo.
Strappò dalle dita di Ilah la penna ottica
ignorando le sue proteste, cercando di
combattere la tentazione di darle un pugno
in bocca per farla stare zitta. Richiamato
il giornale di bordo del radar si rese conto
che quella era la nave che l'aveva inseguita
fin su La Tana, per conoscere l'identità
della quale aveva dato a Morgan del denaro
per avere i tracciati dei sensori della
stazione. Tracciati che nessuno si era più
preoccupato di andare a prendere. Al
pensiero di quei soldi buttati via, Miki
strinse i denti. Morgan aveva resistito
poco come suo equipaggio, ma aveva fatto
in tempo a fare una discreta quantità di
danni.
- Ancora loro... - si concentrò su quel
codice come se potesse dirle qualcosa sulle
intenzioni di chi si trovava a bordo di quella
nave.
- Loro chi? - volle sapere Ilah.
- Non ti dice nulla questo codice?
- Non sono quelli che ce l'hanno con me. Io
non sono mica il fottuto Pubblico Registro
Navale: come faccio a sapere chi sono quelli?
Stavolta la ragazzina aveva ragione a
protestare. Potrebbe usare un altro tono,
pensò Miki ripristinando la schermata di
controllo dei danni.
- Continuiamo – le fece cadere in grembo la
penna ottica che serviva a usare le console a
risoluzione maggiore. Mal sopportava di vedere
quella stronzetta seduta sulla poltrona di
comando che la scimmiottava dicendo “signorsì”,
“sì capitano” e salutando militarmente, ma aveva
appena deciso di far finta di niente. C'erano
altre cose cui pensare. Ancora una volta aveva
una nave alle costole. Stava diventando
un'ossessione. L'ultima volta le avevano sparato
addosso. Non c'era ragione per il Coyote
di fermarsi lì. Nemmeno per un'altra nave c'era
motivo di fermarsi nei pressi, quindi era
chiaro che ce l'avevano con lei. Ping e Pong,
i due indispensabili droidi di manutenzione,
stavano sistemando le gondole alettate in
modo da renderle in grado di sopportare ancora
qualche ora di funzionamento a velocità
maggiore della luce. Si diresse verso lo
spinale ma appena oltrepassata la soglia
tornò indietro. Aveva cambiato idea. Se le
avessero sparato addosso ancora il Coyote
avrebbe potuto non cavarsela a buon mercato.
- Che fai? - Ilah si sistemò i lunghi dread
colorati su una spalla, accarezzandoli e facendo
tintinnare le perline intrecciate alle estremità:
sembrava sinceramente interessata alle manovre
necessarie a impostare la rotta.
- Ho chiesto al computer di calcolare un po' di
finestre FTL per Apollo. Fammi sapere quando ha
finito, O.K.?
- Sì comandante!