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Autore: Mannu    03/10/2009    1 recensioni
Miki è costretta su una stazione spaziale clandestina, La Tana, da un debito che non può pagare. Ilah è obbligata ad abbandonare il suo rifugio su La Tana a causa di un debito che non può pagare. Si può pensare a un accordo?
Nota: Il personaggio di Ilah non è completamente mio ma è stato realizzato in stretta collaborazione con Cassiana. Molte parti di questo racconto sono il frutto del suo lavoro. A Cassiana vanno tutti i miei più sentiti ringraziamenti per le idee, la pazienza e il lavoro fatto. A Cassiana va anche la metà dei complimenti (e delle critiche) che questa storiella dovesse ricevere.
Addendum: il titolo era "Miki & Ilah" ed è stato modificato successivamente in "Ogni debito... è un debito". Di nuovo... grazie a Cassiana! Un altro debito!
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ferraglia spaziale'
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Miki & Ilah - 3
3.

- Dove ti trovi ora?
Premette meglio l'auricolare del microfono a bastoncino e prima di rispondere dette uno sguardo intorno a sé.
- NS-EF14... è un po' buio, qui.
- Per forza, lì è saltata sia la forza motrice che l'illuminazione – la voce della ragazzina le giunse forte e chiara. Probabilmente raggiunta quella nuova posizione si era finalmente spostata all'interno del campo di un'antenna funzionante.
- Merda – commentò cercando tra gli attrezzi che portava appesi al cinturone. Si trovava all'interno di uno dei condotti di manutenzione della sua corvetta, la quale dopo il terzo e ultimo salto a velocità FTL aveva alzato bandiera bianca. Il computer aveva ridotto al lumicino la produzione di plasma azzerando o quasi il ciclo di Stanton e isolato tutti i condotti di alimentazione dei motori che giacevano ora inerti. Tutto il Coyote era surriscaldato e non c'era un angolo dove mancasse qualcosa da riparare o revisionare. Ciononostante la sua corvetta stava filando per inerzia a cento milioni di metri al secondo.
Lucida di sudore per il calore e per la fatica che stava facendo nell'angusto condotto di manutenzione, seguì le indicazioni che riceveva dal ponte di comando tramite la radio e le luci si riaccesero balbettando.
- Bel colpo, è tornata la luce – commentò con tono piatto.
- Miki...
- Che c'è? - chiese lei sospirando. Dal tono della voce intuì quale piega la conversazione stesse per prendere.
- Sei ancora incazzata con me?
Roteò gli occhi verso il soffitto continuando a trafficare dentro il pannello di ispezione. Seduta dentro l'angusto condotto di manutenzione, la ventilazione azzerata da un guasto, sudava copiosamente nonostante fosse coperta solo dai pantaloni da lavoro e dalla sua canottiera preferita: era completamente nera con una grande ragnatela bianca stampata davanti, al di sotto di una piccola scritta che recitava “vedova nera”. Aveva legato i capelli con la guaina tolta da un cavo elettrico che si era bruciato a causa di un corto circuito, ma ciocche ribelli le sfuggivano in continuazione e la infastidivano appiccicandosi al viso.
- Ma cosa dici... solo perché mi hai detto che sono “stronza e uterina”?
- Ma scusa, tu mi hai accusata di essere un parassita della società!
- Ah, sì... dev'essere stato quando mi hai detto che ho le tette grosse come il culo.
Dall'auricolare le giunsero dei fruscii confusi.
- Non strofinare il microfono, carina... non sento quello che dici – la apostrofò Miki con un ghigno.
- Non ricominciamo a litigare, Miki... okappa?
- Va bene... - disse lei condiscendente. Dopotutto le stava dando un grande aiuto con le riparazioni. Ilah, come le aveva detto di chiamarsi, aveva un vero e proprio dono per quanto riguarda l'informatica. In un paio d'ore si era totalmente impadronita del sistema di manutenzione e controllo danni del Coyote, al punto da riuscire a individuare un guasto con estrema rapidità.
Aveva anche una spiccata propensione per litigare. Era insopportabile, petulante, arrogante, presuntuosa. E anche un po' svitata: riusciva a passare con sconcertante facilità da una feroce litigata a una disinvolta confidenza. Aveva trascorso l'ultima mezzora parlandole di sua nonna che, da come la descriveva lei, avrebbe anche potuto essere una divinità greca. Decise quindi di approfittare di un momento di silenzio che si era creato e che pesava in modo quasi imbarazzante: forse a Ilah si era finalmente seccata la lingua.
- Ilah?
- Sì, Miki?
- Che nome è il tuo? Non l'ho mai sentito prima.
- Sarebbe Ilaheva... ma io preferisco Ilah. Quella svitata di mia madre non mi ha mai detto di cosa si era fatta il giorno che l'ha pensato. Mi ha fatto tutto un discorso su una antichissima divinità...
- Un'antica dea dell'amore?
- No, veramente direi proprio di no... mi pare di ricordare che fosse figlia di un verme mitologico, ma non so dirti nulla di preciso. Mia mamma a discorsi strampalati non la batte nessuno. Non le sto dietro per niente!
Un verme mitologico, pensò con sorpresa. Ma non molta.
- A proposito, com'è che i tuoi ti lasciano andare in giro a ficcarti nei guai al punto che ti tocca scappare?
- Proprio dai miei sono scappata la prima volta. Da mio padre, per la precisione.
Miki si rabbuiò, nonostante il tono allegro di Ilah. Detestava chi abusava dei propri figli, soprattutto delle figlie. Suo padre era stato del tutto assente, ma era convinta che anche uno troppo presente fosse altrettanto dannoso.
- Ah, sì? - disse esortandola a continuare.
- Sissì... mi aveva proprio rotto, stressandomi tutti i giorni con i suoi “vai a scuola”, “studia”, “vestiti bene”, “non dire parolacce”, “lascia perdere quei drogati dei tuoi amici” eccetera. Così un bel giorno gli ho mostrato il segno internazionale del disprezzo e me ne sono andata.
Miki pensò al carattere di Ilah e spostò il pensiero sulle ginocchia che le uscivano dalle calze a rete gialle, rotte. Non stentò a credere che il padre di Ilah avesse pienamente ragione. Si chiese quale potesse essere il segno internazionale del disprezzo, ma poi pensandoci bene pensò di averlo individuato.
- Ma come? La tua famiglia! E la scuola? E tutto il resto?
- Vuoi sapere della mia famiglia? Non ho perso proprio nulla: quella scema di mia madre passa tutto il tempo a cercare informazioni sui flussi energetici cosmici, sui poteri terapeutici delle pietre lunari esposte al vento solare e a pregare divinità galattiche onnipotenti che però non riescono a tirarla fuori dalla merda in cui vive. Si è anche fatta buttare fuori da due diversi posti di lavoro. E mio padre? Crede di essere lui quello con i pantaloni a casa e invece non è capace di dire altro che “sì” a mia madre e “no” a me, credendo che ciò significhi essere marito e padre. E la scuola, tu dirai...
Non poté fare a meno di rammaricarsi per ciò che stava sentendo: il tono di Ilah era davvero risentito.
- La scuola – continuò la ragazza parlando velocemente - è un posto dove si viene omologati da perdenti, dove se hai un'idea te la uccidono sul nascere, dove se hai un talento qualsiasi riescono a farti passare la voglia di coltivarlo. Ma non mi sono fatta macinare nel loro tritacarne. Ah, no!
Pensò che la verità poteva avere sfumature ben diverse. Aveva già notato la tendenza di Ilah a non considerare molto i punti di vista diversi dal suo.
- Segno internazionale del disprezzo anche per loro? - interloquì.
- Ma certo! Avessi visto le loro facce quando... hey, non avevi detto che questa era una zona tranquilla?
- Sì che lo è. Siamo nei pressi dell'orbita di Urano e il bel gigante azzurro è in opposizione. Non c'è proprio niente, qui – disse sospettosa. Ne aveva abbastanza di sorprese.
- Beh, per un attimo qui è apparso qualcosa...
- “Qui” dove?
- Dove c'è scritto “Sistema dei sensori FTL” - ribatté prontamente Ilah. Evidentemente aveva imparato anche come funzionava il sistema MFD del pannello principale: era in grado di passare in rassegna le schermate dei diversi sistemi di bordo.
- Stai frugando nel computer della nave? - la apostrofò con tono di rimprovero.
- Ci metti un secolo a riparare ogni singola cazzata... mi annoio! Stavo solo guardando. Eppoi non serve che ti scaldi: è tornato tutto come prima.
Ah, io non mi devo scaldare mentre la signorina “genio” può sputare acido quando vuole e su chi vuole, pensò stufa di quel tono. Le sembrò che Ilah avesse bisogno di una lezione di umiltà, come minimo. Quindi strinse le labbra e cercò di pensare bene a cosa dire per evitare ulteriori attriti. La litigata di prima non era stata piacevole: per un paio di volte era stata tentata di stringere le mani intorno al collo di quell'antipatico mostriciattolo dai capelli viola chiaro.
- Sarà stata una nave di passaggio... non siamo poi così lontane dalle normali rotte.
- Mikiii... di nuovo!
- Ilah lascia stare i sensori FTL, cazzo! - sbottò risentita.
- Torna, per favore... non sono i sensori FTL... - il tono lamentoso da bambina viziata le urtò i nervi, ma ciò che aveva appena detto non era per niente promettente. Non le disse nulla via radio, ma abbandonò la riparazione che stava eseguendo ripromettendosi di scaldare le natiche di una certa bambina a sculacciate se si fosse trattato di un altro capriccio.
Procedendo su mani e ginocchia raggiunse l'ingresso dell'angusto condotto e finalmente poté uscire nella stiva, drizzando la schiena un po' dolorante. Si guardò intorno preoccupata: Pong aveva chiuso tutte le micro-falle che si erano aperte lì nella zona della stiva, ma il Coyote aveva perduto l'undici per cento dell'atmosfera. Sapeva bene che una falla nello scafo può essere molto insidiosa e ardeva dal desiderio di portare la sua corvetta a fare un bello scalo tecnico. Le sarebbe costato caro ma era certo meglio che svegliarsi una mattina senza più aria da respirare.
Miki risalì la rampa e percorso per intero il corridoio spinale raggiunse il ponte di comando. L'aria fredda le fece accapponare la pelle delle braccia. Quando Ilah la vide deformò il volto esagerando una smorfia di disgusto, esclamando.
- Come sei sporca, bleah!
- Scusa se sto lavorando, tesoro... vorrei evitare che questa nave vada in pezzi con noi due dentro.
- Guarda lì, ma non toccare niente, eh! Sporchi tutto!
Miki, non sapendo da dove le arrivasse la forza di resistere alla tentazione di chiudere quella petulante, smorfiosa, arrogante ragazzina nella camera di equilibrio, gettò uno sguardo agli strumenti indicati. Subito avvampò.
- Chi cazzo ti ha detto di riconfigurare la disposizione degli MFD? Rimetti tutto com'era prima!
- Ti è andato a massa un pezzo di cervello? Non gridare, ci sento benissimo! - esclamò Ilah col tono di chi ritiene d'avere ragione.
- Rimetti a posto gli strumenti! - insisté senza abbassare la voce né ammorbidire il tono. Ilah sbuffò seccata e con pochi, velocissimi tocchi della penna ottica che stringeva gelosamente tra le dita riconfigurò la disposizione dei pannelli di comando del Coyote com'era prima che lei decidesse di cambiarla.
- Secondo me così non si capisce niente... - si lamentò con tono offeso incrociando le braccia.
- L'importante è che ci capisca io! Avanti, cos'è che dovrei vedere? Abbiamo una montagna di cose da fare!
- Questo.
Miki inarcò le sopracciglia, sinceramente stupita. C'era un contatto sul radar di poppa. A distanza costante, appena entro la portata dei sensori. Come al solito, pensò riconoscendo un copione già visto. Il computer identificava la nave come appartenente alla stessa classe di quella che aveva aperto il fuoco contro il Coyote con un colpo di avvertimento, ma con un ID diverso. Tuttavia quel codice non le era nuovo.
Strappò dalle dita di Ilah la penna ottica ignorando le sue proteste, cercando di combattere la tentazione di darle un pugno in bocca per farla stare zitta. Richiamato il giornale di bordo del radar si rese conto che quella era la nave che l'aveva inseguita fin su La Tana, per conoscere l'identità della quale aveva dato a Morgan del denaro per avere i tracciati dei sensori della stazione. Tracciati che nessuno si era più preoccupato di andare a prendere. Al pensiero di quei soldi buttati via, Miki strinse i denti. Morgan aveva resistito poco come suo equipaggio, ma aveva fatto in tempo a fare una discreta quantità di danni.
- Ancora loro... - si concentrò su quel codice come se potesse dirle qualcosa sulle intenzioni di chi si trovava a bordo di quella nave.
- Loro chi? - volle sapere Ilah.
- Non ti dice nulla questo codice?
- Non sono quelli che ce l'hanno con me. Io non sono mica il fottuto Pubblico Registro Navale: come faccio a sapere chi sono quelli?
Stavolta la ragazzina aveva ragione a protestare. Potrebbe usare un altro tono, pensò Miki ripristinando la schermata di controllo dei danni.
- Continuiamo – le fece cadere in grembo la penna ottica che serviva a usare le console a risoluzione maggiore. Mal sopportava di vedere quella stronzetta seduta sulla poltrona di comando che la scimmiottava dicendo “signorsì”, “sì capitano” e salutando militarmente, ma aveva appena deciso di far finta di niente. C'erano altre cose cui pensare. Ancora una volta aveva una nave alle costole. Stava diventando un'ossessione. L'ultima volta le avevano sparato addosso. Non c'era ragione per il Coyote di fermarsi lì. Nemmeno per un'altra nave c'era motivo di fermarsi nei pressi, quindi era chiaro che ce l'avevano con lei. Ping e Pong, i due indispensabili droidi di manutenzione, stavano sistemando le gondole alettate in modo da renderle in grado di sopportare ancora qualche ora di funzionamento a velocità maggiore della luce. Si diresse verso lo spinale ma appena oltrepassata la soglia tornò indietro. Aveva cambiato idea. Se le avessero sparato addosso ancora il Coyote avrebbe potuto non cavarsela a buon mercato.
- Che fai? - Ilah si sistemò i lunghi dread colorati su una spalla, accarezzandoli e facendo tintinnare le perline intrecciate alle estremità: sembrava sinceramente interessata alle manovre necessarie a impostare la rotta.
- Ho chiesto al computer di calcolare un po' di finestre FTL per Apollo. Fammi sapere quando ha finito, O.K.?
- Sì comandante!
   
 
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