Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: Mannu    16/10/2009    0 recensioni
Miki è costretta su una stazione spaziale clandestina, La Tana, da un debito che non può pagare. Ilah è obbligata ad abbandonare il suo rifugio su La Tana a causa di un debito che non può pagare. Si può pensare a un accordo?
Nota: Il personaggio di Ilah non è completamente mio ma è stato realizzato in stretta collaborazione con Cassiana. Molte parti di questo racconto sono il frutto del suo lavoro. A Cassiana vanno tutti i miei più sentiti ringraziamenti per le idee, la pazienza e il lavoro fatto. A Cassiana va anche la metà dei complimenti (e delle critiche) che questa storiella dovesse ricevere.
Addendum: il titolo era "Miki & Ilah" ed è stato modificato successivamente in "Ogni debito... è un debito". Di nuovo... grazie a Cassiana! Un altro debito!
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Ferraglia spaziale'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ogni debito... è un debito - 16
16.

Non riuscì più a ignorare la luce che filtrava attraverso le cortine e nemmeno il caldo che, sebbene non potesse essere poi così tardi, era già opprimente. Si mise supina e si stiracchiò pigramente finendo di scacciare gli ultimi residui di sonnolenza. Rotolò quindi fuori dal letto e andò a farsi una rapida doccia fresca stando in piedi nella grande vasca da bagno, cercando di ignorare i segnali che provenivano dal suo stomaco. L'aveva decisamente maltrattato durante la sera precedente saltando la cena e bevendo cocktail alcolici. Infatti dopo la serata passata a ballare con Jerrylex aveva speso quella successiva con Ilah. La ragazzina, in preda a uno dei suoi eccessi di cameratismo femminile, si era lamentata del fatto che non erano mai uscite a fare baldoria insieme. Così l'aveva accontentata, credendo da un lato di poter finalmente instaurare un rapporto meno turbolento con la permalosa, volubile e insolente ragazzina. Dall'altro temeva che quella vecchia volpe di Jerrylex, andato in bianco la sera della festa in albergo, tornasse alla carica con metodi un po' più spicci.
Una volta spalmata la pelle con l'indispensabile protezione solare, indossò i suoi larghi pantaloncini al ginocchio e una comoda maglia senza maniche, nera con gli orli bianchi e dalla scollatura quadrata forse un po' troppo generosa. Si guardò allo specchio: si vedevano le spalline del reggiseno e notò che la pelle si era arrossata per il sole, ma non scurita. Pelle da astronauta, si disse. Non aveva bevuto molto: l'alcol le aveva lasciato un brutto ricordo sul palato e null'altro. Decise quindi di accontentare le richieste del suo stomaco e di andare a vedere se era ancora aperta la sala da pranzo dell'albergo per fare colazione.
Aveva appena finito di mangiare quando un impiegato dell'albergo la raggiunse e molto cortesemente le chiese, bisbigliando discretamente anche se non c'era nessun altro nella sala da pranzo, di passare dalla reception prima possibile. La cosa la insospettì: solitamente il personale dell'albergo non faceva altro che sorriderle. Si alzò poco dopo e abbandonata la sala da pranzo tristemente deserta si recò alla reception dove l'attendeva il medesimo impiegato che era venuto a chiamarla. Questi le porse una semplice busta di carta bianca, chiusa con la colla. Dovette lacerarla per aprirla e la cosa le dispiacque un po': la carta vera, bianca e spessa, ruvida al tatto era una delle cose che, abbandonata la Terra per la vita sulle stazioni, aveva rimpianto di più. Le era sempre piaciuta tantissimo fin da bambina quando riceveva fantasiosi e colorati biglietti d'auguri per il suo compleanno.
Riconobbe subito la scrittura, sottile e obliqua: era il pugno di Jerrylex. Generici saluti e al posto della firma due sole parole: “non cercarmi”. Un po' minaccia, un po' richiesta: tipico di quell'individuo. Si accorse che il biglietto, piegato a metà, era stato scritto anche all'interno. C'erano delle istruzioni per il collegamento a una certa rete, rese volutamente complicate poiché anche quelle erano state scritte a mano e con indirizzi numerici al posto dei nomi. Ma non era quello a preoccuparla: padroneggiava i computer abbastanza da sapere come venirne fuori. Chiese all'impiegato dell'hotel se c'era un terminale per potersi collegare alla Rete e quello la condusse in un locale apposito che era stato attrezzato con computer e paraventi di paglia intrecciata che garantivano una certa privacy. Anche lì non c'era nessuno oltre lei.
Si collegò dove richiesto e seguite le istruzioni comprese immediatamente che aveva dato il via a una procedura di qualche genere. Non sapeva esattamente cosa aveva lanciato: ogni tentativo di tracciare gli indirizzi un istante dopo aver concluso la procedura non aveva prodotto risultati. Jerrylex, pirata e criminale informatico aveva di certo colpito ancora. Miki si dette della stupida: se si fosse trattato di una trappola, c'era cascata in pieno come una dilettante. Fece qualche tentativo del tutto inutile e poi, per non tornare nella hall col viso imporporato dalla vergogna, visitò qualche sito di notizie nell'attesa che le passassero gli evidenti segni dell'imbarazzo. Odiava sentirsi stupida: per la rabbia ondate di calore la attraversavano e le prudeva perfino la nuca.
Stava per concludere il collegamento quando si rese conto di un messaggio i ndirizzato a lei. Non era possibile risalire al mittente che aveva usato un nome di fantasia, ma dal contenuto Miki capì che si trattava ancora di lui. Con dei giri di parole la stava avvisando che la falsa identità che la proteggeva non sarebbe durata ancora a lungo e che era una questione di ore, non di giorni. In più quello era l'ultimo giorno di permanenza in albergo, poiché i soldi versati in anticipo erano finiti. Se aveva intenzione di fermarsi ancora, avrebbe dovuto farlo a spese sue.
Miki maledisse il pirata informatico un paio di volte, a denti stretti anche se nessuno l'avrebbe sentita. D'istinto si collegò alla banca per verificare quanti soldi le erano rimasti: aveva bisogno del denaro per tornare su Apollo ed era pronta a scommettere che avrebbe dovuto fare da balia anche a Ilah. Quando vide il saldo totale le mancò il fiato. C'erano più di ventimila crediti. Una cifra enorme! Certo non proveniva dall'altalenante reddito delle sirene telasiane: per mettere insieme una cifra del genere avrebbe dovuto avere una percentuale sui ricavi di gran lunga più elevata di quella che le era stata riconosciuta. Guardò i dettagli: c'era un accredito di ventimila, tondi tondi, tutti in una volta. Il momento dell'accredito sul suo conto era... cinque minuti prima. Appena arrivati. Cominciò a capire cosa aveva combinato seguendo le istruzioni di Jerrylex. Erano parte dei soldi del colpo che lui aveva fatto ai danni della yakuza. Ebbe un brivido: sperò che quel vecchio bastardo sapesse davvero bene il fatto suo e che quel denaro fosse davvero non rintracciabile, altrimenti era già morta. Ma ventimila! Tutti per lei! Avrebbe pagato la revisione al Coyote e ne sarebbero avanzati ancora. Una ragione di più per partire immediatamente. Chiuse il collegamento cancellando le tracce dell'utilizzo di quel terminale e corse a chiamare Ilah. Era ora di tornare a casa.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Mannu