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Autore: Elizabeth_Keats    21/10/2009    3 recensioni
"«Storia di Hogwarts». «Che?». «Storia di Hogwarts… Hai capito bene». Il rosso rimase per un attimo interdetto. «Ma non l’hai già letto tipo milleduecento volte?». Hermione scosse il capo e corrucciò le labbra nel vano tentativo di trattenere una risatina che stava per “c’avrei giurato che l’avresti detto”. «La nuova edizione. Aggiornata e riveduta»." Ron e Lavanda stanno insieme: un brutto colpo per Hermione. Ma forse un ricordo potrà lenire un po' il suo cuore infranto, soprattuto se c'è di mezzo una delle sue più grandi passioni: i libri.
Genere: Romantico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pt. 2

Era da un bel po’ che non metteva piede in biblioteca, pensò Ron facendo scorrere lo sguardo quasi smarrito in mezzo a tutti quegli scaffali. Precisamente da quando aveva baciato per la prima volta Lavanda, anche se pure prima non era stato un assiduo frequentatore di quel luogo silenzioso e come staccato dal resto del mondo. Di solito quello era il dominio di Hermione… Questo pensiero affiorò quasi spontaneamente tra i tanti altri, come una costatazione ovvia ed innocente, ma non appena il ragazzo si accorse quale era il soggetto della frase si affrettò a cancellare il tutto in un battibaleno. Inspirò a fondo e scosse la testa per tentare di scacciare quel pensiero e si avviò lungo il reparto che doveva fare al caso suo. Quasi senza rendersene conto, mentre cercava di capire in che ordine fossero disposti quei dannati libri, in un gesto quasi automatico si passò distrattamente una mano sul braccio sinistro, facendo affiorare oltre l’orlo della manica i segni che ancora portava dei becchi acuminati dei canarini infuriati della sua migliore amica. Continuavano a dargli fastidio e a causargli un insopportabile prurito, senza contare che sembravano non voler sparire per nulla al mondo, quasi fossero profonde cicatrici.

Tra sbuffi e imprecazioni sussurrate tra i denti alla fine Ron riuscì a trovare qualcosa che forse gli si sarebbe potuto rivelare utile, ovvero un vecchio librone polveroso la cui copertina minacciava di saltare via da un momento all’altro. Ok, ci aveva messo tipo il doppio di tempo rispetto a se qualcuno di sua conoscenza fosse stato lì ad aiutarlo, ma con un’alzata di spalle si disse che se la sarebbe potuto cavare benissimo anche da solo. In fondo che ci voleva a scrivere una maledetta ricerca di Erbologia sulla Tentacula Velenosa? Va bene, magari non sarebbe stata perfetta, però avrebbe fatto di tutto per renderla almeno sufficiente. Anche perché per questo genere di cose non poteva contare su Lavanda. Si lasciò cadere su una sedia a uno dei tanti tavoli e sospirò di sollievo sbattendo il libro sul piano di legno lucido e, così facendo, alzando una piccola nuvoletta di polvere. Anche se la prospettiva delle prossime due o tre ore sarebbe stato uno studio estenuante, si sentiva quasi rilassato. Per una buona volta non aveva Lavanda appiccicata al colletto della camicia, intenta a sussurrargli all’orecchio ogni genere di pensierini dolci e melensi. Troppo melensi. Per una volta non doveva rendere conto di niente a nessuno e soprattutto non doveva sopportare quella piattola della sua fidanzata e farsi bello ai suoi occhi. Non bisognava fraintendere, però; gli piaceva stare con Lav, lo faceva sentire in qualche modo realizzato, soprattutto dal punto di vista fisico, e alla stessa altezza degli altri, anche se a volte aveva bisogno di starsene un po’ per conto suo. O, almeno, era così che la pensava.

Spulciò quel vecchio libro per una mezz’ora circa, arrovellandosi su paroloni ricercati di cui ignorava del tutto il significato ed arcaismi che non rendevano la sua impresa certo più facile. Così alla fine scoprì di non aver fatto molti progressi, anzi di non averne proprio fatti. E, per l’ennesima volta, si ritrovò a pensare quanto sarebbe stato facile se solo lei… No, si disse risoluto, lui non doveva dipendere da Hermione solo perché lei era più intelligente, più brillante, più riflessiva, più geniale, più… Oh, accidenti! Avevano litigato, va bene, ma non per questo lui doveva sentirsi in colpa! In fondo lui non c’entrava niente con gli squilibri ormonali di Hermione, no? E se il fatto che lui ormai stesse con Lavanda non le era ancora andato giù, be’, tanto peggio per lei: tanto sapeva bene che era solo invidia. Invidia perché lui poteva abbarbicarsi a Lavanda in pubblico e lei, invece, non poteva fare altrettanto con il suo adorato Vicky. Quindi non aveva per niente intenzione di farsi rovinare l’umore dall’ennesima delle loro liti; prima o poi sarebbe passata anche questa e, in caso contrario, Hermione non sapeva che genere di persona si stava perdendo. Dopotutto anche lui aveva diritto ad avere una fidanzata. Era rimasto lo sfigato del gruppo per troppo tempo… Con un mezzo ringhio di esasperazione si alzò così velocemente che per poco non fece cadere la sedia e, senza un ordine preciso, saccheggiò i primi scaffali di tutti i testi di Erbologia che potevano avvicinarsi all’argomento che gli interessava. Quindi buttò l’intera bracciata di libri sul tavolo senza molta delicatezza, facendo vibrare nell’aria un tonfo sordo che per fortuna Madama Pince non udì. Quindi si gettò a capofitto su quella montagna di carta, estraendo dal mucchio un libro a caso. E non appena i suoi occhi si posarono sulla copertina scura e il titolo a lettere dorate le sue sopracciglia si corrugarono in un’espressione perplessa.

«Ma che diavolo…?».

Di certo quel libro non avrebbe dovuto trovarsi lì: questo fu il primo pensiero che gli attraversò al mente. E men che meno tra una catasta di noiosi e inutili libri di Erbologia. A ben pensarci non ricordava nemmeno di averlo preso da uno degli scaffali che aveva appena selvaggiamente rapinato, quindi concluse che doveva trovarsi già da prima su quel tavolo, senza che lui se ne fosse accorto. Ma era proprio sicuro che era il libro a cui stava pensando? Nel senso, sarebbe mai stato possibile che fosse un’altra copia del tutto identica a quella, di proprietà della biblioteca o magari di qualche altro studente? Ma alla fine si arrese all’evidenza di conoscere più che bene quel volume della nuova edizione di Storia di Hogwarts: tutto sommato chi altri a parte Hermione se ne sarebbe mai portato uno dietro? E subito lo colse il pensiero vertiginoso che, se quel libro era lì, voleva dire che anche Hermione era stata seduta a quello stesso tavolo non molto tempo prima di lui. Poteva quasi vederla lì seduta china su qualche libro importante, la fronte corrugata dalla concentrazione, gli occhi attaccati alle pagine stampate che scorrevano sulle righe e i ricci castani che le ricadevano in qualche ciocca sul viso. E mentre pensava a quest’immagine così scontata si ritrovò a sorridere come un’ebete. Ma subito si riscosse, dandosi dello scemo e mettendo il libro da parte: avrebbe deciso in seguito sul cosa fare al riguardo, anche perché al momento aveva cose più importanti a cui pensare.

Per tutta l’ora seguente cercò di concentrarsi su definizioni complesse e concetti aggrovigliati, scarabocchiando di tanto in tanto qualche breve appunto sul foglio di pergamena che aveva davanti. Provò più volte a stendere qualche frase di senso compiuto, ma niente: un troll schiantato sarebbe stato molto più lucido di lui. Il tutto per colpa di quella dannata Storia di Hogwarts. Anche lui, come Hermione, ricordava benissimo tutto l’accaduto legato a quel libro: la gran confusione alla libreria Il Ghirigoro e quel qualcosa di indefinito che, però, ogni volta che gli ritornava in mente lo faceva arrossire violentemente. Quindi era più che ovvio che il suo cervello non riuscisse a concentrarsi; la sua attenzione rimbalzava continuamente dal tema al ricordo del dolce peso di Hermione su di lui, il profumo dei suoi capelli, il calore del suo respiro, il tremore delle sue mani, il luccichio dei suoi occhi, il… Stop! Accidenti, lui aveva una fidanzata! Una F-I-D-A-N-Z-A-T-A! Non avrebbe mai dovuto pensare a qualcuna, men che meno alla sua migliore amica, in quei termini. E poi, non avevano forse litigato? Non avrebbe dovuta avercela con lei per la sua cocciutaggine? Ma no, la presenza del libro lo insidiava da vicino, come il fiato glaciale di un fantasma sul collo, che lo faceva rabbrividire. Concluse che non sarebbe mai approdato a nulla di buono se non si fosse prima tolto quel peso. Anzi, quella scocciatura. Forse se avesse riportato il libro a Hermione tutto quel ronzio insopportabile se ne sarebbe andato insieme a quello e lui avrebbe finalmente potuto riprendere la sua ricerca in santa pace.

Ma Ron, mentre usciva di fretta dalla biblioteca con quel fatidico libro tra le mani, alla ricerca della proprietaria, non si interrogò sul perché di quei pensieri frustranti ed insistenti.

 

Il rosso non perse tempo a girare per tutto il castello e, visto che era ormai ora di pranzo, si diresse quasi di corsa verso la Sala Grande, sicuro che lì avrebbe trovato Hermione insieme a Harry, Ginny e tutti gli altri. E così fu. Scorse Harry e Ginny, troppo vicini l’uno all’altra per i suoi gusti, che facevano capannello con Neville, Seamus e Dean. C’era anche Hermione, ma, come faceva spesso nell’ultimo periodo, se ne stava in disparte e in silenzio. Aveva il capo chino sul piatto di pasticcio di carne che stava mangiucchiando svogliatamente, mentre il suo sguardo andava dal piatto ancora quasi del tutto pieno a una pila di appunti che teneva di fianco al tovagliolo, in apparenza in un ultimo frettoloso ripasso prima delle lezioni successive. Osservandola meglio, Ron notò che ogni tanto i suoi occhi si alzavano dal livello del tavolo per soffermarsi sugli altri che chiacchieravano allegramente e per carpire qualche parola della loro conversazione. Ma la sua espressione era malinconica e nemmeno una battuta idiota di Seamus riuscì a far trasparire un timido sorriso sul suo volto. Ron salutò frettolosamente gli altri (sorvolò perfino sul fatto che Harry avesse osato passare un braccio attorno alle spalle di sua sorella) e fece per sedersi anche lui un po’ in disparte vicino a Hermione. Ma quella, a giudicare dalla sua espressione improvvisamente inaspritasi, non pareva molto felice di vederlo arrivare e Ron si chiese se non fosse il caso di mollare lì il libro e correre ai ripari. Lo fissava come se lo volesse uccidere. Ma nonostante tutto si fece coraggio, si sedette e si servì abbondantemente come al solito, il tutto sotto lo sguardo guardingo e severo della ragazza. Alla fine, però, quando sentì di non poter proprio più reggere quel cipiglio accusatorio, si sforzò di parlare.

«Hermione…».

«Cosa c’è?». Il tono della riccia lo colpì in pieno volto come una sassata, lasciandolo per un attimo spaesato.

Abbassò gli occhi e si fece piccolo piccolo. «Io volevo… volevo solo… be’…».

E, non trovando le parole adatte, decise di passare al concreto, tirando fuori dalla borsa dei libri Storia di Hogwarts.

«È tuo, no? Devi averlo dimenticato in biblioteca…».

Hermione rimase basita e sorpresa nel vedersi sventolare sotto il naso l’oggetto delle disperate ricerche di quella mattina, che l’avevano portata quasi sull’orlo della disperazione. Era una delle cose a cui teneva di più e non si era capacitata di essere stata così stupida da lasciarlo in giro. E ora, invece, eccolo lì nelle mani dell’ultima persona in cui si sarebbe aspettata di vederlo.

«Come… come l’hai trovato?» balbettò Hermione alla fine.

Ron fece spallucce, ora più sicuro. «Ero lì per una ricerca».

Intanto Hermione prese il libro con cautela, come se non credesse che quello fosse sul serio ritornato da lei. Quale fortuna! Però, mentre passava una mano sulla copertina levigata, quasi come se fossero trasudati attraverso quello stesso cuoio, i ricordi che l’avevano sorpresa la sera precedente le ritornarono in mente in un botto. Arrossì leggermente e, mentre sperava che Ron non avesse notato il suo rossore, si chiese se anche lui, trovando quel libro, si fosse mai ricordato di quel giorno in libreria. Probabilmente sì: arrossì un po’ di più.

«G-Grazie» sussurrò alla fine, impacciata.

E, forse in un goffo tentativo di svicolare da una possibile conversazione e non dover rendere conto del suo rossore, aprì il libro ritrovato e ci ficcò il naso. Ron sospirò disarmato, mentre si soffermava ad osservarla. Rimase come incantato dal riflesso vagamente rossiccio dei capelli di Hermione quando venivano colpiti dai raggi del sole e di quanto fossero lucidi e morbidi alla sola vista: si disse che Lavanda si era sbagliata di grosso ogni volta che aveva avuto qualcosa da dire sui capelli di Hermione. Ma quella, sentendosi osservata, alzò di scatto lo sguardo e beccò l’amico che la fissava come ipnotizzato. Questa volta arrossì così violentemente che Ron non poté non accorgersene.

«Che c’è?» mormorò lei con un leggero tremito nella voce.

Ron scosse la testa con un movimento troppo repentino per sembrare naturale. «N-niente… Niente tranquilla».

Ma Hermione non ne era molto convinta, scrutandolo di sotto in su mentre lui assumeva un sorriso troppo tirato. Appena lei si risolse a non indagare oltre e riabbassò lo sguardo sul libro aperto in grembo, Ron iniziò a parlare di getto.

«Mi dispiace».

«Come?».

Hermione rimase per un attimo senza fiato, cercando di capire a cosa si riferisse quella frase, mentre era il turno di Ron di diventare bordeaux.

«Mi… mi dispiace» si sforzò di ripetere quello.

Non sapeva bene perché ma quelle due parole gli erano salite spontaneamente alle labbra con un’urgenza che sulle prime non era riuscito a comprendere. Non sapeva per cosa di preciso si dovesse scusare, ma qualcosa dal profondo gli imponeva di farlo. E il suo sesto senso gli diceva che quello era il momento migliore.

«Per cosa, scusa?».

Quella domanda più che legittima lo lasciò spiazzato. Si tormentò le mani prima di provare a rispondere balbettando: «Per cosa? Be’, a dir la verità non saprei… forse per il fatto di essere uno stupido Ronald Weasley, credo».

Anche quella risposta bizzarra gli sgorgò direttamente dal cuore, ma per quanto strana fosse sentì vibrare in quelle parole il suono della sincerità. Intanto Hermione uscì in una breve risata che, però, cercò subito di dissimulare con un colpo di tosse.

«E cosa avrebbe fatto Ronald Weasley per essere definito stupido?».

E mentre lei cercava con tutte le sue forze di non scoppiare a ridere, Ron assumeva l’espressione più seria che era riuscito a trovare nel suo limitato repertorio. All’improvviso si era sentito in dovere di dire qualcosa di importante che teneva dentro ormai da troppo tempo, anche se non sapeva di preciso di cosa si trattasse. Sentiva di stare parlando a vanvera. O forse era il suo cuore che stava parlando al suo posto.

«Be’, credo che abbia fatto troppe cose stupide per elencarle tutte».

«Del tipo?».

«Continuare a litigare con… la sua migliore amica».

La risata che Hermione stava cercando di trattenere svanì di botto, lasciando un fondo di sorpresa e di qualcosa che forse si poteva avvicinare al disagio. Le parole “migliore amica” stonavano quasi nel contesto della frase, forse perché Ron nel formularla aveva pensato a ben altro termine. Ma non fu solo questo a lasciare di stucco la ragazza: il fatto stesso che il rosso ammettesse di sua spontanea volontà di aver agito stupidamente e di essere un perfetto cretino, be’, aveva già di per sé qualcosa di incredibile. Quando mai nelle innumerevoli volte che avevano litigato lui si era venuto a scusare con una frase di quel tipo? Un confortante calore si sprigionò dal cuore di Hermione nel capire che una piccola parte del cervello di Ron la riteneva importante; si sentì quasi lusingata… anche se tutta la faccenda non aveva un senso logico.

«Io e Lavanda… be’, non credo sia giusto costruire la mia felicità sull’infelicità di qualcun altro».

In sintesi era quello che pensava, si disse Ron, distogliendo subito gli occhi dall’amica e mettendosi a grattare nervosamente la piano ruvido del tavolo. O, almeno, era quello che credeva di pensare: non era sicuro che felicità fosse la parola giusta.

«Non voglio che tu stia male per causa mia… Voglio… Io voglio…».

La verità era che nemmeno lui sapeva cosa voleva davvero. Aveva Lavanda, sì, che era tutto ciò che un comune ragazzo di diciassette anni potesse desiderare, ma le immagini di quel lontano pomeriggio al Ghirigoro continuavano a punzecchiarlo con brevi flash che lo lasciavano sempre più confuso. Ma al momento doveva pensare all’amicizia con Hermione.

«Ho capito» intervenne lei, quasi lapidaria. «Vuoi che accetti che il mio migliore amico si sia venduto alla prima ragazza-oca che gli è passata sotto al naso».

Ron alzò lo sguardo e incontro quello duro come il diamante della riccia. I suoi occhi parevano lanciare dardi infuocati di indignazione in sua direzione, mentre la fronte corrugata e le labbra tirate urlavano all’ingiustizia.

«No» esclamò Ron. «Cioè… sì, in un certo senso sì…».

Hermione scosse la testa e con un movimento repentino si alzò ed afferrò la borsa dei libri, intenzionata a non trattenersi un minuto di più. Era come chiederle di rinunciare a cambiare le miserevoli condizioni di vita degli elfi domestici.

«Sei sempre il solito, Ronald».

«No, aspetta!».

Anche Ron si era alzato fulmineamente, spostando con un rumore fastidioso la panca, e così attirando l’attenzione degli altri, che smisero subito con il loro vocio di sottofondo e si misero a fissarli in silenzio ed incuriositi. Era convinto che Hermione non avrebbe prestato ascolto alle sue parole, invece si sbagliava, poiché lei si bloccò all’improvviso come pietrificata. Forse sperava che Ron la implorasse ancora di restare e che si scusasse ancora una volta per averla fatta soffrire.

«Non era quello che intendevo dire» sussurrò il rosso.

La ragazza si morse il labbro inferiore. «Ron… ci conosciamo da anni, ne abbiamo passate di tutti i colori insieme, ci siamo sostenuti a vicenda e te e gli altri ormai per me siete una seconda famiglia. Ci tengo a te e…. e non voglio che ti butti via così. Lavanda non ti merita, lo sai bene. E per quante volte io ti abbia dato dell’idiota credo che tu valga molto di più di quel che potrebbe sembrare. Lei non ti potrà mai dare niente di più…».

Ron abbassò il capo e si ficcò le mani in tasca. Socchiuse un poco gli occhi, inspirando profondamente, mentre cercava di rallentare la corsa sfrenata del suo cuore e tenere a bada quella specie di piccolo attacco di panico che l’aveva improvvisamente colto. Era quello che aveva pensato fin dall’inizio, più precisamente dal giorno dopo di quando aveva baciato Lavanda per la prima volta. Quando, una volta che l’adrenalina della novità l’aveva abbandonato, si era chiesto quale sarebbe stato il suo passo successivo. Lavanda era carina, va bene, aveva il senso dello stile e poteva risultare quasi piacevole nelle conversazioni da salotto. Ma non era brillante, sveglia, profonda, matura e sensibile come sarebbe dovuta essere la ragazza con cui gli sarebbe piaciuto condividere tutto di se stesso e magari la sua stessa esistenza. Lavanda era un’avventura, lo aveva saputo fin dal principio. Un bel fuoco d’artificio che, nonostante lo splendore, l’eleganza e la scoppiettante esuberanza, sarebbe stato in ogni caso destinato a finire in niente: pochi secondi di spumeggiante divertimento, ma solo pochi secondi senza significato.

«Lo so» sussurrò. «Lo so che sarebbe potuto… dovuto andare diversamente».

E mentre diceva ciò l’immagine della libreria con tutti i libri sparpagliati sul pavimento non sarebbe potuta essere più vivida nella sua mente. Così capì quale avrebbe dovuto essere il suo posto in quel momento: seduto tranquillamente di fianco a quella ragazza che ora considerava solo un’amica e che era infuriata con lui, magari a sfogliare ridendo proprio quel libro che aveva fatto capire loro molte cose. Ma la visione era come disturbata e tra quell’immagine di perfezione se ne infiltrava un’altra in bianco e nero di lui legato con pesanti catene a un’altra ragazza. E cercava di liberarsi ma non ci riusciva, finché non si arrendeva e la luce della prima fotografia spariva del tutto.

Hermione, come le era capitato spesso in quegli ultimi dieci minuti di conversazione, rimase senza fiato e si chiese se per caso… No, ma Ron non avrebbe mai potuto pensare una cosa del genere o anche soltanto prendere in considerazione l’idea che lui e lei… Eppure… No, no, siamo sinceri, lui aveva Lavanda. LAVANDA. Era a sua totale disposizione, quindi cosa gli sarebbe mai potuto interessare se lei…? Socchiuse le labbra per dire qualcosa che sbloccasse l’improvviso silenzio che era calato su di loro, ma qualcosa, o meglio qualcuno, la precedette. Un turbinio di trecce ben ordinate e qualche spilla troppo rosa per essere sopportabile alla vista entrò nel campo visivo di Hermione, accompagnata dal solito risolino un po’ da pettegola che annunciava ogni volta la sua entrata in scena. Senza neanche che se ne accorgesse subito, Ron si ritrovò la sua gioia e la sua croce appesa al braccio destro come un koala.

«Ron-Ron, sei qui! Ti stavo cercando…» interloquì Lavanda senza mostrare minimamente di essersi accorta della presenza di Hermione.

Ron sbiancò e si chiese se per caso la sua fidanzata gli avesse appiccicato addosso qualcuno di quegli strani congegni che i Babbani usano per spiare e seguire la gente. Ovunque lui andasse poteva essere sicuro che Lavanda prima o poi l’avrebbe trovato: si aspettava sempre di vederla comparire a sorpresa nei bagni dei maschi.

«Sei sparito per tutta la mattina, cucciolotto. Mi sei mancato tanto».

Così dicendo Lavanda allungò le braccia a mo’ di tentacoli per carpire il collo del malcapitato fidanzato, che, però, prima che lei arrivasse alla sua faccia, si scansò prontamente, trattenendo fermamente quella sottospecie di sanguisuga.

«Ehm, sì, anche tu…» balbettò il povero Ron. Se non gli importava che il resto di Hogwarts lo vedesse abbarbicato a quella che lui chiamava fidanzata, non voleva dire che davanti a Hermione fosse la stessa cosa. E mentre sentiva il fiato caldo di Lavanda salirgli pian piano lungo il collo vedeva le possibilità di chiarire le faccende in sospeso con Hermione allontanarsi sempre più. Inesorabilmente. Sapeva che non avrebbe mai più avuto un’altra occasione come quella per parlare con lei. Anche perché lei prendeva alla lettera uno dei suoi principi fondamentali: meno respirava la stessa aria di Lavanda meglio era. Infatti…

«Ciao, Ron. Ci vediamo a lezione».

Come aveva previsto lo straordinario tempismo di Lavanda aveva rovinato tutto e, se prima era riuscito a trattenere Hermione con le parole, ora nessuna promessa l’avrebbe fermata. Così non poté fare altro che vederla alzarsi, raccogliere i suoi libri e incamminarsi lungo la Sala Grande, mentre lui restava lì impassibile tra le braccia di Lavanda, che non aveva occhi che per lui e probabilmente anche la sua mente stava sfornando a velocità record certe particolari fantasie sul rosso.

Ma, mentre scompariva dalla sua vista tra la massa caotica di studenti, a Ron sembrò di scorgere gli occhi di Hermione farsi leggermente lucidi prima di dare le spalle a lui e Lavanda, che continuava a sorridere come un’ebete. Avrebbe perfino giurato di veder brillare una lacrima appesa alle sue ciglia e un nuovo dardo infuocato gli colpì il cuore nel rendersi conto per l’ennesima volta di averla fatta soffrire suo malgrado. Non aveva neanche avuto il tempo di salutarla… Si sentiva uno schifo: gli sembrava di essere stato programmato per portare dolore a una delle persone a cui teneva di più. Anzi, alla persona a cui teneva di più in assoluto.

«Allora, Ronnino, andiamo? Devo dare una ripassata a Incantesimi prima della lezione: mi aiuteresti? Ho trovato un posto carino carino… e anche abbastanza appartato».

La risatina acuta e maliziosa di Lavanda non gli arrivò nemmeno alle orecchie, tanto era impegnato a fissare con insistenza il punto in cui Hermione era scomparsa tra la folla, forse nella speranza di vederla ricomparire e che ritornasse tra le sue braccia al posto della sua fidanzata ufficiale. Ma ufficialmente Hermione era la sua migliore amica e quello non sarebbe stato il suo posto.

Così, come una marionetta nella mani del suo padrone, seguì Lavanda, dopo aver salutato sbrigativamente Harry, Ginny e gli altri, che ovviamente avevano seguito per filo e per segno tutto l’accaduto e, ne era certo, non appena si fosse allontanato avrebbero ricominciato a sparlare al riguardo. Non sapeva dove diavolo volesse andare Lavanda, anche se quello che voleva fare gli era abbastanza chiaro. Ma sapeva ancora più nitidamente che quello non era il suo posto, anche se l’aveva scelto, anche se l’aveva cercato. Ma ora sentiva di non potere più tornare indietro e anche se l’avesse fatto… No, la sola idea di farlo era inconcepibile.

Uscirono per mano dalla Sala Grande, ma la mente di Ron era ben lontana da Hogwarts. Più precisamente si trovava nella libreria più famosa di Diagon Alley, sotto una catasta di libri sparpagliati, con in mano il libro che stava cercando e sopra di sé la ragazza che in quel momento avrebbe voluto tenere per mano. Ma quell’istantanea era lontana anni luce dalla situazione attuale e sapeva che sarebbe per sempre rimasto un bel sogno ad occhi aperti. Però, per quanto leggera e fluttuante che fosse, quell’immagine non sarebbe mai scolorita tra i suoi ricordi, indipendentemente da come sarebbero andate le cose.

E sapeva benissimo in che modo sarebbero dovute andare. Anche perché avrebbe fatto di tutto per farle andare in quel senso.

Visto il numero di richieste di continuare la one-shot, eccomi qui con un capitolo in più. Ma non illudetevi: il racconto era stato progettato per avere un solo chap, poi l'ho modificato aggiungendone un secondo (giusto per far contenti i miei lettori), ma comunque non diventerà una ff vera e propria. Motivi: 1) non ho progettato una storia a lungo termine, in poche parole era una cosa che doveva "finire lì", una specie di parentesi nel rapporto Ron/Hermione trattano nei libri dalla Rowling; 2) non saprei come continuare, visto che, come già detto, il racconto finirebbe per sovrapporsi a quello originale; 3) in questo periodo sono molto impegnata e per il momento non voglio impegnarmi con ff vere e proprie.

Bene, chiarito questo, spero comunque che questa integrazione sia all'altezza della prima parte, anche se posso dire che sia stato un vero e proprio parto, sia per lunghezza di tempi (scusate) che per difficoltà, visto che l'ispirazione e la voglia di scrivere davano sempre forfait. Personalmente questa parte non mi convince molto, forse anche perchè vedo la coppia Ron/Herm molto complessa e anche un romanzo di 1000 pagine mi sembrerebbe insufficiente a descrivere ciò che li lega. Quindi, sperando che le recensioni siano positive come le altre, ringrazio chi ha recensito la prima parte: dragondream, marzy93, Ambiguo, hele.

  
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