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Autore: Querthe    24/10/2009    1 recensioni
Una storia ambientata nove/dieci anni dopo la fine del settimo libro, ma prima dell'epilogo. Un'ossessione mai sopita, una ricerca interessante quanto pericolosa, una donna che vorrebbe Potter morto ma che lo deve aiutare, potenti manufatti magici, un mistero e un viaggio che solo pochissimi possono dire di aver fatto nei secoli.
Seguito de "Sussurri da un anima". Non è obbligatoria la lettura, ma caldamente consigliata
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Ellyson Witchmahoganye' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Qualcuno che bussava insistentemente alla porta la svegliò dal suo sonno senza sogni.
Ellyson alzò di scatto la testa, una fitta al collo per la posizione scomoda e forzata in cui aveva dormito da non sapeva nemmeno lei quanto tempo.
La sua guancia era appoggiata alla pagina del libro che stava leggendo, poco oltre la metà. Non certo perché aveva letto tutte quelle pagine.
Alla porta bussarono un’altra volta.
- Avanti. - Biascicò lei, tentando di svegliarsi totalmente.
Si grattò poco elegantemente i capelli appena sopra la tempia destra.
Nok entrò aprendo lentamente la porta.
- Mi spiace disturbarla, signorina Strongmint, ma tra poco verrà servita la cena. Lei sarà ospite del preside e degli altri professori, al tavolo principale, se gradisce.
La donna si risistemò i capelli alla bene e meglio e si schiarì la gola, in parte secca per il sonno che ancora non l’aveva del tutto abbandonata.
- Certo. Certo, sarò presente sicuramente. Grazie Nok. Ora che ci penso, ma ho saltato il pranzo?
- Era credo impegnata così profondamente nella lettura della storia di Durmstrang che non si è accorta del tempo che passava.
Lei lo guardò, quindi rise di gusto.
- Grazie. Non mi ha fatto sentire una stupida nell’essermi addormentata leggendo. E ho fame. Molta. Ci sarà anche lei alla cena?
L’essere sorrise, quindi negò con il capo.
- Non mi è concesso. Come non è concesso agli altri nani. E così vogliamo noi. Ma la ringrazio per la sua domanda. La prego, se può essere pronta il prima possibile. E’ attesa nella sala da pranzo.
Lei annuì, alzandosi in piedi.
Il nano si voltò ed uscì, lasciandola sola nella stanza. Velocemente la donna usò la magia per rimettersi in ordine, e dopo appena due minuti uscì.
Aveva optato per un vestito praticamente uguale a quello che aveva fino a quel momento indossato, ma in stoffa più pesante, in modo da poter lasciare il mantello nella stanza. Lo spesso velluto e la seta doppiata erano perfetti, permettendole di non sentire freddo allo stesso modo di quando aveva su di sé l’incantesimo Impervius.

Velocemente arrivò alla sala da pranzo, l’unico luogo da cui provenivano brusii, stralci di conversazione e in cui vari studenti dei diversi anni stavano entrando dalla porta a due ante bloccata aperta.
Tutti prendevano velocemente posto ai rispettivi tavoli, divisi come ad Hogwarts nelle quattro Orde, cercando l'amico o il compagno di corso per scambiare due chiacchiere. Le lunghe assi coperte da tela grezza color avorio, decorata ai bordi con della passamaneria molto semplice, nei colori caratteristici delle quattro fazioni della scuola, erano disposte parallele tra loro, in modo che tutti gli occupanti, seduti su un lato solo, potessero, alzando la testa, vedere il tavolo dei professori, rialzato rispetto al piano della sala. La donna notò che anche al tavolo, come per i dormitori, vi era la sezione delle femmine e quella dei maschi, questi ultimi decisamente in maggioranza.
Il preside e gli altri insegnanti erano già seduti, e stavano chiacchierando tra di loro, pesanti boccali di peltro decorato accanto ai bicchieri di cristallo per l'acqua.
Un posto vuoto, tra il preside e il Professor Mortunef, aspettava inquietante la sua occupante.
Ellyson si fermò un istante prima di entrare nella sala, inspirando a fondo.
- Sembro una matricola alle prese con il suo primo esame, e non una ladra, mercenaria e truffatrice quale sono. - Sorrise tirata. - Eppure non mi piace l’idea di dover essere sotto l’occhio di tutti. Non mi è piaciuto poterlo essere a Hogwarts, e qui men che meno, non potendolo evitare. Troppe cose possono andare a storte, siamo solo al primo giorno e mi sono già messa in mostra troppo.
Inspirò di nuovo.
- Ellyson, piantala di sembrare una di Griffindor. - Si prese in giro. - Sei sfuggita a tutto in questi anni, non saranno certo un preside e qualche professore a spaventarti.
Entrò, dirigendosi con passo incerto, come sarebbe stato giusto da parte di Piperita, al tavolo.
Si accorse che la stavano osservando.
I professori quanto gli studenti. Rispose agli sguardi di alcuni di questi ultimi, quasi tutti di Ullrarc, facendo loro distogliere lo sguardo, che si fissò sul piatto vuoto davanti a loro.
Prese il posto a lei assegnato, sorridendo cordialmente sia a Mortunef che al preside, che non la degnarono di uno sguardo. Ellyson pose le mani in grembo, lo sguardo basso.
- Da brava studentessa… - pensò trattenendo una smorfia che poteva sembrare un sorriso.
Lo stomacò le brontolò leggermente.
Nessuno vicino a lei parve essersene accorto.
Perstroychof controllò che tutti fossero presenti con una veloce occhiata, quindi si alzò in piedi, ed immediatamente il già basso brusio della sala si acquietò in un rispettoso silenzio.
- Signore e signori, un altro giorno di duro lavoro sia per voi che per gli insegnanti è passato, un altro giorno che ha reso ancora più grande e potente la nostra scuola. Voi siete il futuro, voi dovrete raccogliere la sfida di chi vi ha preceduto, vincerla e gettarne una per le prossime generazioni, che dovranno fare altrettanto. Solo con la lotta si migliora, solo nella sfida vinta vi è la prova di ciò che si vale. - Sorrise, alzando le mani e allargandole. - Ma anche il miglior combattente necessita di riposo, e di cibo. Vi siete guadagnati entrambi. Buon appetito.
Si sedette di nuovo, mentre tutti batterono per alcuni secondi le mani e gli studenti più adulti sollevarono anche il boccale ripieno di birra chiara e leggera, dalla spuma bianca e scoppiettante.
Da una porta laterale entrarono decine di nani, ognuno con un suo piatto da portata in mano e le posate adatte per servire il cibo che trasportavano, iniziando a riempire i piatti davanti ad ogni studente a seconda di ciò che questi richiedeva.
Un gruppo di nani era dedicato al tavolo dei professori e del preside, che venne servito per primo.
Il cibo era invitante sia per aspetto che per profumo, sebbene assai diverso da quello di Hogwarts o da quello a cui si era abituata dopo anni di fedele servizio di Hisser, che l’aveva viziata con manicaretti provenienti dalla migliore cucina mediterranea, con una predilezione per quella italiana e spagnola.
Quasi a fine cena, consumata, anche da parte dei professori, in un silenzio che aveva del religioso, il preside depose nel piatto gli ultimi resti di una delle costine di agnello alla brace con salsa acida di yogurt di cui sembrava ghiotto, tracannò di un fiato mezzo boccale di birra, che nel suo caso e quello dei professori era scura e densa, quasi rossastra rispetto a quella degli studenti e di Ellyson, si pulì la bocca con il tovagliolo e si voltò verso di lei.
- Vedo che è sopravvissuta alla sua prima giornata.
- Grazie. Credo che io ci sia potuta riuscire solo perché sono stata fortunata.
- Ne sono certo. Lei è una di Hogwarts, dopo tutto. - Sorrise a denti stretti. - Mortunef, come se la è cavata nella tua lezione? A che anno è arrivata? Almeno al secondo anno? O come immagino mancano le basi?
Il professore lo guardò, finì senza fretta di masticare un boccone di stufato con delle strane verdure rosse dal sapore leggermente piccante e si pulì la bocca.
- Potrei sorprenderla, signor preside. La qui presente signorina Strongmint frequenterà le mie lezioni di Arti Oscure con gli alunni del settimo anno.
Il preside sgranò gli occhi, rimanendo senza fiato.
Ellyson sorrise, fingendo imbarazzo. Stava amando ogni istante della conversazione di cui era protagonista, soprattutto lo sbigottimento del preside. Quell’uomo stava velocemente scalando le posizioni della sua personale lista di gente da eliminare dal mondo, e quasi stava per tallonare Potter, ovviamente al primo posto.
- Non dirmi che le voci che mi sono giunte relativamente al fatto che ti ha cruciato sono vere? Stai scherzando, mi auguro.
- Non è nel mio stile, signor preside. - Si interruppe, mentre un nano toglieva il boccale quasi vuoto di birra ormai calda e senza schiuma e lo sostituiva con un boccale pieno e gelato. Vedendo che quello di Ellyson era intatto, scosse il capo sconsolato. - Grazie. - Disse distrattamente prima di bere un breve sorso della bevanda. - Raramente ho visto cruciare una persona con tanto ardore e tecnica. La signorina Strongmint ha un vero talento per le Arti Oscure, sebbene difetti proprio nella difesa contro le stesse. Una mosca bianca nel mare inglese di maghi. Un peccato non abbia frequentato la nostra scuola.
Perstroychof divenne rosso in volto, tanto da far temere alla ragazza che stesse per avere un accesso di collera o di qualcosa di altro non certo piacevole.
Scoppiò invece a ridere, battendo la pesante mano sul tavolo, e trangugiando sorsate di birra tra una risata e l’altra.
I vari professori si voltarono verso l’uomo, perdendo però immediatamente interesse a quanto videro.
- Cosa sta succedendo? - chiese, unico tra il gruppo di insegnanti, un uomo sulla sessantina, vestito di scuro, i pochi capelli rimasti incollati alla testa in un ridicolo tentativo di riporto. Aveva occhi piccoli e porcini, persi nella mole del volto arrossato e sudaticcio, decisamente soprappeso. - Cosa fa divertire tanto il nostro amato preside? – La voce era bassa, sgraziata, resa in parte roca e impastata dalla notevole quantità di birra che aveva ingurgitato durante la cena.
- La causa è la studentessa di Hogwarts, Ammanitoff. - rispose il professore di Arti Oscure. - Il preside la trova divertente.
- Ah, già… - iniziò lui con sufficienza. – L'inglese esperta di pozioni.
Ad Ellyson non piacque il tono in cui pronunciò la frase.
- Esattamente. Signorina Strongmint, il Professor Ammanitoff, docente di Pozioni alla nostra scuola di magia.
- Poisoneus Ammanitoff, per istruirla, signorina Strongmint. - Abbozzò un inchino lui, per poi tornare al suo posto, quasi all’estremità del tavolo, poco distante dalla Professoressa Vauqirie.
Notò che per quanto a tavola, la professoressa non aveva rinunciato a guanti spessi e pesanti, sebbene non di cuoio, ma di cotone finemente decorato sul dorso con quello che pareva un ricamo rosso rappresentante una spada alata.
La donna sollevò lo sguardo, la osservò e abbozzò un sorriso, per poi riprendere a tagliare con la forchetta una fetta di torta alla marmellata, che però abbandonò dopo pochi morsi.
Si alzò e si diresse vicino a Ellyson, ponendosi tra lei e Mortunef.
- Se ha finito, vorrei fare due chiacchiere con lei. - Le disse quasi all’orecchio.
- Problemi? - chiese l’uomo, mentre i suoi occhi erano fissi sulla figura del preside, perso a discutere con l’insegnante accanto a lui.
- No, Blakus, assolutamente no. Volevo solo essere sicura che si sentisse bene. Dopo che te ne sei andato, la signorina Strongmint ha avuto un mezzo malore, credo alla vista di ciò che l’incanto orribile venuto male ha fatto al povero signor Dennov. Come sai, gli studenti non della nostra scuola tendono ad avere delle reazioni a volte eccessive alla vista della cruda realtà della vita.
- Ah, sì, il braccio mozzato e ricresciuto male. Non la facevo uno stomaco delicato, signorina Strongmint.
Lei abbassò il capo, come imbarazzata.
- Può comprendere che per una persona cresciuta nella scuola di Hogwarts, vedere tali duelli è stata decisamente una cosa che mi ha scosso profondamente. E vedere quel povero braccio marcire e poi staccarsi mentre il sangue sgorgava copioso è stato troppo per il mio stomaco già messo a dura prova dalla smaterializzazione congiunta della mattinata.
- Venga, prendiamo una boccata d’aria. La tempesta è finita. Blakus…
- Brunjild… - rispose lui educato accennando di alzarsi dalla sedia come un galantuomo.
Le due donne uscirono dalla sala da pranzo e si diressero verso l’uscita, ma improvvisamente, poco prima di arrivare nella sala di ingresso, la professoressa le afferrò il braccio e la fermò.
- Da questa, parte, signorina Strongmint.
- Ma l’uscita non è sulla nostra destra?
- Certo, mia cara, ma non volevo certo portarla fuori al freddo, considerando che non ha avuto nessun malore, no?
- Quindi siamo dirette dove, se posso chiederlo?
- C’è una persona o due che vorrebbero parlarle a proposito di ciò che ha fatto stamattina.
- Eccolo. Lo sapevo che non dovevo. – si ritrovò a pensare, mentre seguiva controvoglia la donna lungo un corridoio che portava al piano inferiore. – Ma non potevi startene tranquilla e lasciarlo morire quello là, no, eh, Ellyson? Non salvi lui, ma salvi un perfetto sconosciuto. Brava, decisamente brava.
- Non si preoccupi, signorina Strongmint, non voglio certo portarla davanti a qualche tribunale o altro di pericoloso. Come le ho detto, ne riparleremo quando il signor Dennov sarà perfettamente ristabilito. Saranno necessari vari giorni, ma credo che si riprenderà perfettamente. Per allora, credo che io e il Professor Mortunef gradiremmo una spiegazione.
- Una spiegazione?
- Già. Possibilmente convincente. Vorrei evitare di dover andare dal preside per una cosa tanto banale come un duello clandestino. Capisce cosa intendo?
Lei annuì.
Si rese conto che erano nei sotterranei, in un corridoio molto illuminato da luci magiche fissate alle pareti di roccia bianca e perfettamente liscia.
- Opera di nani. Nemmeno la magia arriva a un tale livello di precisione, non nella roccia di questo genere.
- Dove siamo?
- Al primo piano sotterraneo dell'edificio. Credeva che Durmstrang fosse in grado di poter ospitare tutto il necessario per una scuola di magia in superficie, piccola come è? C'è molto che non si può vedere ma che esiste lo stesso. Siamo nella zona dell'infermeria e del deposito ingredienti per le pozioni. Credo che presto potrà vederlo, dopo aver seguito qualche lezione con il Professor Ammanitoff. Stia attenta, sembra cattivo e viscido, ma non è così in realtà.
- Non mi baso mai sulle apparenze. Spesso ingannano. – commentò lei seria, cercando di orientarsi nei vari corridoi che stavano attraversando.
- Davvero? Mi sembra un discorso strano per una studentessa che da anni lavora al Ministero.
- Parlavo in generale, ma in particolare sulle pozioni. Tante hanno lo stesso colore e aspetto, ma solo poche sono buone. Le altre sono pericolose. Vale ovunque si facciano, qui come al Ministero.
La professoressa rise.
- Vero, non ci avevo mai pensato sotto questo punto di vista. Allora direi che Ammanitoff è un perfetto esempio di pozione all'apparenza zuccherina, ma che in realtà è succo di atrocicuta, ma non dica che gliel'ho detto io.
Ellyson non poté fare a meno di sorridere alla battuta. Quella donna le piaceva. Un carattere schietto, libero. Lei era ciò che sembrava. Lei.
- Siamo arrivate. Qui la lascio, credo che possa farcela da sola contro loro due. Non si preoccupi, non c'è l'infermiera.
- Contro loro due?
- Vada, io l'aspetto qui, controllando che Elga, la nostra infermiera, non torni prima del previsto dalla cena.
La ragazza aprì la porta di legno scuro, che si mosse lenta e senza rumore sui cardini oliati.
La stanza era grande e ben illuminata, con una decina di letti di metallo vuoti, le lenzuola bianche tese e perfettamente stirate. Solo uno era occupato, e una leggera sedia di legno era vicina al capezzale del malato.
Appena Ellyson vide chi era seduta, capì tutto e sorrise, chiudendo la porta alle sue spalle e avanzando di un paio di passi.
- Come sta? – chiese quasi sottovoce, non sapendo se Noran stesse dormendo o meno.
Hilde alzò la testa dal piccolo libro che stava leggendo e sorrise, mentre gli occhi le si illuminarono.
Corse incontro alla maga piangendo di gioia.
- Calma, calma, mia cara. Come sta?
- Sta bene, sta bene. L'osso sta già ricrescendo, e nel giro di pochi giorni inizieranno a ricrescere il muscoli e il resto sotto la pelle. Grazie, grazie!
- E di cosa? E' stato quell'altro ad aver fatto un incantesimo male. – si mise sulla difensiva Ellyson.
La ragazza scosse il capo, continuando a singhiozzare.
- Noran mi ha detto tutto. Era in parte cosciente. Ha sentito e visto tutto, e mi ha detto cosa hai fatto.
- Cosa esattamente ti ha detto? – le chiese fissandola.
Le sue mani si misero sulle spalle della studentessa, staccandola da sé.
- Che tu hai mosso la bacchetta e che gli hai tagliato il braccio in un istante. Quando si è svegliato il moncherino era sano e doloroso, ma era vivo.
- Sicura che non stesse delirando? E' stato il Putreficium che non è stato correttamente realizzato. Me lo ha detto la Professoressa Vauqirie.
- Sono del sesto anno, ma non sono stupido. – borbottò ancora in parte sedato dalle medicine e dalle magie Noran, tentando di mettersi seduto, sebbene appoggiato alla testata del letto.
- Stai fermo, pazzo di un nordico! – quasi gridò Ellyson. – Ti hanno staccato per sbaglio un braccio da mezza giornata, hai rischiato di morire e ora tenti di alzarti. Stattene steso a dormire.
- Tu me lo hai staccato, Piperita. Non sono un genio della magia, lo si è visto, ma i miei occhi funzionano benissimo, come la mia memoria. Sei stata tu con un incantesimo che non ho mai visto, ma riconosco un incanto oscuro quando lo vedo. Non è roba da Hogwarts.
- Tu stai delirando.
- Non offendere la mia intelligenza. Capisco che hai i tuoi segreti, e li rispetto. Ti devo la vita, ti sarò per sempre debitore. La mia vita ti appartiene.
- E anche la mia. – esclamò Hilde, convinta.
- Tenetevele, per favore. – sorrise la donna, sedendosi elegantemente su bordo del letto, mentre la studentessa riprendeva posto sulla sedia. Si lisciò la gonna un paio di volte, come per prendere tempo. – Ho già abbastanza problemi con la mia, ci mancherebbe anche di dover gestirne altre due. L'importante è che entrambi stiate bene e che tu… - fissò Noran. – Tu dovrai darti da fare per difendere il tuo amore per lei. Farsi mettere i piedi in testa da uno così…
- E' più forte di me, è più grosso.
Ellyson scosse la testa.
- Siamo maghi, non babbani. Vince la bacchetta più veloce. Non vi siete sfidati ad un duello di pugilato.
- Ma lui è veloce, e la sua è davvero grossa.
La donna si sporse verso Hilde.
- Uomini. Riducono tutto a una questione di dimensioni. – le sussurrò nell'orecchio, facendola scoppiare a ridere. – Qui come in Inghilterra.
Rimasero a parlare ancora qualche minuto, poi un deciso bussare interruppe il loro chiacchiericcio.
- Sta tornando Elga. E' ora di andare, signorina Strongmint. – le disse la professoressa.
- Arrivo subito, Professoressa Vauqirie. – le rispose, per poi voltarsi nuovamente verso i due studenti. – Mi raccomando, voi due. Tornerò a trovarti, se posso.
- Grazie, mi farà sempre piacere.
- Grazie ancora Piperita.
- Smettila di dirmelo, Hilde, o la prossima volta ci penserò su due volte. – scherzò falsamente irata lei. – E mi raccomando, adesso sai cosa fare quando Hulstaf arriva a tiro delle tue gambe.
- Va bene.
- Ma non è femminile fare quello che le hai proposto.
- Sarà da veri uomini duri rischiare di farsi ammazzare senza speranza di vittoria, Noran. – sorrise Ellyson, sfiorando con l'indice il naso del ragazzo, che arrossì impercettibilmente.
- Piperita! – la chiamò nuovamente la professoressa con un urlo strozzato.
Ellyson corse fuori dalla stanza, e con la sua guida riprese velocemente il corridoio da cui erano arrivate, fino a ritornare al piano terra, poco lontane dall'entrata.
- Grazie.
- E di cosa, signorina Strongmint?
- Di tutto.
Lei la guardò divertita, e sorrise.
- Aspetti a ringraziarmi. Manca ancora la spiegazione a quello che ha fatto. Ma per ora credo che le interessi solo andare nella sua stanza a riposare. E' stata una lunga giornata, per tutti. Buonanotte, signorina Strongmint.
- Buonanotte, Professoressa Vauqirie. – rispose la ragazza, abbozzando un inchino sincero e dirigendosi verso la sua stanza.

Stanca, Ellyson si stiracchiò emettendo un mugolio indistinto mentre sentiva le ossa scricchiolare. Era relativamente presto, e domani aveva lezione solo al primo pomeriggio per due ore, poi per vari giorni non avrebbe avuto nessun impegno, secondo il calendario che scrupolosamente Nok le aveva messo nella stanza in sua assenza, probabilmente durante la cena o la visita all'infermeria.
- Morfovestum. – mormorò mentre il suo vestito cambiava nella sua amata camicia da notte, ai piedi delle comode pantofole di caldo panno nero ricamato con una vipera in verde e argento.
Sistemò i cuscini e si mise a letto, seduta, la schiena appoggiata alla testata, il libro sulla storia di Durmstrang vicino a lei, una luce magica creata senza quasi pensarci a galleggiare alla sua destra, appena sopra la spalla.
- Buonanotte, per stasera non ho più bisogno di te. – disse alla bacchetta, appoggiandola al piccolo comodino, delicatamente. – Vediamo dove ero arrivata con l'emozionante storia di queste quattro fredde mura.
"Fu solo nell'estate del 1257 secondo la vecchia datazione magica (corrispondente al 342 Avanti Cristo secondo la datazione dei babbani d'occidente, N.d.A.) che la struttura che ospitava il nucleo originario dei maghi di Durmstrang venne rasa al suolo da quella che le cronache riportano come un incantesimo malriuscito che ha portato alla creazione di una massa di ardemonio abbastanza grossa da bruciare tutto fino alle fondamenta e che ha reso necessario l'impegno di decine di maghi per giorni prima di spegnere le fiamme che avevano consumato la prima Durmstrang, la cui nascita si perde nella nebbia dei tempi, probabilmente agli albori della cosiddetta disciplina magica.
La seconda ed attuale Durmstrang venne costruita pochi anni dopo, grazie all'interessamento di un potente quanto riservato mago, di cui nulla si conosce se non il nome, Lanceus Monoclos, che mise a disposizione migliaia di galeoni per costruire una struttura resistente sia ai secoli che a qualsiasi incantesimo, coscientemente o meno lanciato sulla costruzione, onde evitare il ripetersi dell'increscioso incidente in cui perirono tra le altre cose centinaia di maghi.
Per poter arrivare a tale risultato egli, sebbene ancora nessuno sappia esattamente come, strinse un patto con una delle razze più strane quanto interessanti del mondo magico, i nani. Pur rimandando per ulteriori particolari alla trattazione specifica (vedasi in particolare Rubeus Agrimor, "Esseri bipedi di intelligenza media", ottava edizione, pagine 344-575, Lucilla Maltoltus, "Razze semiumane o vagamente umane di provenienza incredibile", seconda edizione, pagine 12-233 e tabelle 1-5, August Nonnatus, "Umani e semiumani: siamo parenti?", prima edizione, capitoli 2, 3 e 5), ricordiamo a beneficio del lettore che i nani sono una razza vagamente imparentata con gli gnomi, molto longeva, di intelligenza umana, molto resistenti se non refrattari alla magia di ogni tipo e amanti della birra, del buon cibo e della lavorazione dei metalli e della pietra. Proprio questa loro capacità, che trascende il limite dei maghi anche più potenti, di lavorare la pietra quasi come se fosse creta, ha permesso a Lanceus di creare una struttura robusta, estremamente compatta e praticamente eterna, in grado di reggere ad innumerevoli battaglie che si sono susseguite nei secoli, molte delle quali dovute alla credenza che i sotterranei della scuola fossero stracolmi di ogni tipo di oro, gioielli e artefatti magici."

- Quasi fosse la Gringott…
La donna, sbadigliando, sfogliò distrattamente il libro, saltando a piè pari parecchie pagine, per poi soffermarsi su un disegno del cancello che aveva visto la mattina.
"Disegno della fine dell'Ottocento secondo la datazione dei babbani d'occidente, rappresentante l'entrata alla scuola di Durmstrang in un giorno di fine estate." Recitava la didascalia, mentre poco prima il libro descriveva esattamente il cancello. "Tipico esempio di come si può creare qualcosa di estremamente caratteristico e in qualche modo elegante partendo da oggetti che nulla hanno di bello. Il cancello è stato creato, stando alle registrazioni della scuola, circa un secolo dopo l'inaugurazione dell'istituto, utilizzando le armi e le protezioni che un gruppo di assalitori, probabilmente nordici così rozzi da non essere stati colpiti dagli incantesimi di protezione, che come è risaputo agiscono sul cervello, e quindi sull'intelligenza delle persone, che sono stati sconfitti e di cui si è persa ogni traccia. E' alto quattro metri e quindici centimetri, largo dodici metri e settanta centimetri, a due ante poggiate ognuna su tre cardini magicamente fissati alla pietra del muro di cinta che corre lungo tutto il perimetro della scuola. La struttura è incantata per essere sempre incandescente, ad una temperatura poco lontana dal punto di fusione del normale ferro, un esempio unico nel suo genere e di cui non si capisce la natura, sebbene decine di maghi abbiano studiato a fondo come sia possibile che una magia possa rimanere attiva tanto a lungo dopo la morte del mago che l'ha gettata, poiché l'ipotesi più probabile sia che Lanceus Monoclos stesso abbia progettato e realizzato sia il cancello che la sua particolarità.
Nei secoli questa entrata è divenuta fonte di leggende che a tutt'oggi circolano tra gli studenti, alimentate dal passaparola e dall'istintiva necessità degli adolescenti nel ricercare l'ignoto e il pericoloso. Citiamo solo a titolo di esempio, la leggenda per cui a volte passando il cancello ci si ritrova all'interno della scuola, come smaterializzati, normalmente nel sottosuolo, vicino alle cucine dei nani, o quella per cui se si oltrepassa il cancello alla mezzanotte di una notte di luna piena si morirà tra atroci dolori entro la mattinata successiva, trasformandosi poi in un Infero a guardia del cancello stesso."

- Mi piace… - sbadigliò lei. – la seconda. Sai quanti farei passare a mezzanotte.
Sorrise, chiudendo il libro e mettendolo sul pavimento.
La luce si spense lentamente, mentre Ellyson prendeva sonno in un attimo.
Una mano callosa, poco dopo, raccolse il libro nel buio della stanza e con delicatezza lo posò sul tavolo, vicino alla candela nella bugia. Uno sbuffo di fumo quasi verdognolo e dall’odore pungente si sparse e scomparve veloce nell'aria della stanza.
   
 
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