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Autore: Opalix    29/10/2009    16 recensioni
PARADOSSO DI KIERKEGAARD: Se ti sposi, te ne pentirai. Se non ti sposi, te ne pentirai lo stesso.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Ginny
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 11: FROM DRACO WITH LOVE

L’ingresso del pub era ostruito da una colorata accozzaglia di mantelli umidi di pioggia, dal pungente odore di cane bagnato. Draco aspettava con calma, come chiunque, che il gruppo di persone riuscisse ad entrare, l’arrogante impazienza celata dietro il muro gelido della sua espressione.
Il chiacchiericcio degli avventori.
Il rumore dei bicchieri sbattuti sui tavoli.
Tintinnio di brindisi, strillati per sovrastare la musica.
Colpi di tosse. Risate.
Ma nella mente di Draco echeggiava soltanto il suono argentino della fede nuziale che precipitava nel buio di un tombino di Notturn Alley.

Una volta entrato, i colori e i suoni di quella parte di mondo, così rumorosa e vivida, lo assalironocon prepotenza. Era lì che aveva incontrato Ginny la prima volta, quasi due mesi prima… sembrava una vita. Era così cambiato da quando l’aveva conosciuta… Era ridicolo che a fargli cambiare il modo di guardare il mondo fosse stata una ragazza che non poteva più guardare proprio nulla.
Si guardò intorno, mentre si sedeva al suo tavolo d’angolo.
No, non c’era. Non si era aspettato di trovarla del resto…
Era venuto al pub, guidato da uno strano istinto, a metà tra la noia e la malinconia. E un pizzico di amara nostalgia.
Il firewhisky gli bruciava piacevolmente la gola, che si chiuse, provocandogli un accesso di tosse, quando un volto sogghignante gli si parò davanti all’improvviso. Theodore Nott si sedette a cavalcioni di una sedia, proprio di fronte a lui, e sbatté il proprio boccale sul tavolo.

“Ancora con quel trucchetto del glamour, vecchio mio? Non sai che è un po’ demodé mascherarsi per venire a confondersi con la plebe?”
Draco respirò profondamente e gli rivolse un’occhiata di sufficienza.
“Invece farsi la moglie degli amici non passerà mai di moda, suppongo… Dove hai lasciato Pansy, stasera? A guadagnarsi il pane anche per te?”
Thed storse il naso, “Oh, Draco, andiamo… dovresti essere superiore a queste battutine indispettite. In fondo è andata come volevi, no? Ti sei liberato di una moglie e di una figlia in un colpo solo.”
“Mi sono liberato anche di un avvocato” precisò Draco, puntiglioso come suo solito.
“Beh, si… lo immaginavo. Mi dispiace sai?” continuò a ciarlare Theodore, per nulla intimidito. “Non pensavo che le cose sarebbero andate in questo modo…”
“Non pensavi che l’avresti preso in quel posto dalla Granger? Ma smettila, nemmeno tu sei così scemo. Oppure non pensavi che ti avrei licenziato dopo che ti sei fatto mia moglie?”
Thed alzò gli occhi al soffitto.
“Draco, a te, di tua moglie, non potrebbe fregare di meno.”
“E la cosa è ricambiata, a quanto ne so, ma non è quello il punto.”
“Ah no? E qual è?”
“La Granger è dieci volte più brava di te. Il fatto che ti portavi a letto mia moglie mi da una scusa eccezionale per cambiare avvocato.”
“E pensi che la Granger accetterà?” fece Thed, scettico.
Draco scosse le spalle, scolandosi un altro bicchiere di firewhisky, tutto d’un fiato.
“E perché no? Va così d’accordo con mia madre.”

“Comunque, cosa ci fai qui?” chiese Draco, dopo qualche minuto.
“Tua madre mi ha chiesto di tenerti d’occhio.”
Draco appoggiò il bicchiere sul tavolo con tale delicatezza da incrinarne il fondo, bestemmiando in rispettoso silenzio. Certo, ormai avrebbe dovuto rinunciare da tempo a stupirsi dei crimini premeditati di sua madre… Si trovava sempre in quella condizione in cui sapeva che avrebbe dovuto chiedere qualcosa tipo “perché”, ma in realtà non era sicuro di volerlo davvero sapere.
“Vuole soltanto essere tenuta al corrente, nel caso tu avessi ricominciato a vederti con la tua ragazza cieca,” si sentì in dovere di spiegare Theodore.
“Cos’è, Pansy non ti basta più, e ti sei arruolato tra i beau di mia madre per arrotondare lo stipendio?” si informò debolmente Draco.
Theodore rise. “Sai, eri il mio cliente principale, devo cercare di rifarmi una clientela facoltosa se tu mi lasci a piedi…”
In effetti il ragionamento non faceva una grinza, ma Draco ora era più che sicuro di non voler sapere altro, e si alzò in piedi, gettando un paio di galeoni sul tavolo.
“Dove vai?”
“Non lo so. In qualche posto in cui non corro il rischio di vedere la tua faccia o quella di mia madre.”

“How glad the many millions
Of Annabelles and Lillians would be
To capture me…”
Frank Sinatra
“I’ve got a crush on you”

Draco vagava come un’anima in pena per il party (cercando di restare il più possibile all’ombra delle colonne o confuso tra la folla), con un bicchiere vuoto in mano, pregando ogni divinità di cui avesse anche solo sentito parlare che lo champagne non fosse finito.
Sua madre lo aveva costretto a partecipare a quella tappa del campionato del mondo dell’idiozia… pardon, della Season, per “tastare il terreno”. In poche parole, voleva vedere se il divorzio da Pansy avesse minato la loro posizione sociale.
A giudicare dal modo in cui sua madre sorrideva smagliante, trillando e squittendo come una ragazzina il giorno di Natale, lo status sociale della famiglia Malfoy non doveva essersi spostato di una virgola, nonostante l’eliminazione della più giovane Signora Malfoy dall’albero genealogico (grazie al cielo, Madama Narcissa non era cruenta come la defunta e compianta signora Black e si era limitata a far evanescere il nome di Pansy dal delicato ricamo dell’arazzo).
Nello specifico però, lo status di Draco Malfoy era cambiato nel giro di un mese da “giovane gentiluomo”, passando per “povero cornuto”, per arrivare al novello “scapolo d’oro” della società magica londinese. Questo cambiamento preoccupava non poco il povero diavolo perché, nonostante lo jogging mattutino e le domenicali partitelle di quidditch con i vecchi compagni di Slitheryn, Draco era certo di non avere più il fiato necessario per sfuggire a quel tipo di attacco. Attacco che si presentava, per la precisione, sottoforma di giovani donzelle in età da marito, splendenti di sete e gioielli, che lo rincorrevano con un agilità insospettata visti i loro tacchi 14, e si appendevano alla sua giacca, ripetendogli all’infinito quanto fossero onorate di poter finalmente ballare con lui, un uomo di così nobile e antica famiglia, così affascinante ed altero... alcune asserivano addirittura di sentirsi tutte frementi all’idea di essere scortate al buffet da un uomo così cortese ed elegante (e Draco dubitava seriamente che quelle povere ragazze, messe all’asta dalle rispettive madri durante la Stagione, conoscessero l’esatto significato di parole come “altero” o “fremente”).
Il novanta percento di quelle ragazze assatanate erano sguinzagliate al suo inseguimento dalla stessa Narcissa. L’ultima che gli era stata presentata era Annabelle Flint, sorella minore di quel troglodita di Flint che era qualche anno avanti a lui ai bei tempi di Hogwarts. A giudicare dal volto bovino e dai grandi occhi vacui, quella povera ragazza doveva essere stata maledetta, non soltanto dalla scarsa grazia ed eleganza dei lineamenti dell’antica casata, ma anche dall’infelice scelta del nome di battesimo. La profondità psicologica della mucc… ehm, della ragazza, arrivava giusto giusto a permetterle di annuire, sfarfallando ad arte le lunghe ciglia, ad ogni idiozia che uscisse dalla bocca di Draco, che comunque si era limitato ad offrirle un analcolico alla fragola.

“Draco, caro!”
Precisamente.
Draco valutò per un istante la possibilità di far finta di non aver sentito, ma conosceva Madama Narcissa dalla bellezza di 28 anni suonati e sapeva che le possibilità di riuscita erano piuttosto scarse.
Il buffet era troppo lontano. Il cestello dello champagne ancora più distante.
Sospirando, Draco si volse a fronteggiare la sua personale maledizione senza perdono.
“Si, mamma.”
Narcissa Malfoy, inguainata in raso nero e ingioiellata con la classe sontuosa di una regina, era accompagnata da un bozzolo di trine e raso color rosa caramella, alta su per giù quanto uno Schiopodo troppo cresciuto, e altrettanto ripugnante.
“Che party meraviglioso, vero caro? Dobbiamo assolutamente fare i complimenti alla signora Tiger, prima di andarcene!”
“Senza dubbio, mamma.”
Con ogni probabilità la signora Tiger, essendo troppo stupida anche per organizzare una colazione per tre persone, si era affidata ad un’agenzia di organizzazione eventi, ma sarebbe stato inopportuno farlo notare a sua madre. Soprattutto considerando il fatto che, a giudicare dagli occhi porcini e l’espressione corrucciata del fagotto rosa che la accompagnava, erano sicuramente in presenza di un membro della famiglia Tiger.
“Tesoro, volevo presentarti la cara, adorabile Lillian. È una cugina di secondo grado del tuo amico Vincent!”
Mentre Draco racimolava abbastanza forza di stomaco per stringere la mano dell’adorabile Lillian, come educazione richiedeva, Narcissa continuava a trillare.
“Pensa che Lillian era promessa fin dall’infanzia al povero, povero Gregory Goyle… è stata una vera tragedia che quel ragazzo sia morto in quel modo terribile.”
Draco represse un conato di vomito.
“Sono assolutamente certa che voi due avrete tantissime cose di cui parlare!” concluse Narcissa, battendo le mani, prima di andarsene per i fatti suoi, lasciando il povero Draco con le castagne sul fuoco.

PRIMA LEGGE DELLE LETTERE
Le lettere d’amore andrebbero sempre dettate alla segretaria.

Draco passeggiava su e giù per il suo ufficio, agitando come un ossesso una rosa rossa nell’aria (come avrebbe voluto fare con una bacchetta, pronunciando le due magiche paroline, nella direzione della sua beneamata progenitrice) e, di conseguenza, sentendosi infinitamente cretino. Oltre che dall’intenso amore filiale che lo animava da quando aveva divorziato (cioè, da quando sua madre si era assunta l’ingrato compito di cercare un partito adeguato alla posizione ora vacante di Mrs. Malfoy), Draco si sentiva in quel momento invaso anche da una rabbiosa frustrazione.
Il motivo di tanto astio risiedeva, ahimè, nel fatto che Ginny pareva essersi tramutata in nebbia.
Aveva ripetutamente provato a contattarla: nella maggior parte dei casi un qualunque membro della famiglia Weasley si era premurato di aggredire la sua faccia comparsa nel camino con qualunque oggetto contundente si trovasse nelle vicinanze. Un paio di volte era stato più fortunato, e si era ritrovato davanti il cipiglio di disapprovazione di Molly Weasley, che gli rispondeva che Ginny non era in casa, e che anche se ci fosse stata di certo non avrebbe voluto parlargli, quindi perché non la smetteva di chiamare?
Aveva provato ad appostarsi - letteralmente – nei luoghi in cui poteva ragionevolmente pensare di incontrarla... inutile. L’aveva vista da lontano, una volta, in un negozio di Diagon Alley, ma era insieme a Lenticchia e, chissà perché, a Draco non era parso proprio il caso di andare a cercarsi guai.
Di conseguenza aveva deciso di scriverle una lettera.
Erano tre giorni che ci pensava e, francamente, avrebbe potuto arrivarci anche prima.
Il problema delle lettere d’amore patinate era il tono falso e ampolloso che rischiavano sempre di assumere… e quella non era che la minore delle complicazioni.
Draco non era uno stupido.
Certo, non poteva verosimilmente affermare di essere stato del tutto sveglio in determinati momenti della sua vita, ma, checchè ne pensasse Madama Narcissa, Draco Malfoy non era scemo per niente. Ed era perfettamente consapevole del fatto che una lettera scritta a Ginny Weasley non avrebbe potuto essere una lettera qualunque, e avrebbe dovuto contenere in dosi massicce alcune cosette come il rimorso, la spiegazione sincera e la richiesta di perdono.
Tutte quisquilie che Draco non aveva la più pallida idea nemmeno di come sillabare.

Camminava dunque su e giù, dicevamo, come un povero disperato che ha perduto la propria musa, gettando occhiatacce risentite alla penna prendiappunti in fremente attesa sul tavolo. Se non fosse che l’aveva usata per migliaia di lettere di lavoro, e che quindi la conosceva bene da anni, avrebbe giurato che quella maledetta penna gli stesse ridendo in faccia.
“Cara Ginny…” esordì per la duecentesima volta, “anzi no, Mia carissima Ginny…”
La penna scribacchiò, obbediente.
Mi manchi…
La penna si bloccò, emettendo uno squittio di disapprovazione, l’estremità piumata che vibrava in preda ad un malcelato disgusto. Draco fermò il suo vagabondare su e giù per il tappeto, preoccupato.
“No, aspetta… forse non va bene. Proviamo così: cercare di spiegare com’era la mia vita prima di conoscerti… sarebbe come cercare di raccontare i colori a un cieco.
La penna parve accartocciarsi su se stessa, squittendo in preda a preoccupanti spasmi. Draco annusò la rosa con fare pensoso.
“Un po’ fuori luogo, eh?”
La povera penna si espresse con un debole fischio, e Draco sospirò, rassegnato.
“Ok, ok ho capito… adesso non interrompermi più, facciamo sul serio. Si inizia con la poesia... È strano pensare che non ti vedo da un intero mese… Ho visto la nuova luna, ma non ho visto te. Ho visto aurore e tramonti, ma non il tuo bellissimo viso.”
Questa volta la penna si espresse con un sospiro di sollievo, e prese a scrivere alacremente, sotto la dettatura sicura di Draco, che continuò: “…e ora la sincerità. I pezzetti del mio cuore spezzato sono così piccoli che passano per la cruna di un ago. Dal primo momento in cui ti ho conosciuta hai sovvertito la mia vita, il modo in cui guardo il mondo, il mio mondo. Che senza di te mi sembra più buio di una notte di Natale passata in solitudine, come sarà la mia se tu non vorrai concedermi un’altra possibilità. Voglio spiegarti, voglio che tu capisca. E non ti nasconderò nulla stavolta…”

And now that you’re far ad away,
I’m sending a letter today…

Un foglio di pergamena – scritto piccolo – dopo, la penna si sarebbe asciugata il sudore dalla fronte, avesse avuta una fronte da asciugare.
“Ed ora la chiusa, con la speranza: la speranza mi guida, la speranza che quando sparisci dalla mia vista non sarà stata l’ultima volta che ti ho guardata. Con tutto l’amore di cui dispongo. Firmato…
Draco si fermò e fissò la rosa che teneva in mano da più di mezz’ora.
Già. Come firmarsi?
Draco Lucius Malfoy” scandì, prendendo una decisione drastica, “e poi aggiungi, sotto: qualunque nome io abbia utilizzato in passato.
Si avvicinò alla scrivania e lanciò un’occhiata al foglio scritto fitto fitto. La penna prendiappunti si ritirò sul calamaio, per permettergli di rileggere il testo, come faceva sempre con le missive di lavoro, ma questa volta Draco arrotolò la lettera con un colpo di bacchetta e la chiuse subito con la ceralacca e il sigillo di famiglia. Agguantò la penna e scrisse sul plico il nome del destinatario – Ginevra Weasley – con la sua grafia chiara e svolazzante.
Legata la pergamena alla zampa del suo barbagianni, lo guardò volare via, chiedendosi, con una certa perplessità, se si fosse appena tirato un’altra zappa sui piedi.

REGOLA DI ROUSSEAU
Per scrivere una buona lettera d’amore, bisogna iniziare senza sapere che cosa si vuole dire e finire senza sapere che cosa si è scritto.

Ovviamente, Ginny ricevette la lettera alla presenza della famiglia Weasley al gran completo, cognate, nipoti e parenti acquisiti compresi. Grazie al cielo Draco aveva avuto l’accortezza di non incantare la missiva perché parlasse da sola, ma l’arrivo del plico, elegantemente siglato e chiuso con lo stemma della famiglia Malfoy, riuscì comunque a sollevare un “mormorio” degno di un errore di arbitraggio ad una finale dei Cannoni.
Con la missiva stretta saldamente tra le mani e le tempie martellate da un incipiente mal di testa, Ginny cercò di approfittare della confusione generale – le voci di Ron e Fred sovrastavano il cicaleccio, discutendo a toni da stadio sulla possibilità di recapitare a Draco Malfoy la testa mozzata del povero barbagianni a mo’ di monito – per guadagnare le scale e, in seguito, la propria stanza, in cui chiudersi per decidere in pace il da farsi.
Ma la Tana era una dimora piuttosto piccola, e i Weasley una famiglia piuttosto grande, e la combinazione delle due rendeva il percorso verso le scale irto di ostacoli semoventi e dotati di estremità potenzialmente prensili. Per l’appunto, le mani di Hermione le agguantarono un braccio prima che potesse allontanarsi di mezzo metro dal divano.
“Vuoi che venga di sopra con te a leggertela?”
Ginny dovette mordersi la lingua per non risponderle male, più che altro perché, facendo due conti, decise che, in quel momento, farsi scortare da Hermione il più possibile lontano da quella gabbia di matti era decisamente il male minore.
“Non ho ancora deciso se voglio sapere cosa c’è scritto,” rispose, prendendo tempo, “ma saresti molto gentile ad aiutarmi ad arrivare in camera senza inciampare in qualche bambino. Mi sta venendo il mal di testa con queste urla.”
Una volta raggiunta la stanza di Ginny, Hermione lasciò la ragazza misericordiosamente sola, senza insistere più di tanto… e grazie al cielo, perché soltanto dopo due giorni Ginny giudicò che l’interesse generale per LA lettera fosse sufficientemente sbollito.
Trovando un momento di relativa pace alla Tana, Ginny Weasley cacciò la testa nel camino e strillò a Harry Potter che aveva bisogno del suo aiuto, quindi le facesse il favore di venirla a prendere e portarla il più lontano possibile da ogni membro respirante della famiglia Weasley. Harry Potter, seguendo alla lettera la regola numero uno del Breviario dell’Eroe, salutò moglie e figli e saltò sulla scopa per andare a salvare la donzella in pericolo.

For so many years we were friends…

Una volta che Ginny gli ebbe spiegato a grandi linee la situazione, Harry Potter, famoso per le sue decisioni rapide e istintive, si caricò la fanciulla sulla scopa e, sordo alle sue proteste, se la portò a casa.
In qualunque altra circostanza, un uomo che avesse osato portare a casa dalla propria moglie la donna che era stata l’amore della sua vita prima di sposarla, sarebbe stato tacciato di scarsa, se non inesistente, sensibilità, nonché di pessime maniere. Ma Harry Potter non era un uomo comune, e sua moglie nemmeno… infatti Luna Lovegood Potter, vedendo Ginny scendere dalla scopa del marito (strillandogli contro), corse a buttarle le braccia al collo.
“Luna, tesoro, Ginny resta a cena. Ha bisogno di una vacanza dalla famiglia.”
Luna battè le mani, felice.
“Ma certo! James sarà felicissimo. Tu che sei cieca potrai aiutarlo a scovare tutti i nargilli che ci sono nella sua cameretta.”

La casa dei Potter era allegra, calda e rumorosa… nel modo in cui può essere rumorosa una casa in cui vivono due genitori giovani e due bambini di uno e tre anni. James aveva per Ginny e per la sua cecità un’inspiegabile adorazione, tale che giocava ad essere lei, camminando con gli occhietti chiusi e sbattendo la testa contro ogni spigolo.
Per una strana ed assurda evoluzione del loro rapporto, tra Ginny ed Harry era nata un’amicizia naturale e pacifica, in cui lui riusciva ad avere cura della ragazza in un modo fraterno ed affettuoso. Il disagio che avevano provato l’uno nei confronti dell’altra subito dopo l’incidente, e che li aveva portati inesorabilmente alla rottura della loro storia d’amore, era sparito, principalmente grazie a Luna.
Luna che sapeva sdrammatizzare le complicazioni e i sensi di colpa di Harry Potter, facendoli svanire in una bolla di sapone colorata come le sue piccole pazzie. Era stata Luna a riavvicinarli, con garbo e discrezione, ricordando loro la forza che avevano tratto l’uno dall’altra nei momenti difficili del passato, e costringendoli a mettere da parte l’insofferenza che li aveva separati quando non sapevano più come rapportasi con se stessi e con la cecità di lei.
Luna, amica e sorella, che un giorno si era portata a casa Ginny e l’aveva ufficialmente trasformata nella “zia” preferita della nuova generazione di piccoli Potter – degni figli dell’eroe, a detta di Ginny, pronti a diventare nel giro di qualche anno la principale piaga sociale del mondo magico.

Seduto sul divano, mentre la moglie era sparita nella cameretta dei bambini per metterli a letto, Harry scrutava Ginny attraverso gli occhiali, indeciso sul da farsi.
“Sei sicura? Non vorresti che fosse qualcun altro a leggerla? Ron o Hermione… o magari Luna.”
Ginny storse il naso.
“Oh, ti prego…leggi e basta. Non commentare, non giudicare, non inserire commenti personali. È così complicato?”
“Va bene.”
Harry si aggiustò gli occhiali e respirò profondamente, poi spezzò il sigillo e prese a leggere.

So maybe the chance for romance
Is like a train to catch before it's gone
And I'll keep on waiting and dreaming
You're strong enough
To understand…

Voglio spiegarti… anche se gran parte di quello che ho fatto, e che sento nel cuore, mi è ancora incomprensibile. Quando ti ho vista, quella sera che ballavi, non so cosa mi sia preso. Non sapevo che fossi cieca, non era mia intenzione ingannarti: probabilmente volevo solo litigare, volevo qualcosa di diverso, che mi facesse sentire un po’ più vivo della noia mortale in cui si era trasformata la mia esistenza. La tua cecità mi ha spiazzato e quando mi hai chiesto il mio nome non sono stato capace di dirti la verità.
Il fatto che tu non sapessi chi sono mi ha permesso di comportarmi con te come un uomo qualunque può fare con una bella donna incontrata per caso, mi ha permesso di uscire dalla parte del “Draco Malfoy” che recito da sempre. Mi piaceva stare con te, mi piaceva farti dei regali, stupirti, vederti sorridere. Forse per molte persone è una sensazione comune, ma per me non lo era, e mi sono lasciato trascinare: dopo un po’ non potevo più fare a meno di vederti, di mandarti dei fiori, di pensare a te… Non mi importava che tu fossi una Weasley, ma soltanto del fatto che eri una donna che mi piaceva e che stare con te mi faceva dimenticare il resto della mia vita.
È così che sono rimasto incastrato nella bugia che ti ho raccontato: il mio nome… Nel momento in cui ti avessi detto chi ero, il bel sogno sarebbe finito e mi sembrava di non poterlo sopportare. Non volevo vedere la rabbia o la delusione sul tuo viso; in qualche modo egoistico, odiavo l’idea di farti piangere con la stessa facilità con cui ti avevo fatto ridere. Ma quella è stata l’unica bugia che ti ho raccontato. Tutto il resto, il modo in cui ti ho trattata, ogni abbraccio, ogni parola che ti ho detto… ero sincero, forse più sincero di quanto non sia mai stato in vita mia, e te l’ho detto l’ultima volta che ti ho vista.
E ora ti scrivo questa lettera, chiedendoti di poterti parlare, di avere l’opportunità di dirti personalmente che ti amo… in un modo in cui non credevo nemmeno fosse possibile amare. Mi rendo conto che non ho il diritto di chiederti di fidarti di me e concedermi una seconda chance, ma non posso fare a meno di sperare… che quando sparisci dalla mia vista non sarà stata l’ultima volta che ti ho guardata.

“Si firma con il suo vero nome: Draco Lucius Malfoy” concluse Harry, riportando lo sguardo su Ginny.
Draco scriveva come se non avesse niente da perdere, come se avesse messo in quella lettera tutto ciò che pensava una donna potesse desiderare: la poesia, la sincerità, il rimorso… la speranza.
Poteva suonare falsa, melensa, pretenziosa. Ma Harry aveva colto emozioni vere tra quelle righe, parole e concetti che forse Draco Malfoy nemmeno conosceva, ma che erano comunque scritte, per chi sapeva e voleva leggerle, negli spazi tra le sillabe. Ed ora Harry si chieda quanto altro avesse colto Ginny, con quella sua sensibilità estrema: lei che gli aveva parlato, che lo aveva baciato, abbracciato… lei che, pur sapendo che le stava mentendo, si era lasciata andare a quella relazione finchè Ron ed Hermione non l’avevano costretta ad ammettere la realtà. Come sarebbe andata se non avessero cercato di interferire? Tutto sarebbe sbollito in una nube di fumo, forse. O forse no.
Ricordava quando Ron gli aveva detto che dovevano indagare sul fidanzato di Ginny: aveva avuto il sentore che sarebbe stato forse il caso di farsi gli affari propri, così, tanto per cambiare… ma quando Hermione si metteva in testa una cosa, era una causa persa tentare di convincerla del contrario.
Ed ora Ginny si mordeva l’unghia del pollice, ripetendo probabilmente dentro di se le parole che aveva appena sentito. Imperscrutabile come al solito, il suo sguardo che non vedeva nulla era fisso nel vuoto… forse leggendo quelle parole che non erano scritte sulla lettera, ma solo nel suo cuore.
“Vuoi rispondergli? Posso scrivere se vuoi…”
“No.”
“L’hai più visto o sentito dopo quel giorno?”
“No. So che ha provato a contattarmi a casa… ovviamente non crederai che possa mettermi a parlare con lui davanti alla famiglia più invadente della storia magica inglese.”
Harry rise, rendendole la lettera.
“E comunque Hermione mi ha detto che il suo appartamento a Diagon Alley è passato alla moglie dopo il divorzio, e lui è quasi sempre in viaggio per lavoro. Anche se Malfoy ha detto di volerla assumere come avvocato fisso, lei non l’ha più visto dopo il processo…” riprese Ginny, in tono piatto, “anche volendo, e non sono sicura di volere, non saprei dove cercarlo.”
Luna entrò in quel momento nella stanza e attirò l’attenzione di Harry con una mano, lanciandogli un’occhiata che significava chiaramente che aveva sentito tutto e che il suo caro maritino era invitato a fare qualcosa se non voleva ritrovarsi a dormire sullo zerbino. Harry annuì sorridendo, strizzandole un occhio.
“Per quanto riguarda il cercarlo, lascia fare a me…”
“Harry, l’ultima volta che uno di voi Auror ha messo il naso lentigginoso nei miei affari, ha solo complicato le cose!” sbottò Ginny.
Herry le arruffò i capelli, ghignando.
“Il mio naso non è lentigginoso.”

“Serena says he just disappears: Poof! I'm going to find out where he's poofing to.”
Blair’s line, in “A southern gentleman prefers blondes”, Gossip Girl, Season 2.

*******

Il testo della canzone disseminato per il capitolo è quello di “From Sarah with love”, Sarah Conor, da cui ho preso anche il titolo.
La scena della lettera (e anche parte del testo) è presa dal film “Il destino di un cavaliere” (2001), con ei fu (sigh sigh) Heath Ledger… un personale omaggio.

Ringraziamenti e risposte:
Altovoltaggio: grazie per i complimenti! Le citazioni sono un po’ una mia fissa, non so se mi conosci da tempo o se hai letto soltanto questa, ma le mie storie spesso nascono attorno alle citazioni: è da lì che prendo ispirazione, le scelgo di scrivere e costituiscono lo scheletro dei capitoli. È un metodo un po’ di comodo, ma per me è un gioco divertente. No, non posso dire di conoscerle tutte a mente, ma ho la fortuna di avere un’ottima memoria quindi, quando ho bisogno di una citazione, so perfettamente in quale libro/canzone/film, e a che punto, andarla a cercare. In questo caso, uso principalmente le canzoni di Frank (che conosco a memoria) e le leggi di Murphy, che si trovano ovunque su internet o sui libri di Arthur Bloch, o le massime di Oscar Wilde. Spero di aver soddisfatto la tua curiosità. A presto!
Seven: Grazie mille, sei davvero carina!
Chandelora: e perché avrei dovuto insultarti?!? Piuttosto, cara, usa meno abbreviazioni da sms: sarò un po’ demodè, ma sul serio, questa volta ho faticato a leggere! Grazie e ciao!
Frency70: allora grazie mille per trovare qualche momento per “restare bambina” insieme a me leggendo fanfiction!!! Baci!!!
Yellowrose: Grazie a te per la recensione!
Summer_Black: Draco ci sta provando… vedremo come andrà a finire! Ciao!
Maricuccia: sono contenta che t pensi valga la pena aspettare un po’ per i miei capitoli! Grazie per i complimenti!
Nha: grazie!
Danyy: mai visto Law and Order, io. Mi annoiano da morire quei telefilm. Parte del merito per il processo va a Saty, che mi ha dato qualche consiglio. I modelli di Pansy invece sono miei (magari!). Baci!
Saty: per te non ci sono parole, come al solito. Spero che il tuo PC sia guarito e che tu possa tornare presto on-line! Fatti sentire cara, un bacio!
Grifondor: faccio quello che posso! Grazie!!!
Vulcania: La parte romantica sta arrivando… già qui con la lettera siamo scadute nel melenso. Un bacio e a presto!!!!

   
 
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