THERE’S NO PLACE LIKE LONDON
CAPITOLO V
V |
iola, quando arrivò davanti alla porta di casa dei
genitori di Juliet, tutto si aspettava meno di trovarsi la sua migliore amica
vestita sportiva. Quel cambiamento le sembrava quasi impossibile: ormai si era
troppo abituata a vederla.
“Che c’è?” le chiese Juliet, notando il suo
stupore.
“Stai bene.” osservò l’altra, indicandole
l’abbigliamento.
“Grazie. Stavano facendo la muffa in uno scatolone
sopra l’armadio, così ho pensato di fargli prendere un po’ d’aria.”
Viola sorrise. “C’è nell’aria un fermento, perché il cambiamento è giusto.” canticchiò.
“Hai fatto pediatria oggi?”
“Si nota?”
“Se ti metti a cantare le canzoni de La Bella e la Bestia, sì.”
Le due donne sorrisero, poi la giornalista fece
accomodare l’amica che si tolse la giacca, appendendola all’attaccapanni,
notando così la giacca di pelle e il casco. Guardò quei due oggetti sempre più
stupita poi si rivolse a Jules.
“E questi?”
L’altra alzò le spalle. “Ho fatto fare un giro
alla moto di mio padre.” Rispose, come se fosse una cosa abitudinaria per lei.
“Gli altri?”
“Hugh e Conrad sono andati a recuperare Sylvia e
arrivano. Di Orlando ne saprai di sicuro molto più di me. Com’è stato oggi?”
“È già qui; è entrato dalla finestra della mia
camera.”
“Quella rotta?”
“Sì. Ora è di sopra… comunque oggi è stato
perfetto.” e sussurrò quest’ultima frase, per poi condurre Viola in cucina. “Mi
dai una mano, vero?
“Certo, capo.” annuì lei., che si avvicinò alle
labbra dell’orecchio di Juliet. “Ancora troppo egocentrico per sentire i tuoi
complimenti?”
“Decisamente…” sibilò l’amica tra i denti, mentre
accendeva il fornello per l’acqua da bollire.
“State per caso confabulando sul mio avvenente
aspetto fisico ed il mio irresistibile charme?” le interruppe Orlando, sicuro
di conoscere già le reazioni di una simile domanda.
Le due amiche si scambiarono un’occhiata di assenso,
per poi dire all’unisono: “…Decisamente…” e scoppiare a ridere il secondo dopo.
“Mi sono perso qualcosa?” chiese lui, non capendo.
“No, sono cose che sai da 22 anni, tranquillo.”
gli rispose Juliet.
“Stavamo constatando quanto era aumentato il tuo innato
egocentrismo.” gli chiarì Viola.
L’attore alzò gli occhi al cielo. “Come tutti, ho
qualche insignificante difettuccio, ma rimango comunque un uomo con un certo
fascino…tranne che per Jules.”
A quelle parole le due donne si immobilizzarono;
Viola rivolse lo sguardo verso la sua migliore amica, incredula. Orlando non
poteva aver lanciato quell’ultima frase, così, senza alcun motivo. Juliet,
invece, guardava l’acqua bollire come se ne fosse rimasta incantata; sapeva la
ragione di quell’uscita ma la riteneva una di quelle assurde frecciatine che il
suo migliore amico lanciava di consuetudine
per gratificare il suo ego ed averla ogni volta vinta.
“A parte che come al solito sei di un permaloso
che la metà basta. Poi non ho detto questo. Ho detto che trovo difficile l’idea
di noi due insieme.”
“Quindi mi concedi il fascino!” esclamò lui,
soddisfatto.
La giornalista alzò gli occhi al cielo: maledetta
Viola e la sua lingua.
“Eccome se te lo concede!” esclamò quest’ultima.
“Si prese una cotta di quelle colossali per te a 14 anni.”
Jules la fulminò con lo sguardo. Un’altra parola e
l’avrebbe accoltellata. Quella era una di quelle cose che non aveva voluto
rivelare ad Orlando ed i motivi erano fondamentalmente due: primo fra tutti, in
quel momento lui stava con Viola, che infatti aveva saputo di quella cotta solo
dopo che si erano lasciati, qualche settimana dopo. Secondo, perché la reputava
una classica infatuazione adolescenziale, dove le ragazze fanno tutte il filo
al bel ragazzo di turno. Non che Orlando a quell’età fosse particolarmente
bello –anche se buona parte della scuola gli filava dietro-; lei ne aveva
adorato la solarità e la gioia di vivere, considerandolo per queste
caratteristiche anche straordinariamente bello.
Lui, sentendo le parole di Viola, sgranò gli
occhi: gli sembrava impossibile che Juliet avesse potuto avere una cotta per
lui circa nello stesso periodo in cui lui aveva avuto la sua prima cotta per
lei. Ricordava quel momento come se lo avesse vissuto da poche ore: era in casa
di suo cugino Sebastian, il quale stava consolando il cugino, che era stato
mollato da poco da Viola. Era ormai passata una settimana da quell’evento ed Orlando continuava ad
essere molto taciturno e pensieroso. Incalzato da Bastian, il ragazzo aveva
confessato: in realtà non stava così per la fine della storia con Viola; aveva
preso una cotta per Jules ma era stra sicuro che niente sarebbe mai potuto
accadere. Così, dopo aver fatto promettere al cugino di non fiatare, aveva
cercato di seppellire quella cosa, che si ripresentò anni dopo, e lui rigettò
quel sentimento, soprattutto per paura di rovinare quell’amicizia. E così era
stato per tutti quegli anni; ogni tanto, quel sentimento sempre più forte con
gli anni che passavano, faceva capolino insinuandosi tra i pensieri di Orlando.
“Sono passati secoli ormai.” lo interruppe Juliet
dai suoi pensieri.
“Perché non me ne hai mai parlato?” le chiese
curioso.
In quel momento suonarono al campanello: Viola
guardò entrambi i due amici e si diresse verso la porta, lasciandoli soli.
Istintivamente lui si avvicinò a lei, appoggiando entrambe le mani sul mobile,
mentre la giornalista aveva buttato giù la pasta.
“È storia passata ormai…” fu la risposta di
Juliet. “Tu stavi con Viola ed era una di quelle tipiche cotte adolescenziali
senza senso. Ne avevi già troppe di ragazze sbavanti attorno.” concluse
semplicemente.
Orlando sorrise, per poi mettersi dietro di lei ed
abbracciarla. “Se io ti dicessi che magari avrei potuto anche dirti di sì, una
volta mollata Viola?”
Un brivido percorse la schiena della donna, che
sentì una strana sensazione riempire il suo stomaco. Un’altra volta l’aveva
provata, ma non così forte, ed era stato il preludio di un periodo nero per
lei: così chiuse gli occhi, tornando a prendere il controllo di sé, ed una volta
riaperti gli occhi si voltò verso di lui, che continuava a tenerla intrappolata
tra le sue braccia.
“Chissà,” iniziò con un tono parecchio divertito,
“magari ora saresti circondato da bambini che ti venerano come il loro eroe,
mentre la sottoscritta fa la giornalista/mamma/moglie di successo…” rispose
alzando un sopracciglio. “Anche se penso che la santa che ti farà capitolare a
vita voglia ancora godersi la pace e la serenità di una vita… almeno finché non
si innamorerà.”
Orlando sorrise: avere a che fare con lei era
forse la cosa che gli era mancata di più in quegli anni. Quando si parlava di
lei e della sua vita privata abbozzava sempre, scherzandoci sopra e dando ad
ogni gesto, ogni momento, ogni situazione, poca importanza, come se non valesse
niente. Al contrario di quello che si poteva pensare da quel comportamento,
Juliet assaporava ogni singola parte della sua vita come se fosse l’ultima:
tutto diventava unico ed irripetibile, anche le cose comuni e quotidiane, come
lo svegliarsi o il mangiare una pizza con gli amici; c’era sempre una
peculiarità, come una canzone o anche solo una nuvola, che trasformava quel
momento in qualcosa di straordinario. Per questo verso i problemi altrui aveva
un atteggiamento a tratti drammatico: ascoltava chiunque avesse bisogno per ore
intere, lasciandoli parlare –a volte era quasi uno sproloquio-, tanto che a
volte veniva menzionata e provocata pur di farla parlare. Alla fine di quel
monologo, lei si avvicinava e con estrema serietà, come se dovesse spiegare
un’invenzione scientifica, esponeva la sua tesi, dialogando con chi aveva
accanto; non pretendeva di avere ragione ed era sempre pronta a cambiare
opinione o idea….quante volte Orlando aveva provato sulla sua stessa pelle quel
suo comportamento. L’atteggiamento che aveva verso sé stessa era per buona
parte una tecnica di difesa, che adottava anche con chi conosceva bene, ma
anche un modo ottimistico di vedere la sua vita: c’era sempre qualcuno con
problemi più grossi dei suoi, quindi perché lamentarsi di una vita che le aveva
regalato tanta serenità e tanti bei momenti?
“Sempre ironica, eh?” osservò lui. “Mi chiedo
quando mai capirai che non è più il momento di giocare a fare gli adulti, ma di
esserlo davvero…”
Eccolo là, pensò lei, l’uomo vissuto… “Nello
stesso momento in cui non ci sarà più il mio compagno di giochi preferito a
permettermi di vedere il mondo con i suoi occhi di eterno Peter Pan.” fu la
risposta della giornalista.
“Allora stiamo freschi,” osservò, roteando gli
occhi e facendo un’espressione talmente assurda che Jules trovò irresistibile,
“è possibile che questa situazione perduri nel tempo.”
“Io mica mi lamento…infondo mica ammazzo
qualcuno.”
“Mia madre ne sarà entusiasta.”
“E quando mai l’hai ascoltata quella povera donna?
Poi scusami tanto, ma la vita è la tua. L’unica che possa lamentarsi in questo
momento è Miranda, che ha l’arduo compito di sopportarti.”
“Tu non eri quella che non poteva sentirne il
nome?”
La giornalista si voltò verso l’amico. “Mai detto
che l’adoro; ho solo constatato che averti accanto è un attentato ai nervi, e
per una come lei aggiungerei una piccola tortura.”
“Che alta opinione che hai di me.” La provocò,
appena risentito per quell’osservazione.
Juliet roteò gli occhi… possibile che fosse così
cieco, oltre che permaloso, da non vedere la realtà dei fatti?
“Lo sai che opinione ho di te… e non saresti il
mio migliore amico, se non avessi la capacità di trasformare ogni momento in
un’avventura da film. Ma come tutti hai quei 3-4 difetti che tendi ad
estremizzare…” rispose, mentre guardava il volto di Orlando cambiare. Si era
spettato una sarcastica ma altrettanto dettagliata critica dei suoi pregi e
difetti, ma era rimasto spiazzato a quella frase; l’ultima parte del discorso
l’aveva a malapena registrata, come se l’avesse udita in maniera ovattata,
lontana, passata. Non c’era ironia, né tantomeno sarcasmo. Era uscita pura e
semplice dal cuore, e l’aveva portato dritto su una nuvola che si alzava sempre
più in alto nel cielo meravigliosamente azzurro. In un attimo di lucidità si chiese
quanto in quegli anni lei fosse riuscita a leggergli dentro, se non sapesse
benissimo quello che gli scatenava in corpo; un attimo dopo si disse che era
impossibile visto che per lui stesso era quasi inaccettabile il fatto che non
esisteva al mondo nessuna ragazza prima, e donna poi in grado di farlo sentire
così… lei di conseguenza non poteva nemmeno immaginarlo.
I pensieri di Orlando furono interrotti da una
voce proveniente dalla sala, che riconobbe come quella di Duncan.
“Allora questa pasta è pronta?” urlò.
Juliet sorrise all’amico un’ultima volta, prima di
tornarsi ad occupare della cena. Rimasero entrambi in silenzio, l’uno
osservando i movimenti dell’altra, poi quando lei finì di riempire i piatti,
prese un vassoio e glieli posò sopra. Passandogli accanto si fermò, sorrise ed
avvicinò la bocca all’orecchio di lui, tanto che il suo respiro gli provocò
alcuni brividi che lo costrinsero a chiudere gli occhi, prendendo con la forza
il controllo di sé.
“È per questo che sarei disposta ad aspettar anche
12 anni, se non di più. Mi basta sapere che al tuo ritorno non sarà cambiato
nulla se non il tempo… e di questo ne sono arci sicura.”
Detto ciò uscì dalla stanza, entrando nella sala,
ormai apparecchiata, seguita poco dopo da Orlando. L’ovazione che seguì
l’entrata della giornalista la convinse che quella sarebbe stata un’altra
serata da non dimenticare: e così fu. La cena fu ottima, grazie anche alla
complicità di Viola, di gran lunga migliore tra i fornelli rispetto a Juliet, e
alla inaspettata quanto provvidenziale comparsa della torta al cioccolato fatta
da Sonia che Orlando aveva saggiamente deciso di portare. Ovviamente tutti si
dilungarono nei complimenti alla madre dell’attore, prima fra tutti Jules che
fu decisamente più espansiva rispetto al pomeriggio.
Dopo cena erano stati gli uomini ad occuparsi di
piatti e compagnia bella, mentre le donzelle –così le chiamavano
affettuosamente Duncan, Conrad ed Orlando- erano andate nel salotto. La padrona
di casa aveva sistemato tutto il materiale di lavoro nella cartella che aveva
riposto nell’ingresso. Tutti in quella casa sapevano dell’intervista, ma
nessuno osò fare domande a riguardo; quella sera erano semplicemente sei amici
che si ritrovavano finalmente tutti insieme per condividere una serata in piena
tranquillità.
Quando arrivarono anche i maschi si misero sui
divani, raccontandosi presente ma anche, e soprattutto, passato. All’attore non
ci erano voluti che pochi attimi per capire che finalmente Duncan e Sylvia si
erano messi insieme: in effetti erano la seconda coppia all’interno del group. Primi erano stati Orlando e
Viola, che a quanto pareva ora frequentava sin dall’università un pediatra che
lavorava nel suo stesso ospedale, e la cosa sembrava seria.
“Quando lui aprirà gli definitivamente gli occhi,
ci sarà profumo di fiori d’arancio nell’aria… e sarà fra poco fidati.” gli
aveva sussurrato Jules all’orecchio, facendolo sorridere divertito all’idea di
Viola, la sua prima ragazza seria, vestita con un abito bianco, diretta verso
un altare a cui l’attendeva un medico. E pensare che c’era stato un periodo
della sua vita in cui avrebbe voluto esserci lui, davanti a quell’altare…
mentre ora cercava di scacciare qualsiasi pensiero che lo legasse
sentimentalmente a Juliet, anche se sperava di perdere quell’inutile sfida
contro sé stesso. Il problema si poneva in alcune situazioni, in cui lui era
costretto a dover controllare maggiormente sé stesso, e quello era proprio uno
di quei momenti: appena arrivato in salotto si era istintivamente seduto
accanto a Juliet che, altrettanto istintivamente, dopo pochi minuti, si era
appoggiata a lui. Dapprima Orlando aveva assecondato quel gesto totalmente
affettuoso, avvicinandola di più a sé, in modo da farle appoggiare la schiena
contro il suo petto, ma come aveva iniziato ad abbracciarla, si era reso conto
del pericolo che stava correndo; il suo profumo la inebriava ed il desiderio di
avvicinarsi al suo collo e lasciarvi un lento e studiato bacio era talmente
prepotente che dovette fare affidamento a tutte le sue forze pur di non cedere
a quelle sensazioni. Per tutta la serata era rimasto lì ad abbracciarla,
beandosi di quei momenti, sapendo benissimo che erano solo un palliativo che
non avrebbe placato i suoi sentimenti per molto tempo.
Era circa l’una quando i primi sbadigli
interruppero la conversazione, cosicché Viola, Conrad, Hugh e Sylvia decisero
di tornarsene a casa; in realtà anche Orlando aveva intenzione di andare a casa
dai suoi, ma Juliet, che non era riuscita a convincere Viola, si era impuntata
perché lui restasse. Così avevano iniziato a discutere dimostrandosi i soliti
due testoni di sempre, gesticolando in aria mentre bisticciavano come bambini.
Lui non aveva certo intenzione di rimanere lì in quella casa; sapeva bene che
se fosse rimasto Juliet si sarebbe rifugiata sotto le coperte e avrebbero
dormito insieme come facevano da ragazzi; e per lui sarebbe stato praticamente
impossibile resistere. La donna invece non capiva le ragioni per quel suo
rifiuto secco: inizialmente pensava che la colpa era da attribuire alla gelosia
di Miranda, poi quando aveva capito che il motivo non era quello, ma un altro
che lui non voleva dirle, si era alterata parecchio. Cosa poteva succedere?
Avrebbero semplicemente dormito come avrebbe fatto due miglior amici…
Alla fine Orlando si era arreso, sperando in cuor
suo di riuscire in quella che a lui sembrava un’impresa titanica. La
giornalista lo aveva accompagnato nella stanza degli ospiti e poi era scesa di
sotto a sistemare le ultime cose prima di coricarsi, lasciandolo solo in quella
camera; non appena vi era rimasto, aveva preso il cellulare e composto il
numero del cugino. Pochi secondi e la voce di Sebastian gli giunse
all’orecchio.
“Ma buonasera!”
“…risparmiati il sarcasmo, Bastian…”
“A parte che non ero sarcastico, comunque pensavo
che con Jules andasse tutto a meraviglia.”
“Infatti…” gli rispose “Se non fosse che
litighiamo con una frequenza allarmante.”
Sebastian notò una strana nota nella voce del
cugino, che lo mise in allarme. “Non mi sembra una cosa così strana sa parte
vostra…” si interruppe per un attimo. “C’è qualcosa che devi dirmi? Non credo
che tu mi abbia chiamato solo per dirmi dei tuoi litigi con la mia ex…”
Alla parola ex
Orlando chiuse gli occhi, scacciando la visione di Juliet e Sebastian insieme.
Sospirò e si disse che quella situazione stava diventando insostenibile, e
c’era bisogno di trovare una soluzione al più presto.
Dall’altra parte del telefono, il fotografo
sorrise; c’era qualcosa che turbava e preoccupava il cugino ed era palese che
stesse cercando di risolvere il problema .
“Con Miranda è finita…” esordì l’attore.
“Quando?”
“In realtà ci siamo presi una pausa, ma sappiamo
benissimo entrambi che è la fine.” osservò “Lei ha David Jones che la
pubblicizza e le scalda le lenzuola.”
“E tu?” chiese il fotografo, curioso.
“Io devo smettermi di inventarmi cazzate per
nascondere la verità. Fingere di essere ciò che non sono non serve più a
nulla.”
“Ma di che stai parlando?” Sebastian non capiva
nulla di quello che stava dicendo il cugino.
“Di lei, Bastian. Devo smetterla di pensare che
non è nulla più di affetto, perché non è affatto così; e dire che di donne ne
posso avere quante me ne pare, e ti giuro che ho fatto di tutto e di più per
metterci una pietra sopra, ma non serve. È come una droga e restare qui è un
supplizio, cazzo, ma non riesco a dirle di no.”
“Ma lei chi?! Possibile che tu abbia appena chiuso
con Miranda e già ti sei invaghito di un’altra? Pensavo l’amassi… a te la fama
ha aumentato i geni della marpionaggine.”
“Anch’io pensavo di amarla, peccato che è da
quando ho 14 anni che mi sto prendendo per il culo. Se solo mi avesse detto che
le piacevo, ora non sarei qui a scervellarmi con te, ma sarei di là a dormirle
accanto… e quel che è peggio è che al solo ricordo di voi due insieme verrei a
Londra a spaccarti la faccia.” rispose, frustato dalla situazione ed accorato.
Dall’altra capo, Sebastian si era seduto meglio
sul letto: non poteva credere a ciò che aveva sentito. Suo cugino, il famoso
attore Orlando Bloom, ormai ex teen idol, dichiarato da più riviste un vero e proprio sex symbol, nonostante la fama improvvisa e tutto quello che
gli era capitato era ancora cotto della stessa ragazza per cui aveva preso una
sbandata anni prima. Tutto quel tempo non aveva fatto altro che alimentare quel
sentimento, trasformandosi, cambiando, crescendo.
“Devi dirglielo.”
“La fai facile tu. Non sa di me e Miranda e poi ho
una paura fottuta, cazzo.”
“Finalmente sperimenti anche tu questa
sensazione.” osservò il fotografo.
“Te ne rendi conto che in un attimo rischio di
mandare 22 anni a puttane?”
“Solo tu sai come prenderla.” lo rassicurò. “Sei
l’unico, quindi giocatela bene, e se vuoi un consiglio, guarda oltre i tailleur
ed i completi eleganti; quella è una maschera.”
“Grazie, Bast.”
“Figurati. E mi raccomando comportati da bravo
bambino, e dalle tempo per metabolizzare.”
“Cosa?”
“Il fatto che per ora tocca a lei sopportare tutto
quello che combini.”
Orlando rise divertito a quella frase, decisamente
più rilassato rispetto a prima. Ringraziò per l’ennesima volta il cugino prima
di chiudere la conversazione, augurandogli la buonanotte. Dopo di ché si
incamminò fuori dalla stanza alla ricerca di Juliet, che trovò intenta a salire
le scale che la conducevano al piano. Vedendo l’amico venirle incontro, salì
velocemente gli ultimi gradini e si fermò proprio davanti a lui.
“Mio cugino ti saluta.” inizio lui, incerto sul da
farsi.
“Grazie. Senti, io ho alcune cose da sbrigare giù
in salotto, e finché ho qualche idea meglio che me ne occupi.” gli spiegò. “Tu
dormi pure e se hai bisogno avvisami.”
Detto ciò si augurarono la buonanotte con un bacio sulla guancia, poi
si avviarono verso la stanza degli ospiti lui, ed il salotto lei, dove ritirò
fuori sia il pc che il block notes. Li prese e si guardò intorno scettica: il
salotto non era un posto adatto per scrivere un articolo. Ci voleva qualcosa di
più libero, di più aperto, di più… verde. Pochi istanti ed era già seduta ad
una delle sedie di plastica bianche attorno al tavolino dello stesso colore in
giardino, con il portatile davanti a sé ed il blocco degli appunti accanto a
lei.
La notte non era di certo calda, ma quell’aria
fresca riempì delicatamente i polmoni di Jules, che avvolta nel giubbotto di
pelle aveva iniziato a battere le dita sui tasti. Attorno a lei il silenzio più
totale, nel quale il regolare ticchettio delle dita sulla tastiera pareva una
melodia, intervallata di tanto in tanto dal fruscio delle foglie o dal vento
che scompigliandole i capelli la rilassava. Meticolosamente e senza il minimo
accenno di esitazione stava ricostruendo nella sua mente quel pomeriggio, per
poi trascriverlo sul computer sotto forma di intervista; non aveva modificato
una virgola di ciò che era stato chiesto e risposto, e l’unica libertà che si
era presa era quella di ritrarre ciò che l’intervistato aveva fatto durante
l’intervista.
Erano ormai le tre del mattino quando terminò di
battere sulla tastiera; se ne accorse praticamente per caso, lanciando
un’occhiata all’orologio del pc. Rilesse l’articolo, correggendo gli errori di
battitura e sistemando i vari blocchi di domande in maniera più ordinata,
aggiungendovi anche le foto che Sebastian le aveva mandato per e-mail poche ore
prima. Dopo di ché ne aveva stampate due copie, salvato tutto sul computer, e
stampato altre due copie dell’intervista senza foto. Sorridendo a sé stessa,
prese un raccoglitore ad anelle, in cui raccoglieva le sue interviste e vi mise
una delle due copie senza foto ed una copia di quelle con tanto di fotografie;
ripose il raccoglitore sulle mensole del mobile accanto alla tv, tornando in
giardino con due carpette: una gialla e una verde. Sopra la seconda scrisse in
fretta la dicitura Vogue – Novembre 2009
e sotto di essa Orlando Bloom. Vi
mise dentro ‘intervista corredata di foto e ripose tutto nella sua cartella;
passò poi alla carpetta gialla, infilò l’ultima copia rimasta all’interno e vi
scrisse davanti una frase.
Prendilo
come un regalo di Natale in anticipo, però sappi che io ne voglio uno
altrettanto bello! J
Jules
Fatto ciò, riportò tutto dentro casa, riponendo le
cose che aveva preso al loro posto. Lasciò la carpetta gialla sotto la sua
cartella universitaria sul tavolo del salotto, pronta ad un bel sonno
ristoratore nel suo letto.
Mentre saliva le scale sorrise al pensiero del
volto di Orlando, ancora mezzo addormentato, intento a leggere le sue stesse
parole, riportate con fede appassionata, tra le cui righe si tesseva l’elogio
di un uomo che viveva per quel mestiere ricolmo di luci ma anche ombre;
sicuramente non si aspettava né quelle parole, né tantomeno l’anteprima di un
articolo che sarebbe uscito a breve, scritto da colei che tutti paragonavano ad
una sorta di megera del giornalismo. E la cosa più divertente era che tutt’ora
lei rideva di questi nomignoli, ogni volta che li sentiva questo perché infondo
si sentiva come una giovane donna –forse più ragazza-, che sul lavoro fingeva
di essere quella che non era mai stata, ma che col tempo, forse, era diventata,
obbligata dalla stringente morsa dell’abitudine che l’aveva intrappolata,
rendendole il mondo talmente facile da farla desistere dal liberarsi ed uscire
da quella gabbia. Ma era questo il significato del verbo vivere? Adattarsi al mondo che ci circonda, diventando squali o
pesci rossi a seconda di quello che ci viene richiesto, senza nemmeno poter
essere sé stessi? Decisamente no, si rispose Juliet, e in quel momento decise
che era ora di finirla con quella sceneggiata. Doveva avere la possibilità di
decidere della sua vita, senza doversi nascondere dietro i completi eleganti ed
i tacchi a spillo.
Con questi pensieri arrivò di fronte alla porta
della sua stanza che aprì automaticamente; trovandola vuota e avvolta nel buio,
si trovò spaesata, come se quella fosse per lei una camera totalmente
sconosciuta, di cui aveva una gran paura. Istintivamente, senza nemmeno
ragionarci troppo sopra, richiuse la porta e s’incamminò verso la stanza degli
ospiti, entrandone in punta di piedi e lasciando che un unico raggio di luce
potesse entrare ad illuminare debolmente la stanza. Orlando era sdraiato nel
lato sinistro del letto a due piazze, coperto fino al bacino dalle lenzuola, da
cui usciva la parte alta del corpo completamente priva di abiti. Dormiva steso
sul lato, abbracciato al cuscino, di modo che Juliet poté osservarne il profilo
disteso, mentre alcuni ricci gli coprivano la fronte; sorrise ricordando quante
volte aveva scostato qualche capello ribelle da quel viso.
Con estrema lentezza posò la cartella su una sedia
lì accanto, aggiungendo poi anche i pantaloni. Rimasta con la maglietta,
richiuse la porta, salendo poi sul letto a gattoni, cercando di non svegliare
l’amico. Arrivata in cima, si rifugiò sotto le coperte, andando a posizionarsi
accanto a lui cingendogli la schiena con le braccia, e appoggiando la testa
sulla sua spalla. A quel contatto, il ragazzo si avvicinò istintivamente a lei,
facendo sì che le mani di lei andassero ad unirsi sulla sua pancia; per Juliet
quel movimento fu l’innesco dell’affiorare di un ricordo, risalente ad anni
prima… era stato l’inizio della tragedia più grossa che le fosse mai capitata…
In quel periodo sembrava che andasse tutto a meraviglia, poi uno ad uno, gli
eventi l’avevano trascinata negli abissi
più profondi, da cui era riuscita a risalire a fatica, grazie all’aiuto di
Viola e del lavoro. Nessuno oltre alla sua migliore amica sapeva nulla; aveva
deciso di buttare via ogni minima cosa che gli ricordasse quei pochi mesi, come
se nulla fosse mai successo, e ora, mentre abbracciava l’unica persona a cui
avrebbe voluto dire tutto, ogni particolare era tornato vivo e limpido nella
sua mente. Strinse maggiormente a sé il corpo dell’amico addormentato, mentre
silenziose le lacrime sgorgavano copiose, assieme a tutti i sogni che si erano
frantumati come bicchieri di cristallo dopo una forte scossa di terremoto.
Per un attimo le lacrime sembrarono terminare, e
fu in quell’istante che Orlando, sentendo probabilmente il corpo della ragazza
contro il suo, si rigirò nel letto, abbracciandola e facendo sì che appoggiasse
la testa sul suo petto. La giornalista lo chiamò debolmente, ma si rese conto
che lui era addormentato ed aveva agito nel sonno, spinto dall’inconscio. Così
si strinse maggiormente a lui, cercando di cacciare tutti i dolor e riposarsi
qualche ora cullata dal respiro regolare dell’amico e avvolta nel suo tenero
abbraccio.
Chiedo umilmente perdono per l’immenso
ritardo con cui pubblico il quinto capitolo, ma purtroppo ho avuto parecchio da
fare… ringrazio LadyElizabeth che continua a
recensire… beh, vedo che comunque ci sono altre lettrici e spero di magari
leggere anche un loro commento…
Il sesto capitolo è terminato, ma il settimo
è un po’ in fase di stallo, ma spero di concluderlo al più presto.
Klood