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Autore: Mannu    29/11/2009    1 recensioni
Dopo l'ultima movimentata avventura Miki è tornata alla normalità. Banale normalità: solitudine, conti da pagare, ingaggi da trovare per sé e per la sua astronave, revisionata e pronta a partire. Normalità destinata a durare poco: basta una malinconica serata in giro per locali per aprire diversi fronti sui quali Miki dovrà combattere!
Nota importante: ancora crediti a Cassiana, che ha scritto l'intero capitolo 1, da me rivisto e adattato al resto del racconto che gli ho "costruito" intorno. Crediti a Cassiana anche per il personaggio di Pavel "Spyro" Zebrinsky, da lei strappato dalla foto di gruppo dell'equipaggio del Raja ed elevato al rango di protagonista a tutto tondo. Grazie, Cassiana! Anche questa è per te!
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ferraglia spaziale'
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In nebula - 3
3.

Fu strappata al sonno da una sensazione di urgenza. La consapevolezza di aver dormito poco la oppresse, ma quando si rese conto che c'era qualcuno lì con lei smise di dare peso alla cosa.
- Sei sveglia?
Spyro.
- Ora sì... - aveva la voce rauca e si sentiva più stanca di quando si era messa a letto. L'energia era ancora razionata e il suo alloggio era avvolto nella penombra. Non era riuscita a ricaricare le bobine accumulatrici oltre il cinquantuno per cento. I bypass fatti da Jo e Mak non avevano retto a lungo e ne erano saltati più della metà, costringendoli a ricominciare da capo. La vecchia rete di gestione dell'energia del Raja era appunto... vecchia e non a caso quel cargo di classe Tortuga era stato profondamente revisionato per ottenere la certificazione alla velocità FTL.
- Come te la cavi con i sensori?
- Come tutti... - la domanda la indispettì. Ruotò la testa nella sua direzione: era in piedi e grande e grosso com'era sembrava riempire tutto il suo alloggio. Si era messo una uniforme pulita e ora indossava anche la giacca, aperta. La camicia con le insegne della nave sul taschino si tendeva sui muscoli del petto.
- Puoi venire sul ponte di comando?
Miki lo guardò. Era sveglia, ora. Gli sembrava ansioso, preoccupato. Lo tranquillizzò dicendogli che sarebbe arrivata in un attimo. Il tempo di vestirsi e sarebbe stata da lui. Sperò che capisse che doveva uscire dal suo alloggio se voleva che lei uscisse da sotto le coperte. Riluttante, il Secondo comprese e uscì.
Giunse sul ponte di comando mentre armeggiava con i capelli. Voleva legarli perché le davano fastidio: non li aveva ancora tagliati ed erano diventati incontrollabili. Certa di aver ottenuto un risultato orribile, si avvicinò al Secondo che stava controllando una delle console. Gli ologrammi arancioni sospesi a mezz'aria erano quelli del sistema dei sensori della nave. Fece saettare lo sguardo sulla console del capomacchina, ancora accesa. Tutti i grafici e gli strumenti indicavano zero, proprio come quando aveva abbandonato la postazione.
- Guarda qui – l'uomo mosse le dita sugli strumenti impalpabili proiettati davanti al suo viso. Avviò la procedura di inizializzazione del sistema dei sensori ma questa si fermò dopo poco con un messaggio d'errore.
- Manca un file di appoggio – commentò Miki ricacciando indietro un ciuffo riccio e ribelle. Aveva lottato contro un problema simile cercando di configurare gli strumenti MFD del suo Coyote.
- Fammi vedere.
Spalla a spalla col Secondo, configurò il sistema dei sensori che dopo alcuni tentativi si mise a funzionare correttamente. Non essendo più sotto il diretto controllo della CPU di bordo molte informazioni erano difficilmente interpretabili, ma riuscirono a ottenere preziose indicazioni.
Erano apparentemente in mezzo al nulla. I sensori indicavano una inconsueta forma di radiazione che impediva, tra le altre cose, il funzionamento del sistema di comunicazione FTL. I segnali radio sembravano immuni ai disturbi, ma ci avrebbero impiegato anni a giungere a destinazione, ammesso di riuscire a trasmettere nella direzione giusta. Una volta messo in funzione il sistema principale, attivare il telescopio di bordo fu questione di pochi minuti. In breve ebbero una visuale dello spazio intorno alla nave. Quando lo schermo rimandò le prime immagini di quello che si estendeva a prua, rimasero sbalorditi.
- Che cazzo... - iniziò Miki, ma non riuscì a terminare la frase.
- Che ti avevo detto? Sembra una nebulosa.
- Cosa ci facciamo così vicini? - una delle prime cose che insegnano ai futuri stellapiloti è di non avvicinarsi a ciò che non si conosce. Soprattutto se si tratta di nebulose. Spesso infatti sono fonte di fortissime radiazioni.
- Non ci siamo avvicinati noi. È la nebulosa che non dovrebbe essere qui.
Miki stava passando in rassegna le immagini filtrandole ora agli ultravioletti, ora ai raggi x, ora evidenziando le fonti energetiche quantiche.
- Scherzi? Questa cosa è una bomba... zampilla radiazioni di tutti i tipi. In particolare è un'emittente molto forte di raggi B.
- Non era sulla nostra rotta. Per meglio dire, non siamo così pazzi da percorrere una rotta prossima a un mostro del genere – la voce del secondo ufficiale si stava indurendo, come ogni volta che la sua autorità veniva messa in discussione.
- Vuoi dire che il Navigatore ha sbagliato il salto? - Miki non osava pensarlo, ma non c'erano alternative.
- Conosci qualcosa che riesce a spostare una nebulosa in poco tempo?
Miki tacque. La nebulosa era enorme. Ma la cosa peggiore, se ne rese conto solo in quel momento, era che il telescopio di bordo non inquadrava altro. Niente di niente oltre la nebulosa. Lo disse al Secondo.
- Senza CPU fare il punto sarà difficilissimo – osservò lui.
- Il Navigatore potrebbe farcela?
- Ridotto com'è? - l'uomo le puntò contro i suoi profondi occhi scuri resi cupi dalle folte sopracciglia aggrottate. Strinse le labbra in una smorfia e non aggiunse altro.
Miki continuò a pasticciare con i comandi del telescopio del Raja fino a quando l'ufficiale le tolse il pannello dei comandi.
- Non stiamo concludendo nulla – lo rimproverò.
- Prima di tutto rivoglio i motori, poi l'integrità strutturale. Dobbiamo allontanarci: tra tutte le radiazioni che ci investono c'è qualcosa che frigge i sistemi superiori. E dà fastidio ai gemelli.
Miki lo guardò posare i gomiti sul bordo della console. La schiena curva, le spalle piegate in avanti, la testa incassata e stretta fra le mani. Che stesse soffrendo? Miki si rese conto che non sapeva se era anche lui innestato. Fu punta dall'urgenza di abbracciarlo, di accarezzare quella schiena imponente, di stringergli le spalle per confortarlo. Ma non si mosse. Un momento dopo lui si appoggiò allo schienale, il viso duro e inespressivo. Miki rimpianse l'occasione perduta.
- Abbiamo bisogno di schermare il nucleo della CPU e di rimetterla in sesto. Poi potremmo schermare e collegare gli altri sistemi uno alla volta. Con il computer funzionante potremmo forse ricavare qualcosa di più dai sensori e uscire da questa situazione di merda.
Miki non ascoltò quelle parole: i suoi pensieri erano altrove. Con i sensori attivi, l'improvviso raggiungimento della consapevolezza che avevano fatto naufragio nel nulla l'aveva sconvolta. Almeno non c'è qualcuno che mi insegue, si disse. Ma non riuscì a sdrammatizzare.
- Ho paura – aveva un groppo in gola. Si sistemò un ciuffo cacciandolo dietro un orecchio anche se non ce n'era bisogno. Si vergognava di aver confessato quella debolezza. Le venne da piangere, ma si sforzò di controllarsi e le passò subito. Ma la paura no: quella rimase.
- Tranquilla, finché c'è energia possiamo andare avanti. Acqua, cibo... se stiamo attenti all'aria, non dovremmo avere problemi. Abbiamo tutto quello che ci serve.
Non la guardò nemmeno mentre pronunciava quelle parole. Lo osservò incrociare le braccia guardando gli strumenti dei sensori. In quel momento alcuni istogrammi ebbero un sussulto. Fu qualcosa di impercettibile, ma ne rimase traccia in un grafico. Un picco significativo. Lo notarono entrambi nello stesso momento.
- Che cazzo è stato? - chiese Miki.
- Picco nel visibile – commentò il Secondo, allungando svogliato le mani verso gli ologrammi sensibili al tocco.
- C'è qualcosa?
- Sarà la fottuta nebulosa... - commentò l'uomo.
Osservando la sconfinata nebulosa col telescopio, Miki aveva già notato che in certe regioni apparivano lampi di luce. Senza la CPU a riassumere e analizzare i dati grezzi dei sensori, era impossibile dire se poteva essere stato uno di quei fenomeni luminosi a causare il picco sugli strumenti. Si impossessò dei comandi scacciando le robuste mani del Secondo e guardò le registrazioni dei sensori che recepivano le lunghezze d'onda nel campo del visibile. Non trovò nessun picco somigliante a quello.
- Che fai?
- Ti spiace se uso il telescopio?
- No, affatto – rispose lui accogliendola. Miki si sedette sulle sue gambe per poter manovrare meglio alla console.
- Togli quelle mani da lì – protestò seccata mentre concentratissima nel programmare una ricerca a trecentosessanta gradi sentì sui fianchi le calde mani di lui. Le dispiacque d'essere stata brusca, ma la sola vicinanza di quell'uomo le rallentava le facoltà intellettive e quel contatto la mandava in confusione. Doveva verificare se aveva ragione oppure no e per farlo doveva finire quel programma.
- Fatto – disse alzandosi in piedi malvolentieri.
- Fatto cosa?
Miki gli spiegò d'aver programmato il telescopio di bordo per una banale ricerca. Sospettava che ci fosse qualcosa a portata dei sensori, qualcosa che emetteva luce e cercando tutto intorno al Raja col telescopio forse l'avrebbero trovato. Poi con quel metodo sarebbe stato possibile trovare qualcosa, qualsiasi cosa che non fosse la dannata nebulosa.
- Male che vada – concluse – rimaniamo dentro il nulla, proprio come ora.
- A incrementi di dodici gradi non finirà mai – osservò lui.
- Sai dirmi quale banco di sensori ha registrato il picco?
- Senza la CPU? No.
Miki sorrise.
- Allora dobbiamo aspettare.
   
 
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