3.
Fu strappata al sonno da una sensazione di urgenza. La
consapevolezza di aver dormito poco la oppresse, ma quando
si rese conto che c'era qualcuno lì con lei smise di dare
peso alla cosa.
- Sei sveglia?
Spyro.
- Ora sì... - aveva la voce rauca e si sentiva più stanca
di quando si era messa a letto. L'energia era ancora razionata
e il suo alloggio era avvolto nella penombra. Non era riuscita
a ricaricare le bobine accumulatrici oltre il cinquantuno per
cento. I bypass fatti da Jo e Mak non avevano retto a lungo e
ne erano saltati più della metà, costringendoli a ricominciare
da capo. La vecchia rete di gestione dell'energia del Raja era
appunto... vecchia e non a caso quel cargo di classe Tortuga era
stato profondamente revisionato per ottenere la certificazione
alla velocità FTL.
- Come te la cavi con i sensori?
- Come tutti... - la domanda la indispettì. Ruotò la testa nella
sua direzione: era in piedi e grande e grosso com'era sembrava
riempire tutto il suo alloggio. Si era messo una uniforme pulita
e ora indossava anche la giacca, aperta. La camicia con le insegne
della nave sul taschino si tendeva sui muscoli del petto.
- Puoi venire sul ponte di comando?
Miki lo guardò. Era sveglia, ora. Gli sembrava ansioso,
preoccupato. Lo tranquillizzò dicendogli che sarebbe arrivata
in un attimo. Il tempo di vestirsi e sarebbe stata da lui. Sperò
che capisse che doveva uscire dal suo alloggio se voleva che lei
uscisse da sotto le coperte. Riluttante, il Secondo comprese e
uscì.
Giunse sul ponte di comando mentre armeggiava con i capelli. Voleva
legarli perché le davano fastidio: non li aveva ancora tagliati
ed erano diventati incontrollabili. Certa di aver ottenuto un
risultato orribile, si avvicinò al Secondo che stava controllando
una delle console. Gli ologrammi arancioni sospesi a mezz'aria
erano quelli del sistema dei sensori della nave. Fece saettare
lo sguardo sulla console del capomacchina, ancora accesa. Tutti
i grafici e gli strumenti indicavano zero, proprio come quando
aveva abbandonato la postazione.
- Guarda qui – l'uomo mosse le dita sugli strumenti impalpabili
proiettati davanti al suo viso. Avviò la procedura di inizializzazione
del sistema dei sensori ma questa si fermò dopo poco con un messaggio
d'errore.
- Manca un file di appoggio – commentò Miki ricacciando indietro
un ciuffo riccio e ribelle. Aveva lottato contro un problema simile
cercando di configurare gli strumenti MFD del suo Coyote.
- Fammi vedere.
Spalla a spalla col Secondo, configurò il sistema dei sensori che
dopo alcuni tentativi si mise a funzionare correttamente. Non essendo
più sotto il diretto controllo della CPU di bordo molte informazioni
erano difficilmente interpretabili, ma riuscirono a ottenere preziose
indicazioni.
Erano apparentemente in mezzo al nulla. I sensori indicavano una
inconsueta forma di radiazione che impediva, tra le altre cose, il
funzionamento del sistema di comunicazione FTL. I segnali radio
sembravano immuni ai disturbi, ma ci avrebbero impiegato anni a
giungere a destinazione, ammesso di riuscire a trasmettere nella
direzione giusta. Una volta messo in funzione il sistema principale,
attivare il telescopio di bordo fu questione di pochi minuti. In
breve ebbero una visuale dello spazio intorno alla nave. Quando
lo schermo rimandò le prime immagini di quello che si estendeva
a prua, rimasero sbalorditi.
- Che cazzo... - iniziò Miki, ma non riuscì a terminare la frase.
- Che ti avevo detto? Sembra una nebulosa.
- Cosa ci facciamo così vicini? - una delle prime cose che insegnano
ai futuri stellapiloti è di non avvicinarsi a ciò che non si
conosce. Soprattutto se si tratta di nebulose. Spesso infatti
sono fonte di fortissime radiazioni.
- Non ci siamo avvicinati noi. È la nebulosa che non dovrebbe
essere qui.
Miki stava passando in rassegna le immagini filtrandole ora agli
ultravioletti, ora ai raggi x, ora evidenziando le fonti energetiche
quantiche.
- Scherzi? Questa cosa è una bomba... zampilla radiazioni di tutti
i tipi. In particolare è un'emittente molto forte di raggi B.
- Non era sulla nostra rotta. Per meglio dire, non siamo così pazzi
da percorrere una rotta prossima a un mostro del genere – la voce del
secondo ufficiale si stava indurendo, come ogni volta che la sua
autorità veniva messa in discussione.
- Vuoi dire che il Navigatore ha sbagliato il salto? - Miki non osava
pensarlo, ma non c'erano alternative.
- Conosci qualcosa che riesce a spostare una nebulosa in poco tempo?
Miki tacque. La nebulosa era enorme. Ma la cosa peggiore, se ne rese
conto solo in quel momento, era che il telescopio di bordo non
inquadrava altro. Niente di niente oltre la nebulosa. Lo disse al
Secondo.
- Senza CPU fare il punto sarà difficilissimo – osservò lui.
- Il Navigatore potrebbe farcela?
- Ridotto com'è? - l'uomo le puntò contro i suoi profondi occhi scuri
resi cupi dalle folte sopracciglia aggrottate. Strinse le labbra
in una smorfia e non aggiunse altro.
Miki continuò a pasticciare con i comandi del telescopio del Raja
fino a quando l'ufficiale le tolse il pannello dei comandi.
- Non stiamo concludendo nulla – lo rimproverò.
- Prima di tutto rivoglio i motori, poi l'integrità strutturale. Dobbiamo
allontanarci: tra tutte le radiazioni che ci investono c'è qualcosa
che frigge i sistemi superiori. E dà fastidio ai gemelli.
Miki lo guardò posare i gomiti sul bordo della console. La schiena
curva, le spalle piegate in avanti, la testa incassata e stretta
fra le mani. Che stesse soffrendo? Miki si rese conto che non
sapeva se era anche lui innestato. Fu punta dall'urgenza di
abbracciarlo, di accarezzare quella schiena imponente, di stringergli
le spalle per confortarlo. Ma non si mosse. Un momento dopo lui
si appoggiò allo schienale, il viso duro e inespressivo. Miki
rimpianse l'occasione perduta.
- Abbiamo bisogno di schermare il nucleo della CPU e di rimetterla
in sesto. Poi potremmo schermare e collegare gli altri sistemi
uno alla volta. Con il computer funzionante potremmo forse ricavare
qualcosa di più dai sensori e uscire da questa situazione di merda.
Miki non ascoltò quelle parole: i suoi pensieri erano altrove. Con
i sensori attivi, l'improvviso raggiungimento della consapevolezza
che avevano fatto naufragio nel nulla l'aveva sconvolta. Almeno
non c'è qualcuno che mi insegue, si disse. Ma non riuscì a
sdrammatizzare.
- Ho paura – aveva un groppo in gola. Si sistemò un ciuffo
cacciandolo dietro un orecchio anche se non ce n'era bisogno. Si
vergognava di aver confessato quella debolezza. Le venne da
piangere, ma si sforzò di controllarsi e le passò subito. Ma la
paura no: quella rimase.
- Tranquilla, finché c'è energia possiamo andare avanti. Acqua,
cibo... se stiamo attenti all'aria, non dovremmo avere
problemi. Abbiamo tutto quello che ci serve.
Non la guardò nemmeno mentre pronunciava quelle parole. Lo osservò
incrociare le braccia guardando gli strumenti dei sensori. In
quel momento alcuni istogrammi ebbero un sussulto. Fu qualcosa
di impercettibile, ma ne rimase traccia in un grafico. Un picco
significativo. Lo notarono entrambi nello stesso momento.
- Che cazzo è stato? - chiese Miki.
- Picco nel visibile – commentò il Secondo, allungando svogliato
le mani verso gli ologrammi sensibili al tocco.
- C'è qualcosa?
- Sarà la fottuta nebulosa... - commentò l'uomo.
Osservando la sconfinata nebulosa col telescopio, Miki aveva già
notato che in certe regioni apparivano lampi di luce. Senza
la CPU a riassumere e analizzare i dati grezzi dei sensori,
era impossibile dire se poteva essere stato uno di quei fenomeni
luminosi a causare il picco sugli strumenti. Si impossessò dei
comandi scacciando le robuste mani del Secondo e guardò le
registrazioni dei sensori che recepivano le lunghezze d'onda
nel campo del visibile. Non trovò nessun picco somigliante a
quello.
- Che fai?
- Ti spiace se uso il telescopio?
- No, affatto – rispose lui accogliendola. Miki si sedette
sulle sue gambe per poter manovrare meglio alla console.
- Togli quelle mani da lì – protestò seccata mentre
concentratissima nel programmare una ricerca a trecentosessanta
gradi sentì sui fianchi le calde mani di lui. Le dispiacque
d'essere stata brusca, ma la sola vicinanza di quell'uomo
le rallentava le facoltà intellettive e quel contatto la mandava
in confusione. Doveva verificare se aveva ragione oppure no e
per farlo doveva finire quel programma.
- Fatto – disse alzandosi in piedi malvolentieri.
- Fatto cosa?
Miki gli spiegò d'aver programmato il telescopio di bordo per
una banale ricerca. Sospettava che ci fosse qualcosa a portata
dei sensori, qualcosa che emetteva luce e cercando tutto intorno
al Raja col telescopio forse l'avrebbero trovato. Poi con quel
metodo sarebbe stato possibile trovare qualcosa, qualsiasi cosa
che non fosse la dannata nebulosa.
- Male che vada – concluse – rimaniamo dentro il nulla, proprio
come ora.
- A incrementi di dodici gradi non finirà mai – osservò lui.
- Sai dirmi quale banco di sensori ha registrato il picco?
- Senza la CPU? No.
Miki sorrise.
- Allora dobbiamo aspettare.