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Autore: Mannu    01/12/2009    1 recensioni
Dopo l'ultima movimentata avventura Miki è tornata alla normalità. Banale normalità: solitudine, conti da pagare, ingaggi da trovare per sé e per la sua astronave, revisionata e pronta a partire. Normalità destinata a durare poco: basta una malinconica serata in giro per locali per aprire diversi fronti sui quali Miki dovrà combattere!
Nota importante: ancora crediti a Cassiana, che ha scritto l'intero capitolo 1, da me rivisto e adattato al resto del racconto che gli ho "costruito" intorno. Crediti a Cassiana anche per il personaggio di Pavel "Spyro" Zebrinsky, da lei strappato dalla foto di gruppo dell'equipaggio del Raja ed elevato al rango di protagonista a tutto tondo. Grazie, Cassiana! Anche questa è per te!
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ferraglia spaziale'
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In nebula - 6
6.

Era davvero un'astronave. Un cargo terrestre di una classe piuttosto vecchia. Era modulare: l'ambiente abitabile era molto più piccolo del Raja e ospitava anche il reattore e il propulsore principale. Ma la somma di tutti i moduli di carico superava di molto la capacità delle stive della loro nave. E la rotta di intercettazione calcolata da Miki era piuttosto lontana dall'essere corretta: il cargo, che non dava segni di vita, nel suo moto relativo proveniva da sinistra e stava scivolando trasversalmente sotto il Raja, che nel frattempo aveva anche cambiato assetto.
Il Secondo, forse in segno di sfida, le aveva lasciato di nuovo il posto di pilotaggio. Così mentre lui sfruttava i sensori e il telescopio per cercare di capire di più sull'altra nave, Miki sudava le proverbiali sette camice per cercare di correggere la rotta di avvicinamento. Le si erano spenti già due motori di manovra perché surriscaldati quando si rese conto che il Secondo le stava parlando, a voce alta per superare i segnali acustici di allarme.
- Niente luci di navigazione né di posizione. Nessuna emissione di particelle né di altre radiazioni. Niente segnali radio. È una nave morta.
- Rassicurante – esclamò lei cercando di tenere a bada le forze esercitate dai motori di manovra sullo scafo e sulla struttura interna del Raja. Non ci teneva a spezzarlo.
- Davvero... soprattutto se sono qui per il nostro stesso motivo. Non riesci a rallentare?
Odiò la sua calma e l'apparente indifferenza a quello che stava succedendo. Con una mano aprì una coppia di valvole per scaricare del plasma in eccesso e con l'altra manovrò i comandi per modificare di nuovo l'assetto della nave. Le prudeva la nuca e la schiena, perfino la biancheria intima le dava fastidio e non aveva tempo di grattarsi.
- Ci sto provando, ci sto provando! - sbottò. Con la CPU era tutto più facile: bastava ordinare “intercetta” e al resto ci avrebbe pensato il computer. Per tacere degli strumenti, che l'elaborazione della CPU rendeva facilmente leggibili.
Controllava l'effetto delle sue manovre col telescopio e malgrado ogni suo sforzo vide la sagoma dell'astronave da carico scivolare lentamente via, sotto il Raja. Solo dopo qualche minuto riuscì a pareggiare il movimento del bersaglio. Si sentì impotente: avrebbe voluto fermarsi in una posizione ben diversa. Ruotò ancora il Raja per mettere il telescopio in una posizione più favorevole e poi spense tutto.
- Hey!
Percepì subito un tono diverso, insolito nella voce dell'uomo. Agitava le mani su un complesso pannello olografico che non aveva ancora visto.
- Cosa c'è?
- La CPU. Sta tornando in linea!
Non lo aveva sentito così entusiasta nemmeno quando tre giorni prima lo aveva stretto tra le cosce, sul tavolo della sua cabina sul Coyote.
- Che hai fatto? - chiese, eccitato.
- Io? - meravigliata e sorridente, guardò ripartire tutti i sistemi uno a uno. Generatori, contenimento e distribuzione del plasma, integrità strutturale, comunicazioni. Una chiamata giunse subito: erano Jo e Mak che chiedevano spiegazioni. Il Secondo non seppe cosa dire loro: era troppo impegnato a far ripartire la sua nave.
- Miki, vai da...
Non terminò la frase. Korti irruppe sul ponte di comando. Pallida, ma apparentemente come nuova.
- I miei complimenti, Secondo.
- Non sono stato io – rispose quello seccamente senza distogliere occhi e mani dagli strumenti. Da quello che poteva vedere, stava avviando i moduli di navigazione.
Già: il Navigatore. Se l'era scordato. L'avevano rinchiuso in una stiva. La IA di navigazione del Raja, che lei stessa aveva contribuito a trasformare in una specie di carro armato in miniatura, aveva dato segni di squilibrio. Dato l'armamento che aveva addosso, era stato rinchiuso per sicurezza. Non era possibile infatti né spegnerlo né disattivarlo temporaneamente.
- Posso sapere cosa sta succedendo? - chiese Korti col suo solito tono autoritario. Miki sentiva che la sua razione di rimproveri era solo rimandata: pareva evidente dall'espressione dell'anziano ufficiale che disapprovava la sua presenza sul ponte di comando, seduta alla console di pilotaggio.
Il Secondo riassunse per lei gli eventi in modo molto sintetico. Nessuno riusciva a immaginare come la nebulosa avesse potuto perdere la presa su di loro così all'improvviso.
Miki sentì il mugolio del montacarichi ma non lo ricondusse a nulla di particolare fino a quando il Navigatore entrò sul ponte di comando.
- Grazie per avermi rinchiuso, signori. Molto gentile da parte vostra. Davvero molto poco gentile!
Avrebbe potuto volare da un capo all'altro della galassia ma non si sarebbe mai potuta abituare alla vista del Navigatore. Da quando si era trasferito dentro l'hardware di un droide di sorveglianza nemmeno i suoi più vecchi compagni di viaggio, come Korti e il Secondo, stavano tranquilli. Il droide di sorveglianza era concepito per mettere paura: armi bene in vista ed estremamente efficaci, capacità di movimento pressoché illimitata grazie alle zampe cingolate, corazza resistente alla maggior parte delle armi disponibili. Non c'era nulla a bordo del Raja in grado di infliggere danni al Navigatore finché se ne stava rinchiuso lì dentro.
Il Navigatore, senza chiedere il consenso, fece frusciare i cingoli fino alla console più vicina e si impossessò dei controlli di navigazione sottraendoli al Secondo. Gli strumenti olografici si spensero davanti al viso dell'uomo per accendersi sulla console attivata dal Navigatore.
- Non te la prendere – iniziò il Secondo – non...
- Non me la prendo, certo. Me la sono già presa! Trattarmi come un aspirapolv... cos'è questa?
Aveva trovato la nebulosa.
- Come cazzo ci siamo finiti qui?
- Non ne sai nulla? - Miki invidiò la calma apparente del Secondo. Si poteva vedere chiaramente come il convogliatore flessibile del cannoncino rotante del Navigatore fosse pieno di proiettili.
- Cosa vuoi che ne sappia... ho un vuoto nella memoria recente.
- Allora ammetti di aver avuto problemi.
- Macché problemi! Ero solo un po'...
Il Navigatore tentennò. Miki non aveva mai visto una IA tentennare spontaneamente. Si chiese se fosse davvero di nuovo a posto. Quando l'avevano chiuso nella stiva 2 con un inganno, dava chiari segni di squilibrio. Li aveva minacciati con le armi e si era divertito a spaventarli. Aveva tentato di prendere il comando della nave e ignorato un ordine diretto.
- Da dove arrivano le coordinate dell'ultimo salto?
- Dalla memoria della CPU – rispose prontamente la IA armata.
- Ti spiace controllare?
- Agli ordini, comandante! - esuberante come al solito, pensò Miki. Ma non si sentiva ancora sollevata. Il Navigatore rimaneva una IA le cui Tre Leggi erano state strapazzate durante l'upload nell'hardware del droide di sorveglianza, noto per non essere dotato di alcun tipo di sicura per la tutela della vita umana. Anzi.
- Cazzo, queste coordinate non sono quelle dell'ultimo salto! - anche il linguaggio colorito era stata una conseguenza di quell'upload avvenuto davanti ai suoi occhi e che le era costato un gran bello spavento. Se lo ricordava perfettamente. Come l'IA stessa le aveva detto, per sfrattare dal firmware il precedente inquilino era dovuta scendere a compromessi.
- Appunto. Sono le coordinate della nebulosa dentro la quale siamo finiti prigionieri. Ha fritto i sistemi di bordo, ma questo lo sai già.
- A momenti frigge anche me – se fosse stato un essere umano, Miki pensò che a quel punto avrebbe mestamente chinato la testa in avanti.
- Ciò non toglie che queste non sono le fottute coordinate che ho usato per l'ultimo salto!
Il Navigatore sottolineò l'ultima esclamazione con una serie di rumorosi scatti meccanici: aveva angolato le piastre della corazza toracica sbattendole tra di loro. Il droide in cui si era infilato non aveva aspetto umano: aveva armi al posto degli arti e non poteva esprimersi in alcun modo. Il selettore fonico che usava per parlare gliel'aveva montato Jo recuperando i pezzi da una discarica. Miki sapeva che tra le pieghe della corazza c'era nascosto di tutto: sensori e arti più piccoli, snodati e terminanti con i congegni più disparati, incluse affilate tenaglie. Difficile essere espressivi sventolando una tenaglia in grado di recidere otto millimetri di acciaio, forse di più.
- Eppure il salto ci ha portato qui – insisté il Secondo.
- Stai insinuando che ho volontariamente portato la nave dentro una nebulosa, babbeo?
Se non fosse stato per le armi, ancora in posizione di riposo, quel vecchio epiteto sarebbe potuto sembrare spiritoso.
- Mi pare chiaro che se tu hai usato le coordinate giuste e il salto è sbagliato, qualcosa dev'essere successo. E se non lo sai tu...
Il Secondo allargò le braccia. Miki interpretò quel gesto come un tentativo di allentare la tensione che si stava creando tra i due. Sembravano due vecchi amici intenti a bisticciare. Ma uno dei due era una IA armata fino ai denti che fino a dieci minuti prima aveva dato vistosi segni di malfunzionamento.
- Stai ipotizzando un accesso non autorizzato alle memorie di navigazione di questa nave?
Il Secondo strinse le spalle.
- Il caro, vecchio attacco informatico - suggerì.
Il Navigatore stette in silenzio per alcuni secondi. Anche le IA devono riflettere, si chiese Miki.
- Plausibile, ma tutto da dimostrare. E a che scopo, poi?
- Semplice. Qualcuno ci vuole morti.
Prima che il Navigatore potesse rispondere Korti esclamò. Un istante dopo cadeva in ginocchio sul ponte, incapace di sostenersi. Tentò di afferrare lo schienale della poltrona del Secondo, ma coordinò clamorosamente male i movimenti delle braccia. Mancò l'appiglio e franò a terra.
Allo stesso tempo Miki vide gli strumenti del Raja, appena resuscitati, impazzire e spegnersi in un secondo, la CPU disattivarsi e non dare più segni di vita. Si rese conto di aver appena vissuto quello che il Comandante e il Secondo avevano visto accadere una volta usciti dal balzo FTL, tre giorni prima. Dalla sala macchine non era sembrato così grave. Non subito, almeno.
- Cazzo, di nuovo! - esclamò il Secondo.
Per quanto si affannasse con i comandi, l'uomo non riuscì a ripristinare la CPU né a capire come mai si fosse rimessa a funzionare per qualche minuto. Era tornato tutto come prima: Korti lanciava maledizioni, immobilizzata e cieca sul pavimento; il Secondo bestemmiava tra i denti mentre cercava di rimettere insieme la console; il Navigatore aveva abbassato le armi in posizione di tiro e, muovendosi con piccoli scatti meccanici, si stava guardando intorno. Almeno così sembrò a Miki quando terrorizzata lo vide abbassarsi sui cingoli. Possibile che la nebulosa non lo metta fuori gioco come le parti cibernetiche di Korti, si chiese mordendosi le labbra per la paura.
- Cosa cazzo è cambiato? Perché aveva ripreso a funzionare? - il Secondo sbottò, i pugni stretti calcati sulla console spenta e da riconfigurare da capo. La schiena curva in avanti, la testa incassata fra le spalle: anche lui era temibile, sebbene disarmato.
- Siamo sotto attacco – disse piatto il Navigatore.
- No, stai calmo – disse subito il Secondo – non hai bisogno di ricaricarti?
- Non mi fotterai due volte con lo stesso trucco, sacco di merda – il Navigatore accennò a girarsi sui cingoli, ma interruppe il movimento. Chissà che effetto sta avendo su di lui la nebulosa, si chiese Miki. Con suo grande sollievo, la IA riportò le armi in posizione verticale.
- Il primo che mi si avvicina lo impiombo.
Era una battuta di un olofilm poliziesco: la riconobbe. Ma ciò non la fece stare meglio.
- Miki, il telescopio per favore.
Ci mise qualche secondo a reagire, riluttante a staccare gli occhi dalle armi del droide. Riconfigurò con le mani tremanti la console, nelle orecchie le echeggiavano le proteste di Korti che voleva essere messa seduta. Attivato il telescopio, vide Spyro alzarsi repentino dalla poltrona della sua postazione per avvicinarsi a lei. Ebbe le armi del Navigatore puntate addosso, di scatto. Miki si sentì svenire.
- Vivo o morto tu verrai con me – altra battuta da olofilm. Pareva che il Navigatore si stesse divertendo a guardare vecchi gialli, polizieschi e film violenti in generale. Da quando era entrato in quel nuovo corpo meccanico si atteggiava a cowboy e l'anomalia della nebulosa influenzava i suoi modelli comportamentali. Dominò l'attacco di nausea che lo spavento le aveva provocato deglutendo più volte e cercando di recuperare il controllo di se stessa.
- Devo lavorare – fu la sola cosa che il Secondo riuscì a dire, immobile davanti alle armi spianate.
- Identificazione positiva – rispose il Navigatore. Non alzò le armi, ma non seguì lo spostamento dell'uomo che cambiava postazione.
- Stai bene? - stentò a capire che quelle parole erano rivolte a lei. Le fischiavano ancora le orecchie per lo spavento di poco prima.
- Sì, perché? - mentì lei.
- Sei pallida.
È perché ti ho visto morto, stronzo. Cercò di cancellare dalla mente il repentino scatto delle armi e la vista, frutto della sua immaginazione, di Spyro steso a terra in un lago di sangue. Il Navigatore era arretrato verso la soglia che dava sullo spinale, aveva alzato le armi e mostrava la sua capacità di ruotare il torso corazzato di un giro completo in entrambe le direzioni.
- Dov'è la griglia?
Ringraziò di aver speso molto tempo giocherellando col telescopio del Coyote. Con pochi rapidi tocchi all'immagine proveniente dal telescopio fu sovraimpressa una griglia.
- Aumentala...
Di nuovo pochi tocchi delle sue dita sull'impalpabile interfaccia olografica e la griglia raddoppio e poi triplicò la densità. Fitta com'era evidenziò immediatamente un movimento. Era il cargo: si stava spostando lentamente. O era il Raja a muoversi rispetto a lui. Nel vuoto dello spazio non aveva troppa importanza.
- Lo sapevo – la voce dell'uomo, seppur calma e pacata, tradì soddisfazione.
- Sapevi cosa?
- Credo di aver capito. Il cargo è passato fra noi e quella zona particolare della nebulosa. Ha proiettato un cono d'ombra dove le radiazioni dannose sono attenuate. Tant'è che la CPU ha ricominciato a funzionare. Finché non siamo usciti dal cono d'ombra.
- Ottima pensata, Secondo. Ma ora come ci torniamo in quel cono d'ombra? E mentre ci pensa, le spiacerebbe tirarmi su da qui, porca puttana? - la voce di Korti sorprese entrambi. Era ancora prona sul pavimento. Il Secondo scusandosi si affrettò a sollevarla come meglio poté e ad accomodarla su una delle poltrone, davanti a una console spenta.
- Miki ci ha portato abbastanza vicini già una volta, sono sicuro che ci riuscirà di nuovo. Abborderemo il relitto e...
Udite quelle parole Korti trasalì. Protestò a lungo, non digerendo il fatto che un semplice motorista mettesse le mani sul timone della nave e la conducesse a spasso nello spazio, anche solo a trenta metri al secondo. Il Secondo la difese, ma dovette acconsentire a registrare sul diario di bordo il reclamo ufficiale del capomacchina.
- E poi non mi ha ancora detto perché cazzo dovremmo abbordare quel relitto, Secondo – Korti, con gli occhi chiusi e rossa in viso per l'accesa discussione, non potendo incrociare le braccia serrò le labbra strettamente.
- Mi pare ovvio. Quel cargo ha a bordo qualcosa che ferma le radiazioni.
   
 
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