6.
Era davvero un'astronave. Un cargo terrestre di una classe
piuttosto vecchia. Era modulare: l'ambiente abitabile era
molto più piccolo del Raja e ospitava anche il reattore e
il propulsore principale. Ma la somma di tutti i moduli di
carico superava di molto la capacità delle stive della loro
nave. E la rotta di intercettazione calcolata da Miki era
piuttosto lontana dall'essere corretta: il cargo, che non
dava segni di vita, nel suo moto relativo proveniva da sinistra
e stava scivolando trasversalmente sotto il Raja, che nel
frattempo aveva anche cambiato assetto.
Il Secondo, forse in segno di sfida, le aveva lasciato di
nuovo il posto di pilotaggio. Così mentre lui sfruttava i
sensori e il telescopio per cercare di capire di più sull'altra
nave, Miki sudava le proverbiali sette camice per cercare
di correggere la rotta di avvicinamento. Le si erano spenti
già due motori di manovra perché surriscaldati quando si rese
conto che il Secondo le stava parlando, a voce alta per
superare i segnali acustici di allarme.
- Niente luci di navigazione né di posizione. Nessuna emissione
di particelle né di altre radiazioni. Niente segnali radio. È
una nave morta.
- Rassicurante – esclamò lei cercando di tenere a bada le
forze esercitate dai motori di manovra sullo scafo e sulla
struttura interna del Raja. Non ci teneva a spezzarlo.
- Davvero... soprattutto se sono qui per il nostro stesso
motivo. Non riesci a rallentare?
Odiò la sua calma e l'apparente indifferenza a quello che
stava succedendo. Con una mano aprì una coppia di valvole
per scaricare del plasma in eccesso e con l'altra manovrò
i comandi per modificare di nuovo l'assetto della nave. Le
prudeva la nuca e la schiena, perfino la biancheria intima
le dava fastidio e non aveva tempo di grattarsi.
- Ci sto provando, ci sto provando! - sbottò. Con la CPU
era tutto più facile: bastava ordinare “intercetta” e al
resto ci avrebbe pensato il computer. Per tacere degli
strumenti, che l'elaborazione della CPU rendeva facilmente
leggibili.
Controllava l'effetto delle sue manovre col telescopio e
malgrado ogni suo sforzo vide la sagoma dell'astronave da
carico scivolare lentamente via, sotto il Raja. Solo dopo
qualche minuto riuscì a pareggiare il movimento del
bersaglio. Si sentì impotente: avrebbe voluto fermarsi in
una posizione ben diversa. Ruotò ancora il Raja per mettere
il telescopio in una posizione più favorevole e poi spense
tutto.
- Hey!
Percepì subito un tono diverso, insolito nella voce
dell'uomo. Agitava le mani su un complesso pannello
olografico che non aveva ancora visto.
- Cosa c'è?
- La CPU. Sta tornando in linea!
Non lo aveva sentito così entusiasta nemmeno quando tre
giorni prima lo aveva stretto tra le cosce, sul tavolo della
sua cabina sul Coyote.
- Che hai fatto? - chiese, eccitato.
- Io? - meravigliata e sorridente, guardò ripartire tutti i
sistemi uno a uno. Generatori, contenimento e distribuzione
del plasma, integrità strutturale, comunicazioni. Una chiamata
giunse subito: erano Jo e Mak che chiedevano spiegazioni. Il
Secondo non seppe cosa dire loro: era troppo impegnato a far
ripartire la sua nave.
- Miki, vai da...
Non terminò la frase. Korti irruppe sul ponte di comando. Pallida,
ma apparentemente come nuova.
- I miei complimenti, Secondo.
- Non sono stato io – rispose quello seccamente senza
distogliere occhi e mani dagli strumenti. Da quello che
poteva vedere, stava avviando i moduli di navigazione.
Già: il Navigatore. Se l'era scordato. L'avevano rinchiuso
in una stiva. La IA di navigazione del Raja, che lei stessa
aveva contribuito a trasformare in una specie di carro armato
in miniatura, aveva dato segni di squilibrio. Dato l'armamento
che aveva addosso, era stato rinchiuso per sicurezza. Non era
possibile infatti né spegnerlo né disattivarlo temporaneamente.
- Posso sapere cosa sta succedendo? - chiese Korti col suo solito
tono autoritario. Miki sentiva che la sua razione di rimproveri
era solo rimandata: pareva evidente dall'espressione dell'anziano
ufficiale che disapprovava la sua presenza sul ponte di comando,
seduta alla console di pilotaggio.
Il Secondo riassunse per lei gli eventi in modo molto
sintetico. Nessuno riusciva a immaginare come la nebulosa
avesse potuto perdere la presa su di loro così all'improvviso.
Miki sentì il mugolio del montacarichi ma non lo ricondusse a
nulla di particolare fino a quando il Navigatore entrò sul
ponte di comando.
- Grazie per avermi rinchiuso, signori. Molto gentile da parte
vostra. Davvero molto poco gentile!
Avrebbe potuto volare da un capo all'altro della galassia ma non
si sarebbe mai potuta abituare alla vista del Navigatore. Da quando
si era trasferito dentro l'hardware di un droide di sorveglianza
nemmeno i suoi più vecchi compagni di viaggio, come Korti e il
Secondo, stavano tranquilli. Il droide di sorveglianza era
concepito per mettere paura: armi bene in vista ed estremamente
efficaci, capacità di movimento pressoché illimitata grazie alle
zampe cingolate, corazza resistente alla maggior parte delle armi
disponibili. Non c'era nulla a bordo del Raja in grado di infliggere
danni al Navigatore finché se ne stava rinchiuso lì dentro.
Il Navigatore, senza chiedere il consenso, fece frusciare i
cingoli fino alla console più vicina e si impossessò dei controlli
di navigazione sottraendoli al Secondo. Gli strumenti olografici
si spensero davanti al viso dell'uomo per accendersi sulla console
attivata dal Navigatore.
- Non te la prendere – iniziò il Secondo – non...
- Non me la prendo, certo. Me la sono già presa! Trattarmi come un
aspirapolv... cos'è questa?
Aveva trovato la nebulosa.
- Come cazzo ci siamo finiti qui?
- Non ne sai nulla? - Miki invidiò la calma apparente del Secondo. Si
poteva vedere chiaramente come il convogliatore flessibile del
cannoncino rotante del Navigatore fosse pieno di proiettili.
- Cosa vuoi che ne sappia... ho un vuoto nella memoria recente.
- Allora ammetti di aver avuto problemi.
- Macché problemi! Ero solo un po'...
Il Navigatore tentennò. Miki non aveva mai visto una IA tentennare
spontaneamente. Si chiese se fosse davvero di nuovo a posto. Quando
l'avevano chiuso nella stiva 2 con un inganno, dava chiari segni di
squilibrio. Li aveva minacciati con le armi e si era divertito a
spaventarli. Aveva tentato di prendere il comando della nave e ignorato
un ordine diretto.
- Da dove arrivano le coordinate dell'ultimo salto?
- Dalla memoria della CPU – rispose prontamente la IA armata.
- Ti spiace controllare?
- Agli ordini, comandante! - esuberante come al solito, pensò
Miki. Ma non si sentiva ancora sollevata. Il Navigatore rimaneva
una IA le cui Tre Leggi erano state strapazzate durante l'upload
nell'hardware del droide di sorveglianza, noto per non essere
dotato di alcun tipo di sicura per la tutela della vita umana. Anzi.
- Cazzo, queste coordinate non sono quelle dell'ultimo salto! - anche
il linguaggio colorito era stata una conseguenza di quell'upload
avvenuto davanti ai suoi occhi e che le era costato un gran bello
spavento. Se lo ricordava perfettamente. Come l'IA stessa le
aveva detto, per sfrattare dal firmware il precedente inquilino
era dovuta scendere a compromessi.
- Appunto. Sono le coordinate della nebulosa dentro la quale
siamo finiti prigionieri. Ha fritto i sistemi di bordo, ma questo
lo sai già.
- A momenti frigge anche me – se fosse stato un essere umano,
Miki pensò che a quel punto avrebbe mestamente chinato la testa
in avanti.
- Ciò non toglie che queste non sono le fottute coordinate
che ho usato per l'ultimo salto!
Il Navigatore sottolineò l'ultima esclamazione con una serie di
rumorosi scatti meccanici: aveva angolato le piastre della
corazza toracica sbattendole tra di loro. Il droide in cui si
era infilato non aveva aspetto umano: aveva armi al posto degli
arti e non poteva esprimersi in alcun modo. Il selettore fonico
che usava per parlare gliel'aveva montato Jo recuperando i pezzi
da una discarica. Miki sapeva che tra le pieghe della corazza
c'era nascosto di tutto: sensori e arti più piccoli, snodati e
terminanti con i congegni più disparati, incluse affilate
tenaglie. Difficile essere espressivi sventolando una tenaglia
in grado di recidere otto millimetri di acciaio, forse di più.
- Eppure il salto ci ha portato qui – insisté il Secondo.
- Stai insinuando che ho volontariamente portato la nave dentro
una nebulosa, babbeo?
Se non fosse stato per le armi, ancora in posizione di riposo,
quel vecchio epiteto sarebbe potuto sembrare spiritoso.
- Mi pare chiaro che se tu hai usato le coordinate giuste e
il salto è sbagliato, qualcosa dev'essere successo. E se non
lo sai tu...
Il Secondo allargò le braccia. Miki interpretò quel gesto
come un tentativo di allentare la tensione che si stava
creando tra i due. Sembravano due vecchi amici intenti a
bisticciare. Ma uno dei due era una IA armata fino ai denti
che fino a dieci minuti prima aveva dato vistosi segni di
malfunzionamento.
- Stai ipotizzando un accesso non autorizzato alle memorie
di navigazione di questa nave?
Il Secondo strinse le spalle.
- Il caro, vecchio attacco informatico - suggerì.
Il Navigatore stette in silenzio per alcuni secondi. Anche
le IA devono riflettere, si chiese Miki.
- Plausibile, ma tutto da dimostrare. E a che scopo, poi?
- Semplice. Qualcuno ci vuole morti.
Prima che il Navigatore potesse rispondere Korti esclamò. Un
istante dopo cadeva in ginocchio sul ponte, incapace di
sostenersi. Tentò di afferrare lo schienale della poltrona
del Secondo, ma coordinò clamorosamente male i movimenti
delle braccia. Mancò l'appiglio e franò a terra.
Allo stesso tempo Miki vide gli strumenti del Raja, appena
resuscitati, impazzire e spegnersi in un secondo, la CPU
disattivarsi e non dare più segni di vita. Si rese conto
di aver appena vissuto quello che il Comandante e il Secondo
avevano visto accadere una volta usciti dal balzo FTL, tre
giorni prima. Dalla sala macchine non era sembrato così
grave. Non subito, almeno.
- Cazzo, di nuovo! - esclamò il Secondo.
Per quanto si affannasse con i comandi, l'uomo non riuscì
a ripristinare la CPU né a capire come mai si fosse rimessa
a funzionare per qualche minuto. Era tornato tutto come
prima: Korti lanciava maledizioni, immobilizzata e cieca
sul pavimento; il Secondo bestemmiava tra i denti mentre
cercava di rimettere insieme la console; il Navigatore
aveva abbassato le armi in posizione di tiro e, muovendosi
con piccoli scatti meccanici, si stava guardando
intorno. Almeno così sembrò a Miki quando terrorizzata lo
vide abbassarsi sui cingoli. Possibile che la nebulosa non
lo metta fuori gioco come le parti cibernetiche di Korti,
si chiese mordendosi le labbra per la paura.
- Cosa cazzo è cambiato? Perché aveva ripreso a
funzionare? - il Secondo sbottò, i pugni stretti calcati
sulla console spenta e da riconfigurare da capo. La schiena
curva in avanti, la testa incassata fra le spalle: anche lui
era temibile, sebbene disarmato.
- Siamo sotto attacco – disse piatto il Navigatore.
- No, stai calmo – disse subito il Secondo – non hai bisogno
di ricaricarti?
- Non mi fotterai due volte con lo stesso trucco, sacco
di merda – il Navigatore accennò a girarsi sui cingoli, ma
interruppe il movimento. Chissà che effetto sta avendo su
di lui la nebulosa, si chiese Miki. Con suo grande sollievo,
la IA riportò le armi in posizione verticale.
- Il primo che mi si avvicina lo impiombo.
Era una battuta di un olofilm poliziesco: la riconobbe. Ma
ciò non la fece stare meglio.
- Miki, il telescopio per favore.
Ci mise qualche secondo a reagire, riluttante a staccare gli
occhi dalle armi del droide. Riconfigurò con le mani tremanti
la console, nelle orecchie le echeggiavano le proteste di Korti
che voleva essere messa seduta. Attivato il telescopio, vide
Spyro alzarsi repentino dalla poltrona della sua postazione per
avvicinarsi a lei. Ebbe le armi del Navigatore puntate addosso,
di scatto. Miki si sentì svenire.
- Vivo o morto tu verrai con me – altra battuta da olofilm. Pareva
che il Navigatore si stesse divertendo a guardare vecchi gialli,
polizieschi e film violenti in generale. Da quando era entrato
in quel nuovo corpo meccanico si atteggiava a cowboy e l'anomalia
della nebulosa influenzava i suoi modelli comportamentali. Dominò
l'attacco di nausea che lo spavento le aveva provocato deglutendo
più volte e cercando di recuperare il controllo di se stessa.
- Devo lavorare – fu la sola cosa che il Secondo riuscì a dire,
immobile davanti alle armi spianate.
- Identificazione positiva – rispose il Navigatore. Non alzò le
armi, ma non seguì lo spostamento dell'uomo che cambiava postazione.
- Stai bene? - stentò a capire che quelle parole erano rivolte
a lei. Le fischiavano ancora le orecchie per lo spavento di poco
prima.
- Sì, perché? - mentì lei.
- Sei pallida.
È perché ti ho visto morto, stronzo. Cercò di cancellare dalla
mente il repentino scatto delle armi e la vista, frutto della
sua immaginazione, di Spyro steso a terra in un lago di sangue. Il
Navigatore era arretrato verso la soglia che dava sullo spinale,
aveva alzato le armi e mostrava la sua capacità di ruotare il
torso corazzato di un giro completo in entrambe le direzioni.
- Dov'è la griglia?
Ringraziò di aver speso molto tempo giocherellando col telescopio
del Coyote. Con pochi rapidi tocchi all'immagine proveniente dal
telescopio fu sovraimpressa una griglia.
- Aumentala...
Di nuovo pochi tocchi delle sue dita sull'impalpabile interfaccia
olografica e la griglia raddoppio e poi triplicò la densità. Fitta
com'era evidenziò immediatamente un movimento. Era il cargo: si stava
spostando lentamente. O era il Raja a muoversi rispetto a lui. Nel
vuoto dello spazio non aveva troppa importanza.
- Lo sapevo – la voce dell'uomo, seppur calma e pacata, tradì
soddisfazione.
- Sapevi cosa?
- Credo di aver capito. Il cargo è passato fra noi e quella zona
particolare della nebulosa. Ha proiettato un cono d'ombra dove
le radiazioni dannose sono attenuate. Tant'è che la CPU ha
ricominciato a funzionare. Finché non siamo usciti dal cono d'ombra.
- Ottima pensata, Secondo. Ma ora come ci torniamo in quel cono
d'ombra? E mentre ci pensa, le spiacerebbe tirarmi su da qui,
porca puttana? - la voce di Korti sorprese entrambi. Era ancora
prona sul pavimento. Il Secondo scusandosi si affrettò a sollevarla
come meglio poté e ad accomodarla su una delle poltrone, davanti a
una console spenta.
- Miki ci ha portato abbastanza vicini già una volta, sono sicuro
che ci riuscirà di nuovo. Abborderemo il relitto e...
Udite quelle parole Korti trasalì. Protestò a lungo, non digerendo
il fatto che un semplice motorista mettesse le mani sul timone
della nave e la conducesse a spasso nello spazio, anche solo a
trenta metri al secondo. Il Secondo la difese, ma dovette acconsentire
a registrare sul diario di bordo il reclamo ufficiale del capomacchina.
- E poi non mi ha ancora detto perché cazzo dovremmo abbordare quel
relitto, Secondo – Korti, con gli occhi chiusi e rossa in viso per
l'accesa discussione, non potendo incrociare le braccia serrò le
labbra strettamente.
- Mi pare ovvio. Quel cargo ha a bordo qualcosa che ferma le radiazioni.