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Autore: Mex    06/12/2009    2 recensioni
“Mi sta dicendo che finalmente è riuscito a trovare Atlantide?” il professor Sorni si tolse gli occhiali ed iniziò a ripulirli di nuovo, per la terza volta, lo faceva sempre quando era nervoso. I suoi occhietti miopi si puntarono in quelli del giovane dottor Daniel Jackson.
Genere: Romantico, Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Questa volta sono stata abbastanza veloce. Preparatevi lo stomaco


X capitolo: I Mietitori

Finalmente un po’ di pace. Il dolore alla schiena era passato, solo la gamba le faceva male quando la muoveva, ma non era obbligata a spostarla. Una corrente d’aria fredda la colpì e lei si rannicchiò in posizione fetale sul duro pavimento. Una mano gentile le spostò i capelli che aveva davanti alla fronte, sicuramente sfuggiti dalla coda che si era fatta, ormai quasi un secolo prima. Fece un profondo respiro ma aspirò anche polvere quindi iniziò a starnutire scompostamente. Quando aprì gli occhi ci mise un attimo a capire dove si trovasse poi, come una valanga, i ricordi le tornarono in mente. E il panico la prese. Era in una stanza quadrata, spoglia, la cui illuminazione non capiva bene da dove provenisse. Si toccò la schiena dove la freccia l’aveva colpita. Niente, se non uno squarcio nella canottiera della divisa che indossava ed un forte dolore alla spina dorsale. Sentì ancora più freddo e si accorse di essere in mutande, l’avevano ripulita di tutto, lasciandole almeno  il minimo per coprirsi e fortunatamente la sua collana. Xavolupa le si mise davanti. Aveva il faccino tutto sporco e negli occhi gli si poteva leggere la paura, ma il suo atteggiamento era risoluto, come doveva essere ogni Druyniano. Alice aprì le braccia ed il bambino si precipitò ad abbracciarla, sussurrandole parole nella sua lingua natale che volevano essere di conforto.
Perché l’avevano curata? Perché preoccuparsi di salvarle la vita per poi toglierla di nuovo? Li avrebbero presi come schiavi? Li avrebbero mangiati? Immagini di Predator ed Alien le si affollarono nella testa. “Calma!- disse ad alta voce- andrà tutto bene-iniziò ad accarezzare i capelli blu del bambino- Ben presto il Maggiore sarà qui. Mi prenderà per le orecchie e ci tirerà fuori di qui. Dicono che Sheppard sia abbastanza pazzo per tentare, piccolo. Ne sono sicura, John ci salverà tra pochi minuti”
I minuti si fecero ore e, cullati com’erano dal buio e dal ronzio di sottofondo che sentivano, si appisolarono uno sorretto dall’altra. Si ripresero solamente quando sentirono dei passi che si avvicinavano. Con un forte rumore metallico la parete davanti a loro si aprì e le figure di due Mietitori si stagliarono nell’apertura. Alice si risollevò in fretta e portò dietro di sé Xavolupa nonostante la sua resistenza. Quelle “Bestie” viste da vicino erano ancora più sensazionali che visti da lontano. Erano alti, molto alti, con un viso a punta ed affilato. Avevano i capelli di un blu petrolio e i segni che aveva visto sul braccio destro risalivano fino a sfiorare l’orecchio e la fronte, sicuramente occupavano tutto il fianco, però non sembravano tatuati, più che altro erano come marchi a fuoco. Erano pallidi e perfetti. Uno fece segno con la mano di avvicinarsi e il bambino riuscì a svincolarsi da lei per raggiungerlo come ipnotizzato. “Xavolupa, che diavolo fai?!” il ronzio che sentiva prima si era fatto più forte fino a quasi a stordirla. Bisbigliavano tante cose, ma nessuna che riuscisse a capire. Poi, quando la guardò dritto negli occhi, occhi tanto simili a quelli dei Drunyiani, le voci si uniformarono e divennero tanto forti da toglierle qualsiasi capacità di ragionamento “Cammina!”. Vide sé stessa mettere un piede davanti all’altro e seguire quelle due creature che la condussero per lunghi corridoi di roccia dalle pareti decorati da incisioni. Cercò di ribellarsi, ma le era impossibile. Così attraversò passaggi sorvegliati, camminando in mutande ed in canottiera, senza che nessuna di quelle creature li degnasse di uno sguardo.  
Arrivarono ad una sala circolare, con in mezzo un grande trono di pietra reso più comodo da numerosi cuscini. Sdraiata su questo in maniera scomposta stava una Mietitrice. Rivestita completamente di pelle rossa aveva una gamba che le penzolava oltre il bracciolo e la testa poggiata stancamente sulla mano sinistra. Non c’è bisogno di dire che era stupenda tanto quanto lo erano i maschi di quella razza. I capelli lunghissimi scendevano come in una cascata per andarsi a raccogliere per terra, elegantemente. I segni le incorniciavano il viso rendendolo più delicato.
Fece un solo gesto, alzando impercettibilmente l’indice della mano destra, e i due che avevano portato lì i prigionieri si allontanarono permettendo ad Alice di schiarirsi maggiormente la testa. Xavolupa, sempre chiuso nella sua prigione mentale, si sedette a terra a gambe incrociate, solo gli occhi mostravano quanto stesse combattendo per liberarsi. Con una voce roca, come se non fosse abituata a parlare disse: “Così voi credevate di poterci portare via il nostro gregge? Voi pensavate di poter sconfiggere noi, i padroni di questa galassia, di riprendere il posto degli Antichi, di abbatterci? Non siete che dei microbi, con armi rudimentali e rozze, voi siete un popolo rozzo. I tuoi compagni non sono riusciti a resistere neanche per un minuto, mi hanno detto tutto. E non appena avviseremo gli altri clan, voi pregherete di non esservi mai messi contro i Wreit” Il suo discorso aveva mostrato sempre maggiore animosità ed alla fine si era messa seduta, mostrando una sicurezza ed un potere degno di una regina. Alice tremante la fissò. Quello era il popolo che aveva sconfitto gli Antichi, ormai non c’erano più dubbi. Da millenni stavano terrorizzando la galassia … “Sì precisamente - le fissò la bocca che era rimasta sigillata. Le aveva invaso la mente, silenziosamente, senza che neanche se ne accorgesse- Ecco, brava. Non sei così ottusa come pensavo, allora. So che tu hai molte conoscenze degli Antichi. Dammele e forse potremmo fare di te qualcosa, dammele!” “Lego*” bella trovata, la grammatica greca le avrebbe tenuta impegnata la mente e non avrebbe contribuito alla distruzione dell’umana specie. “Non resistermi …” era un avviso “Legeis*” si alzò in piedi e le sia avvicinò piano. Adesso sì che sentiva una presenza estranea nella sua testa che le frugava dentro, ribaltando ogni nascondiglio e distruggendo ogni muro che lei cercava di formare. Era arrivata ormai alla coniugazione del congiuntivo perfetto attivo e sentiva che la resa era vicina, stava perdendo la concentrazione. Tutto in un tratto il sondaggio della sua mente finì e lei si trovò a respirare ancora. La Wreit le prese il viso con una mano ed iniziò a farla scorrere per tutto il volto. Delle strane profonde cicatrici partivano dal centro della mano destra per poi attraversare le cinque dita affusolate. “Siete una razza testarda. Ma forse questo ti farà capire quanto sia inutile la tua resistenza. Hai davanti a te una scelta: chi dovrà avere per primo l’onore di essere il nutrimento per uno dei signori della galassia?- cosa voleva dire?- chi sarà il primo- cosa significa?- chi morirà per primo?” il pensiero di Alice fu chiaro nella sua testa “Io non voglio morire!”. Il viso della Wreit si aprì in un sorriso aguzzo “Perfetto!- si girò verso il bambino- vieni qui, tu” Solamente in quel momento la ragazza capì il senso di quelle parole “Ferma. Io. Prendi me! Lascia stare il bambino” “Troppo tardi!” Il bambino si avvicinò mentre le due guardie di prima tenevano ferma Alice che cercava di ribellarsi. Xavolupa era evidentemente spaventato ma non riusciva a sottrarsi alle mani di quel essere. Riuscì ad aprire la bocca per dire alcune parole: “Dovete guardare … disonore” Non so come fece, ma Alice capì immediatamente cosa volesse dire. Non doveva distogliere gli occhi, non solo per dare coraggio al bambino in quello che doveva affrontare, ma anche perché girarsi quando un guerriero moriva era considerare la sua morte disonorevole o almeno così le aveva detto Piona nel loro breve colloquio, mentre parlavano della loro cultura. Così Alice fu costretta ad assistere a quello spettacolo. Spettatrice di un evento macabro e orrendo, perpetrato nei confronti di un povero bambino a due metri di distanza senza che lei potesse fare nulla.
La Wreit si posizionò alle spalle del Drunyiano e con un rapido movimento affondò le lunghe unghie affilate nel collo di Xavolupa e poi stappò con forza. Lo squarcio, tanto profondo da mostrare i muscoli pulsanti, iniziò immediatamente a sanguinare. Denso liquido blu scorreva giù, macchiando il petto candido del bambino. Il dolore era testimoniato solamente da un dilatarsi delle pupille sempre fisse in quelle di Alice. L’essere alzò la mano destra ed appoggiò quelle che la ragazza aveva preso per cicatrici, ed erano in realtà il prolungamento di quello strano tatuaggio, sul collo grondante sangue. Non appena la mano si trovò a contatto col sangue i segni si fecero di brace e si gonfiarono portando via la vita alla sua vittima. Anno dopo anno, Xavolupa fu privato dei giochi dell’infanzia, delle gioie e dei dolori della vita adulta e della rispettabilità di un’onorata vecchiaia. I suoi occhi sempre in contatto con Alice pian piano si fecero sempre meno presenti e meno vivi. La ragazza, cercando di dare conforto a quello che una volta era stato un ragazzino, intonò il lamento funebre degli Antichi. Non seppe mai se il piccolo riuscì a capire o solo sentire le sue parole, quel che certo è che il suo giovane viso di decrepito raggrinzito non fu deformato dalla bruttura del momento.
La macellaia staccò la mano compiaciuta ed il cadavere, non più sostenuto, cadde in un mucchietto d’ossa polverose tenute insieme da un sottile strato di pelle incartapecorita grigiastra. Si voltò verso la ragazza, ancora tenuta ferma dalle due guardie. Alzò la mano e la ribaltò con un malrovescio. “Mai più. Mai più si dovrà sentire quella lingua. I Wreit non saranno più soggetti a nessuno!” Alice si tirò su essendo finita a terra una volta lasciata andare. Sputò un grumo di sangue ai piedi di quella femmina “Prima o poi arriverà qualcuno abbastanza forte da farvi fuori così come meritate. E credimi, per noi sarebbe un grandissimo piacere. Non potete prosciugare tutti in questa galassia!” La strattonò per i capelli e la testa scoppiò “Posso sempre iniziare da te!”. Le unghie ancora sporche del sangue del piccolo Xavolupa si piantarono nel collo della ragazza. Si sentì strappare, squarciare, smembrare. Ma prima che potesse strappare la pelle un forte sparo risuonò per la stanza, seguiti da moltissimi altri.          
Le due guardie crivellate da una gragnuola di colpi caddero a terra e rimasero immobili, invece la femmina, sostenuta dalla vita che aveva appena portato via, riuscì a fuggire. Alice cadde a terra non riuscendo ben a capire cosa fosse successo, quando si riscosse vide sopra di sé un ciuffo ribelle e un paio di occhi verde-grigi. Non riuscì a parlare, la gola le faceva troppo male, ma lui capì e le sorrise “Sì, sono io. È stato difficile trovarti. Ti sei messa comoda?” indicando la canottiera. Se non avesse perso tutto quel sangue sicuramente sarebbe arrossita. “Maggiore, dobbiamo muoverci. Sento dei passi” “D’accordo, Fenimoore” La bendò in fretta con il kit d’emergenza, la aiutò ad alzarsi e facendola appoggiare a sé iniziarono a correre, cercando l’uscita. Dopo un paio di svolte si trovarono la strada sbarrata da un gruppo di Wreit armati. Sheppard imbracciò il fucile “Scusate, cercavamo il bagno” e fece fuoco, subito seguito da Fenimoore. Tornarono indietro ma trovarono anche da quella parte Wreit. Erano in trappola ed i colpi delle armi     Wreit li stavano per raggiungere. John si portò il comunicatore alla bocca “Ora, Brockovic!” il muro di fronte a loro saltò in aria con uno schianto e altri colpi di P90 si andarono ad unire ai loro, respingendo momentaneamente i nemici. Uscirono dal buco e si trovarono nel bel mezzo del bosco. Gli altri tre uomini che formavano quel piccolo commando di salvataggio si unirono a loro nella folle corsa che seguì.
Per Alice non fu facile, ogni ombra sembrava un Wreit e la perdita di sangue l’aveva resa debole ma strinse i denti e continuò a correre zoppicando. Arrivarono ad una radura che sembrava completamente vuota, ma i cinque la condussero con sicurezza al centro dove c’era una navicella d’esplorazione occultata. Entrarono dentro, dove li aspettava il sesto uomo. “Ce ne avete messo di tempo! Ma siamo matti. Lasciarmi qui tutto solo con quegli esseri che infestano questa foresta” Rodney. Sheppard gli passò davanti trascinandoselo dietro “Andiamo McKay volevi anche tu vedere come funzionava e poi ti sei offerto volontario”
 Alice fu fatta sedere su uno dei sedili del compartimento da carico ed il Tenente DeTilly, addestrato a prestare il primo soccorso, si prese immediatamente cura di lei. Sheppard si mise ai comandi e decollarono. La Satriani chiese la Tenete come fossero arrivati senza che nessuno se ne accorgesse. DeTilly le rispose con il suo morbido accento francese: “Ci abbiamo messo un’ora attraverso lo spazio, chérie. Il Maggiore ha trovato un aggeggio che fa vedere la pianta degli edifici e i segni vitali. Abbiamo fatto un giretto” “Avete trovato solo me?” “Purtroppo sì, chérie. Ed è stato un miracolo, ma il Maggiore sembrava sicuro su dove andare” “Alice ce la fai a venire qui avanti” la ragazza avvolta in una coperta passò allo scompartimento anteriore. Immediatamente Rodney la investì di parole di cui Alice sentì solo una piccola parte, poi notando la sua benda al collo, con aria preoccupata immediatamente le chiese come stava.  
Si sedette al posto del copilota e con voce mal ferma gli chiese quale fosse il piano “Passeremo lo stargate. Subito dietro di noi verrà richiuso lo scudo” “Lo sai che per passare lo stargate dovrai togliere l’occultamento?” lui le lanciò un’occhiata di traverso “Lo so, ma non abbiamo alternative. Ritornare per lo spazio sarebbe troppo lunga e se ci attaccassero dopo non avremmo difese. Il piano era questo: noi trasmettiamo il codice all’ultimo secondo e dopo richiudono immediatamente”Alice si voltò verso Rodney, ma lui era impegnato a maneggiare con dei pannelli di controllo, quindi si rivolse di nuovo verso Sheppard “Se dici che funziona, Maggiore” Lui non distolse gli occhi “Non ti preoccupare, funzionerà”
Arrivare al limitare del bosco non fu difficile, ma adesso li aspettava la parte peggiore. Alice dovette sbattere le palpebre più volte per mettere a fuoco la lettura dei sensori che aveva di fronte, non poteva cedere adesso, nessun altro era in grado di interpretare la lingua Antica. “Abbiamo due navicelle nemiche che sorvolano la radura dello stargate ed una ventina appiedati.” “Perfetto, McKay prendi il posto di Alice e tieniti pronto a digitare il codice. Pronti? Adesso” Tolse l’occultamento e Rodney aprì lo stargate. La navicella partì a tutta velocità schivando i colpi della navicelle e delle armi. “Sheppard?” “Non ancora, dobbiamo essere più vicini!” Aumentò ancora la velocità, ormai erano vicinissimi e se fossero passati con lo scudo ancora alzato si sarebbero sfracellati e allora sarebbe stata tutta una fatica inutile. Alice strinse la divisa di Sheppard convulsamente. Il muso della navetta era ormai all’altezza delle scale di accesso “Ora McKay” Entrarono nello stargate e ne uscirono incolumi dall’altra parte.
Alice lasciò andare la divisa e si sedette a terra ormai esausta. Rodney era rimasto con gli occhi aperti e la bocca spalancata e dal compartimento posteriore si sentirono delle grida di gioia, che comunque non riuscirono a coprire i forti schianti che seguirono la riattivazione dello scudo. “Sei proprio un bravo pilota, Maggiore”

Erano passate più di due settimane da quel momento e ancora, fortunatamente, i Wreit non si erano fatti vivi. I Drunyiani si erano stabiliti sulla terra ferma, coltivando e a volte anche commerciando con reciproco vantaggio. Alice aveva fatto un rapporto completo, non appena Carson l’aveva dimessa dopo sei giorni di convalescenza, e Sheppard temeva che una volta che fosse giunto il momento loro non sarebbero stati all’altezze. Ormai la responsabilità della sicurezza di Atlantide era sua e questo lo preoccupava sicuramente più di quanto desse a vedere.
In quel momento stava salendo alla torre centrale. Aveva scelto la sua squadra che sarebbe stata formata da Rodney, Fenimoore ed Alice, ma doveva andare a scovare quest’ultima dal nascondiglio che si era creata. Da più di dieci giorni la ragazza non si vedeva se non per prendere da mangiare e portare i risultati sull’enorme lavoro che stava facendo in quei giorni. Non voleva scendere per altro e non voleva parlare d’altro se non di questo.   
Il trasportatore lo fece arrivare al laboratorio della Satriani. Questo era perfettamente in ordine, con gli scaffali dei file decorati con qualche oggetto che avevano trovato in alcune casse, resti di studi archeologici fatti dagli Antichi. Nella stanza non c’era nessuno ma della musica si sentiva ad alto volume provenire dal piano di sopra. Salì per la scala a chiocciola e man mano che faceva i gradini riuscì a distinguere la canzone “I won’t to see you tonight”. Appena arrivò al piano di sopra la vide immediatamente, era vicino ad una degli enormi finestroni e guardava fuori. “Non pensavo che ti piacessero gli Avenged Sevenfold” Alice sussultò sorpresa e si girò di scatto. Si era un po’ ripresa da quando erano tornati. Il dolore alla gamba e alla schiena erano passati, ma aveva ancora il collo bendato e le ferite avrebbero lasciato delle brutte cicatrici. Pronunciò una parola in Antico e la musica finì. “Ah, ehm sì. Li sento parecchio- si guardò intorno un po’ persa- Volevi qualcosa di particolare, Maggiore?” “No, niente. Passavo … ti sei sistemata bene qua sopra” Alice passò in rassegna le sue cose. Le finestre erano state abbellite da leggere tende che in quel momento svolazzavano leggere nella corrente, c’erano tre grandi schermi olografici, uno che rappresentava lo spazio limitrofo al pianeta, uno la terra ferma e più precisamente uno dei suoi tredici deserti e l’altro mostrava le immagini portata da casa dalla ragazza- parecchie cose me le hanno date i Drunyaiani e molte sono degli ibridi tra la nostra tecnologia e quella degli antichi” Alice distolse nuovamente lo sguardo e lo concentrò sulle immagini. Sheppard fece un grosso sospiro: “Ok senti, io non sono bravo con queste cose dei sentimenti, ma so che non ti fa bene stare qui dentro reclusa a studiare. Sei un membro della mia squadra e so che il modo migliore per affondare la paura e ributtarsi in mezzo alla mischia …” “Non ho paura” “Cosa?” “Non ho paura, ho detto- riportò l’attenzione su di lui- io non sto qui dentro perché temo i Wreit, certo sono terrorizzata al pensiero di rincontrarli, ma non è per questo” “E allora?- vide che faceva per ritrarsi, ma la fermò- dimmelo, che cosa vuoi che cambi?” lei fece spallucce “La vostra opinione di me immagino, o così dice la psicologa. Non voglio che sappiate che sono stata io … io a far morire il piccolo Xavolupa” calde lacrime le scivolarono giù, finalmente. La psicologa aveva tentato più di una volta a rompere quella barriera di calma con cui si era circondata e adesso erano bastate le domande di un assai impacciato Sheppard in una veste inusuale e che gli stava parecchio scomoda. Non fece nulla per consolarla, non l’abbracciò, non le mise le mani sulle spalle, nè la confortò con dolci parole, tutt’altro aggrottò le sopracciglia e sbottò: “Ma sei scema?! Forse ti sei dimenticata che stavi per rimanerci anche tu le penne? La colpa è di quegli esseri, di quei cosi!” Alice scosse la testa mentre il pianto si faceva sempre più forte: “No, John! Io ero l’umana! Io ho una morale! Io sono stata cresciuta con l’idea che i bambini devono essere protetti ad ogni costo! Loro sono ciò che sono. Ma quando mi ha chiesto se volevo morire, io non ho pensato che a me stessa. Era un bambino.” Sheppard chiuse gli occhi per un attimo cercando le parole migliori per spiegare come funzionava la guerra e la mente umana in essa: “Alice, tu non hai spinto Xavolupa a morire al tuo posto. Tu hai avuto la reazione che avrebbe avuto chiunque. Se anche avesse preso te per prima, il bambino sarebbe morto comunque” “No tu saresti arrivato” lui fece un triste sorriso “No, non l’avrei trovato” la guardò un attimo in volto mentre lei scrutava il pavimento. Era ancora pallida ed era dimagrita in quei giorni. Aveva le occhiaie intorno agli occhi che erano arrossati per l’eccessivo sforzo. Non era certo un bello spettacolo. “Dormi?” lei annuì “Sì, il Dottor Beckett mi ha dato dei sonniferi.” le alzò il mento e la fissò dritto negli occhi. Se fossero stati in un film questo sarebbe stato il momento in cui l’eroe bacia l’eroina affranta, l’avrebbe presa tra le braccia e consolata, per poi avvicinarsi alla finestra, investiti dalla luce del tramonto per poi far comparire la parola fine. “Hai due occhiaie spaventose sotto gli occhi e hai il viso che sembra quello di un fantasma. Riposati. Domani sarai pronta alle otto zero zero. E se non ti presenterai di tua spontanea volontà, giuro che ti vengo a prendere di persona, che tu sia vestita, in pigiama, in mutande o nuda. Adesso voglio che tu spenga tutto e ti metta a letto. Tò leggiti questo, mi sembra un mattone- prese uno dei libri dalla pigna che vedeva su un tavolino- e poi dormi” Decisamente non erano in un film.
Comunque fosse, il giorno dopo Alice si presentò alle otto in punto.


*Purtroppo non mi visualizzava le lettere greche




 

Arrivederci al prossimo capitolo …
  
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