Eyes On Fire
Capitolo 13
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Mi
risvegliai di soprassalto, tremante e fradicia, col cuore che correva a mille.
Rizzai a sedere sul letto, con gli occhi spalancati dal terrore. Mi guardai
intorno, facendo scivolare lo sguardo nel buio opprimente della mia camera, da
un angolo all’altro, cercando di calmarmi.
In quel nero, vedevo ancora i miei occhi di rubino brillare, perciò
accesi la lampada sul comodino, per dissolvere l’oscurità.
Che cavolo ero andata a sognare? Io paurosamente perfetta e immortale? Io vampira? Assieme a Edward?
Assurdo.
Quanto in
là voleva ancora spingersi la piccola, rumorosa e fastidiosa parte di me
che lo voleva ancora? Di nuovo, quella lotta interna che, lentamente, mi stava
consumando. Era tutto così frustrante… Come riuscivo a ipotizzare
di volerlo di nuovo se assieme a Jacob stavo così bene? Se tutto il
giorno non facevo altro che pensare al mio lupo? Eppure, sapevo benissimo
quanto quella creatura perfetta che avevo amato – amavo ancora –
tanto fosse così presente in me. Non c’era nulla da fare. Ma era
la prima volta che un sogno rimaneva così vivido anche da sveglia, che
si trascinasse anche nella realtà.
Me ne resi conto quando sentii un freddo pungente sulle guance, quasi avessi
schiacciato il volto contro una lastra di ghiaccio. Feci un respiro profondo e
cercai di asciugarmi il sudore dalla fronte con la coperta, lanciandola poi
via. Avevo caldo, anche se tremavo.
I rami dell’albero fuori dalla mia finestra si agitavano appena,
dondolandosi, neri e secchi come artigli. Immaginai ci fosse del vento,
là fuori.
Mi alzai dal letto e aprii la finestra, sporgendomi per respirare una boccata
d’aria fresca, che non arrivò. L’aria era statica, e
conservava la tipica frescura di una notte che seguiva un giorno piovoso. Ma
non c’era un filo di vento.
Cercai con tutte le mie forze di non pensare a ciò che l’altra parte di me stava gridando – con gioia – a squarciagola.
Ovviamente,
quella mattina, mi alzai col piede sbagliato. Mi trascinai giù per le
scale, cupa, per preparare la colazione a me e a Charlie, che mi diede, solare,
il buongiorno.
«Ehi Bells, ben svegliata», trillò, sorridendomi, mentre si
stava preparando il caffè.
«’Giorno», mugugnai, tirando fuori i cereali e una tazza.
Sentii lo sguardo di mio padre sulla schiena. Effettivamente mi era uscita una
voce orribile, sembravo moribonda. La mia riconosciuta incapacità di
mentire aveva colpito ancora.
«Tesoro, qualcosa non va?», domandò Charlie, preoccupato.
«No,
tutto a posto. Sono in ansia per Jake. Tra poco lo chiamo», dissi, di
getto, provando a sorridere. Per risultare più convincente e
cancellargli dal volto quell’espressione incerta, mi diressi
immediatamente al telefono, componendo il numero di Billy. La risposta arrivò
dopo pochi squilli.
«Pronto?», rispose Billy.
«Ehi, ciao Bill. Sono Bella», lo salutai.
«Oh, buongiorno Bells. Ti passo Jacob?». Sorrisi nell’udire
il suo nome.
«Sì, grazie». Attesi qualche secondo, poi la voce di Jacob
risuonò nella cornetta.
«Ehi
Bells!», esclamò Jake, il solito tono solare di sempre.
«Come va, piccola?».
«Bene», mentii, cercando di controllare la mia voce. «Tu come
stai, tesoro?», domandai all’istante, ansiosa. Il mio cuore
sussultò quando mi resi conto di come l’avevo chiamato, e sussultò
di nuovo quando mi resi conto che in realtà stavo per dire
“amore”. Sorrisi, inebetita, mordendomi il labbro inferiore,
leggermente in imbarazzo.
«Come se non fosse successo nulla», mi assicurò. Mi sembrava
di vederlo ghignare furbo, e incrociare le braccia al petto per farsi vedere
indistruttibile. Il mio Jake…
«Tra poco verrà il nonno di Quil per togliermi le
fasciature», annunciò, felice.
«Sono contentissima! Però rimani a casa lo stesso e ti riposi,
okay? Verrò io da te», dissi tutto d’un colpo, impaziente.
«Bella…», cercò di lamentarsi Jacob, ma non gliene
diedi il tempo.
«No, Jake, non si discute. Dai, ti prego, fallo per me», lo pregai,
tenendo un tono di voce che, se avessi avuto Jacob davanti a me, avrebbe fatto
il paio con uno sguardo supplichevole. «Promettilo».
Lo sentii sospirare, sconfitto. «E va bene, te lo prometto».
«Bravo bambino», sussurrai, ridacchiando. «Come hai passato la notte? Voglio dire, il braccio ti ha fatto male?», gli domandai poi, preoccupata.
«No Bells, tranquilla. Ho dormito come un sasso da ieri sera verso le otto – quando Sam e gli altri mi hanno riportato a casa – fino a cinque minuti fa».
«Sono
felice che, finalmente, sia riuscito a riposarti. Sembravi stanchissimo,
ieri».
«Sì, effettivamente non dormivo da un bel po’»,
ammise, ridacchiando.
«Sam dovrebbe smetterla di farti fare gli straordinari», mi lamentai, irritata.
Jacob
rimase in silenzio per qualche secondo. «Ecco, forse non è tutta
colpa di Sam…», proferì incerto. Lo sentii respirare
profondamente. «Sono io che gli chiedo gli straordinari».
Rimasi sbalordita. «Cosa?! Jacob Black, che diavolo–».
«Voglio solo che questa storia con la succhiasangue finisca presto! E voglio che tu sia finalmente al sicuro, libera da sanguisughe vaganti che cercano di farti fuori», si giustificò lui, concitato.
«Te l’ho già detto che non voglio che rischi la vita per me», mormorai piano, sgridandolo. «Io sono al sicuro, Jake. Ho fiducia in voi, e so che prima o poi riuscirete a catturarla. È veramente un pensiero… dolce, da parte tua», gli concessi, sorridendo tra me. «Ma se tu perdessi la vita – tremai – in uno scapestrato tentativo di farla finita in fretta… Allora avrai accelerato i tempi per niente».
«Ma–», cercò di controbattere, ma lo interruppi, frustrata.
«Lo capisci che non posso permettermi di perderti così?».
Sospirò. «Sì, lo capisco». Rimasi in silenzio per qualche istante.
«Lo
sai che mi manchi?i», sussurrai, abbassando lo sguardo angosciata.
«Anche tu, Bella», mormorò piano. Sentii un groppo in gola e
gli occhi inumidirsi, in un improvviso bisogno di averlo lì con me. Ma
non volevo fargli pesare nulla. Aveva bisogno di riposarsi. Se avessi ceduto,
se fossi stata debole e avessi cominciato a pregarlo di venire lì da me
perché avevo bisogno di lui… sarei stata un’egoista.
«Jake… ci vediamo oggi», dissi, asciugandomi gli occhi.
«Sì. Ciao Bells. Ti amo», mi salutò, e riattaccò all’istante.
Sospirai,
dirigendomi in cucina. Mi sentivo strana, come se avessi avuto un peso sul
cuore.
Era una sensazione orribile che mi attanagliava lo stomaco, e non riuscivo a
darle una qualche spiegazione che non centrasse col sogno che avevo
fatto.
Cercai di non pensarci e mi preparai per andare a scuola, lasciando perdere la
colazione.
La mattinata al liceo di Forks fu pesante come avevo temuto. Stavo uno schifo,
e la mia concentrazione non riusciva a gravitare su nient’altro che non
fosse ciò che era successo quella notte. Il sogno, i rami che
oscillavano nonostante non ci fosse un filo di vento, quel freddo sulle mie
guance… Che fosse tutta opera della mia immaginazione – o
dell’immaginazione della mia parte “difettosa”? Forse, ora
che i miei sentimenti per Jacob cominciavano a rafforzarsi e a diventare sempre
più veri, tentava di ribellarsi, di correre ai ripari facendomi
ricordare l’altro con insistenza e frequenza assidue.
Probabile.
Perché era impossibile. Non poteva essere… Lui non era tornato. Mi
aveva telefonato, ma perché si sentiva in colpa. E io gli avevo
assicurato che stavo bene, che era tutto perfetto… Non doveva più
preoccuparsi per me.
Ero felice, adesso, stavo bene: con Jacob andava tutto alla perfezione, non
c’era una virgola da cambiare in quel presente. Sì, ero felice e
al sicuro.
Tutta via il passato, oltre che incancellabile, era ancora lì,
perché ci facevo i conti ogni notte.
Forse i sogni, i presentimenti… era tutto un desiderio del mio
subconscio, al quale mancava Edward e desiderava disperatamente il suo
ritorno…
Ma io amavo Jacob, ne ero sicura al cento per cento. Me lo sentivo, non potevo
sbagliare.
Che casino. Era diventata una guerra continua, uno scontro tra due parti
contrastanti di me, una lotta che, a lungo andare, mi avrebbe logorata. Era in
quei momenti che avrei desiderato sparire, annullarmi. Se non fossi stata a
scuola, probabilmente mi sarei rannicchiata su me stessa, stringendomi la testa
tra le mani e sperando di attenuare la frustrazione che mi stava consumando.
La solitudine e la lontananza da Jacob non mi facevano per niente bene, lo
sapevo, ed ero certa che, una volta tra le sue braccia, tutto si sarebbe
sistemato. Dovevo resistere.
Il suono
della campanella, che annunciava la fine delle lezioni, risuonò alle mie
orecchie come un coro di voci angeliche, e mi diressi quasi di corsa al
parcheggio.
Avrei fatto un salto a casa mia per liberarmi dello zaino, poi sarei filata a
La Push. Avevo troppo bisogno di vederlo.
Salii sul pick-up e misi in moto, partendo alla velocità che permetteva il mio mezzo, diretta a casa.
Il
tragitto fu più lungo di quanto mi aspettassi, forse perché avevo
fretta. Quando vidi sbucare casa mia dal vialetto mi parve davvero una visione
estatica. Chissà che cavolo mi prendeva… Mi sentivo strana.
Arrivata quasi al posteggio di casa mia, sentii lo stomaco stringersi. E provai
un freddo incalcolabile, identico a quello di quella notte. Inspiegabilmente,
cominciò a battermi forte il cuore, e l’aria iniziò a
mancarmi. Forse ero solo ansiosa di tornare da Jacob…
Presi un respiro profondo e aprii la portiera, saltando giù dal pick-up
e portandomi dietro lo zaino. Avanzai verso l’entrata di casa mia il
più lentamente possibile, quasi volessi evitare un qualcosa che sarebbe
successo una volta varcata quella soglia. Che cosa stavo temendo, poi?
Infilai le chiavi nella serratura e aprii l’uscio, spalancandolo violentemente
e mi guardai attorno. Il salotto di Charlie era deserto. Sospirai – di sollievo
– e mi apprestai ad andare in cucina a poggiare lo zaino sulla solita
sedia; ero così di fretta che non avevo nemmeno chiuso la porta. Compii
pochi passi per raggiungere il cucinotto, tenendo lo sguardo fisso all’ingresso,
per controllare che non entrasse nessuno. Dovevo sbrigarmi.
Poi girai il volto e appena focalizzai con lo sguardo impallidii. Tutte le
cellule del mio corpo si bloccarono, ogni muscolo si tese e le mie mani
lasciarono la presa, facendo cadere lo zaino.
Tutti i sensi si azzerarono, e dentro di me si espanse solo un’unica
consapevolezza, che mi annientò.
Niente
allucinazioni, niente visioni: Edward era davvero lì, davanti a me, lo
sguardo dorato, dolcissimo, nel mio. Perfetto e tanto bello da togliere
il fiato. Mi guardava, estasiato, sollevato, con quegli occhi pieni d’amore,
gli stessi che avevo sognato, reputandoli tutti una grossa, enorme bugia.
Ed ecco di nuovo quella sensazione di freddo, mentre sentivo la sua metà
pulsante del mio cuore infiammarsi, e l’altra parte di me spingermi verso
di lui.
«Bella», sussurrò, prima che il suo sguardo liquido
diventasse triste e contrito e lui mi volasse accanto. Nel giro di pochi
secondi, sentii le sue braccia avvolgermi, assieme al suo profumo che non avevo
sentito da mesi. Mi pianse il cuore quando mi resi conto di quanto mi era
mancato. Non solo il suo profumo, ma tutto di lui: nell’istante esatto in
cui il mio corpo si strinse contro al suo, quella parte di me che avevo cercato
di rinnegare con tutte le mie forze prese il sopravvento, sconvolgendo ogni mia
emozione.
Strinsi le braccia attorno alla sua schiena e premetti il volto contro il suo petto, scoppiando inesorabilmente in lacrime. Infilò una mano nei capelli, stringendomi più forte a lui.
«Bella… Sono qui. Bella, perdonami», sussurrò frenetico al mio orecchio, con la voce spezzata.
Provai a dire qualcosa, ma avevo la gola secca e non uscì alcun suono: ero troppo, troppo sconvolta.
Dopo un
lasso di tempo che mi parve infinito, quando finalmente i miei singhiozzi
sembravano volersi placare, Edward mi scostò da sé, prendendomi
il viso tra le mani.
Mi guardava, sorridendo triste, ma tutto ciò che gli leggevo negli occhi…
Sembrava sincero. E sembrava tutto per me.
«Bella», proferì, a pochi centimetri dal mio viso. «Ti
prego, perdonami. Mi dispiace, per tutto. Per averti abbandonata, per averti
mentito e averti lasciata senza protezione», si scusò lui,
chiudendo gli occhi addolorato.
«M-mentito?», domandai in un sussurro, quasi incapace di parlare. Sentii le mie palpebre tremolare.
«Sì… Io ti ho mentito su una cosa, Bella. Non ci arrivi?», domandò, sorridendo amaro.
Scossi la
testa, senza forze.
Appoggiò la fronte alla mia, e quel contatto mi fece rabbrividire. «Bella»,
pronunciò il mio nome come se fosse il suono più bello dell’universo.
«Io ti ho detto che non ti volevo più, che non ti amavo…
Tutte bugie, amore, tutte menzogne. Ti amo, Bella. Ti amo». A quel punto,
rischiai veramente di svenire. Allora era così. Lui mi amava ancora…
Ciò che prima aveva tentato di trasmettermi era reale. Lui mi amava. Ecco
perché mi aveva chiamata: mi sembrava l’unica possibilità esistente,
in quel momento. Non si sentiva in colpa, voleva solo assicurarsi che non fossi
morta davvero, perché… mi amava. A quel punto, quella motivazione
si riallacciò a tutto il resto: la sua voce che mi redarguiva,
preoccupata e bellissima nei momenti di pericolo… A pensarci bene,
però, forse quello era solo un’altra prova di quanto fossi pazza.
Ed ero così stordita che non seppi nemmeno se sentirmi felice. Che poi,
dovevo crederci davvero?
«Ti amo, Bella. Sei la mia vita. Non ti lascerò mai più,
amore mio», disse e, senza darmi il tempo di dire qualcosa, mi
baciò lasciandomi senza fiato, senza parole, senza tutto. Avvertire le
sue labbra granitiche e gelide dopo tutto quel tempo fu qualcosa di
assolutamente strano, che per un pelo sfuggì alla mia comprensione. Ma
fu un attimo. Le mie labbra si adattarono immediatamente alle sue, spinte da
una forza sconosciuta, mentre rafforzavo la stretta attorno al suo collo liscio.
Il mio corpo si riabituò presto alla sua temperatura, superando in poco
tempo il brivido freddo che mi aveva scosso non appena lo avevo toccato.
Fu un bacio totalmente diverso da qualunque altro mi avesse dato nella nostra
vita passata: mi baciò con forza, insinuando le mani tra i miei capelli,
mentre respirava il mio odore. Lo sentii deglutire, ma non mi fermai, e neppure
lui. Respiravo a malapena, mentre il battito accelerato del mio cuore produceva
un fastidioso ronzio che mi rimbombava nelle orecchie.
Avevo
totalmente perso il controllo, arrivando a un punto di non ritorno, senza
nessuna ragione apparente che mi spingesse a tornare indietro.
Poi qualcosa riuscì a trafiggere il ronzio che mi riempiva le orecchie:
un ringhio raccapricciante, che riuscì a catturare la mia attenzione e,
evidentemente, anche quella di Edward, perché voltò il volto
verso destra, scostando il viso dal mio.
Lo guardai confusa, la vista appannata, mentre sentivo le sue braccia farsi
ancora più strette e la presa ancora più ferrea attorno al mio
corpo.
Voltai la testa verso ciò che Edward stava fissando così
vacuamente, e il mio cuore si sbriciolò.
Venni improvvisamente risucchiata nel vortice della ragione e del senso di
colpa mentre, maledicendo me stessa e chiedendomi cosa diavolo avevo fatto, il
mio sguardo si allacciò a quello di Jacob, nero e duro, che ci fissava.
Furioso.
Tradito. Addolorato.
Jacob.
Jacob: ecco l’unica ragione per la quale tornare indietro.
Angolo Autrice.
Primo
aggiornamento del 2010 *stappa lo champagne* BUON ANNO A TUTTi! *.*
Sono molto sorpresa da questa uppata… Non pensavo di aggiuornare così
presto *_* Meglio così! Non vedo l’ora di scrivere il prossimooo
>_< Sempre se rimango in vita ^^’’’
Infatti, appello: Vi PREGO NON UCCIDETEMi! Come dico sempre, dovete tenere a
mente che se mi fate fuori… poi come posso sistemare le cose? (:
Mwhaahaha e_e
Random: una certa persona saprà dove mettersi a ridere X°°°
Nota per il titolo: all’inizio il titolo doveva essere “Separation”, ma si addiceva poco agli avvenimenti di questo capitolo (voleva solo accentuare per l’ennesima volta lo sdoppiamento di personalità di Bella :D), per cui ho scelto “Back” A) perché Edward comes back e_e B) riferito all’ unica ragione per tornare indietro (indietro in inglese = back).
Come sempre, ringrazio i 54 che hanno aggiunto questa storia ai preferiti e i 40 alle seguite *.* Grazie di cuore <3
Ora
passiamo, con mia somma gioia e letizia (Seee XD vero FVa?) alle risposte alle
recensioni (:
marpy: Tutti i tuoi dubbi sono stati – purtroppoahimèouch – chiariti ç_ç Jacob è tornato in forma, a quanto pare… Ma viene annientato di nuovo dalla stupidità della tonna.
Mi dispiace tanto T_T Spero che comunque ti sia piaciuto… Grazie <3 Un bacione.
MihaChan: La tua recensione mi ha fatto
morire XD E mi è dispiaciuto soffocare così la tua euforia per la
messa in moto dei neuroni di Bella che, come vedi, non è servita a molto
ç__ç
Spero che, comunque, abbia gradito anche questo capitolo :3 Un bacione e grazie
<3 Buon anno anche a te! *.*
leschatnoir: Bella vampira??? Ossignore, ma anche no! °_° Ci mancherebbe! Su questo puoi stare tranquilla *annuisce con convinzione*, non sia mai che esaudisca un desiderio a questa stupida idiota deficiente! Comunque, grazie: io invece leggo sempre le tue recensioni con sommo piacere (: Un bacione <3
_Starlight_: Ammove, quei tuoi trattini avanzati mi hanno fatto morire XD Che le tue recensioni mi fanno sempre un piacere assoluto, lo sai. Che ti voglio benissimo e che ti adoro, pure. Ora devo soltanto evocare il tuo perdono a gran voce… per aver reso Bella più odiosa e insopportabile del solito T_T PeVdonami ammoVeeeee ç_ç Ti voglio tanto tanto bene! Guarisci presto <3 Un bacionèèè <3
Okay,
cinque minuti per plagiare!
Angolo pubblicità occulta fregato alla mia adorabile _Starlight_: infatti,
consiglio tutte le sue shot (in particolar modo Damn Phone! & Unsaid agreement che tolgono
davvero il fiato *_*) e la sua long Comin' back home *_* (bello sto
lillino, né FVa? <3)
Se non filate a leggerle siete dei puzzoni ù_ù
Ma vi amo lo stesso.
Grazie di cuore, per tutto, e buon anno! <3
xoxo
Bea :3
EDIT: I LINK NON VANNO, DANNAZIONE! CERCATE COMUNQUE SU EFP Starlight E LE SUE STORIE, VERAMENTE, SONO DA INFARTO <3