I
magazzini del Crossover. Daphne poteva essere lì. Stando al
resoconto di Watari
in seguito alla sua sorveglianza, più di una persona girava
da quelle parti con
fare sospetto.
-Bene,
allora agiremo col massimo della cautela. Sarà meglio
preparare anche le
valigie. Ce ne andremo non appena avremo chiuso questa faccenda- disse
L
sbrigativo, mentre prendeva il cellulare e componeva un numero.
Daphne
stava morendo di fame e di freddo. Per quanto tempo sarebbe durato
ancora
quell’incubo? Costantemente bendata, senza potersi vedere
davanti a uno
specchio. In parte, era meglio così: sarebbe stato un trauma
per lei vedere
come era stata ridotta per un maniaco. E poi, anche volendo, non
sarebbe
riuscita ad alzarsi, le gambe erano state sempre piegate e
difficilmente
avrebbero risposto alla sua volontà ormai.
Perché,
piuttosto, non era ancora stata uccisa? Una volta scattata la foto,
bastava
toglierla di mezzo. Perché il colpevole ancora non muoveva
un dito? Se ne stava
sempre lì a gironzolare e ridacchiare, confabulando nel
mentre qualcosa a lei
non del tutto comprensibile.
-Ehi,
donna! Hai fame, vero?-chiedeva quasi sempre lui, e la ragazza
rispondeva
sempre con un lieve cenno del capo
-Quando
te ne andrai avrai tutto il cibo che vuoi!- era sempre la risposta.
Andare
dove? Fuori di qui o a miglior vita? In ogni caso, sarebbe sempre stato
meglio
di quell’Inferno.
-Non
ti preoccupare- aggiunse –Quando arriverà L tutto
finirà!-
L?
E da dove spuntava fuori? Era un suo complice?
Le
venne tolto per un momento il nastro adesivo dalla bocca
-Ora
dimmi… Tra quanto credi che arriverà L?-
-I-i-io
non conosco nessun L…-
-Non
fare la furba con me, stronzetta…-
-Glielo
giuro… Non so chi sia…-
Lui
rimase interdetto qualche secondo, dopodiché
mollò la presa dal mento di Daphne
e le rimise il nastro sulla bocca –Evidentemente ha tenuto
nascosto tutto… Ma
non ti preoccupare. Tra poco lo vedrai. Se lo conosco,
manderà qualcuno qui tra
due ore-
L,
o Deneuve, era appostato qualche metro più avanti del
Crossover, con indosso
delle cuffie e avvolto da un impermeabile nero, prestato da Watari.
-E’
tutto pronto, Watari?- disse, a bassa voce.
-Sì.
Ogni ingresso è a nostra disposizione. Non
c’è molta gente, anche se uno di noi
avesse difficoltà ce la caveremmo-
-Bene.
Procedete con estrema cautela-
Le
persone che Deneuve aveva chiamato in soccorso non erano poliziotti,
tantomeno
gente al servizio della giustizia. Tutt’altro: erano due
criminali. Aiber,
truffatore professionista, esperto di lingue e travestimento, in grado
di farsi
passare per chiunque. A dispetto di molti suoi colleghi, lui
gironzolava
tranquillo su ogni strada, senza mai farsi prendere. Detestava le armi
da
fuoco.
Poi
c’era Wedy, un avvenente donna dai capelli biondi cotonati e
un evidente
rossetto rosso brillante. Ladra, in gradi di scassinare tutte le
serrature e di
eludere qualsiasi sistema di sicurezza senza lasciare tracce. Preziosa
fu la
sua collaborazione quando L le chiese dei suoi sistemi distrutti quando
Daphne
fu rapita, e preziosa fu adesso. Anche se non del tutto. Perlomeno, era
stata
l’ultima ad essere catturata. Il ragazzo, tramite le cuffie,
non aveva capito
bene, ma Wedy aveva vociferato qualcosa su un gas narcotico, mentre
Watari e
Aiber avevano ricevuto un violento colpo alla testa, a giudicare dalle
grida e
dai forti tonfi. Comunque, ci fu un innaturale silenzio, ed L non
potè che
andare avanti in prima persona a vedere cos’era successo.
Entrò
dall’ingresso di Wedy, tappandosi il naso. In effetti, era
deserto, e un odore
strano albergava ancora nell’aria. Avanzava lentamente e in
assoluto silenzio.
Per stare sicuro, si levò le scarpe e le
abbandonò per strada.
L’unica
porta che poteva aprire era proprio davanti a lui, e c’era
una luce. No,
sciocco, non andare direttamente lì, si diceva.
Evidentemente erano stati
portati là, e c’era anche Daphne. No, scemo, non
andare, fai un piano.
Svoltò
velocemente e girò l’angolo, già pronto
a macchinare qualcosa. Ma non fece in
tempo. Riuscì solo a urlare, mentre vedeva un pezzo di legno
cadere, dopo la
botta ricevuta in testa.
Quando
si risvegliò era legato a una poltrona, e sentiva il sangue
colare giù per la
tempia, la guancia, fino a sporcargli la maglietta candida di un nitido
rosso
sangue. Si guardò intorno, stralunato, notando una stanza
bianca, e un uomo seduto
davanti a lui. Nessun mobile, se non la poltrona, la sedia dove era
seduto il
suo interlocutore e un mobiletto accanto con delle siringhe vicino.
-Ciao,
L… Ti ricordi di me?-
Nessuna
voce camuffata. E gli sembrava di riconoscerla
-Ah…-
-Andiamo,
L, non dirmi che ti sei dimenticato di me… Perché
non ti crederei-
Aveva
una cicatrice… Quella cicatrice sulla mano! E la
voce… Ora lo vedeva in faccia.
non poteva essere, non riusciva a crederci. Dietro quegli omicidi,
dietro
Daphne, dietro le foto… C’era lui!
-Adam…
Tu…- piano piano riprendeva i sensi –Ti credevo
morto…-
-Invece
no. Ammetto però che anch’io pensavo di essere
spacciato. Me lo ricordo come se
fosse ieri… Braccato dalla polizia e dal tuo maledetto
elicottero. Come avete
visto che mettevo le mani in tasca, avete dato il via alla sparatoria-
parlava
con aria sprezzante –Ma andiamo, Ellino caro, pensavi davvero
che ti avrei
dimenticato così facilmente? Eri così
giovane… Ti ricordi? Fu uno dei primi
casi davvero importanti, commissionato dalla Francia, che hai
risolto… Avevi
appena diciassette anni… Ti trovo sempre più
magro. Non è che hai l’anoressia?-
-Come
hai…-
-Oh,
è stato facile. Ho fatto perdere le mie tracce e mi sono
appartato,
organizzando tutto questo nei minimi dettagli. Insomma, L,
ripensandoci, che
avevo fatto di male? Un paio di attacchi terroristici…
Sarebbe stato più
divertente vedere quei balordi dei politici scervellarsi sui miei
rompicapo, ma
poi sei arrivato tu. Eri giovane, ma molto bravo. Ma pur sempre
giovane. E non
hai pensato che, sull’elicottero, potessi vedere il tuo
volto, e sentire i
poliziotti chiamarti Deneuve. Ellino, davvero mi hai preso per un tale
fesso?-
nel frattempo maneggiava con le siringhe –Così ho
organizzato la mia vendetta.
quelle morti, col pretesto fotografico… Devo dirlo, mi sono
divertito. E con
che occhio di riguardo hai trattato quella ragazza… Ma
immagino che non hai
proprio pensato a me. A breve penso che l’Italia ti avrebbe
affidato il caso
del “fotografo killer”! non trovi che sia un nome
elegante?- rise, occhi
brillanti di piacere.
L
si sentiva confuso. Era ancora al Crossover? E Watari? E gli altri?
-Oh,
già che c’ero, ti ho drogato- disse Adam,
carezzandosi il mento coperto da un
pizzetto –Ricordo bene anche le tue abilità con le
arti marziali e non vorrei
brutti scherzi. Del resto, sei ancora così giovane e pieno
di vitalità. Ah, i
quarant’anni iniziano a farsi sentire…- si
alzò, girando a vuoto e ridendo
–Immagino ti stia chiedendo dove ti trovi. Bè, sei
al Crossover. Ma i tuoi
amici non sono qui. Li ho portati dove era nascosta la tua amichetta in
principio-
-Cosa?!-
-Eh,
hai sbagliato questa volta. Non l’ho nascosta in un posto
così ovvio, se no che
divertimento c’è? Non sei cambiato per niente,
Ellino mio…- aprì la porta e
terminò il suo discorso –Ascolta… Ti va
di fare un gioco? Se riuscirai a
slegarti e abbattere l’ultima maschera, hai vinto tu.
Facciamo entro tre ore.
Ma se non ce la farai, moriranno tutti. Anche te. Ti piace?-
Lui
rimase zitto, fissando il pavimento. Ultima maschera… Si
riferiva al luogo
effettivo del suo nascondiglio?
-Hai
tre ore, Ellino… So che non mi deluderai- chiuse la porta,
lasciandolo nei suoi
ragionamenti.
L
non fece altro che fissare il tavolino con le siringhe per dieci minuti
buoni.
Tra quelle droghe, qualcosa per farlo uscire c’era.
Innanzitutto doveva
avvicinarsi. Iniziò a tirare con forza la poltrona verso di
sé, andando avanti
a fatica. Quando raggiunse una buona distanza, allungò il
capo, afferrando con
i denti una siringa a caso, ma questa era usata. Evidentemente era
stata usata
da Adam per addormentarlo o drogarlo. Fissò ancora il
tavolino. Morfina,
cocaina, eroina, ecstasy… Mascalina.
A
mali estremi, estremi rimedi.
Sempre
usando i denti, smontò la siringa, cercando di far uscire
meno liquido
possibile. Usò la lingue per orientare bene il contenuto
della siringa verso la
sua bocca, ingoiando tutto d’un fiato. Fece cadere tutto a
terra, e a quel
punto fu questione di pochi minuti. Era già fatto. Caldo,
sentiva caldo. Aveva
voglia di fare tantissime cose. Spaccare il muro davanti a se, ad
esempio. O di
fare sesso. Gli era venuta un incredibile voglia di sesso,
ininterrotto. Sapeva
che quella droga gli avrebbe fatto quest’effetto, ma non
l’aveva mai provata
così, tutta intera, senza preavviso…
Aveva
voglia di spaccare il mondo intero. Le corde gli erano
d’impiccio.
Il
film Arancia Meccanica dice: la mascalina ti fa forte, ti fa uomo.
Per
essere precisi, ti fa appunto venire voglia di fare tutto, senza
sentirsi un
minimo stanchi o addolorati. Per questo L non sentì dolore
mentre a forza si
slegava, mentre i polsi sanguinavano. Aveva cercato di resistere, per
quanto
poteva, ma drogarsi era l’unica cosa che gli era venuta in
mente di fare.
Cadde
a terra, una volta libero, leccando con voracità le proprie
ferite alle mani, e
per terra, dove era caduto un po’ di sangue. Watari sarebbe
rimasto molto
deluso a vederlo così.
Iniziò
a respirare a fatica, L, cercando di calmarsi. Appena
l’effetto finiva, andava
di corsa a cercare tutti.