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Autore: Novelist Nemesi    05/02/2010    3 recensioni
"Sto per scrivere una storia vera. Lo assicuro, tutta vera". Ebbene sì, Nemesi è tornata con una nuova storia, stavolta ambientata a Roma. Spero di essere migliorata e di suscitare la vostra curiosità! Attendo le vostre recensioni e consigli!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, L, Watari
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I magazzini del Crossover. Daphne poteva essere lì. Stando al resoconto di Watari in seguito alla sua sorveglianza, più di una persona girava da quelle parti con fare sospetto.
-Bene, allora agiremo col massimo della cautela. Sarà meglio preparare anche le valigie. Ce ne andremo non appena avremo chiuso questa faccenda- disse L sbrigativo, mentre prendeva il cellulare e componeva un numero.
Daphne stava morendo di fame e di freddo. Per quanto tempo sarebbe durato ancora quell’incubo? Costantemente bendata, senza potersi vedere davanti a uno specchio. In parte, era meglio così: sarebbe stato un trauma per lei vedere come era stata ridotta per un maniaco. E poi, anche volendo, non sarebbe riuscita ad alzarsi, le gambe erano state sempre piegate e difficilmente avrebbero risposto alla sua volontà ormai.
Perché, piuttosto, non era ancora stata uccisa? Una volta scattata la foto, bastava toglierla di mezzo. Perché il colpevole ancora non muoveva un dito? Se ne stava sempre lì a gironzolare e ridacchiare, confabulando nel mentre qualcosa a lei non del tutto comprensibile.
-Ehi, donna! Hai fame, vero?-chiedeva quasi sempre lui, e la ragazza rispondeva sempre con un lieve cenno del capo
-Quando te ne andrai avrai tutto il cibo che vuoi!- era sempre la risposta. Andare dove? Fuori di qui o a miglior vita? In ogni caso, sarebbe sempre stato meglio di quell’Inferno.
-Non ti preoccupare- aggiunse –Quando arriverà L tutto finirà!- 
L? E da dove spuntava fuori? Era un suo complice?
Le venne tolto per un momento il nastro adesivo dalla bocca
-Ora dimmi… Tra quanto credi che arriverà L?-
-I-i-io non conosco nessun L…-
-Non fare la furba con me, stronzetta…-
-Glielo giuro… Non so chi sia…-
Lui rimase interdetto qualche secondo, dopodiché mollò la presa dal mento di Daphne e le rimise il nastro sulla bocca –Evidentemente ha tenuto nascosto tutto… Ma non ti preoccupare. Tra poco lo vedrai. Se lo conosco, manderà qualcuno qui tra due ore-
L, o Deneuve, era appostato qualche metro più avanti del Crossover, con indosso delle cuffie e avvolto da un impermeabile nero, prestato da Watari.
-E’ tutto pronto, Watari?- disse, a bassa voce.
-Sì. Ogni ingresso è a nostra disposizione. Non c’è molta gente, anche se uno di noi avesse difficoltà ce la caveremmo-
-Bene. Procedete con estrema cautela-
Le persone che Deneuve aveva chiamato in soccorso non erano poliziotti, tantomeno gente al servizio della giustizia. Tutt’altro: erano due criminali. Aiber, truffatore professionista, esperto di lingue e travestimento, in grado di farsi passare per chiunque. A dispetto di molti suoi colleghi, lui gironzolava tranquillo su ogni strada, senza mai farsi prendere. Detestava le armi da fuoco.
Poi c’era Wedy, un avvenente donna dai capelli biondi cotonati e un evidente rossetto rosso brillante. Ladra, in gradi di scassinare tutte le serrature e di eludere qualsiasi sistema di sicurezza senza lasciare tracce. Preziosa fu la sua collaborazione quando L le chiese dei suoi sistemi distrutti quando Daphne fu rapita, e preziosa fu adesso. Anche se non del tutto. Perlomeno, era stata l’ultima ad essere catturata. Il ragazzo, tramite le cuffie, non aveva capito bene, ma Wedy aveva vociferato qualcosa su un gas narcotico, mentre Watari e Aiber avevano ricevuto un violento colpo alla testa, a giudicare dalle grida e dai forti tonfi. Comunque, ci fu un innaturale silenzio, ed L non potè che andare avanti in prima persona a vedere cos’era successo.
Entrò dall’ingresso di Wedy, tappandosi il naso. In effetti, era deserto, e un odore strano albergava ancora nell’aria. Avanzava lentamente e in assoluto silenzio. Per stare sicuro, si levò le scarpe e le abbandonò per strada.
L’unica porta che poteva aprire era proprio davanti a lui, e c’era una luce. No, sciocco, non andare direttamente lì, si diceva. Evidentemente erano stati portati là, e c’era anche Daphne. No, scemo, non andare, fai un piano.
Svoltò velocemente e girò l’angolo, già pronto a macchinare qualcosa. Ma non fece in tempo. Riuscì solo a urlare, mentre vedeva un pezzo di legno cadere, dopo la botta ricevuta in testa.
Quando si risvegliò era legato a una poltrona, e sentiva il sangue colare giù per la tempia, la guancia, fino a sporcargli la maglietta candida di un nitido rosso sangue. Si guardò intorno, stralunato, notando una stanza bianca, e un uomo seduto davanti a lui. Nessun mobile, se non la poltrona, la sedia dove era seduto il suo interlocutore e un mobiletto accanto con delle siringhe vicino.
-Ciao, L… Ti ricordi di me?-
Nessuna voce camuffata. E gli sembrava di riconoscerla
-Ah…-
-Andiamo, L, non dirmi che ti sei dimenticato di me… Perché non ti crederei-
Aveva una cicatrice… Quella cicatrice sulla mano! E la voce… Ora lo vedeva in faccia. non poteva essere, non riusciva a crederci. Dietro quegli omicidi, dietro Daphne, dietro le foto… C’era lui!
-Adam… Tu…- piano piano riprendeva i sensi –Ti credevo morto…-
-Invece no. Ammetto però che anch’io pensavo di essere spacciato. Me lo ricordo come se fosse ieri… Braccato dalla polizia e dal tuo maledetto elicottero. Come avete visto che mettevo le mani in tasca, avete dato il via alla sparatoria- parlava con aria sprezzante –Ma andiamo, Ellino caro, pensavi davvero che ti avrei dimenticato così facilmente? Eri così giovane… Ti ricordi? Fu uno dei primi casi davvero importanti, commissionato dalla Francia, che hai risolto… Avevi appena diciassette anni… Ti trovo sempre più magro. Non è che hai l’anoressia?-
-Come hai…-
-Oh, è stato facile. Ho fatto perdere le mie tracce e mi sono appartato, organizzando tutto questo nei minimi dettagli. Insomma, L, ripensandoci, che avevo fatto di male? Un paio di attacchi terroristici… Sarebbe stato più divertente vedere quei balordi dei politici scervellarsi sui miei rompicapo, ma poi sei arrivato tu. Eri giovane, ma molto bravo. Ma pur sempre giovane. E non hai pensato che, sull’elicottero, potessi vedere il tuo volto, e sentire i poliziotti chiamarti Deneuve. Ellino, davvero mi hai preso per un tale fesso?- nel frattempo maneggiava con le siringhe –Così ho organizzato la mia vendetta. quelle morti, col pretesto fotografico… Devo dirlo, mi sono divertito. E con che occhio di riguardo hai trattato quella ragazza… Ma immagino che non hai proprio pensato a me. A breve penso che l’Italia ti avrebbe affidato il caso del “fotografo killer”! non trovi che sia un nome elegante?- rise, occhi brillanti di piacere.
L si sentiva confuso. Era ancora al Crossover? E Watari? E gli altri?
-Oh, già che c’ero, ti ho drogato- disse Adam, carezzandosi il mento coperto da un pizzetto –Ricordo bene anche le tue abilità con le arti marziali e non vorrei brutti scherzi. Del resto, sei ancora così giovane e pieno di vitalità. Ah, i quarant’anni iniziano a farsi sentire…- si alzò, girando a vuoto e ridendo –Immagino ti stia chiedendo dove ti trovi. Bè, sei al Crossover. Ma i tuoi amici non sono qui. Li ho portati dove era nascosta la tua amichetta in principio-
-Cosa?!-
-Eh, hai sbagliato questa volta. Non l’ho nascosta in un posto così ovvio, se no che divertimento c’è? Non sei cambiato per niente, Ellino mio…- aprì la porta e terminò il suo discorso –Ascolta… Ti va di fare un gioco? Se riuscirai a slegarti e abbattere l’ultima maschera, hai vinto tu. Facciamo entro tre ore. Ma se non ce la farai, moriranno tutti. Anche te. Ti piace?-
Lui rimase zitto, fissando il pavimento. Ultima maschera… Si riferiva al luogo effettivo del suo nascondiglio?
-Hai tre ore, Ellino… So che non mi deluderai- chiuse la porta, lasciandolo nei suoi ragionamenti.
L non fece altro che fissare il tavolino con le siringhe per dieci minuti buoni. Tra quelle droghe, qualcosa per farlo uscire c’era. Innanzitutto doveva avvicinarsi. Iniziò a tirare con forza la poltrona verso di sé, andando avanti a fatica. Quando raggiunse una buona distanza, allungò il capo, afferrando con i denti una siringa a caso, ma questa era usata. Evidentemente era stata usata da Adam per addormentarlo o drogarlo. Fissò ancora il tavolino. Morfina, cocaina, eroina, ecstasy… Mascalina.
A mali estremi, estremi rimedi.
Sempre usando i denti, smontò la siringa, cercando di far uscire meno liquido possibile. Usò la lingue per orientare bene il contenuto della siringa verso la sua bocca, ingoiando tutto d’un fiato. Fece cadere tutto a terra, e a quel punto fu questione di pochi minuti. Era già fatto. Caldo, sentiva caldo. Aveva voglia di fare tantissime cose. Spaccare il muro davanti a se, ad esempio. O di fare sesso. Gli era venuta un incredibile voglia di sesso, ininterrotto. Sapeva che quella droga gli avrebbe fatto quest’effetto, ma non l’aveva mai provata così, tutta intera, senza preavviso…
Aveva voglia di spaccare il mondo intero. Le corde gli erano d’impiccio.
Il film Arancia Meccanica dice: la mascalina ti fa forte, ti fa uomo.
Per essere precisi, ti fa appunto venire voglia di fare tutto, senza sentirsi un minimo stanchi o addolorati. Per questo L non sentì dolore mentre a forza si slegava, mentre i polsi sanguinavano. Aveva cercato di resistere, per quanto poteva, ma drogarsi era l’unica cosa che gli era venuta in mente di fare.
Cadde a terra, una volta libero, leccando con voracità le proprie ferite alle mani, e per terra, dove era caduto un po’ di sangue. Watari sarebbe rimasto molto deluso a vederlo così.
Iniziò a respirare a fatica, L, cercando di calmarsi. Appena l’effetto finiva, andava di corsa a cercare tutti.

@ AngelVirtues: Sei sempre molto esauriente nelle tue recensioni e chiarissima, ti ringrazio davvero tanto per i consigli che mi dai! E sono davvero contenta di riuscire a suscitare interesse con le mie storie! Grazie davvero, mi auguro che la seguirai fino alla fine!
  
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