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Autore: Mannu    16/03/2010    0 recensioni
Voglia di cambiare, di viaggiare, di essere indipendente. È questo che spinge Miki lontano dalle braccia del suo uomo oppure è consumata dalla fiamma della gelosia?
Genere: Generale, Romantico, Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ferraglia spaziale'
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La miniera nel cielo: Prologo
2.

La doccia bollente, anche se durata meno di un minuto, l'aveva rimessa in pace col mondo, tranne che con Spyro. Si era stupidamente ingelosita per una conversazione che lui aveva avuto e nemmeno sapeva con chi. Si sentiva peggio di quella volta che l'aveva incontrato per sbaglio in quel locale per ragazzini snob, seduto a un tavolo di fronte alla sua provocante, sensuale ex moglie. Forse Spyro aveva chiamato proprio lei. Forse tra i due si era riaccesa la vecchia fiamma della passione. Forse non era vero nulla e quella fiamma non si era mai spenta. Oppure Spyro aveva usato lei per far ingelosire la moglie e riallacciare una relazione interrotta? Ora sto esagerando, si rimproverò. La fantasia stava galoppando sfrenata, alimentata dalla gelosia. Detestava ammetterlo: le piaceva definirsi una ragazza dalle ampie vedute, tollerante, poco impulsiva e molto riflessiva. Eppure, seduta nella poltrona del comandante a bordo della sua nave, non smetteva di tormentare nervosamente i lunghi polsini della grigia maglia termica che aveva indossato sotto la camicia da astronauta a maniche corte. Io tollerante? Non è vero niente: sono gelosa da morire, ecco!
Spyro era sbarcato dicendo di doversi far vedere a bordo del Raja, da cui ultimamente era mancato per stare con lei. Cercava forse di farla sentire in colpa? Era sola a bordo, non riusciva a concentrarsi su quello che doveva fare e non era nemmeno a metà della mattina. Si era innervosita e sarebbe rimasta irritabile per il resto della giornata, ormai ne era certa. Tutto per colpa di un uomo. Quello stupido ammasso di muscoli!
Abbandonò la penna ottica sulla console di comando e la afferrò un istante prima che cadesse. Stizzita, la ripose con poca grazia in un posto migliore. Non era ancora riuscita a trovare una semplice cordicella che le impedisse di rotolare. Si aggiustò le bretelle della pettorina dei pesanti pantaloni da lavoro, tendendole un po'. Era inquieta, non sapeva che fare, aveva la testa piena di confusione. Decise di dare un nuovo sguardo ai conti: il giorno precedente si era spaventata per la bolletta giornaliera e aveva immediatamente abbassato il riscaldamento. Aveva il convertitore massa-energia isolato per manutenzione ed era dipendente dall'energia che il molo di Apollo le forniva. Energia che andava pagata. Stava controllando i consumi voce per voce quando ricevette una chiamata video. Un annoiato impiegato di un'azienda sconosciuta le chiedeva la disponibilità a una consegna straordinaria: era quello che stava aspettando. La sommerse di documenti da compilare, di richieste di certificazioni e la oppresse con la descrizione di mille obblighi contrattuali, ma con tutta probabilità il lavoro sarebbe stato suo. Un bel viaggetto: un piccolo container di deperibili da consegnare presso LV-41, noto anche come Mastodonte: un asteroide gigantesco che seguiva una traiettoria di avvicinamento al sistema solare e che ospitava una colonia mineraria. Non era lontanissimo, ma nemmeno dietro l'angolo. Si diede da fare e, contenta di aver trovato qualcosa cui pensare, si dedicò al noioso compito di sistemare tutta quella mole di scartoffie.

Doversi impegnare per smaltire le richieste burocratiche del suo primo vero committente servì a sgombrarle la testa. Quando ebbe finito era quasi ora di pranzo e si sentiva affamata. Andò a controllare nel locale mensa e trovò ancora del cibo che Spyro aveva comprato il giorno prima: surimi e soia in salsa nera. Ce n'era rimasto poco, ma lo mangiò in fretta dopo averlo scaldato e non desiderò altro. Si era messa in testa di dimagrire e non poteva certo mangiare tutto quello che desiderava. Con quel proposito aveva anche cominciato a frequentare la stessa palestra di Spyro. L'allenatore l'aveva accolta volentieri con la promessa che avrebbe fatto qualcosa per i suoi fianchi troppo carnosi e larghi. L'aveva detestato da subito. Per il momento era riuscito solo a renderla famelica due volte alla settimana.
Le venne voglia di sbarcare: si sentiva in gabbia. Se le avessero affidato il lavoro, avrebbe fatto meglio a fare qualche spesuccia: non aveva alcuna voglia di mangiare razioni per tutto il tempo. Aveva un frigorifero a bordo e intendeva usarlo. Ci pensò bene e decise che avrebbe fatto la spesa anche se non avesse ricevuto l'incarico.
Indossò il bracciale olografico e lo coprì con la manica della maglia termica mentre attendeva la conferma della prenotazione della gabbia motrice. Le fu confermato l'orario di arrivo e vide che aveva appena il tempo di indossare la tua ingombrante tuta EVA. Prese del denaro, lo infilò nella stretta tasca della pettorina e corse all'armadio robot che la aiutò a infilarsi la pesante tuta. Esattamente come si era immaginata, quando il portello esterno della camera stagna si aprì sul vuoto, la gabbia motrice era già lì.
Viaggiare dentro quel marchingegno era sempre un'esperienza, anche se recentissimamente avevano cambiato completamente il pannello di comando e semplificato le cose. Ora anche un bambino avrebbe potuto usarlo. Si godette il panorama: si era spostata al molo 55 per accelerare i tempi della manutenzione e infatti, voltandosi verso la sua nave mentre la gabbia motrice si allontanava manovrando automaticamente, poté vedere come le tute EVA rosse e gialle dei tecnici che ronzavano intorno allo scafo del Coyote fossero ormai prossime a terminare il lavoro. I motori sembravano a posto e, se distingueva bene i dettagli dello scafo in allontanamento, le linee di alimentazione erano state ricollegate tutte. Ora era sufficiente sistemare i condotti del plasma e la manutenzione poteva dirsi conclusa. Si attese una comunicazione da parte del capo dei manutentori di lì a poche ore.
La gabbia motrice, una piattaforma attaccata in cima a un complesso e lunghissimo braccio articolato, la portò a destinazione e poté finalmente posare piede su Apollo. Lasciò la struttura di accoglienza del moderno molo 55 e prese uno dei nuovi ascensori che la portò direttamente al quarto settore. Cominciò a passeggiare distrattamente alla ricerca di un supermercato che offrisse qualche promozione sui generi alimentari. Ne trovò diversi e alla fine scelse quello più grande. Passò in rassegna i banchi refrigerati che esponevano cibi freschi e confezionati: valutò le costose verdure di Mu4, lesse con attenzione le etichette di carote belle a vedersi e scelse senza esitare una grossa busta di patate piccole e tonde, più economiche. Pian piano la cesta che aveva prelevato all'ingresso si andava riempendo e quando vide sullo schermo a quanto era arrivato il conto, decise che poteva bastare. Il supermercato era così affollato che dovette fare la coda alle casse. Davanti a lei c'era una signora tarchiata con un bambino che le arrivava alla vita. Lo vide osservarla con attenzione e serietà e si decise a sorridergli. Per tutta risposta il bimbo distolse lo sguardo sdegnato e si dedicò all'espositore dei giocattoli lì vicino. Piccolo antipatico, pensò. Quando fu il suo turno di pagare sollevò il cesto con la sua spesa con una mano sola e posò la card coi soldi sull'apposito ripiano della cassa affinché venisse scalato l'importo. Ricevette i complimenti di una dipendente della sorveglianza del supermercato per l'agilità con cui aveva sollevato quel peso. Miki guardò il cesto pieno di cibo confezionato e ripensò agli analoghi commenti che l'allenatore di Spyro le aveva rivolto quando aveva constatato di cosa lei era capace con le sue braccia paffute e grosse.
- Solo allenamento... – rispose alla donna in divisa che le sorrise di rimando. Impostò su un pannello sensibile al tocco la destinazione desiderata per la sua spesa: un sistema di trasporto a nastro si sarebbe occupato di far giungere la sua cesta piena al deposito della struttura di accoglienza del molo 55. A un prezzo, ovviamente.
Si incamminò nel dedalo di corridoi che portava a una delle uscite del supermercato, un percorso obbligato fra grandi negozi e piccole botteghe dove era possibile sperperare tutto quello che era stato faticosamente risparmiato facendo la spesa con attenzione. Miki passeggiò tra le vetrine, schivando i carrelli della spesa e i marmocchi sfuggiti al controllo dei genitori, superando vocianti e fastidiosi capannelli di giovanissimi che la portarono istintivamente a chiedersi se fosse o no un giorno di scuola, quello. La folla era piuttosto fitta e muoversi in linea retta non era possibile. Quando il bracciale olo cominciò a solleticarle il braccio sinistro con la debole vibrazione che annunciava una chiamata inoltrata dal Coyote, si tirò prontamente da parte. Detestava essere urtata e spintonata, soprattutto se stava parlando con qualcuno. Con la schiena addossata a una piccola parete tra una vetrina e l'altra sollevò il bracciale e lo sfiorò per rispondere.
Coyote – disse atona. Chi la chiamava non poteva sapere che lei non era a bordo. Almeno quello era ciò che ricordava dopo una superficiale lettura del manuale d'uso della radio della sua nave.
- Salve, sono Farnesi, caposquadra della manutenzione del molo 55. L'assemblaggio è completo, i test preliminari hanno dato esito positivo. Avete luce verde su tutto. I reclami si accettano entro dodici ore a partire da adesso.
L'uomo aveva parlato in fretta masticando le parole. Lo comprendeva: era obbligato da contratto a ripetere ogni volta la stessa tiritera con tutti. Miki sapeva perfettamente che era del tutto inutile chiedergli qualcosa. Quella conversazione veniva registrata e doveva seguire il protocollo prestabilito senza deviare.
- Ricevuto, grazie mille – che registrino anche che io sono una ragazza gentile che ringrazia sempre, pensò.
- Buon viaggio, Coyote. Farnesi, chiudo.
Anche il caposquadra è una persona gentile, pensò lei sorridendo mentre chiudeva il canale con la sua nave. Alzò lo sguardo sul fiume di persone che le stava scorrendo davanti, intenzionata a riprendere la navigazione verso l'uscita. Ma sulla sponda opposta qualcosa richiamò la sua attenzione. Oltre la vetrina che consentiva di vedere dentro un negozio di hardware e dispositivi elettronici di largo consumo aveva visto muoversi qualcosa di viola. Qualcosa che le pareva di conoscere. Si alzò in punta di piedi e cercò di sbirciare attraverso gli oggetti in vetrina che offrivano un frastagliato riparo a chi era dentro il negozio. Tra un terminale da gioco e un condizionatore d'aria portatile lampeggiò di nuovo qualcosa. Capelli. Lunghi dread di un vivace e appariscente viola. Guadò il fiume di gente approfittando degli spazi vuoti che si aprivano qua e là e giunse finalmente dalla parte opposta. Si appoggiò alla vetrina, che recava segni di mani e polpastrelli ovunque, e concentrò la sua attenzione sulla gente che era dentro il negozio. Niente. C'era troppa confusione, nonostante fosse uno di quei posti dove bisognava pagare anche solo per entrare. Poteva essere lei? Certo, quella ragazzina impertinente e arrogante non era l'unica a tingersi i capelli di viola. Poteva trattarsi di chiunque. Avrebbe potuto essere stata vittima di un abbaglio. Si era decisa ad andarsene quando all'improvviso un nuovo lampo viola raggiunse i suoi occhi. Fu abbastanza svelta da intravedere la chioma scorrere giù dalla spalla di una giacca verde oliva, ma niente altro. Si allontanò dalla vetrina e si lasciò guidare dal flusso fino a quando raggiunse l'uscita. Dopotutto, si disse, anche se fosse lei, non me ne importa affatto.
Stava oziando con le mani in tasca, passeggiando svogliata lungo una strada affollata ricca di negozi e altre attività commerciali quando il suo bracciale olo vibrò nuovamente. Lo scoprì e quello proiettò per un breve istante l'ologramma del simbolo di un messaggio ricevuto. Il sistema informatico del Coyote era collegato a quel bracciale, anche se poteva usufruire solo di poche delle funzioni a cui aveva accesso tramite il terminale di bordo. Non riuscì quindi a visualizzare gli allegati al messaggio, ma capì che si trattava della conferma del suo primo incarico. Si sentì bene: aveva una nave, un carico, una destinazione. Perfino una scadenza e, ovviamente, una paga che l'aspettava. Sentì stringersi il petto per l'emozione e la gioia: avrebbe volato col suo Coyote e, con un po' di fortuna, non ci avrebbe rimesso nemmeno tanto denaro. L'unico neo che una sottile, discordante voce dentro di lei le mostrò evidente era che sarebbe stata da sola. E solo lei sapeva quanto aveva bisogno di compagnia, soprattutto da quando Spyro le aveva confessato, a modo suo, ciò che provava nei suoi confronti.
Il pensiero le tornò prepotentemente al secondo ufficiale del Raja, anche se lei ne avrebbe fatto volentieri a meno. Non era ancora partita e già sentiva la sua mancanza. Tornò con la mente alla conversazione che aveva udito di nascosto quella mattina e il pensiero che lui avesse un'altra stavolta le straziò il cuore, anche se solo per un attimo. Pensò di poter affrontare la cosa e di uscirne senza danni. Ma chi vuoi fregare, si disse quando il solo immaginare Spyro tra le braccia di quella splendida stronza della moglie sembrò poterle dividere in due il petto.
Doveva trovare qualcosa da fare, altrimenti la sua testa si sarebbe spaccata a forza di pensare a lui. Saltò su un nastro pedonale e si lasciò portare verso l'ascensore che l'avrebbe condotta al molo dove la sua corvetta la stava aspettando.
   
 
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