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Autore: RobynODriscoll    20/03/2010    8 recensioni
"Sono stata molte cose nella mia vita. Figlia e assassina, sposa e puttana, sorella e traditrice, amante e spergiura; a volte saggia, a volte folle, a volte sciocca e inerme. Ho creduto e ho dubitato, ho osato e ho fallito. Tante, troppe volte, ho avuto paura, tranne quando avrei dovuto averne per davvero.
Mi chiamo Bianca Auditore, sono figlia di un assassino e di una ladra. Cesare Borgia è stato il mio primo amante: diceva che era la mia purezza a istigarlo al peccato, come una macchia nera sulla mia pelle. Ma sbagliava; perché il peccato non è una macchia. Il peccato è di un bianco accecante. Come la neve e il vuoto, la morte e l’assenza. Come il lutto, la gioia, e la veste degli Assassini."
Genere: Azione, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Claudia Auditore , Ezio Auditore, Leonardo da Vinci , Maria Auditore , Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Filo Rosso del Destino - la storia di Bianca Auditore da Monteriggioni' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Eccomi di ritorno con le avventure della piccola Bianca (che tra un paio di capitoli non sarà più molto piccola ^^). Ci ho messo molto questa volta, ma lavoro, studio e un'antipatica tracheite si sono messi di mezzo tra me e l'ispirazione. Grazie, grazie, grazie a Lulla Cullen, Elika95 e Reby e Miko per le recensioni, ogni volta che mi scoraggio mi date la voglia di andare avanti con la storia! Spero che questo capitolo vi farà sorridere - a me ha divertito molto "zia Claudia" ^___^ ...


Era un borgo di poche anime, ma protetto come una roccaforte. Ci apparve brunito, tra i campi d’ottone e rame della Toscana: il nostro carretto camminava lento, e mentre sedevo in cassetta accanto a mio padre desideravo che il tempo si fermasse in quel momento. Lo spiraglio di sole autunnale rendeva di metallo i campi e le foglie morte sugli alberi. Pareva di muoversi dentro il sole, senza paura di potersi bruciare.

“E’ quello?” dissi, puntando il dito.

Mio padre accennò ad un sorriso sotto il cappuccio. L’aveva fatto tingere di scuro, per passare inosservato sulla nostra strada per Monteriggioni.

“Sì. Cosa ne dici, Bianca?”

“E’ davvero vostro?”

Lui sembrò divertito dalla mia incredulità. “La villa appartiene a mio zio Mario; ma il vecchio non ha figli, quindi forse un giorno la erediterò da lui.”

“Allora quando voi morirete diventerà mia!”

A quel punto, per la prima volta da quando lo conoscevo, Ezio rise.

“Questa bambina è un piccolo demonio!”

“Ha la lingua lunga degli Auditore” giunse la voce di mia madre, dal retro del carro.

Mio padre si strinse nelle spalle, con un sorriso da malandrino. “Da che pulpito, madonna Rosa…”

Io risi e mi voltai, per guardare la mamma mentre allattava Vanni.

Era così bella, mia madre. Si era dovuta vestire da donna, e far acconciare i capelli neri da Suor Teodora, perché non si notasse che erano poco più lunghi di quelli di un uomo. Anche se il suo abito era povero e grigio, i suoi occhi sembravano d’argento. Mi chiesi se si sarebbe dovuta vestire sempre così, adesso che ci trasferivamo nella tenuta di mio padre. La nostra vita stava veramente cambiando, in maniera radicale. Forse non avremmo più nemmeno dovuto rubare per vivere. Questo mi mise un po’ di tristezza, perché dopo tutto, ero diventata abbastanza brava. E correvo veloce! Quei ricchi signori non si accorgevano che avevo rubato loro la scarsella prima che fossi sparita sotto un portico, in un vicolo o dietro le gonne di una signora che portava in giro troppi figli per curarsi di quali fossero suoi e quali no.

Sospirai. Che bella vita era la mia, a Venezia! Ma con la nascita di Vanni era tutto finito, ed io mi sarei annoiata a morte in quel paesino.

Almeno, la villa sarebbe stata mia un giorno. Anche se non capivo bene cosa significasse, sembrava qualcosa di molto importante.

***

 

Zia Claudia, sulle prime, non mi piacque granché. Nonostante mio padre avesse cercato di ripulirci un poco, lei ci squadrò con una certa alterigia quando le fummo presentati: dovevamo sembrarle poco più che ratti di strada.

Per il nervosismo, mi prese il prurito. Iniziai a grattarmi il sedere quasi senza rendermene conto; il che, scatenò in zia Claudia un piccolo attacco d’ansia.

“Vergine misericordiosa, questa bambina ha le pulci!”

Faceva presto a parlare, lei. Non vestiva di lana grezza da settimane!

Comunque, questo commento le fece guadagnare un’occhiata di fuoco di mia madre. La quale, tuttavia, ebbe la prontezza di mordersi la lingua.

Nostro padre diede ordine alla servitù che fossero approntate delle stanze per noi. La villa non era enorme – niente a che vedere con il Palazzo della Seta! – ma sembrava pulita e spaziosa abbastanza da contenerci tutti.

La serva che mio padre ci aveva mandato fu abbastanza invadente, e a mia madre ci volle del tempo per convincerla che potevamo arrangiarci da soli. Quando finalmente fummo tranquilli per i fatti nostri, mise Vanni supino al centro del letto, mi tolse – o per meglio dire, quasi mi strappò di dosso – la cuffietta, e mi aiutò con gli stivali. Quindi, scalciò via i propri, sbuffando.

“Lo sapevo, è stata un’idea balzana.”

“Chi è quella signora, mamma?”

Mi ero arrampicata dall’altra parte del letto. Per dispetto, iniziai a fare il solletico sulla pancia di Vanni, che scalciava e agitava le mani ogni volta.

Rosa si sdraiò vicino a mio fratello, con un sospiro. “E’ vostra zia. Ezio dice che amministra la tenuta mentre lui è in viaggio.”

“Adesso abitiamo qui?”

“Sì.”

“E se lei ci caccia?”

“Non lo farà.”

“E tu ti vestirai sempre da donna?”

Le sue labbra si arricciarono. “Per tutti i diavoli dell’inferno, certo che no!”

“Perché siamo venuti qui?”

Vidi di suoi occhi socchiudersi, mentre poggiava una mano sul petto di Vanni.

“Non posso togliervi ciò che vi appartiene. Tuo e tuo fratello siete discendenti degli Auditore, Bianca. Loro erano una famiglia nobile e potente, un tempo.”

“E poi, cos’è successo?”

La sua voce era impastata di sonno. Sbadigliò. “Una congiura. Degli uomini cattivi…hanno arrestato il padre di tuo padre, e anche i suoi fratelli. Per salvarsi, Ezio…è scappato.”

Annuii. Adesso era chiaro perché portava sempre il cappuccio: non voleva farsi riconoscere.

Quando aprii bocca per chiedere altre spiegazioni, mi accorsi che mia madre si era addormentata.

Guardai il mio neonato fratello. Lui sembrava molto intento a studiare il disegno degli arabeschi sulla stoffa del baldacchino. La mano di mia madre sulla pancia lo teneva fermo; controllai che fosse al centro del letto e non potesse cadere. Quindi, scesi, badando di fare piano per non svegliare mia madre.

Mi accorsi che avevo molta sete, ma nella stanza non c’era dell’acqua. Allora, sgattaiolai nei corridoi, e scesi le scale. Volevo uscire, e andare al pozzo. A Venezia facevo sempre così, se non c’era acqua in giro. Vicino al pozzo in Campo San Polo trovavo sempre qualche signore gentile che tirava su un secchio d’acqua per me.

Fu per caso, lo giuro, che sentii mio padre e zia Claudia discutere. Mi fermai sulla soglia del laboratorio, accanto alle false colonne bianche.

 “Attendo spiegazioni, Ezio! Non ho tue notizie da mesi, ed ora ti presenti con una moglie? E per di più una donna che ha già due figli!”

“Hai frainteso la situazione, sorella mia.”

“Bene. Mi pareva che non potessi essere tanto sconsiderato.”

“Rosa non è mia moglie, ma i bambini sono miei.”

Zia Claudia per poco non svenne. Poggiò la mano all’indietro, dove sapeva di trovare il bracciolo saldo di una sedia. Lentamente, si mise a sedere.

“Ti rendi conto di cosa stai dicendo?”

 “Non potevo lasciarli a Venezia. Il Gonzaga dice che la discesa dei francesi è prossima. Sembra che Milano li lascerà passare, ma la Serenissima non ha ancora preso una posizione chiara. Se gli avessero dichiarato guerra, Rosa e i bambini sarebbero stati in pericolo. Di qui, i francesi non passeranno.”

“Cosa ti fa essere così sicuro?”

“Le mie fonti mi dicono che Firenze non opporrà resistenza. Apriranno loro le porte. Avranno rifornimenti e cibo in abbondanza dalla città, e non dovranno spingersi a saccheggiare le campagne. Era l’unico posto sicuro per loro.”

Vidi gli occhi scuri della donna sfuggire a terra, e poi rialzarsi, risoluti.

“Sì, hai fatto bene. A portarli qui, intendo. Il resto è deprecabile e immorale, ma ormai ho deposto le armi con te.” Si passò per un momento la mano sugli occhi. “Cielo, se nostra madre sapesse!

Il volto di mio padre s incupì.

“Anche se sapesse, non credo che capirebbe.”

Io non compresi cosa volessero dire, fino a che non incontrai Nonna Maria.

 

   
 
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