Eyes
On
Fire
Epilogo
Per Sempre
Questo
è
per te, Fva.
Lo so che è un modo schifoso per ringraziarti di tutto
e per dirti che ti voglio bene… ma spero mi perdonerai.
Ah, sei un asso nei calcoli di matematica. Ti adovo <3
«Sarah
e Marie Black, è pronta la colazione. Se non scendete entro
tre secondi vi vengo a prendere e vi trascino giù di
peso!», strillai, ai piedi
delle scale, rivolta al piano di sopra. Tornai in cucina borbottando.
Una
risata giunse alle mie orecchie, e mi voltai in direzione del tavolo,
incenerendo mio marito con lo sguardo.
«Amore,
sai benissimo che non ne saresti capace», mi derise Jacob,
facendo emergere il volto dal giornale che stava leggendo. Emisi un
verso
stizzito, smuovendo l’aria con una mano sotto i miei capelli
corti.
«Fai
poco il fenomeno. Ormai non sei più tanto forte nemmeno
tu»,
ribattei, alludendo a un fatto ben preciso.
«Non
sarò più un licantropo Bells, ma un po’
di forza mi è
rimasta. E, sicuramente, è ancora superiore alla tua, viso
pallido del mio
cuore». Feci una smorfia, versandogli il caffè
nella tazza.
Lui
mi ringraziò lanciandomi un bacio, e nella fretta di berlo
ne
versò alcune gocce sul tavolo.
«Due
anni in meno perché sei il solito pasticcione»,
esclamai,
additandolo con un ghigno.
Lui
alzò gli occhi al cielo, poi mi guardò con
tenerezza. Gonfiai
le guance, imbarazzata, mentre afferravo lo strofinaccio per pulire il
tavolo.
«Sei
davvero assurdo, Jacob. Perché ad ogni anniversario diventi
così… docile?», gli domandai, esibendo
un mezzo sorriso e sedendomi accanto a
lui per bere il mio caffè.
«Bells,
ti do il tormento trecentosessantaquattro giorni
l’anno…
per oggi posso anche fare il maritino perfetto», disse,
accarezzandomi una
guancia. Voltai la testa e gli baciai la mano, stringendola poi nella
mia.
«Sono
quasi vent’ anni che ti sopporto, Jake… ormai ci
sono
abituata. Così tanto che se fai il cucciolo quando mi
arrabbio non c’è gusto.
Ci rimango quasi male», dissi, ridendo. Posò una
mano sulla mia guancia,
attirando il mio viso verso il suo.
«Quindici
anni che siamo sposati», sussurrò a pochi
centimetri
dalle mie labbra. «Auguri, signora Black».
Chiusi
gli occhi. «Auguri, signor Black», mormorai, prima
che le
nostre labbra si unissero. Lo stomaco mi si strinse, come ogni volta.
Passai il
palmo sulla sua barba corta e ispida, ed emisi un lamento basso quando
mi punse
una guancia. Lo sentii ridacchiare, mentre mi costringeva ad alzarmi in
piedi,
per stringermi a sé.
«Mamma,
papà, la volete piantare con queste smancerie?!».
La
voce disgustata di Marie interruppe quella piccola magia, e ci
costrinse a ritornare coi piedi per terra.
«Sei
gelosa della tua mamma, piccola?», domandò Jacob,
avanzando a
grandi falcate verso nostra figlia e prendendola in braccio senza
problemi. Le
schioccò un bacio sulla guancia. «Vuoi il tuo
papà tutto per te?».
La
bambina gonfiò le guance, sfregando la mano sul punto in cui
Jake l’aveva baciata. «Non sono piccola!».
Jacob
rise, arruffandole i capelli. «No, hai ragione. A otto anni
sei già una donnina!»,
l’accontentò sghignazzando, poi la mise
giù.
L’abbracciai, dandole un bacio sulla fronte.
«Su,
Marie, siediti che è pronta la colazione.
Dov’è tua
sorella?».
La
bambina afferrò la forchetta e infilzò una
frittella, iniziando
a mangiare senza troppe cerimonie. «Non trofafa il fideogioco
che le ha
prestato Kiowa», disse a bocca piena, alludendo al figlio di
Sam ed Emily,
grande amico di Sarah.
«Così
farà tardi a scuola», mi lamentai, scuotendo la
testa e
sedendomi a tavola. «Devo anche passare da Charlie per
riportargli la camicia
che gli ho rammendato, prima di andare al liceo».
«Se
vuoi la porto io Sarah, a scuola, tanto oggi ho chiuso
l’officina», si offrì Jake. Lo faceva
ogni anno, per il nostro anniversario,
nel caso avessi avuto giornata libera da scuola – infatti ero
professoressa di
lettere al liceo di Forks –, cosa che, purtroppo,
quell’anno non era avvenuto.
Ma, fortunatamente, quella mattina avevo soltanto quattro ore.
«Penso
che le farà piacere», dissi a Jacob, sorridendo.
«Soprattutto se la porti in moto… ieri si
è lamentata perché dice che è da
tanto che non le fai fare un giro».
Era incredibile quanto Sarah, nonostante fosse –
all’apparenza – una normale
ragazzina di quindici anni, somigliasse a suo padre: la passione per le
moto
era il tratto che condividevano per la maggiore. Inoltre amava portare
i
capelli corti, giocare ai videogiochi e fare surf. Tra le sue amiche
aveva la
fama di “maschiaccio”… e ne sembrava
piuttosto fiera.
«Sì,
papà, se non mi porti a scuola in moto ti terrò
il muso a
vita», esclamò Sarah, facendo capolino in cucina.
Si avvicinò a Jacob e gli
tirò una guancia, prima di sedersi accanto a Marie e
versarsi del latte nella
tazza.
«Ehi,
ragazzina, minaccia poco! È già tanto se domenica
ti lascio
andare a Port Angeles con le tue amichette, dopo quel votaccio che hai
preso in
chimica», la riprese Jacob, aggrottando le sopracciglia.
Sarah alzò gli occhi
al cielo.
«Neanche
tu eri una cima, Jake», lo punzecchiai, sorseggiando il
mio caffè con aria furba.
Mio
marito spalancò gli occhi, esibendo un’espressione
indignata.
«Non
dovresti contraddirmi davanti a nostra figlia, Isabella! Che ne
è della mia autorità, poi?», si
lamentò in maniera teatrale, incrociando le
braccia al petto, mentre io ridevo per come mi aveva chiamata. Vedevo
la fatica
di Sarah nel contenersi dal ridere, perché sapevamo entrambe
che, sotto certi
aspetti, Jacob era più bambino di lei.
La
colazione proseguì serena fin quando non fu il momento di
separarsi. Uscii di casa assieme a Marie per portarla a scuola, poi
passai da
Charlie che, come al solito, mi chiese come stavano le sue adorate
nipotine. Le
mie figlie lo adoravano.
Infine, arrivai a scuola. Mi veniva da ridere quando ripensavo ai primi
tempi
in cui mi ero ritrovata al liceo di Forks non più come
studentessa ma come
insegnante. E la sorpresa quando ritrovavo i figli dei miei vecchi
compagni di
scuola. Amavo il mio lavoro anche per quello, sebbene – me lo
dicevano in
molti, i primi tempi – quella di insegnante non potesse
considerarsi una
professione adatta a me, timida com’ero. Eppure ero riuscita
a cavarmela.
Uscii
da scuola e tornai a casa in tutta fretta, e mi sentii una
ragazzina, col cuore che pulsava e le guance che si infiammavano
all’idea di
restare da sola con Jacob, di avere una giornata tutta per noi.
Risi
tra me, provando a darmi un contegno, mentre guidavo a bordo
della mia Mini. Purtroppo, il pick-up aveva cessato di vivere pochi
anni
indietro, e, con la morte nel cuore, avevo dovuto necessariamente
cambiare
macchina, perché davvero non c’era più
nulla da fare. Invece, la Golf di Jacob
aveva retto benissimo allo scorrere del tempo.
Parcheggiai
davanti alla nostra casetta a La Push ed entrai.
«Jake?
Ci
sei?», domandai, posando a terra la tracolla e appendendo la
giacca. Un
secondo, e qualcosa di caldo mi avvolse.
«Sì», sussurrò, vicino al mio
orecchio. Gli circondai il collo con le braccia,
mettendomi in punta di piedi per affondare il volto contro la sua
spalla. Si
allontanò un poco da me, per riuscire a baciarmi con
trasporto.
«C-Che
programmi abbiamo per oggi?», sussurrai, a poca distanza
dalle sue labbra, dopo
un tempo infinito.
«Giornata nella nostra casetta e tramonto a First Beach? Come
sempre», propose,
sfiorando il suo naso col mio.
«Come
sempre», asserii, baciandolo di nuovo. «Ho chiesto
a Charlie se pensava lui
alle bambine, oggi…».
«Perfetto»,
mormorò, infilando una mano sotto la mia camicia. Iniziai a
retrocedere verso
la porta di ingresso, per uscire di casa. Avremmo usato la mia
macchina, visto
che le mani di Jacob sembravano essere troppo impegnate per prendere le
chiavi
della sua.
«Fai
il
bravo», dissi ridacchiando, quando fummo fuori casa, vicino
alla mia auto.
Scostò le labbra dal mio collo, sfilandomi le chiavi di mano
e lanciandomi uno
sguardo eloquente che mi fece avvampare.
Impiegammo poco a raggiungere la nostra casetta sulla scogliera. Ci
avevamo
abitato i primi sette anni di matrimonio, assieme a Sarah, ma poi
avevamo
dovuto trasferirci con l’arrivo di Marie. In quattro era
decisamente troppo
stretta, però ci piaceva tornarci, ogni tanto, soprattutto
in situazioni come
quella, quando volevamo stare un po’ da soli.
Fu
una giornata meravigliosa, come tutte le volte, e mi ricordava
i primi tempi quando, da giovani, andavamo per sfogare il nostro amore,
lontano
dalle orecchie indiscrete di Charlie.
Adoravamo le nostre figlie con tutto il cuore, ma un giorno
all’anno ci piaceva
prenderci una giornata tutta per noi… e, sinceramente, non
credevo che sarei
mai riuscita a fare a meno di quel tempo passato insieme, da soli, dove
Jacob
sfogava la sua passione e il suo amore senza alcun riserbo. E lo stesso
facevo
io.
Quando
fu quasi l’ora del tramonto, presi una coperta e richiusi
di nuovo la casetta a chiave, senza celare un sospiro. Jacob mi
guardò
ridacchiando, e mi prese la mano.
«Andiamo?»,
mi
chiese, sorridendomi.
Lo
guardai negli occhi. «Sì».
First
Beach non era molto distante dal cottage, perciò ci
impiegammo poco ad
arrivare. E il cuore mi si riempì di gioia quando avvistai
il nostro tronco,
che non si era mai mosso da lì. Era ancora più
bello illuminato dalle sfumature
arancioni e rossastre del tramonto di aprile.
C’era sempre il sole in quella data, il quindici aprile,
tutti gli anni.
Stendemmo la nostra coperta vicino al tronco, e Jacob vi
posò la schiena
contro, prendendomi poi tra le sue braccia. Rimanemmo in silenzio,
ascoltando
in pace lo sciabordio delle onde color oro. Era un’abitudine
che non avevamo
perso: vicini col corpo, lontani con la mente.
Mentre sentivo il respiro caldo di Jake al mio orecchio, esplorai
l’orizzonte
con gli occhi, facendo scorrere i pensieri.
La mia
era una vita felice: ero circondata da persone che amavo e che mi
amavano;
Jacob e le mie figlie erano il fulcro della mia esistenza, ed ogni
singolo
giorno passato con loro mi faceva sentire completa. I ragazzi di La
Push
arricchivano il nostro quadretto familiare, assieme a Charlie, a Billy
e a Sue.
Era come se facessimo parte di un’unica grande famiglia.
C’erano anche i momenti difficili o dolorosi, ma il legame
che ci univa ci
portava sempre un passo più avanti, dandoci modo di superare
il destino
avverso.
A volte
provavo a immaginare come sarebbe stato far parte di un’altra
famiglia, quella
dei Cullen. Non era un pensiero che mi recava dolore o rimorso,
perché non
avevo nessun rimpianto, ma non potevo fare a meno di pensarci, con un
sorriso,
però. Una sera mi ero ritrovata persino a parlarne
apertamente con Jacob.
Aveva detto che, in quel momento, probabilmente sarei stata un pezzo di
ghiaccio tra braccia altrettanto ghiacciate, reduce
dell’ennesimo
trasferimento, senza marmocchi rompiscatole che giravano per casa.
Quell’immagine, confrontata con la mia vita frenetica e
movimentata, mi sembrò
triste e monotona. Quando espressi questo pensiero, Jacob
scoppiò a ridere,
mentre io mi beavo del calore delle sue braccia forti strette attorno
il mio
corpo, e mi rendevo conto di una cosa che, prima di allora, non ero
riuscita a
cogliere.
Sentivo
lo scorrere del tempo e ciò mi cambiava: i miei trentotto
anni ne erano una
prova.
Eppure, quando guardavo Jacob mi sembrava sempre di essere rimasta
ferma ai
diciotto anni.
Forse
perché qualche volta ci concedevamo ancora di comportarci da
“irresponsabili”,
consumando qualche chilometro con la moto di Jake – la mia mi
aveva abbandonato
pochi anni prima; forse perché nello stare insieme non
eravamo cambiati,
“beccandoci” e scherzando come due ragazzini.
O, molto semplicemente, era l’amore che mi legava a Jacob a
farmi sentire più
giovane: ogni suo tocco, la sua voce,
suoi baci, i suoi sorrisi... le emozioni che scatenavano
in me avevano
un’intensità tale che mi sembrava sempre di
provarle per la prima volta. E il
sentimento che provavo nei suoi confronti non si era affatto
affievolito con lo
scorrere del tempo, anzi, cresceva inarrestabile, giorno dopo giorno.
Non ero bellissima, indistruttibile, speciale; non avevo nessun dono
particolare e, soprattutto, non ero eterna.
Ma
nonostante sapessi che il tempo di vivere quella vita che ogni giorno
mi
regalava emozioni e soddisfazioni sempre nuove prima o poi sarebbe
scaduto –
speravo sempre il più tardi possibile – non
riuscivo ad essere triste o a
rimpiangere la scelta che avevo fatto.
Sapevo
che Sarah e Marie avrebbero sicuramente ereditato
l’opportunità di vivere per sempre, se
è vero che buon sangue non mente. Ed ero
felice che fosse così, anche se l’idea di non
poter restare loro accanto e
amarle per tutto quel tempo rendeva triste sia me che Jacob.
Ma, nonostante tutto, ci consolava l’assoluta certezza che,
qualunque cosa ci
aspettasse alla fine delle nostre vite, ci avrebbe trovati insieme.
«Jake»,
lo chiamai, alzando il viso verso il suo.
«Sì?»,
rispose, sorridendomi dolcemente.
«Ti
amo».
«Anche
io
ti amo, Bells».
Rimanemmo
in silenzio qualche secondo, entrambi gli occhi fissi
all’orizzonte rosso
fuoco.
«Per
sempre», sussurrammo insieme, legando nuovamente i nostri
sguardi.
Per sempre,
Jacob e
Bella.
– The End
–
Angolo
autrice.
Io non so davvero cosa ci faccio qui. E’ vero che
c’erano altri capitoli prima
della fine, ma la mancanza di tempo e ispirazione mi hanno portato a
pubblicare
l’epilogo. Fatico a crederci, sinceramente…
Non so
nemmeno che parole usare, veramente .-. è…
difficile?
Volevo
solo dirvi che so che non è un granché come
epilogo… ma penso che non mi
sarebbe uscito niente di meglio. E’ una semplice occhiata
alla vita di Jacob e
Bella, come adulti sposati e genitori. Spero vi concentrerete
soprattutto sulle
ultime righe, perché in teoria sono il nocciolo della storia
:) Bella è vecchia, ma
l’amore di Jacob
la rende “ciovane” per i motivi indicati sopra XD
Eh… beh, niente. Ho già scritto da qualche parte
che, più avanti, pubblicherò i
missing moments di questa storia, ma i contenuti per ora sono segreti,
muahahah!
E’
giunto
il momento dei ringraziamenti finali… Vi ringrazio tutti,
uno ad uno, di cuore,
per avermi seguito e avermi tenuto compagnia per più di un
anno. Quando sono
partita non sapevo che sarei arrivata fin qui, e sono grata a questa
storia per
avermi fatto conoscere delle persone davvero stupende <3 GRAZIE DI CUORE A TUTTI!
Alle 77
persone che hanno inserito questa storia alle preferite, le 3 che
l’hanno
ricordata e le 61 che la seguono <3 Inoltre un grazie immenso
alle 12
persone che mi hanno messo tra gli autori preferiti.
Grazie a Rein94,
Kekkaxxx,
kandy_angel,
Faffina,
_Starlight_,
Lea__91,
Saorio,
HopeToSave,
MizzRini96_13, lalli85,
marpy
e missrikottina
che
hanno recensito lo scorso capitolo, riempendomi come sempre di lodi
che non merito affatto.
Mi
sa che ora è davvero finita… o forse
no. C’è sempre Eternal Moonglow, no? ;D
Ci si becca là, tesole! Spero di poterlo postare il
più presto possibile, sperom…
A presto, allora :)
Un
bacio enorme e un mare di abbracci
<3
Vi
adoro!
Vostra Bea :3