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Autore: malandrina4ever    30/03/2010    13 recensioni
Sono un cervo. Sono un cervo. Sono un cervo. Sono un cervo...
Sono un coglione.
Sì, decisamente meglio.
Sono un coglione.
Altrimenti non si spiegherebbe il fatto che me ne sto in piedi da quasi mezz'ora al centro di una stanza pressoché vuota, ad occhi chiusi, a ripetermi nella mente che sono un cervo.
Quando è evidente che io non sono un cervo.
Ora come ora sono solo un coglione.
Anche se sono certo che Sirius, al mio posto, apparirebbe ancora più stupido.
Mentre apparirebbe meno stupido ripetere qualcosa come "Sono un leone”.
Sì, sarebbe sicuramente più dignitoso.
Ma purtroppo secondo quello stupidissimo libro io sono un cervo, sono un cervo, sono un cervo...
- James?
- ‘ono un cervo, sono un cervo, sono un ce...
- James.
- Mh?
Apro lentamente gli occhi, ritrovandomi a fissare quelli del mio migliore amico che, comodamente stravaccato su una poltroncina blu, mi osserva criticamente.
- Ci sono miglioramenti?
- Sono un cervo, Sirius?
- No, - risponde lui squadrandomi da capo a piedi.
- Mi sono spuntate delle corna o una coda a ciuffo?
- No.
- Quindi ci sono miglioramenti?
- No.
- Ecco.
*****
James sembra davvero un coglione.
Genere: Azione, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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CAPITOLO 8.

 

 


- Ascolta, Pete, avevo detto che sarei entrato in squadra diventando il miglior Cercatore della scuola e l’ho fatto, avevo detto che sarei diventato il miglior amico di Sirius e l’ho fatto, avevo detto che avrei trovato un modo per aiutare Remus e l’ho fatto, avevo detto che sarei diventato Animagus e l’ho fatto.

Avevi detto che avresti conquistato Lily Evans e non l’hai fatto.

- Ed ora ti dico che riuscirò a farti trasformare in un topo e lo farò.

L’importante è crederci.

- E non fare quella faccia. 

- E' la mia unica faccia, James. Ed è una faccia terribilmente umana, che non si trasformerà mai in una da roditore, – sospiro sconsolato.

 

***

 

- Forse non ci siamo capiti, Pete: noi non usciremo di qui finchè non ti sarai trasformato in un topo, - affermo deciso, mentre Peter alza uno sguardo allarmato su di me.

E se sapesse che con ‘noi non usciremo di qui’ in realtà intendo ‘tu non uscirai di qui’ credo che sarebbe ancora più allarmato.  

Ma a mali estremi, estremi rimedi.

- Forza, chiudi gli occhi. Ho detto chiudi gli occhi, Pete, non ti faccio niente, giuro. 

Ma perché la gente non si fida mai di me?

Dopotutto se tutto va come previsto nessuno si farà male.

Nemmeno Peter.

Se tutto va come previsto.

Se tutto va esattamente come previsto.  

 

***

 

Evidentemente le cucine sono proprio molto lontane se James ci mette più di un quarto d’ora per andare e tornare, possibilmente con gli altri. Ma dato che è di James che stiamo parlando, tutto è possibile. E proprio per questo ho ormai perso la speranza da un pezzo, quando il ritratto della Signora Grassa si apre svelando un Sirius dalla faccia incredibilmente depressa.

- E gli altri?

- Sirius?

- Tutto bene?

Sirius mi ignora bellamente, passandomi davanti senza nemmeno guardarmi per poi lasciarsi cadere a peso morto sul divanetto di fronte alla mia poltroncina, senza dar più alcun segno di vita, la faccia affondata nel cuscino.

- Devo portarti da Madama Chips?

- E' successo qualcosa?

- Gli altri stanno bene? Dove sono?

Ok, è chiaro che da Sirius non otterrò alcuna informazione.

Quindi il massimo che posso fare è aspettare gli altri, sperando che non siano morti.

“O sperando che lo siano” aggiunge la mia parte malvagia, parte che ho sviluppato dopo mesi e mesi di scuse assurde e palesi bugie.

- Comunque io odio mia madre, non la vorrei mai qui, nemmeno se fossi disperato, chiaro? - sbotta improvvisamente Sirius, fissandomi minaccioso con gli occhi stretti a fessura.

E a questo punto io mi chiedo perché, perché permetto ad un individuo del genere di chiamarmi ‘amico’.

Chiaro, Remus?

- Sì, Sirius, cristallino, - mormoro accondiscendente, trattenendo un sospiro esasperato.

Un giorno dovranno darmi una medaglia per la pazienza.

- Guarda che preferirei morire piuttosto che avere lei qui. 

Una grossa medaglia, ovviamente d’oro.

 

***

 

- Anf, per Godric, James, ma sei del tutto impazzito?!

Non è colpa mia.

Io ho solo cercato di motivarlo.

Se non ci riesce, non so cosa farci.

- Se ti fossi trasformato sarebbe andato tutto bene, Pete. 

- Anche se tu non avessi chiesto alla stanza di stringersi attorno a me sarebbe andato tutto bene! Mi stavi per uccidere! - sbotta Peter, rosso in viso. Esagerato. 

- Non ho chiesto alla stanza di stringersi attorno a te, Pete, le ho chiesto di stringersi attorno allo spazio in cui ti trovavi tu. Sarebbe bastato che tu ti spostassi, – lo correggo pacatamente.

- Passando da un buco largo dieci centimetri?

- Trasformandoti in un topo e poi passando da lì. 

Geniale, eh?

Peccato che non abbia funzionato.

Non per colpa mia naturalmente.

Perle ai porci, ragazzi, perle ai porci.

La storia della mia vita. 

 

***

 

Ma se io non riesco a trasformarmi in condizioni normali, James come può pensare che io possa farcela in cinque secondi mentre sono sotto pressione?

Sotto pressione in tutti i sensi.

Ma è meglio dargli ragione: non c’è tempo da perdere ora, sono quasi le otto.

Quindi è quasi ora di cena.

Ed io non posso perdere la cena.

- D'accordo, James, grazie lo stesso, ti sono davvero grato per aver tentato di aiutarmi, - Anche se questo tuo tentativo mi ha fruttato un principio di soffocamento - Ora però direi di avviarci verso la Sala Grande, eh? È quasi ora di cena.

Perché fa quella faccia?

Cos’è quel ghigno?

Oh no, oh no.

Sta scherzando, vero?

 

***

 

Povero piccolo ingenuo Peter, che mi ha appena offerto su un piatto d’argento la soluzione.

La cena.

Tra. Poco. È. Ora. Di. Cena.

E Peter non ha mai saltato un pasto da quando ha messo piede ad Hogwarts.

Peter non ha mai saltato un pasto in vita sua.

Sento un ghigno allargarsi sulle mie labbra, mentre guardo malignamente Peter impallidire. A quanto pare sta iniziando a rendersi conto che se ho detto che lo farò trasformare entro oggi, lo farò.  

A costo di saltare a mia volta la cena.

 

***

 

Da qualche minuto Sirius ha riacquistato l’uso della parola. Ora se qualcuno entrasse nella Sala Comune si ritroverebbe davanti una scena perfettamente normale: due Grifondoro del quinto anno che chiacchierano tranquillamente, seduti sui divanetti vicino al fuoco.

Ovviamente questo vale solo nel caso in cui il passante guardi la scena da lontano.

Perché se si avvicinasse abbastanza da sentire le nostre parole si renderebbe conto che, in effetti, qualcosa che non va c’è.

- Sei venuto qui perché te lo ha detto James? E a proposito, dov’è James?

- Una volta mi ha dato uno schiaffo così forte che mi sono rimaste le sue cinque dita stampate sulla guancia per giorni, ti pare che la vorrei qui?

Ad esempio il fatto che io faccio domande precise al mio compagno, su un argomento che mi preme abbastanza tra l’altro, e lui mi risponde parlando di tutt’altro.

Sua madre per la precisione.

A questo punto mi chiedo cosa stia succedendo, in qualunque luogo si riuniscano quei tre, di tanto sconvolgente da far sentire a Sirius il bisogno di puntualizzare che non desidera affatto la presenza di sua madre.

Argomentando il tutto con innumerevoli, terrificanti episodi della sua infanzia a casa Black, naturalmente.   

Di qualunque cosa si tratti, non va bene.

Sta facendo uscire di testa i miei amici più di quanto non lo siano già.

E loro lo sono già molto.

Troppo.

Prima James, colpito da crisi d’identità e perfettamente immedesimato in un fungo; poi Sirius, improvvisamente dimentico delle principali regole per intrattenere una conversazione, come parlare entrambi dello stesso argomento, ad esempio. A questo punto posso solo sperare di non incontrare Peter nelle prossime ore, perché non ho assolutamente voglia di scoprire che se ne va in giro rotolando invece di camminare o che tenta di volare credendo di essere una farfalla.

- Lo sai, una volta mi ha chiuso in camera a pane e acqua per cinque giorni di fila, e solo perché...

- Sirius, basta! Ti credo, lo so che odi tua madre, ma ti prego, dimmi che fine hanno fatto gli altri. 

- Dovevi vederla e sentirla quando sono stato smistato a Grifondoro. Completamente indemoniata. 

Vaffanculo, Sirius.

Dal più profondo del cuore.

E se non te lo dico ad alta voce non è per educazione, ma solo perché tanto non mi ascolteresti nemmeno.

Ma un giorno io, casualmente, mi scorderò di andare alla Stamberga durante una notte di luna piena, e sarà lo stesso giorno in cui, sempre per caso, prima di andare a dormire mi sarò chiuso dentro la camera a chiave.

Con te, James e Peter dentro, ovviamente.

 

***

 

Devo diventare un topo, devo diventare un topo.

A tutti i costi.

E devo farlo entro venti minuti, prima che, oh Godric, non riesco neanche a pensarlo, prima che sparecchino la tavola.

Senza che io abbia mangiato nulla.

No, no.

No. 

Non posso permetterlo.

Devo diventare un topo e lo devo fare subito.

La cena ormai è stata servita da più di mezz’ora, questo significa che le cosce di pollo sono quasi finite, degli spiedini di pesce non sarà rimasto nemmeno il profumo e neppure per le patate arrosto c’è più nulla da fare.

Ma c’è ancora il budino.

Oh sì, per lui c’è speranza.

Per lui c’è sempre speranza!

E giuro su quello che ho di più caro, ovvero la mia scorta segreta di cioccorane, a cui a proposito devo cambiare posizione dato che ultimamente ho il sospetto che Remus si stia avvicinando a scoprire di nuovo il nascondiglio, che arriverò in tempo.

Che la forza di tutti i budini al cioccolato del mondo sia con me!

 

***

 

Sono un genio e non mi stancherò mai di ripetermelo.

Credo che a questo punto Peter sia così motivato che potrebbe trasformarsi in qualsiasi cosa.

Certo, prima di mettersi al lavoro ha ovviamente tentato la fuga, ed essere caricati a tutta velocità da un Peter furioso che ti vede come unico ostacolo tra lui ed il cibo, beh, è un’esperienza che non auguro a nessuno tranne che a Mocciosus, ma grazie al mio incredibile sangue freddo, alla mia inaudita prontezza di riflessi, alla mia invidiabile prestanza fisica e al mio coraggio smisurato, nonché grazie all’eroismo intrinseco in me, sono sopravvissuto.

E, forse sì, grazie anche al fatto che per fortuna avevo già provveduto a togliere a Peter la sua bacchetta mentre si concentrava.

Comunque me la sarei cavata anche da solo.

Ho usato la magia per fermarlo unicamente affinché Peter non rischiasse di farsi male sbattendo contro i miei muscoli d’acciaio.

Non c’era davvero bisogno di evocare la barriera davanti alla porta per impedirgli il passaggio, bastavo io.

Se solo si muovesse però potrei sperare di riuscire a mangiare almeno una briciola di...beh, esattamente non so cosa ci sia ancora a tavola a quest’ora.

Però se Peter è così rosso dallo sforzo di concentrarsi, vuol dire che è rimasto ancora qualcosa che valga la pena mangiare.

Forza, Peter.

Fallo per Remus.

 

*

 

Le mie mani si rimpiccioliscono, così come il resto del corpo, e mentre io mi ricopro di una corta peluria grigia sento le dita avvicinarsi tra loro, accorciarsi e farsi sempre più appuntite, rosate. Gli odori nella stanza si fanno via via più forti mentre il mio naso muta, rimpicciolendosi e scurendosi, e mentre ai suoi lati iniziano a spuntarmi dalla pelle dei lunghi baffi neri. Gli occhi, sempre chiusi, si fanno appena più piccoli, mentre le orecchie mutano completamente forma e dimensione e sento qualcosa di flessibile spuntarmi dal fondoschiena, una coda lunga quanto il mio nuovo, piccolo corpo.

Quando non sento più alcun cambiamento prendo un bel respiro, prima di decidermi ad aprire gli occhi, sperando di non essermi immaginato tutto.

E prima che io possa scoprirlo con calma e serenità tramite la vista, James decide di farmelo capire in un modo molto più appariscente e doloroso: gridare.

Non so se per la paura o la felicità, so solo che è un grido talmente forte da spaccarmi i miei nuovi e già da buttare timpani e da farmi rimpiangere di essere riuscito nella mia impresa.

Ma per il budino questo ed altro.

Oh Godric! Oh Godric!

Con ‘altro’ non intendevo farmi schiacciare da James!

Prima che James in versione gigante mi si avvicini ulteriormente, di corsa e sempre gridando qualcosa, inizio a zampettare più veloce che posso tentando di sfuggirgli.

 

*

 

-Sì! Grande, Peter, ce l’hai fatta! Lo sapevo che la cena avrebbe funzionato, lo sapevo! - Al massimo della felicità inizio a correre verso il piccolo topo grigio appena apparso davanti a me e che appena apre gli occhi inizia a correre con uno squittio spaventato.

- Pete! Dove corri? Dobbiamo andare a dirlo a Sirius, dai!

Improvvisamente il topo si ferma ed un secondo dopo Peter è di nuovo al suo posto.

- Ora. Si. Va. A. Cena. Chiaro? 

Vorrei dirgli di no per principio.

Nessuno mi può dare ordini.

Eppure il brontolio del mio stomaco in questo momento è persino più forte del mio orgoglio e questo è tutto dire.

Inoltre, anche se non lo confesserò mai nemmeno sotto tortura, Peter mi fa un po’ paura con quella luce omicida negli occhi.

Cioè, non proprio paura, sia chiaro.

Io non ho paura di Peter.

Però è inquietante.

Molto.

- Ok, Pete, andiamo a cena. Però almeno sorridi, no? Ci sei riuscito!

Peter mi guarda negli occhi per infiniti secondi, prima di dire con voce seria:

- Per lui questo ed altro.

Io gli sorrido, ma il sorriso mi si congela sulle labbra quando Peter si getta fuori dalla Stanza sussurrando qualcosa di molto simile a:   

- Per il budino!

Ma in fondo sono certo che budino è un modo come un altro per dire Remus.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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