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Autore: kokylinda2    13/04/2010    23 recensioni
E se nella stazione di King’s Cross Harry avesse fatto un’altra scelta? Se le opzioni fossero state: ritornare, andare avanti, o ricominciare? E se lui avesse scelto quest’ultima? Harry torna indetro nel tempo nel suo corpo da ragazzino undicenne, e adesso deve rifare tutto daccapo. Riuscirà a salvare le persone che ama e rimediare ai suoi errori?
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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12- Confronti Spiacevoli

Aloha! Beh, mi scuso per le settimane di ritardo, ma davvero, non ho avuto molto tempo per scrivere. T_T Presto gli aggiornamenti potrebbero rallentare ulteriormente a causa degli esami che dovrò sottostare L Ma non lascerò la storia, non preoccupatevi! Ringrazio tutti coloro che leggono! Spero che vi piaccia, comunque. Koky ;P

Kiry95: ciao! Spero che tu non abbia perso interesse nella fic, anche se con un ritardo come quello che ho fatto mi aspetto di tutto XD Sono contenta che ti sia piaciuta l’idea dello scudo! In questo chap ho infilato un paio di confronti che il povero Harry ha dovuto sopportare: alcuni sono più significativi, ma con Raptor non è ancora arrivato il bello … succederà più avanti! Mi sento quasi in colpa per aver scritto così tanto … magari dovrei cominciare ad accorciare i capitoli? Un bacio, koky

Sssweety: aloha! Finalmente Draco ed Harry chiariranno … o almeno credo. Più che altro riescono a ritrovare il loro equilibrio. Fantastichi su Harry che fa un viaggetto nel loro regno? In futuro, magari … In questo capitolo ho già creato segnato la data (più o meno) dell’incontro che molti aspettano: quello tra Felpato e Lunastorta. Ti ringrazio di cuore per i complimenti, anche perché io non mi sono mai considerata tanto brava a scrivere, e quando me lo sento dire quasi non ci credo *_*  Perdonami per il ritardo, spero che il chap ti piaccia! J

Manda: beh, sono felice che ti sia piaciuto l’arrivo di Sirius (purtroppo non c’è in questo capitolo XD). Non ho ancora potuto approfondire molto sul Centro di Ricerca perché Harry va di fretta, ma presto ci tornerà, te lo assicuro! Per lo scudo contro la Cruciatus … beh, diciamo che lì potrebbe esserci qualche intoppo. Leggerai più avanti! L’Auror tornerà in scena … prima o poi. Mi auguro che sia di tuo gradimento e di non deluderti :P

Elita: hello!!! Ormai non so se si è notato, ma mi piace cercare di sorprendere e di non essere banale. Non so se sempre riesco nel mio intendo, ma almeno ci provo XD Draco rinsavisce presto … e no, durante la lezione di Quidditch non … oh, non ti rovino la sorpresa! Non so se mai un giorno si troverà una cura agli effetti della Cruciatus … è una possibilità che non avevo tenuto in conto. Tra una decina di capitoli dovrebbe cominciare il secondo anno (il tempo scorrerà più in fretta, spero, ma non ne sono sicura … magari di più XD) Un bacio, :D

Erika91: alla fine ho seguito il tuo consiglio e non ho comprato il libro Lexicon in italiano. Io in pratica sono madre lingua inglese (non sono proprio italiana al cento per cento), quindi mi sono attenuta a trovare le informazioni sul sito. Mi è stato estremamente utile, e sto già cominciando a fare progetti per un futuro remoto O.O Scusami per il mostruoso ritardo, XOXO

Piccola Vero: in questo capitolo Sev c’è e come! Non esattamente buono, devo dire … anzi, forse l’ho fatto un po’ troppo perfido … beh, comunque sono contenta che ti piaccia l’idea del centro di ricerca, che userò più avanti per … vedrai! (lo so, irrita quando qualcuno ti dice così XD) spero di non deluderti con questo chap, un bacione J

Miley2805: non ti preoccupare, per me non risulti mai monotona, anzi *_* A me basta sentire che il chap piace a qualcuno e la cosa mi aiuta a scrivere, ma anche se nessuno me lo dicesse lo farei, almeno finché continuerò ad avere anche solo un lettore. J Grazie per i complimenti, che mi hanno fatto sinceramente sorridere e mi hanno alzato il morale, che in questo periodo è un po’ giù. Un bacio, koky

Kia07: ma grazie! :D Sentirmi dire che la mia fic è geniale mi ha fatto saltare di gioia, e non sto scherzando. A me basta sapere che piace, e il fatto che tu la consideri decente è capace di farmi venir voglia di continuare, per quando ardua sia la scuola -.-^ Sai che in inglese, studiare (studying) è un insieme delle parole ‘student’ e ‘dying’ (uno studente moribondo).  Spero che il chap ti piaccia!!! :D

Samirina: holaaa! Sirius ormai non si farà sentire per un paio di chap (e la cosa spiace anche a me) ma James Evans … non lo so ancora. In questo c’è, però. Nei prossimi è poco probabile a causa di un paio di problemi che sorgeranno in questo. Scusami se ho ritardato così tanto, e temo che il prossimo aggiornamento sarà il prossimo mese, anche se cercherò di sbrigarmi! I capitoli li dovrei fare più corti? Beh, un bacio ;P

Schuyler: ti prego, non sperare tanto in me! Mi fa solo più male quando poi deludo la gente! Ad essere sincera, non ho mai scritto storie di amore, e per il momento non sono ancora concentrata sui pairing … cercherò di rendere Astoria il meglio possibile, ma non posso garantire nulla! Silente presto smetterà di brancolare nel buio, e mi sa che dovrei scrivere di un testa a testa tra lui e Harry … La storia della Cruciatus, beh, volevo ci fosse il Centro per alcuni motivi che mostrerò più avanti, e non sapevo cosa fargli fare per dimostrare di avere della stoffa … qualcosa di impossibile, mi sono detta. E non mi è venuto in mente altro :P Se mi sono inspirata a qualcuno per James Evans … non penso, no. Io voglio renderlo un po’ come un ragazzo che sa sempre tutto e compare di tanto in tanto per fare cose che nessuno crede possibili, ma lo fa nell’interesse del mondo magico. Mi è proprio sfuggita l’appunto sul Dr. House, è solo che io Rick me lo immaginavo simile, e allora l’ho menzionato per farlo immaginare ai lettori più o meno allo stesso modo. Spero che il chap ti piaccia, J

Muryhana: oddio!!! Perdonami per il ritardo, probabilmente hai perso interesse nella fic (e ti capirei pure). T_T Ho un paura di scrivere dell’incontro tra Remus e James E. perché temo che la mia mente mi faccia scrivere qualcosa di compromettente: infondo sì, Remus è molto perspicace. Sirius e Remus si vedranno poco dopo. Sei una dei pochi che ha notato Bode e Croaker, che avranno un ruolo della massima importanza più avanti. Grazie per avermi fatto venire l’idea che Jeremiah possa stare con Ninfadora (non in quel senso però, perché sono cugini XD). Vedrò, anche perché non ho pianificato niente, a parte la trama più generale. Un bacio ;D

Shiho93: ciao!!! L’idea del Centro di Ricerca mi è venuta perché mi sono sempre chiesta … dove si inventano i nuovi incantesimi e le nuove pozioni? Il fatto che fosse segreto mi è venuto sul momento .. bah. Spero che ti piaccia e di non averti deluso, un bacione, koky (p.s. sai che adoro la tua fic, l’Altra Faccia della Medaglia? So che non centra niente, ma volevo fartelo sapere ^^)

Giovy39: sono felice che ti sia piaciuto l’incontro, e concordo con te: Sirius non ci cascherà per molto. Perdonami se ti dico che non è il più vicino a scoprire la verità, ma che probabilmente sarà il secondo. Harry non è molto abituato a fare il playboy, ma almeno qualche volta pure lui ci riesce! Silente e James Evans? Umm …. Prima devo controllare l’agenda di quest’ultimo. Se non mi sbaglio, ha ancora mooolti incontri da fare prima di avere un attimo libero. Scusami per il ritardo, e mi scuso per il finale un po’ strano anche di questo chap. Sei stata l’unica a notare la frase riferita a Merlino … e no, non è proprio un caso. Ma non posso dire di più! Quindi, non farmi parlare, oppure rischio di dire qualcosa di troppo! Un bacio, koky

SATANABAAN: mi dispiace se il capitolo precedente non ti è piaciuto, ma a me piacciono le persone oneste e sono contenta che tu me lo abbia detto ^^. Forse hai ragione, ho un po’ esagerato con l’idea di un Centro di Ricerca magico segreto, ma vabbè, ormai non posso farci nulla! Grazie comunque per aver letto fino a qui, e se stai continuando a leggere, mi auguro che questo chap ti piaccia di più di quello precedente. ;D

Vale Lovegood: ciauuu! Beh, posso dirti che Harry si ricorderà presto di Bode, ma fino ad ora non ha avuto tempo per pensarci seriamente. Con tutta la pressione dovuta al tornare ad Hogwarts in tempo, non ha dato molta importanza al discorso di due Indicibili. Comunque, non è proprio sulla Ricordella che … umm … non voglio rovinarti la sorpresa! Devi leggere il capitolo per capire che non è come si pensa … spero ti piaccia J

Rowan Mayfeir: hello!!! Sì, Sirius è comparso, anche se per breve. Sirius/Harry undicenne dovrebbe arrivare tra mooolto tempo: dopo il processo di Peter (e a proposito, non vedo l’ora di scrivere quello XD Minus è fritto!) Sono felicissima che ti piaccia Jeremiah, perché è anche uno dei miei personaggi preferiti nella fic. Ian ritornerà presto alla riscossa. Per quanto riguarda il centro di ricerca, Hermione ci rimarrà davvero secca (ma non ti dico altro)! Miriam è un ottimo nome, mi piace! Penso che lo userò, se non ti spiace, ovvio. Un bacio, koky

Brando: sono stracontenta che ti sia piaciuta la parte su James e Sirius! Per quanto riguarda Silente, ti dico che hai assolutamente ragione O.O. Fai bene a preoccuparti di Piton, ma non dico altro perché lo leggerai XD Ormai è solo una questione di tempo prima che Ron comincia a mostrarsi un po’ invidioso (infondo è ancora un piccolo undicenne) e cercherò di coinvolgerli di più. Non penso che Jeremiah accetterà mai del tutto l’amicizia di Harry, ma il loro rapporto col tempo potrebbe mutare. Il fatto che ti piacciano le mie idee è grandioso ^^. Scusa se ho aggiornato tardi :P

Mary Evans: grazieeee! È bello sapere che la storia ha successo XD Non penso che si riuscirà mai a contrastare l’Avada Kedavra, però. Sarebbe troppo. Poi che storia sarebbe, se la più potente delle maledizioni fosse contrastabile? Ti posso dire che no, o non ancora, o non lo so, o non l’ho pianificato, e non ci penserò ancora per un po’ quando si tratta della scelta di far andare Harry a vivere con Sirius e Remus. Beh, spero ti piaccia il chap e di non deluderti ;)

Lady Riddle: perdona il mio spiacevole ritardo!! XD Non preoccuparti, non avevi bisogno di commentare. Posso capire se la scuola ti impegna, infondo è anche il motivo per il quale non aggiorno da tanto! Mi fa tanto piacere che ti piacciano la storia e le idee (a volta –spesso – un po’ stravaganti) che  ogni tanto aggiungo nel mix. Comunque è carino il nick ‘Lady Riddle’, anche perché io adoro Tom! Goditi il chap, anche perché non ne arriverà uno fino al prossimo mese T_T un bacio, :D

Karem&Amico: grazie ad entrambi!!!! Per quanto riguarda come ho scelto il fatto che il pairing sarà una Draco/Astoria, beh, ho fatto un sondaggio, qualche capitolo fa. La maggioranza avrebbe vinto, e la domanda principale era: volete che sia una Dramione o no. Nei commenti, la maggioranza ha detto di no, e poi ho chiesto con quale ragazza si poteva mettere la Serpe se non come Hermione (mi sono giunte proposte di Draco/Astoria, /Susan, /Pansy, /altre etc.) Ancora una volta, la maggioranza ha chiesto che io mi attenessi al Canon e che lo mettessi con Astoria. Allora Draco/Astoria sia! Spero che adesso ti sia chiaro e che il capitolo ti piaccia!

GinnyPotter93: hello!!! Sì, beh, è proprio per dar modo a Harry di esprimersi che ho creato James Evans. L’incontro non poteva essere troppo caloroso perché ‘James’ e Sirius non si conoscevano, o almeno, Sirius non conosceva ‘James’. Ad essere sincera, la parte della comprensione non la stavo scrivendo io: le mie mani si muovevano senza che io potessi controllarle. Quando mi sono resa conto che stavo andando verso una strada pericolosa (stavo per far scoprire tutto a Sirius! XD) mi sono fermata e ho modificato. Harry parlerà con Felpato un po’. Grazie, perché continui a seguirmi. Un bacio, koky

Pecky: non preoccuparti se hai recensito tardi, se eri impegnata potevi anche non farlo. Insomma, non è mica obbligatorio! Certo, mi fa piacere se lo fai *_* Scusa se ho postato così in ritardo, ma almeno il chap è bello lungo (più di trenta pagine) e lo so, adesso penserai che ho scritto troppo e ti annoierai leggendo -.-^ Beh, spero comunque che ti piaccia almeno un po’ J

Bimba91: scusa, scusa, scusa!! Non volevo fare tanto tardi (più di un mese! T_T) Se stai ancora seguendo, e ti capisco se invece no, sappi che sono contenta che ti faccia la mia fic. Piton sta prendendo una brutta strada O.O Spero che il chap ti piaccia, e non vorrei averti deluso. XOXO

Kury: giuro che ho postato appena ho potuto! Non so proprio cosa mi sia preso … insomma, non mi era mai capitato di fare così tanto ritardo su questa storia XD Beh, almeno ho aggiornato, no? *me si fa piccola piccola dietro un sasso* mi auguro che ti piaccia (l’ho fatto bello lungo per sdebitarmi). Un bacio :P

Veris: quando ho letto la tua recensione sono arrossita fino alla punta dei capelli! Sono lusingata dai tuoi complimenti e ancor più dal fatto che hai detto che la mia storia sia tra le tue preferite su efp *_* Cercherò di postare entro il prossimo mese, ma ho sempre meno tempo. Scusami, spero che tu mi stia ancora seguendo e che ti piaccia. ;D

E adesso vi lascio alla storia!!

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Capitolo 12

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Nymphadora Tonks, o per meglio dire Dora, era seduta comodamente nella Sala Comune dei Tassorosso quel Giovedì, intenta a fissare il vuoto. La notizia dell’innocenza di Sirius Black l’aveva sorpresa, certo, ma il fatto che fosse il padrino di Harry Potter l’aveva sconvolta. E per un buon motivo.

Quel ragazzino era strano. Sapeva più di quanto dava a vedere, ed era irritata dal fatto che le avesse mentito. Perché lo aveva fatto? Quando si erano incontrati pochi giorni prima, ciò che Harry le aveva detto l’aveva confusa.

“Tu sei la figlia di Andromeda Black, giusto?”

Tonks parve sorpresa e lo guardò leggermente sospettosa e diffidente, “Sì, sono io,” rispose cautamente, “Perché?” aggiunse.

Harry si strinse nelle spalle, “Il mio padrino è il cugino di tua madre, me ne ha parlato bene.”

Tonk alzò un sopracciglio, “E tu come fai a sapere che io sono sua figlia?” domandò divertita.

“Due ragioni,” ripose Harry, contandole sulle dita, fingendosi pensoso, “La prima è che il mio padrino mi ha detto che eri una Black, la seconda è che me l’ha detto la mia cicatrice.”

Ora sapeva che era impossibile. Il cugino di sua madre, ovvero il padrino di Harry, era Sirius Black, scarcerato Domenica. Lei aveva parlato con Potter Sabato. Qualcosa non quadrava. E poi quella storia della cicatrice … sapeva che non esistevano altre da Anatema che Uccide, ma sembrava piuttosto improbabile che davvero gli desse informazioni improvvise su tutti coloro che lo circondavano.

Tutto ciò l’aveva portata ad una sola conclusione: Harry Potter stava nascondendo qualcosa. Non che non le piacesse, al contrario, lo trovava simpatico: era proprio per questo che voleva vederci chiaro in quella faccenda. Se il primino si era cacciato in qualche guaio, voleva aiutarlo.

Sospirò, mentre i suoi capelli diventavano verde smeraldo, come gli occhi dell’undicenne alla quale stava pensando.

“ … Dora? Dora, mi stai ascoltando?” la voce della sua amica, Lucy Dirt, la riportò al presente. Tonks scosse la testa, riprendendosi.

“Sì, credo …” sorrise imbarazzata.

Lucy sbuffò ed alzò gli occhi al cielo, mentre le sue labbra si incurvavano in un sorriso tra l’infastidito ed il divertito, “Non hai sentito una sola parola di quello che ti stavo dicendo, vero?”

Dora si strinse nelle spalle, “Scusami, avevo la testa tra le nuvole,” ammise mentre i suoi capelli si tingevano di azzurro cielo.

La Dirt si portò una ciocca dei suoi corti capelli castani dietro l’orecchio, guardandola maliziosa, “L’oggetto dei tuoi pensieri non sarà mica un ragazzo strafico, eh?”

Tonks rise, “Beh, se consideri un ragazzino di undici anni un ‘ragazzo strafico’, allora sì.”

Lucy aggrottò la fronte, “Un primino? Ti sei persa il mio illuminante discorso su Jason Scott per via di un primino? Avevo ragione … tu sei matta.”

Tonks ridacchiò, “Non un qualunque primino. Harry Potter.”

Questo attirò subito l’attenzione della sua amica, per non parlare di quella di metà Sala Comune. Susan Bones, poco lontana, si sforzò di origliare la conversazione senza far sì che se ne accorgessero.

“Harry Potter?” chiese Lucy incredula, “Stavi pensando a lui?”

La Metamorphmagus annuì, “C’è qualcosa di diverso in lui, non l’hai notato?”

Dirk ci pensò, portandosi una mano sotto il mento, “È più allegro e popolare di quanto un primino sia normalmente. Non vedo cosa ci sia di male in questo. Se solo fosse qualche annetto più grande … Infondo, lui è il Harry Potter.”

Dora scosse la testa, “Non intendevo questo … voglio dire … insomma, la storia della sua cicatrice, il mistero della notte in cui Tu-Sai-Chi è scomparso … devi ammettere che per essere un’icona del Mondo Magico, si sa molto poco di lui.”

Lucy ponderò l’idea, “E se invece non ci fosse poi molto da sapere? È vero che è geniale, famoso e potente,” ammise la Dirt con un ghigno, “Ma questo non vuol dire che cova un segreto degno di un Signore Oscuro.”

Tonks la guardò oltraggiata, “Non intendevo questo, solo … che è un tipo bizzarro.”

“Uh-uh,” Lucy alzò un sopracciglio. Rimasero in silenzio per un attimo, mentre Dora si riprometteva di chiedere spiegazioni all’undicenne. La sua amica castana ritrovò subito la sua parlantina.

 “Tornando a Jason Scott …”

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James si rialzò in piedi a fatica, respirando affannosamente. Era la seconda volta che si faceva colpire con la Maledizione Cruciatus, e ancora non era riuscito a bloccarla. Ci era andato vicino, ma non ce l’aveva fatta. Sapeva che in quel Centro non importavano gli sforzi, ma solo i risultati.

Era semplice. O si bloccava la maledizione, oppure non si bloccava. Non c’erano vie di mezzo. Per quanto vicino ci potesse andare, non sarebbe importato.

I Ricercatori cominciavano ad essere restii all’idea di fargli provare un’ultima volta a proteggersi. Ma lui ignorò le loro espressioni preoccupate, cercando di sorridere rassicurante.

“Allora, continuiamo?” chiese, guardando Matt dritto negli occhi con determinazione.

Matt esitò un attimo, prima di puntargli la bacchetta contro, “Questa è la tua ultima chance, sia chiaro,” lo ammonì. Il sedicenne biondo si limitò ad annuire, riprendendo a pensare alle persone a lui più care. Era la sua ultima possibilità, dopo lo avrebbero obliviato.

Crucio.”

James agitò la bacchetta, concentrato. Ancora una volta, la pellicola gommosa trasparente ricomparve a pochi centimetri da lui, spessa un pollice. Il fascio di luce della Maledizione andò a cozzarci contro e lui trattenne il fiato con apprensione.

 Anche se con qualche difficoltà, alla fine la luce rossa riuscì ad attraversare il debole scudo.

La Cruciatus lo colpì per la terza volta, e James si ritrovò di nuovo in ginocchio, tagliato fuori dal mondo, mentre il dolore saettava in tutto il suo corpo. Non riusciva più a sentire le braccia, le gambe, o gli arti, né a vedere i Ricercatori di fronte a lui.

Avrebbe voluto urlare, ma doveva mostrarsi forte: ne andava anche del suo orgoglio. Non poteva cedere. Come prima, riusciva a pensare nonostante la sua mente fosse annebbiata. Si concentrò sulle persone che amava, sui suoi genitori, i suoi amici, la sua Ginny …

Incredibilmente, la sofferenza sembrò diminuire e la sua vista si fece più nitida. Ma fu solo questione di attimi, e poi la maledizione venne sollevata.

Senza accorgersene, sospiro per il sollievo. Ian fu immediatamente al suo fianco, aiutandolo ad alzarsi.

“Ci hai provato, amico,” mormorò piano, guardandolo triste. Anche i Ricercatori sembravano un po’ delusi.

Non ci era riuscito.

Il peso del fallimento gli crollò addosso, accompagnato da un’opprimente delusione. Per un attimo aveva pensato davvero di potercela fare. Ma era stato colpito tre volte dalla maledizione. Poteva dire addio ai suoi ricordi. Si allontanò da Ian, scuotendo la testa, sorridendo forzatamente. No. Non poteva finire così. Non poteva non esserci riuscito. Non poteva venire obliviato.

“Ci dispiace ragazzo, ma queste erano le condizioni. Tre chance,” disse Gary severamente, con un tono che non ammetteva repliche.

“Io …” James cercò le parole per dirlo, “Voglio provarci ancora.”

Silenzio.

Per un po’, nessuno osò fiatare. Tutti pensavano di aver sentito male. Alla fine, i Ricercatori si risvegliarono dallo stato di sorpresa in cui erano caduti e presero a scuotere la testa con vigore, guardandolo come se avesse appena deciso di sfilare in mutande per l’atrio.

“Non se ne parla. Sei stato già colpito tre volte. Nessuno qui è più disposto a lanciarti contro una maledizione illegale. Siamo stati propensi ad accontentarti, nonostante sapessimo che era un pessima idea. Tuttavia, quando è troppo è troppo,” affermo Rick freddo.

“Ma –“ tentò il biondo.

“La risposta è no,” decretò Rick fermamente. James puntò il suo sguardo penetrante su di lui, e l’uomo dovette distogliere lo sguardo a disagio, mormorando un ‘peccato, il potenziale c’era’.

Ian lo afferrò per un braccio, ma non rudemente come quando lo aveva trascinato là dentro, “Dai James. Forse era destino. Ti ammiro; io non sarei mai riuscito a farmi mettere sotto Cruciatus tre volte. Ma adesso è ora di andare. Non ti preoccupare per l’obliviazione, non ricorderai nemmeno di essere stato obliviato,” lo rassicurò.

James si liberò dalla sua presa, “No.”

“Non fare l’idiota, ragazzo,” s’intromise Matt, irritato dal comportamento del giovane,“Questi erano i patti.”

Gary si avvicinò al sedicenne con espressione contrariata, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso, “Non costringerci a portarti via con la forza.” Si notava dalla sua espressione che non voleva farlo.

“Non sarà necessario,” interruppe una nuova voce.

I presenti si voltarono tutti verso la porta. Sulla soglia, in tutta la sua maestosità, c’era il Direttore Perkin. Il suo volto era impassibile, i suoi occhi freddi. Scoccò un’occhiata indecifrabile al sedicenne e poi entrò nella stanzetta imponentemente. I Ricercatori si affrettarono a porgere i loro saluti.

“Direttore Perkin, signore,” fecero all’unisono, tenendo lo sguardo basso.

James rimase in silenzio, non mostrando il minimo disagio e mantenendo la testa alta. Non si sarebbe fatto intimidire da nessuno, e soprattutto, non si sarebbe fatto rimuovere alcun ricordo.

“Se nessuno di voi è disposto a lanciare di nuovo la Cruciatus sul ragazzo, allora lo farò io,” affermò il Direttore senza scomporsi e con voce pacata.

Rick, Matt e Gary spalancarono involontariamente la bocca. Ian invece sembrava … speranzoso. L’ultimo tentativo di James era stato quasi un successo. Magari, se gli fosse stata data un’ultima possibilità, sarebbe riuscito a fare ciò che per anni era stato creduto impossibile. Solo pensare al bene che uno scudo contro la Cruciatus avrebbe potuto portare al Mondo Magico … se non si sbagliava, c’erano delle persone al San Mungo che erano state torturate fino alla follia dalla Maledizione. Nessun’altro avrebbe dovuto subire lo stesso destino …

“Signore,” subentrò Matt rispettosamente, “James” fece una pausa, “Vede, è stato sottoposto alla Cruciatus tre volte di fila. Potrebbe essere nocivo subirne gli effetti per la quarta volta,” cercò di essere ragionevole, mentre i suoi occhi color cioccolato si oscuravano per la preoccupazione.

“Signor Butler, spero lei non stia mettendo in discussione le mie scelte,” fece Joshua Perkin tagliente. Matt parve mortificato e scosse la testa con rassegnazione.

James non poté evitare un sorriso. Il Direttore stava cercando di aiutarlo, voleva dargli un’altra chance. Mentre Perkin e i Ricercatori riprendevano a discutere della situazione, lui ricominciò a pensare alle persone a lui più care. Forse Silente aveva ragione: il potere più forte di tutti era l’Amore. Infondo, se l’Amore era riuscito a respingere l’Avada Kedavra quando aveva un anno, perché non poteva fare altrettanto con la Cruciatus? Non conosceva propriamente la formula per creare uno scudo (suppose che ne avrebbe trovata una dopo, con un po’ di pratica) ma incanalare i suoi sentimenti attraverso la sua bacchetta poteva aiutarlo ad ottenere una sorta di incantesimo.

Alla fine, il Direttore riuscì a persuadere i tre addetti al Progetto MSPC (Maledizione Senza Perdono Cruciatus). Ian sembrava piuttosto eccitato all’idea di rivedere la pellicola trasparente di James in azione, e gli sorrise carico di aspettative.

Perkin e il sedicenne si portarono al centro della stanzetta, l’uno di fronte all’altro. Gli altri si appiattirono contro il muro, pronti ad assistere, alcuni ansiosi e altri contrariati.

“No,” fece Joshua, scuotendo la testa, “Signori, vi prego di lasciarci da soli.”

Non senza protestare, i quattro uomini lasciarono la stanza. James aggrottò la fronte: a che gioco stava giocando il Direttore? Perché non voleva testimoni? La diffidenza s’insinuò prepotente nella sua mente, mentre aumentava la presa sulla sua fedele bacchetta.

Quando la porta si fu richiusa e nella stanza insonorizzata rimasero solo loro due, cadde il più pesante dei silenzi. Il signor Perkin non staccava gli occhi dal biondo, penetrandolo con sguardo calcolatore. James, dal canto suo, non aveva la minima intenzione di essere il primo ad interrompere il contatto visivo. Rafforzò i suoi scudi mentali per precauzione, ma Joshua non tentò di entrare nella sua mente.

“Ti starai chiedendo perché li ho fatti uscire,” il mago maggiorenne fu il primo a parlare. James non mostrò di aver sentito e preferì tenere la bocca chiusa. Il Direttore sospirò.

“Voglio che tu sappia che qualunque sia l’esito di questo tentativo, non verrai obliviato,” disse piano, per una volta senza utilizzare la sua voce autorevole. L’espressione del sedicenne rimase vuota, ma internamente trasse un sospiro di sollievo, e le sue spalle si rilassarono.

“Semplicemente, possiedi troppo potenziale per sprecarlo altrove,” il Direttore dovette ammettere, “Parlerò io con i Ricercatori quando questa faccenda sarà conclusa. Chiuderò il file sul Progetto. È meglio che nessuno tenti di portarlo a termine, dopo di te.”

Ancora una volta, James non parlò.

“Non voglio, però, che tu riveli l’esistenza di questo posto a nessuno,” il tono autorevole era di nuovo presente nella voce di Perkin, “Non importa chi sia. Spero che tu capisca il rischio che comporterebbe esporre il Centro. Il Mondo Magico non ne deve venire a conoscenza.”

Il biondo si morse il labbro. Sapeva che un giorno avrebbe dovuto dirlo a Ron e Hermione. Dubitava che un segreto del genere avrebbe aiutato la loro amicizia. Alla fine, decise che ci avrebbe affrontato il problema quando questo si sarebbe presentato.

“Va bene,” James parlò per la prima volta, rifiutandosi però di chiamare il Direttore ‘Signore’. Non era il suo capo. Joshua annuì, sollevando la bacchetta per puntarla sul sedicenne.

“Pronto?” indagò.

James aumentò la presa sulla sua bacchetta, facendo cenno all’uomo di andare avanti, mentre la sua mente si focalizzava su sua madre, suo padre, Sirius, Remus, Ron, Hermione, Ginny, Silente, su quella mezz’ora in cui al terzo anno aveva pensato che finalmente sarebbe andato a vivere con Sirius, sul Natale a Grimmauld Place del suo quinto, sulle estati con i Weasley …

Crucio.”

Una scarica di adrenalina attraversò il corpo del ragazzo mentre agitava la bacchetta. Estese il suo braccio destro, pensando a nient’altro se non a quella che ormai era diventata la sua famiglia, su quel sentimento che lo aveva spinto nel bosco per sacrificarsi per loro, sul futuro che ancora poteva dare alle persone alle quali teneva.

La pellicola questa volta non era trasparente. Era rosa. Strano. Ma nonostante il colore, James (o per meglio dire, Harry) percepiva che era molto più densa. Era come minimo tre pollici più spesa dell’ultima volta.

La Maledizione andò a sbatterci contro, e per un attimo, James si preparò a subirne di nuovo gli effetti. Serrò gli occhi, mentre si preparava a subire quel dolore che aveva sperimentato per la prima volta la notte in cui Voldemort era tornato.

Ma non sentì nulla.

Attese per qualche secondo, poi si decise ad aprire un occhio.

Il Direttore Joshua Perkin lo stava fissando, pallido e sbalordito, battendo le palpebre un paio di volte. Dietro di lui, i tre Ricercatori del Progetto MSPC erano rientrati e facevano altrettanto, allibiti. Ian, invece, aveva stampato in faccia un ghigno tanto largo che pareva il risultato di un qualche intervento plastico ai muscoli facciali.

“Oh Morgana,” esalò Rick, deglutendo a fatica, “Ma si può sapere chi sei?”

Joshua fu il primo a riprendersi del tutto, schiarendosi la gola, “Gradiremmo conoscere il tuo nome completo, James,” tuttavia, dalla sua espressione si capiva che ne aveva già un’idea. I suoi occhi brillavano di una strana luce, che gli ricordò stranamente quella che albergava negli occhi azzurri di Albus Silente.

Il sedicenne sorrise, scrollando le spalle, “Sono James Evans.”

“Per Morgana, Merlino, Circe, e le sottane di Tarzan!” esclamò Ian, attirando le occhiate di rimprovero e confuse degli altri adulti, e quella divertita del giovane biondo.

“Trovo che sia il caso di avvertire subito la Gazzetta del Profeta,” fece Gary eccitato, ignorando la colorita esclamazione del ricercatore venticinquenne, “Naturalmente, bisognerà omettere qualsiasi informazione riguardante il Centro di Ricerca.”

“Se permettete,” interruppe James. Tutti quanti gli prestarono attenzione, guardandolo come se non lo avessero mai visto prima, in soggezione e rispetto ora che sapevano chi fosse veramente e cosa avesse fatto, “Conosco giusto il Reporter che farebbe al caso nostro.”

-

Dopo essersi messo d’accordo con il Direttore e i Ricercatori ed aver guadagnato l’onore di essere un collaboratore del Centro, fu deciso che lui ed Ian avrebbero incontrato Rita Skeeter alle sei per dare la notizia al Mondo Magico. Potevano già immaginarsi lo stupore generale.

James lasciò il Centro poco dopo, piuttosto di fretta, dicendo che aveva un impegno importante. In un certo senso era vero. Erano quasi le tre e mezza! Inoltre, sapeva che i Ricercatori dovevano ancora digerire i recenti eventi.

Non solo avevano scoperto che James Evans, l’ormai famoso e misterioso liberatore di Sirius Black, aveva decifrato i file riguardanti il Progetto ZK3, dando mostra di grande intelletto e abilità deduttive, ma avevano addirittura assistito mentre il potente sedicenne aveva trovato uno scudo alla Maledizione Cruciatus, una delle Maledizioni Senza Perdono, fino a quel giorno considerata impossibile da bloccare.

Già, era il caso di dar loro tempo.

Uscendo dall’atrio del Centro, la rossa dietro il tavolo di mogano, Samantha, lo guardò malissimo, come se secondo lei lui avesse dovuto essere obliviato sin dall’inizio, e non portato a spasso per quell’ala segreta del Ministero, riservata solo alle menti più acute. Lui non la degnò nemmeno di uno sguardo, anche se dovette ammettere che era strano che fosse riuscito ad innescare l’antipatia di una persona senza nemmeno parlarle.

Tornato all’atrio ufficiale del Ministero della Magia, ora poco frequentato perché tutti erano nei rispettivi uffici, James si diresse verso uno dei tanti maestosi camini.

-

Non era mai corso buon sangue tra i Serpeverde e i Grifondoro.

Avevano mentalità ed ideologie troppo differenti. Per non parlare di un passato pieno di rancore. Tra i primini, tuttavia, l’odio non era ancora tanto intenso quanto quello degli anni superiori. Si trattava ancora di giovani undicenni, troppo occupati a pensare ai compiti e alla separazione dai propri genitori per concentrarsi sullo sviluppo delle divergenze tra Case. Ma maturando, col tempo, si cominciava a capire il proprio posto tra le mura del castello di Hogwarts, e si portava avanti l’antica tradizione, ovvero il disprezzo reciproco tra Serpi e Grifoni.

Quell’anno, però, l’odio e il rancore erano quasi del tutto assenti.

Harry James Potter, il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto, aveva deciso di essere amico di entrambe le Case. I maghi undicenni sono facilmente influenzabili, e di conseguenza, volendo imitare una delle più grandi icone del loro Mondo, i ragazzini del primo anno avevano deciso di seguire il suo esempio e mettere da parte le faide.

Fu così che Madama Bumb, arrivata al campo di Quidditch per la prima lezione di volo, trovò Grifondoro e Serpeverde che chiacchieravano, se non amichevolmente, almeno in modo civile. I manici di scopa giacevano ancora per terra in toccati. Il suo sguardo saettò sul gruppo, piacevolmente colpito, finché non notò che mancava uno studente.

Harry Potter non era presente. La cosa, stranamente, la deluse: sapeva che il padre era stato un eccellente giocatore e segretamente aveva sperato di poter vedere il figlio montare una scopa. Dove si era cacciato il ragazzino?

Proprio in quel momento, lo intravide mentre si precipitava giù dalla collina. Sfoggiava un’espressione serena ed entusiasta. I suoi capelli neri erano talmente scompigliati che gli davano l’aria di essere appena balzato giù dal letto, e i suoi occhi smeraldini brillavano quasi di luce propria.

Si unì rapidamente ai suoi tre amici di Grifondoro, salutando al contempo i suoi compagni dalle cravatte verdi e argento. Quasi tutta la Casa di Salazar sembrava averlo accettato, o almeno, quasi tutti i primini. Le eccezioni c’erano, naturalmente. Pansy Parkinson non sembrava volere avere niente a che vedere con Potter. Persino Draco Malfoy, che inizialmente si era mostrato amico di Harry, adesso manteneva le distanze.

Dopo pochi attimi, l’insegnante dagli occhi gialli si riprese, “Be’, che cosa state aspettando?” sbraitò, “Ciascuno prenda posto accanto a un manico di scopa. Di corsa, muoversi!”

Tutti quanti si affrettarono a fare quanto richiesto, non volendo contraddire la donna. La maggior parte dei ragazzini sembrava nervosa, tranne Harry, Draco, Ron, Hermione e Neville e quei pochi ragazzini provenienti da famiglie magiche che avevano già volato prima.

“Stendete la mano destra sopra la vostra scopa,” disse Madama Bumb guardandoli tutti, “E dite: ‘Su!’”

“SU!” gridarono tutti in coro.

A Harry, naturalmente, la scopa saltò subito in mano, e lui l’afferrò fluidamente grazie ai tanti anni di pratica. La stessa cosa fecero le scope di Draco e Ron, mentre entro il secondo tentativo, Hermione e Neville riuscirono ad ottenere il risultato sperato. Dopo un paio di minuti in cui risuonarono richiami, tutti quanti, finalmente, ebbero tra le mani la propria scopa.

Madama Bumb si affrettò a mostrare loro come impugnare il manico e montarla, insieme a tutte le altre svariate tecnicità. Una volta finito di correggere tutti, si portò di lato.

“E ora, quando suonerò il fischietto, datevi una spinta premendo forte i piedi per terra,” disse la donna, “Tenete ben salde le scope e sollevatevi di un metro circa; poi tornate giù inclinandovi leggermente in avanti. Al mio fischio … tre … due …”

Harry pregò che questa volta Neville non si facesse male.

Ma non fu Neville a perdere il controllo della scopa. Fu Lavanda Brown, desiderosa di non rimanere per terra, che per sbaglio applicò una minima pressione mentre si preparava a darsi la spinta. Cominciò a fluttuare in aria, e subito Madama Bumb le intimò di tornare giù.

Non sapendo controllare la scopa e ormai in balia del panico, la ragazzina non l’ascoltò. Harry imprecò sottovoce aumentando la presa sulla propria vecchia scopa mentre osservava impotente. Lavanda stava cominciando a raggiungere i sette metri d’altezza e si era allontanata verso destra.

La classe, guidata dall’istruttrice di volo, fece l’unica cosa che in quel momento potesse fare: la seguì nella direzione in cui la scopa la stava portando da terra. Harry lasciò che tutti lo superassero e rimase indietro per guardare da lontano. A causa dell’incidente della giovane Grifondoro, che ora urlava mentre le lacrime le rigavano le guance, nessun primino aveva il coraggio di montare la scopa e raggiungerla in aria.

Nessun primino, ovviamente, tranne Harry.

Lavanda raggiunse i quindici metri e allentò la presa sul manico, scivolando giù. Harry spalancò gli occhi e si chiese perché nessuno stesse facendo niente. Stava cadendo, per Merlino! Si sarebbe fatta male. Per un attimo si chiese se fosse il caso di intervenire o meno. Infondo, la prima volta non lo aveva fatto. Ma era anche vero che la prima volta non aveva saputo come aiutare Neville. Adesso, tuttavia, poteva aiutare Lavanda in molti modi.

Decidendo che non se lo sarebbe perdonato se fosse rimasto fermo ad osservare, e dando la colpa per il salvataggio che stava per portare a termine alla sua stupida mania di fare l’eroe, Harry si precipitò in azione. Prese la rincorsa, superando gli altri studenti imbambolati, e poi balzò sulla scopa della scuola.

Lavanda stava precipitando rapidamente circa venti metri più avanti, e per un momento temette che lui stesse volando troppo lentamente. Si appiattì ulteriormente, sporgendosi per aumentare la velocità. Afferrò la Brown quando furono a poco più di due metri da terra, in una presa che dal suolo sarebbe potuta risultare calcolata ed eccezionale, ma che Harry aveva eseguito senza neanche sapere cosa stesse facendo. La ragazzina cadde sul manico proprio davanti a lui, schiacciandogli la mano, e per poco non fece sbilanciare quel vecchio bastone di legno che alcuni avevano l’audacia di chiamare scopa. Solo il talento e la fortuna di Potter riuscirono ad impedire loro di schiantarsi.

Poi Harry si affrettò ad atterrare, la sua mano destra dolente, mentre la primina gli gettava le braccia al collo, “Grazie, grazie, grazie, grazie …” ripeteva Lavanda come un mantra.

I Grifondoro e i Serpeverde corsero tutti nella loro direzione, mormorando tra di loro, eccitati ed euforici mentre si complimentavano con Harry per il suo strabiliante salvataggio.

“Sei stato grande!”

“Dove hai imparato a volare così?!?”

“Per Circe, non ho mai visto niente del genere!”

“Tutto bene, amico?” chiese Ron, affiancato da Hermione. A differenza degli altri, ancora giubilanti per lo spettacolo appena assistito, loro due erano genuinamente preoccupati. Harry annuì sorridendo mentre smontava dalla scopa ed aiutava Lavanda a fare altrettanto.

Lei si aggrappò al suo braccio, per niente intenzionata a staccarsene. Draco Malfoy sembrava aver appena succhiato un limone. Inconsciamente, Harry si ritrovò a chiedersi cosa avesse fatto di male per meritarsi quello sguardo tanto carico di astio.

Madama Bumb si fece largo tra la folla di undicenni che si era radunata attorno a loro e immediatamente tutti tacquero. I suoi occhi erano gelidi ed esaminavano Harry e Lavanda con espressione grave.

“SIGNOR POTTER! In anni di insegnamento non ho mai visto nessuno fare una cosa tanto incosciente! Poteva farsi seriamente male. Tuttavia,” e qui la sua espressione severa si aprì in un ampio sorriso, “Devo anche ammettere di non aver mai visto tali riflessi.”

“Sono pienamente d’accordo,” intervenne una voce dura da dietro di loro.

I primini trattennero il fiato. La Professoressa McGranitt si era avvicinata a loro di corsa, i suoi occhiali che lampeggiavano furiosamente mentre puntava gli occhi su Harry.

Mai … da quando sono a Hogwarts …” scosse la testa, senza parole per l’indignazione, “Avresti potuto romperti l’osso del collo!”

Dalla sua espressione, si capiva che non era per niente contenta dei recenti avvenimenti. Harry però non si scompose minimamente: rimase tranquillo e calmo, senza lasciar traspirare il minimo accenno di ansia. Questo non fece che innervosire la Direttrice della sua Casa. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma un’idea prese forma nella sua mente e la richiuse con un sonoro ‘clack’.

“Potter, seguimi immediatamente,” fece all’improvviso, con tono brusco, sorprendendo i presenti. Una strana luce brillava negli occhi della donna. Harry intuì immediatamente di cosa si trattasse, riconoscendola come la stessa che aveva intravisto quando aveva afferrato la Ricordella di Neville.

“Certo Professoressa,” rispose pacato, mentre Lavanda scioglieva riluttante la presa sul suo braccio per lasciarlo andare. Lo guardavano tutti timorosi, pensando al peggio. E se il grande Harry Potter fosse stato espulso? Ma lui si limitò a guardare i suoi amici e mimare un ‘andrà tutto bene’.

Detto questo, seguì la Professoressa di Trasfigurazione dentro il castello.

-

Era ora!

Questo era il pensiero di Draco Malfoy mentre osservava Potter che seguiva la McGranitt. Finalmente qualcuno si decideva a punire il ragazzo. Ben gli stava, concluse. Così imparava a mettersi in mostra. Intorno a lui, tutti quanti stavano chiedendo alla Brown come si sentisse e facendo congetture sulla punizione che il celebre Harry Potter avrebbe dovuto sottostare.

I suoi amici, Granger, Weasley e Paciock, non sembravano avere le stesse preoccupazioni.

Aveva notato che il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto li aveva rassicurati. Possibile che si fidassero della sua parola? Sciocchi! Era ovvio che sarebbe finito nei guai. Abbassando lo sguardo sull’erba, con la coda dell’occhio vide la Ricordella di Paciock. L’idiota doveva averla fatta cadere. Fece per prenderla, ma qualcosa lo bloccò. Era forse … senso di colpa? No. Lui era Draco Malfoy. Come poteva sentirsi in colpa? Rimase un attimo interdetto, indeciso se farlo o meno.

Alla fine, decise di prenderla ed infilarsela in tasca.

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“ … Baston … ti ho trovato un Cercatore.”

“Dice sul serio, professoressa?”

“Ci puoi giurare,” rispose lei tutta animata. “Il ragazzo ha un talento naturale. Non ho mai visto niente di simile. Era la prima volta che salivi su un manico di scopa, Potter?”

Harry annuì, come da copione, mettendo su un’espressione perplessa per mantenere le apparenze. Come l’ultima volta, la McGranitt lo aveva trascinato fino all’aula del Professor Vitious e aveva chiamato Baston. Attualmente, si trovavano in un’aula vuote e la donna stava spiegando l’accaduto al Portiere.

“Ha salvato una ragazzina a soli quindici metri da terra, utilizzando una delle vecchie scope della scuola, e uscendone senza un graffio. Neanche Charlie Weasley ci sarebbe riuscito,” stava dicendo la professoressa a Baston.

Baston aveva l’aria di uno il cui più grande sogno si fosse realizzato.

“Hai mai assistito a una partita di Quidditch, Potter?” gli chiese tutto euforico.

“Baston è il capitano della squadra di Grifondoro,” spiegò la McGranitt.

Lei e Oliver presero ad esaminarlo e parlare tra di loro riguardo il Quidditch, mentre Harry internamente ghignava come un forsennato. Senza volerlo, era riuscito ad entrare nella squadra una seconda volta. Meglio così, si disse. Non pensava sarebbe riuscito ad attendere un altro anno prima di poter volare di nuovo.

Poi gli venne in mente l’espressione acida di Draco Malfoy e si accigliò. Doveva assolutamente parlare alla Serpe.

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“Stai scherzando?”

Fecero all’unisono Ron e Neville. Hermione era combattuta tra l’essere felice per Harry e l’indignazione perché se l’era cavata senza punizione. Era ormai ora di cena, e nella Sala Grande c’era il solito vociare di centinaia di voci, tutte intenti a scambiarsi pettegolezzi riguardo la giornata.

Si parlava ancora molto di Sirius Black, e popolare era anche la voce sul fatto che Draco Malfoy fosse il figlio illegittimo di Severus Piton (ed entrambi avevano giurato vendetta nei confronti dell’artefice). La notizia del salvataggio di Harry si era sparsa entro la prima ora dopo l’avvenimento, naturalmente. Molti gli si erano avvicinati per congratularsi: sospettavano che non fosse stato punito perché aveva salvato la vita a un’alunna.

Harry aveva appena finito di rapportare tutto ciò che era accaduto con Baston a Ron, Neville e Hermione. Appena tornato a Hogwarts dopo il suo appuntamento alle sei con Ian, li aveva trovati in Sala Grande. Adesso, finalmente, aveva del tempo da trascorrere con loro, ed era consapevole che presto gli avrebbero fatto il terzo grado riguardo la sparizione di quella mattina e di quel pomeriggio. Le loro espressioni alla notizia del suo ingresso nella squadra, tuttavia, erano state impagabili.

Cercatore?” disse il suo amico rosso, “Mai quelli del primo anno … Tu devi essere il più giovane cercatore del Grifondoro da …”

“Da un secolo,” completò Harry, cacciandosi in bocca un’immensa fetta di torta, “Me l’ha detto Baston. Comincio l’allenamento la settimana prossima. Solo, non ditelo a nessuno. Baston vuole mantenere segreta la cosa.”

Tutti e tre annuirono. Fred e George entrarono in quello momento nella sala, scorsero Harry e si avvicinarono in fretta.

“Complimenti,” fece George a bassa voce, “Ce l’ha detto Baston. Anche noi siamo nella squadra … Battitori.”

“Ve lo dico io, quest’anno la coppa la vinciamo noi,” affermò Fred, “È da quando Charlie se n’è andato che non vinciamo più, ma quest’anno la squadra promette bene. Devi essere proprio bravo, Harry; Baston stava praticamente saltando di gioia quando ce l’ha detto.”

“Bene, ora dobbiamo andare. Lee Jordan è convinto di aver trovato un nuovo passaggio segreto per uscire dalla scuola.”

“Scommetto che è quello dietro alla statua di Gregory il Viscido che abbiamo scoperto la prima settimana. Ciao!”

E in un batter d’occhio se ne furono andati. Harry mandò giù il suo succo di zucca tutto d’un sorso, sbattendo frustrato il suo calice sul tavolo quando Draco non si presentò per sfidarlo al duello di mezzanotte come la prima volta. Come avrebbe fatto ad incontrare Fuffy? Beh, avrebbe trovato un modo. Era un passo troppo importante da saltare: doveva ripeterlo o il futuro sarebbe cambiato radicalmente.

In quel momento, centinaia di gufi si riversarono nella sala, con un’altra edizione speciale della Gazzetta del Profeta.

 

 

Il Ritorno di James Evans!

Di Rita Skeeter

Maghi e Streghe del Mondo Magico, siamo fieri di annunciarvi che oggi stesso, alle ore 15:13, è stato creato uno scudo in grado di respingere una delle più temute delle Maledizioni: la Maledizione Senza Perdono Cruciatus.

L’inventore di questo rivoluzionario scudo di Difesa avanzata è nessun’altro che l’ormai celebre James Evans. Recatosi presso i responsabili del Progetto relativo alla sopracitata Maledizione, sotto la supervisione del Direttore Generale del Reparto, Joshua Perkin, il giovane sedicenne si è offerto di venire sottoposto agli effetti della Cruciatus per testare un potenziale metodo per respingerla, che in seguito si è rivelato un successo.

“Un miracolo,” afferma Ian Fowl, uno dei Ricercatori con la quale il giovane Evans ha già sviluppato un rapporto amichevole. “Non ho mai visto niente del genere. Dobbiamo ancora discutere di alcuni aspetti tecnici, ma ho la sensazione che presto potremmo mostrare la teoria al Dipartimento Auror. Questo rivoluzionerà le fondamenta stesse della teoria magica.”

A quanto sembra, James Evans è un giovane pieno di sorprese. Non possiamo ancora rivelare molto riguardo lo scudo, ma ulteriori test saranno apportati per verificarne la resistenza. È ormai noto che la Imperius, se dotati di una impressionante forza di volontà, può essere respinta. Ora che è stato trovato un modo per fare altrettanto con la Cruciatus, sta nascendo la speranza che un giorno si riuscirà finalmente a bloccare l’Anatema che Uccide.

“Prodigioso,” ci dice Joshua Perkin, Direttore Generale delle Ricerche in ambito magico. “Io stesso ho scagliato la Maledizione che è stata bloccata. Non penso di essere mai stato tanto sbalordito in vita mia.”

Tra i testimoni dell’evento, troviamo Matt Butler, Gary Stevenson e Rick Marshall, che non sono stati disponibili per rilasciare un commento.

Il grande mistero ormai catalogato col nome James Evans s’infittisce. Gira voce che molti membri del Wizengamot farebbero carte false per riuscire a vederlo e parlargli. Il nostro attuale Ministro della Magia, Cornelius Caramell, ha richiesto un appuntamento con il ragazzo, ma non è stato in grado di rintracciarlo.

 

Per  ulteriori informazioni sullo scudo contro la Cruciatus, andate a pagina 3

Per ulteriori informazioni su Cornelius Caramell, andate a pagina 4

Per altre informazioni sulle azioni precedenti di James Evans, andate a pagina 6

 

 

Prevedibilmente, l’intera sala fu invasa dai mormorii concitati sulla notizia. Harry alzò lo sguardo, sorpreso dal fatto che Caramell volesse incontrarlo, per studiare le reazioni dei suoi amici. Ron manteneva il giornale nella mano sinistra, fissandolo a bocca aperta, mentre nella destra manteneva il suo boccone di stufato ancora a mezz’aria.

La reazione di Neville fu sorprendente: cominciò a piangere silenziosamente. Non per la tristezza, al contrario. La notizia che qualcuno avesse trovato uno scudo alla maledizione che aveva incapacitato i suoi genitori sembrava averlo profondamente colpito.

E poi c’era Hermione.

Se possibile, la reazione della ragazzina lo turbò. Lo stava guardando, una strana espressione impressa sul suo volto. Harry si ritrovò a deglutire. Che avesse capito? Che sapesse? Non era possibile. Ma allora perché lo guardava in quel modo, con quell’espressione indecifrabile?

Scoccò un’occhiata al tavolo degli insegnanti. Silente aveva la bocca leggermente aperta per lo stupore, il luccichio era più presente che mai nei suoi occhi. Lo vide chiuderli e contare fino a dieci in un tentativo di calmarsi.

Infine Harry osò un’occhiata al posto di Piton …

E lo trovò vuoto.

Solo in quel momento si accorse dell’ombra che stava oscurando la sua visione del giornale che manteneva in mano, incombendo su di lui. Ron, che gli stava seduto di fronte, era intento a guardare oltre la sua spalla terrorizzato.

“Signor Potter,” giunse la voce fredda del Maestro di Pozioni, “La prego di seguirmi.”

Harry si voltò, incrociando gli occhi neri come la pece del Direttore della Casa di Serpeverde. Il tono che aveva utilizzato non ammetteva repliche. Perché si sentiva tanto nervoso? Cos’era quella spiacevole sensazione che lo stava pervadendo? Decidendo che ci avrebbe pensato dopo, si alzò in piedi e seguì il professore fuori dalla Sala Grande.

Pensò di aver visto Hermione esaminare preoccupata il suo calice di succo di zucca prima che le porte di legno si chiudessero alle sue spalle.

Piton non disse niente e cominciò a guidarlo velocemente verso i sotterranei, diretto al suo Ufficio. Chissà perché, l’idea di rimanere da solo con l’uomo non lo allettava tanto. Cominciò ad innalzare le sue difese mentali in caso fossero servite.

Quando infine raggiunsero la piccola stanza mal illuminata, Piton chiuse la porta alle sue spalle. La cosa più inquietante? La chiuse a chiave. Adesso sì che Harry si sentiva nervoso.

“Perché sono qui, professore?” chiese mentre i suoi occhi verdi esaminavano l’Ufficio, notando i diversi libri nella piccola libreria e i barattoli pieni di strane sostanze e oggetti sugli scaffali. Harry pensò di aver visto un cervello galleggiare in un liquido verde non identificato.

Il Maestro di Pozioni si sedette dietro una scrivania in legno scuro, facendogli cenno di prendere posto davanti a lui. Con riluttanza, Harry fece come richiesto. Sentiva la stessa sensazione che aveva provato prima della prima lezione di Pozioni, e sapeva che non era definitivamente un buon segno.

“Vedi Potter,” cominciò Piton, la sua espressione impassibile, “Ti ho portato qui per parlarti.”

Harry annuì, “E di cosa, signore?”

“Vedi, ho notato alcune … anomalie nel tuo comportamento, che non trovo si addicano a quello di un comune undicenne,” scandì lentamente il professore. L’undicenne si limitò ad inclinare la testa di lato.

“Potter, sei stato tu a sbarazzarti della creatura entrata nella scuola pochi giorni fa?” indagò il Maestro a bruciapelo.

“Sì, signore,” rispose fluidamente Harry. Quando realizzò la risposta che aveva dato spalancò gli occhi, inorridendo. Si ricordò dell’espressione preoccupata di Hermione mentre esaminava il suo calice di succo di zucca, quello dalla quale aveva bevuto, e della strana sensazione che lo aveva pervaso mentre si era alzato per seguire il suo professore.

“Veritaserum,” sussurrò, sentendo un groppo in gola. No, no, no! Perché capitavano tutte a lui?!

Severus Piton annuì, osservandolo curioso, “Non preoccuparti Potter. Non abuserò di questo vantaggio. Ti farò solo un paio di domande che ritengo necessarie, quindi non indagherò sulle tue conoscenze o su come tu faccia a sapere della pozione.”

Se pensava di averlo rassicurato, si sbagliava di grosso. Harry era cosciente del fatto che covasse talmente tanti segreti che ad anche la più semplice delle domande avrebbe rivelato qualcosa di grosso. Disperato, cercò di dissuadere il professore dal suo intento, “È illegale somministrare del Veritaserum agli studenti!”

“Non penso che tu sia nella posizione di dettare condizioni, Potter. Potrei farti una qualunque domanda personale e poi dirti che se tu facessi parola di questo incontro con qualcuno, rivelerei i tuoi segreti,” lo contraddisse Piton, dando mostra della sua furbizia da Serpeverde.

Harry ribollì di rabbia in silenzio, “Si sbrighi,” quasi sputò, mentre si preparava ad impugnare la sua bacchetta in caso fosse servita.

Piton sembrò rifletterci. Il fatto che Potter si fosse sbarazzato della creatura non lo aveva sorpreso più di tanto: già lo aveva sospettato. Aveva altre domande sull’accaduto, però.

“Ti hanno aiutato a sbarazzarti della Creatura? Cos’era?” domandò osservando il ragazzino.

“Sì, sono stato aiutato dai miei amici,” sembrava che parlare gli costasse un grosso sforzo, “E la creatura era una … Valchiria.”

L’unica reazione che le sue parole innescarono fu la leggera dilatazione delle pupille del Maestro, ma per il resto, l’uomo non si scompose.

“Come avete fatto a lasciare la Sala Grande senza che io e il Professor Raptor vi vedessimo?”

“Ecco …” Harry esitò un attimo, cercando un modo per non menzionare come fosse a conoscenza del passaggio nella stanzetta laterale, “Abbiamo utilizzato un passaggio segreto che avevano già utilizzato Neville e Hermione,” con un po’ di fortuna, Piton avrebbe pensato che fossero stati loro a trovarlo.

Severus assorbì la notizia; la tentazione di indagare oltre era tanta, ma sapeva sarebbe stato scorretto, “Eri nella scuola, Domenica mattina?” chiese, nonostante già fosse a conoscenza della risposta.

“No,” Harry fu costretto ad ammettere, digrignando i denti.

Gli angoli delle labbra di Piton si arricciarono in un ghigno soddisfatto,“Trenta punti in meno da Grifondoro per aver lasciato Hogwarts ed altri dieci per aver mentito agli insegnanti, Potter.”

Harry strinse i pugni e si costrinse a rimanere in silenzio. Era così ingiusto! Se non fosse stato sotto Veritaserum non lo avrebbe mai ammesso. Non parlò per paura che Piton gli chiedesse dove fosse stato: quello sì che sarebbe stato problematico. Sentiva l’effetto della pozione scemare, e scoccando un’occhiata l’orologio a pendolo presente nell’Ufficio, calcolò che sarebbe svanito in dieci minuti.

“Dove tu sia stato non mi riguarda. Tuttavia,” la voce glaciale di Piton stava cominciando a farsi più dura, “Mi chiedo se sia il caso di avvertire il preside.”

Gli occhi smeraldini di Harry trafissero il professore e, in un attimo, il ragazzo era già balzato in piedi e aveva la bacchetta puntata contro l’uomo. L’espressione impassibile di Piton non mutò.

“Dieci punti in meno da Grifondoro per aver puntato la bacchetta contro un insegnante, Potter. Ringrazia la tua buona stella se non ti ho ancora assegnato una detenzione. Prova a lanciarmi un qualunque incantesimo e ti assicuro che non sarò indulgente: non pensavo tu fossi tanto arrogante da anche solo pensare di poter duellare contro un professore. Non poi così diverso da tuo padre, a quanto vedo,” la voce strascicata del Direttore di Serpeverde non fece che irritarlo maggiormente.

Utilizzando un buon senso che non pensava di possedere, abbassò la bacchetta, concludendo che duellare contro Piton avrebbe solo rivelato ulteriormente le sue abilità all’unto Maestro di Pozioni. Si risedette, guardandolo torvo.

“C’è altro?” domandò aspramente. Ancora poco e l’effetto della pozione sarebbe scomparso.

“Cosa è accaduto tra te e il Professor Raptor, al secondo piano, Sabato?”

Harry rimase in silenzio. Che cosa era accaduto? Neanche lui ne era certo. Rispetto a quello che sarebbe potuto succedere senza l’intervento di Piton, non era avvenuto niente.

“Niente, signore,” replicò tranquillamente dopo una paio di minuti di pausa.

Severus si rilassò immediatamente. Era un sollievo sapere che il figlio di Lily e quell’uomo, Raptor, non condividessero alcun segreto sinistro. In quel momento, le lancette dell’orologio appese alla parete segnarono le nove di sera. Pochi secondi e l’effetto della pozione si sarebbe dissolto.

“Perché hai stretto un’alleanza con i Goblin, Potter?” sparò l’ultima delle sue domande, pregando di aver fatto in tempo.

“Perché ho bisogno del loro aiuto,” e detto questo, Harry James Potter si decise ad andarsene, con o senza il permesso del suo professore. Si alzò in piedi, camminò fino alla porta tirando fuori la sua bacchetta, e mormorò piano ‘alohomora’. La serratura scattò con un sonoro ‘clack’ e il giovane varcò la soglia senza guardarsi indietro.

Se lo avesse fatto, avrebbe notato l’espressione intontita del suo Maestro di Pozioni.

-

Non può essere.

Si stava sbagliando, lo sapeva. Per quanto la ferisse nell’orgoglio, Hermione sapeva che doveva aver centrato un palo. Insomma, quello strano dubbio che le aveva illuminato la mente a cena doveva solo essere frutto della sua immaginazione.

Il suo nuovo amico, Harry Potter, non poteva essere … Morgana, non riusciva neanche a pensarlo.

Eppure combaciava. Tutti i tasselli del puzzle sembravano aver trovato il loro posto. Ma ciò portava solo ad altre domande. Come? Come era possibile? Come aveva fatto? Come avrebbe agito in futuro?

Troppe domande e nessuna risposta. Doveva forse … rivelare le sue teorie a Ron e Neville? Oppure era meglio confrontare direttamente Harry? Pensandoci, anche il suo amico rosso aveva il diritto di sapere: infondo c’era andato di mezzo con la storia del suo ratto. Ma anche il giovane Potter aveva il diritto di mantenere il proprio segreto.

Occlumanzia. La parola le balenò in mente per un attimo, insieme a ciò che le aveva detto Harry pochi giorni prima.

 “Allora, dovete sapere che ci sono altre ragioni per la quale io so così tanto. Vorrei dirvele, davvero, ma c’è un problema. Ci sono persone, come Silente e Piton, che possono leggere nella mente delle altre persone,” a questo Neville, Ron e Hermione trattennero il fiato.

“Ti possono entrare nella testa?” chiese Neville terrorizzato all’idea che qualcuno potesse invadere la sua privacy in quel modo.

Harry annuì, “Sì, l’arte di leggere nella mente è nota come Legilimanzia. Io ho dei segreti, segreti che non voglio loro sappiano. Così ho imparato l’Occlumanzia, l’arte di proteggere la propria mente da eventuali Legilimens, lettori di menti.”

“Quindi tu vuoi che noi impariamo a proteggere le nostri menti?” ragionò Hermione, brillante come sempre.

Harry annuì, “Ma non è così facile. L’Occlumanzia è una cosa estremamente avanzata: molti maghi adulti non riescono a praticarla. Non vi voglio costringere ad impararla, ma finché non sarò certo che nessuno possa leggere i miei segreti nelle vostre menti, allora non potrò rivelarveli.”

E se lei avesse imparato? Era per il meglio e le sarebbe tornato utile nel corso della sua vita. Avrebbe amplificato i suoi sforzi e convinto i suoi altri due amici a fare altrettanto, mettendo da parte le sue supposizioni su Harry.

Sperava solo che questo bastasse a farle capire come stavano le cose.

-

Harry correva per il corridoio del secondo piano, il suo stomaco contratto per il timore.

Non ci poteva credere. Piton aveva usato il Veritaserum su di lui! Diamine, adesso sapeva praticamente tutto. Del suo patto con i Goblin, della sua uscita di Domenica, della sua avventura con la Valchiria, e probabilmente presto avrebbe scoperto che era James Evans. Morgana, no. Se lo avesse scoperto sarebbe stata seriamente la fine.

La rabbia lo stava accecando. Rabbia nei confronti di Piton, nei confronti del Fato, e nei confronti di sé stesso. Come aveva potuto farsi prendere in giro in quel modo? Farsi mettere con le spalle al muro così facilmente? Eppure lui era quello che doveva salvare il mondo magico, maledizione! Non poteva permettersi tali errori.

Avvertì l’impellente bisogno di spaccare qualcosa, e a quel punto comprese che doveva calmarsi o avrebbe perso il controllo delle proprie azioni. In passato (o futuro?) aveva notato quanto tendesse ad essere irrazionale se aveva la mente offuscata dalle emozioni. Si ricordava di cosa fosse accaduto al suo quinto anno con Sirius.

Fermò la sua corsa per guardarsi intorno. Con il fiatone e il respiro irregolare, appoggiò le mani sulle ginocchia. Cominciò a svuotare la mente, sentendo immediatamente la sua furia interiore scemare, lasciando posto ad un’infinita stanchezza. Era stata una lunga giornata.

Era certo, tuttavia, che non fosse ancora finita. Doveva ancora affrontare le domande dei suoi amici; e con amici, intendeva anche Draco Malfoy.

Cosa gli era successo? Dove aveva sbagliato? Sospirando frustrato, si raddrizzò, concludendo che non poteva più aspettare. Quella sera avrebbe chiarito con Draco. Il problema era come. Prima, però, avrebbe tenuto fede alla promessa che aveva fatto quella mattina al Ministero.

Percorse il corridoio, diretto verso la Torre Ovest, pregando di non rincontrare Piton. Una volta al giorno bastava ed avanzava. Ma quando svoltò l’angolo, non gli si presentò davanti il volto del Maestro di Pozioni.

Però si ritrovò a desiderare che lo fosse, perché davanti a lui c’era il Professor Quirinus Raptor. Harry gemette sconsolato. Ci voleva pure questa. Con cupa ironia, si rese conto che era la seconda volta che incrociava il Professore al secondo piano.

“P-Potter,” balbettò pateticamente il servitore che ospitava Voldemort, “C-Ci incontriamo a-ancora, v-vedo,” il sorriso che gli rivolse era così forzato che sembrava una smorfia.

Il ghigno di Harry fu altrettanto falso, “A quanto pare.”

Raptor non poté evitare un’altra occhiata silenziosa in direzione del Bagno di Mirtilla, “S-Sembri aggirarti s-spesso p-per questo c-corridoio,” farfugliò, celando il proprio sospetto.

“Mai quanto lei, Professore,” fece Harry allusivo. Si morse la lingua; doveva smettere di rispondere in modo tanto sfacciato. Che cosa avrebbe dedotto Voldemort da quella sua risposta? Continuava sempre a parlare a Raptor come se lo stesse sfidando, e non lo faceva neppure apposta. E se un giorno Riddle avesse accettato il suo guanto di sfida?

Il maestro di Difesa si guardò a destra e a sinistra, assicurandosi che fossero soli, prima di tornare a posare lo sguardo sul giovane Potter. L’undicenne deglutì rumorosamente, ghiacciandosi sul posto: non gli piaceva come Quirinus lo stava guardando. Sentì un lieve pizzicore alla cicatrice e dovette reprimere l’istinto di portare una mano alla fronte, come ai vecchi tempi.

“Vieni con me, Potter,”disse sbrigativo l’uomo. Nella fretta, Raptor si era scordato di balbettare. Gli fece cenno di seguirlo, ma Harry non era tanto idiota da cascarci.

“A dire il vero, Professore,” calcò in particolare la parola finale, “Avrei altro da fare, se non le dispiace.” Non avrebbe mica seguito Voldemort in una classe vuota. Non era nato ieri. Fece per continuare lungo il corridoio, oltrepassandolo, quando la voce dell’uomo risuonò di nuovo.

“Sono il tuo insegnante, Potter,” affermò Raptor, guadagnandosi un’occhiata divertita da parte del primino, “Pretendo un minimo di rispetto.”

Harry ci provò. Davvero. Ma alla fine non riuscì più a trattenere le risate. Voldemort gli stava chiedendo di rispettarlo? Il solo pensiero lo fece ridere più forte, fino a quasi fargli venire le lacrime agli occhi. Quirinus lo fissava indignato.

“Detenzione, signor Potter,” Harry smise di ridere immediatamente, spalancando la bocca in una smorfia, “Questo sabato nel mio ufficio, dopo cena,” Raptor lo guardò con gelida sufficienza prima di alzare i tacchi e andarsene.

Harry guardò torvo il suo turbante mentre si allontanava. Forse non era stata la cosa più furba da fare, perché notò qualcosa muoversi sotto la stoffa e avvertì una fitta alla cicatrice.

Grandioso, pensò sarcastico, adesso per evitare cinque minuti da solo in un’aula con lui si era beccato un’ora di detenzione. Cinquanta punti in meno da Grifondoro con Piton ed una detenzione con Raptor. Che serata da favola.

Si avviò verso la Torre Ovest del castello, ripromettendosi che dopo avrebbe parlato con Draco.

-

Dove posso trovarlo?

Remus continuava a camminare avanti e dietro per il soggiorno del suo appartamento di Londra ripetendosi questa domanda, grattandosi il mento pensoso. Ogni tanto avrebbe scoccato un’occhiata fuori dalla finestra, scuotendo la testa. Due edizioni speciali della Gazzetta del Profeta erano appoggiate su un tavolino, una della domenica e una di quella sera.

Dal giorno della scarcerazione di Sirius, aveva cercato di ottenere il permesso di incontrare il suo vecchio amico; permesso che gli era stato negato più volte perché Black non era ancora ufficialmente un uomo ‘libero’. Lo sarebbe stato appena il caso di Peter Minus si fosse concluso.

Così, Remus aveva dedicato il suo tempo alla ricerca di James Evans, che si era ripromesso di trovare per ringraziarlo. Senza contare che il giovane oramai era un’icona, soprattutto in seguito allo scudo contro la Cruciatus. Come molti membri del Mondo Magico e Wizengamot, desiderava incontrarlo, anche solo per scambiare due parole.

Lupin scoccò l’ennesima occhiata fuori dalla sua finestra, scuotendo la testa incredulo.

Come avrebbe fatto se il Ministro Caramell in persona non riusciva ad ottenere un appuntamento con la nuova celebrità?

Un classico gufo marrone planò sul davanzale: aveva una lettera agganciata alla sua gamba, e sembrava avere fretta. Remus spalancò la finestra, ma l’animale non entrò: si limitò a porgergli la zampa. Lupin afferrò la lettera e il gufo volò via tanto velocemente quanto era arrivato.

Curioso, l’aprì.

Egregio signor Lupin,

la sto contattando per farle una proposta. So che un tempo lei era amico di Sirius Black. Oggi stesso, sono passato al Ministero per fargli visita. So bene che non è consentito, ma sotto richiesta di Black, potrei riuscire a farvi incontrare. Se desidera che ciò avvenga, la prego di incontrarmi Domenica a mezzogiorno in punto al Paiolo Magico.

James Evans

OH MERLINO!

Per poco non fece cadere il foglio per terra, scioccato. James Evans si era messo in contatto con lui e gli stava offrendo la possibilità di incontrarlo su un piatto d’argento. Meglio ancora, gli stava offrendo la possibilità di incontrare lui e Sirius nello stesso giorno.

Remus si appoggiò al muro per non cadere a terra. Certo che sarebbe andato al Paiolo Magico! Ma … come avrebbe fatto James Evans a fargli incontrare Sirius? Il permesso gli era stato negato … non voleva farli incontrare illecitamente, vero?

Rileggendo la lettera, soffermandosi sulla frase ‘So bene che non è consentito’ concluse che sì, James Evans era un portatore di guai, incurante delle regole, e peggio, della legge.

Ma questo non significava che lo ammirava di meno, semmai il contrario.

-

Jeremiah Lestrange era di cattivo umore.

Per tutto il giorno non aveva fatto altro che rispondere male a tutti, che fossero studenti più piccoli, i suoi amici, o gli insegnanti. Il motivo? Una tanto non-desiderata lettera da parte di suo zio, che ancora una volta si era dimostrato più interessato al suo rendimento scolastico che al proprio nipote.

Era sempre così.

Più alti erano i suoi voti, e più opportunità di lavoro avrebbe avuto al Ministero. Così lo volevano: furbo, intelligente, affabile, con un atteggiamento appropriato, potente, e, soprattutto, schifosamente ricco. Naturalmente, a casa o in presenza di pezzi grossi non gli era consentito comportarsi come faceva a scuola, dove poteva fregarsene dell’etichetta.

Chiuse in uno scatto il suo libro, che trattava un ramo della magia poco lecito. Era così che faceva sempre, quando era di umore nero: s’immergeva nella Magia Oscura. Era una specie di sfogo. C’era qualcosa di calmante nel potere, che ti faceva sentire invincibile, come se niente potesse sopraffarti. Lo rassicurava e gli dava forza.

Perché lui non voleva essere debole.

Quella era forse la sua più grande paura. Non si curava di ciò che potevano pensare gli altri, ed era certo che con il comportamento che aveva sfoggiato nei suoi anni ad Hogwarts, tutti lo trovassero un ‘tipo tosto’. Ma il fatto che tutti lo considerassero forte non gli faceva né caldo né freddo.

Lui voleva sentirsi forte.

Poteva fingere di esserlo, far credere alla gente che lo fosse, ma sapeva che non lo era. E il fatto che fosse un Serpeverde non faceva altro che ricordargli di quanto fosse codardo. Solo i coraggiosi erano i forti. Non parlava di forza fisica – sapeva che di quella ne aveva – ma di forza morale.

Se ne avesse avuta, avrebbe detto al suo caro zio cosa ne pensasse davvero dei suoi genitori. Se ne avesse avuta, sarebbe riuscito a ribellarsi dalla situazione in cui era stato confinato per anni. Ma non lo faceva, perché temeva che se fosse caduto, poi non avrebbe avuto la forza di rialzarsi. E a quel punto non avrebbe più potuto negare di essere debole.

Si sentiva in gabbia, quasi senz’aria.

Con una mossa fluida, balzò in piedi, diretto verso l’uscita della sua Sala Comune. Sapeva che il coprifuoco era appena scattato, ma non se ne curò. Dubitava che i Professori, con l’eccezione forse di Piton e la McGranitt, lo avrebbero punito. E Gazza, beh … dopo un incidente al suo terzo anno aveva capito che era meglio stargli alla larga.

Arrivò presto alla Sala d’Ingresso, non incrociando nessuno. Tuttavia, mentre passava davanti alla scalinata di marmo, diretto al portone principale, notò di non essere l’unico fuori dal suo letto oltre l’orario consentito.

Harry Potter stava correndo giù per le scale, apparentemente di fretta, con un’espressione determinata impressa sul volto. Essendo già irritato di conto suo, il giovane rampollo della Casata dei Lestrange fu quasi soddisfatto di aver trovato una nuova vittima sulla quale sfogarsi.

“Fuori oltre il Coprifuoco, Potter?” indagò con un ghigno derisorio. Sarebbe stato divertente punire il primino.

Harry alzò i suoi occhi smeraldini, sorpresi, sul Serpeverde. Era appena passato dalla Guferia per spedire un gufo a Remus, e ora era pronto per affrontare Malfoy. Non aveva notato la figura alta e silenziosa della Serpe avvicinarsi, “Potrei dirti lo stesso, Lestrange,” replicò freddamente, mentre i suoi occhi saettavano nella direzione dei sotterranei. Non aveva proprio voglia di perdere tempo con il quindicenne.

Jeremiah indicò la spilla da Prefetto appuntata alla sua divisa con aria trionfante, “Come puoi ben notare, sto eseguendo la mia ronda. E quindi, dovrei toglierti dieci punti per l’insubordinazione,” mentì spudoratamente.

Harry esitò un attimo, guardandosi intorno, e poi sorrise, “Sono sicuro che la McGranitt sarà felice di toglierti la spilla e darti una detenzione quando scoprirà che stai abusando della tua posizione. Non credere di potermi ingannare: lo so che non stai facendo la ronda. Neanche tu hai il permesso di essere fuori, adesso.”

Lestrange si accigliò, “Di cosa stai parlando, Potter? Certo che ce l’ho il permesso.”

Harry alzò un sopracciglio, “Allora dov’è il tuo compagno di ronda? E perché ti stavi dirigendo verso il portone?”

Il Prefetto non rispose, e il sorriso di Harry si allargò, “Tu non mi hai visto, e nemmeno io ho visto te,” decretò stringendosi nelle spalle con indifferenza. Poi oltrepassò Jeremiah e s’incamminò verso la Sala Comune dei ragazzi dalle cravatte verde e argento. Intuendo dove fosse diretto, Lestrange lo afferrò per un braccio.

“Comportamento molto da Serpe, per un Grifondoro,” disse gelido il quindicenne, “Dove credi di andare?”

Harry non si scompose minimamente, “Non penso siano affari che ti riguardino. Da quando le Serpi sono così impiccione?” stranamente, nel suo tono non vi era alcuna accusa, e nel suo sguardo non c’era traccia di astio. Sembrava quasi … divertito.

Jeremiah ritrasse la mano, celando la sorpresa.

“Hai ripensato a quello che ti ho detto?” continuò subito il giovane Potter, passandosi stancamente una mano tra i capelli, appiattendosi poi la frangia sulla cicatrice. Era un abitudine nasconderla.

Lestrange s’irrigidì, “Non so di cosa tu stia parlando.” Si voltò e si affrettò a raggiungere il portone principale, dando le spalle a Harry, così che non potesse vederlo in volto, “Per quanto mi riguarda, tu sei nel tuo dormitorio ed io nel mio. Questo incontro non è mai avvenuto.”

E poi uscì sui terreni di Hogwarts. Harry poté giurare di averlo visto tirar fuori una sigaretta babbana.

-

Quella sera, stranamente, Albus Silente non era nel suo ufficio.

Aveva sentito il forte bisogno di fare due passi per sbollire la sua frustrazione, che ormai aveva raggiunto un punto che, ne era certo, poteva essere considerato di non ritorno. Stava cominciando a perdere la speranza nella sua crociata su James Evans.

Quel ragazzo non si lasciava alle spalle la minima traccia, nemmeno un indizio.

Nell’articolo di quella sera, sconvolgente di per sé, venivano menzionati diversi maghi – ricercatori, suppose  – che non aveva mai sentito nominare. E in più, cosa ancor più strana, non aveva mai sentito parlare del reparto ministeriale addetto alle ricerche magiche.

Certo, sapeva che ne esisteva uno. Altrimenti, da dove sarebbero provenute tutte le nuove scoperte in ambito magico? Ma non aveva mai davvero riflettuto su dove venissero svolte. E se lui, Albus Silente, mago centenario con una grande influenza nel Mondo Magico, considerato da alcuni il più potente dai tempi di Merlino stesso, non conosceva il luogo in cui avvenivano, come aveva fatto un semplice sedicenne a saperlo?

Forse era il caso di ammettere che James Evans non era un semplice sedicenne.

Dopo l’incidente con la Valchiria, Albus si era reso conto che si era concentrato così tanto sul giovane adolescente che aveva trascurato i suoi doveri in qualità di preside di Hogwarts. Ne era prova il fatto che mentre una creatura non identificata girovagava al suo interno, lui era andato a discutere di James Evans con il Ministro.

Non era poi tanto sorpreso dal fatto che il ragazzo fosse riuscito a trovare uno scudo contro la Cruciatus. Dopo i recenti avvenimenti, era certo che in futuro niente sarebbe riuscito a sorprenderlo.

Forse era per questo che inizialmente era stato così ossessionato da James Evans; erano anni che nessuno sapeva più sbalordirlo, che nessuno riusciva a fornirgli una sfida personale in grado di tenerlo sveglio la notte e farlo riflettere per ore e ore. Tom Riddle, un tempo, ci era riuscito.

E adesso, a cosa mai poteva pensare un vecchio preside per trascorrere il suo tempo?

Ai suoi studenti, ovviamente. Cominciò a passare in rassegna i loro nomi, cercando in ognuno di loro qualcosa di rilevante sulla quale era il caso di indagare. Un nome, uno studente, poteva ancora fornirgli un mistero intrigante sul quale la sua mente potesse concentrarsi.

Harry Potter.

Lui sì era un alunno particolare, speciale. Esaminò il suo comportamento dal giorno del suo arrivo, sorprendendosi nel constatare che non aveva prestato poi tanta attenzione al celebre Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto. Che grave negligenza da parte sua, rifletté. In futuro, avrebbe dovuto fare più attenzione all’undicenne.

-

Harry fissava concentrato la parete bianca che sapeva conduceva alla Sala Comune delle Serpi da ormai quindici minuti. Una volta, Gazza era passato di là ed era stato costretto a nascondersi in uno stanzino. Adesso, tuttavia, il corridoio era deserto.

Sarebbe dovuto entrare? Come, poi?

Aveva la vaga sensazione che i Serpeverde non ce lo volevano un Grifondoro nel loro regno, se Lestrange era di alcuna indicazione. Tirò fuori dalla sua tasca la Mappa del Malandrino e la esaminò. Il puntino con il nome Draco Lucius Malfoy risiedeva nel dormitorio dei ragazzini del primo anno, insieme a quello di Blaise Zabini, Theodore Nott, Vincent Tiger e Gregory Goyle.

Nella Sala Comune invece c’erano Derek Lawns, amico di Mister Socialità che era appena uscito sui terreni, insieme ad altri ragazzi i cui nomi erano David Urquhart e Graham Pritchard, poi c’era Marcus Flitt, della squadra di Quidditch, insieme a Warrington, e Adrian Pucey accanto a quello di Kain Montague, entrambi del terzo anno, e Millicent Bulstrode e Pansy Parkinson, del primo. Un paio di ragazzi degli ultimi anni, come Jake Hopkins, Charlie Dalton, e Chet Danburry occupavano i posti migliori vicino al camino.

Da quanto ricordava Harry, non era simpatico a nessuno dei presenti.

Sospirò afflitto: non voleva proprio entrare in un ambiente tanto ostile quanto quello. E se non entrava lui, allora usciva Draco. Doveva solo capire come farlo uscire. Umm … magari i gemelli potevano dargli una mano. Era sicuro al cento per cento che quei due non fossero nei loro dormitori, nonostante il coprifuoco fosse già scattato.

Osservando la Mappa, notò che non erano pochi gli studenti che uscivano oltre l’orario consentito. Gli sgabuzzini erano pieni di coppiette che si ‘riavvicinavano’ dopo l’estate, ragazzini del quarto e quinto anno facevano passeggiate o si dirigevano verso le cucine, e alcuni era fuori giusto per il gusto di infrangere le regole.

Con un sorriso, notò che il corridoio del terzo piano a destra era completamente deserto.

Scuotendo la testa, si costrinse a pensare solo al suo obiettivo: trovare Fred e George. I suoi occhi scrutarono la pergamena finché non li trovarono. Erano al primo piano, in un passaggio segreto dietro un arazzo. Non era molto lontano.

Ricacciandosi la Mappa in tasca, corse via dai sotterranei e di nuovo nel Salone d’Ingresso e su per la scalinata di marmo. Quella sera aveva fatto un bel po’ di esercizio, e già sentiva la stanchezza che aveva avvertito prima tornare.

Mentalmente, si annotò di cominciare a fare qualche giro di corsa intorno al Lago la mattina. Non dormiva molto comunque. Da quando era tornato indietro nel tempo aveva problemi ad addormentarsi. Che soffrisse d’insonnia?

Arrivato di fronte all’arazzo, sentì il risolino di qualcuno provenire da attraverso la stoffa. Sì, erano là. La scostò velocemente con una mano ed entrò nel passaggio.

I gemelli erano per terra, chini su qualcosa che non riusciva a vedere.

“ … solo metterlo alla prova,” stava dicendo uno.

Harry ghignò quando si rese conto che non lo avevano ancora notato. Non resistette alla tentazione: si portò la bacchetta alla gola e mormorò piano un incantesimo.

“Mettere cosa alla prova, signori Weasley?” chiese severa la voce della McGranitt.

I due rossi balzarono in piedi, voltandosi di scatto con la stessa espressione di panico. Uno dei due aprì la bocca per sparare una scusa mentre l’altro fece un passo per coprire la cosa sulla quale stavano lavorando.

Poi videro che l’unica persona presente nel passaggio, oltre loro, era Harry, che se la rideva come un matto.

“AH – le vostre facce – HAHA – dovreste vedervi,” il moro era letteralmente piegato in due dalle risate.

Gli occhi dei gemelli si assottigliarono, ma poi anche loro cominciarono a ridacchiare, fino ad unirsi a Potter e scoppiare a ridere.

“Ci hai fatto prendere un colpo, Harry,” ridacchiò Fred, dandogli una pacca sulla spalla.

“Un vero portatore di misfatti,” affermò George orgoglioso.

Harry sorrise, “Sì, beh … sono passato perché – aspettate, quello non sarà mica un Detonatore Abbindolante, vero?” esclamò vedendo l’oggetto sul quale stavano discutendo i Weasley prima del suo arrivo.

I due rossi si guardarono perplessi prima di aggrottare la fronte, “Detonatore Abbindolante? Non sappiamo di cosa tu stia parlando, amico. Quella è una nostra invenzione; sai com’è, ci divertiamo a trovare nuovi modi per far infuriare Gazza. Il suo scopo è … abbindolare le persone! Wow! Il nome è perfetto: Detonatore Abbindolante. Che ne dici Forge?”

“Sono d’accordo Gred,” replicò George, mentre si scambiavano un cinque.

“Ma come facevi a sapere cosa faceva?” chiese Fred alzando un sopracciglio.

Harry si morse una lingua. I Tiri Vispi Weasley non erano ancora stati inventati, ma sapeva che i due gemelli avevano cominciato a fare esperimenti molto prima di aprire il negozio.

“Umm, beh, ecco … l’ho intuito perché sembra che sopra ci sia installato un clacson, e allora gli ho dato il primo nome che mi è venuto in mente che avesse a che fare con il distrarre, o meglio abbindolare, e poi, beh, l’ho definito detonatore perché … perché … ecco … ” era consapevole del fatto che stesse rantolando, ma che altro avrebbe potuto fare?

“Ehi, ehi, calma. Abbiamo capito,” lo interruppe divertito George, con grande sollievo da parte di Harry; non aveva idea di come avrebbe continuato la spiegazione se non fosse stato fermato.

Harry si schiarì la gola, “Beh, vi ho sentito dire che dovete sperimentarlo, giusto?”

Fred annuì cautamente, e lui e George incrociarono le braccia al petto all’unisono, facendogli cenno di continuare, “Giusto.”

“So esattamente dove potete farlo.”

-

Draco si rigirava la Ricordella in mano da un po’, ormai. Il fumo al suo interno era rosso, e lui sapeva benissimo cosa si era dimenticato: si era scordato di ristituirla al legittimo proprietario.

Il biondo sbuffò, attirando gli sguardi preoccupati dei suoi compagni di dormitorio.

Possibile che si sentisse in colpa? E peggio ancora, possibile che gli mancasse Potter? Era ridicolo! Ma allora perché quando lo vedeva con i suoi amici, quando li sorprendeva a sussurrarsi segreti, quando notava le loro misteriose assenze, e quando andavano in giro a vivere chissà quale avventura, si sentiva uno schifo? Perché continuava ad immaginarsi con loro? Perché continuava a desiderare di stare con loro?

Sbuffò di nuovo.

“Draco, tutto bene?” gli chiese Zabini, aggrottando le sopracciglia, “È la settima volta che sbuffi.”

“Sì, Blaise,” ribatté acido, seccato dalle occhiate costernate del purosangue, “Stavo solo –“

BOOM!!

Un sonoro scoppio li fece saltare tutti. Draco s’infilò la Ricordella in tasca e corse alla porta del dormitorio per affacciarsi sul corridoio. Non era il solo: decine di facce di Serpeverde di tutti gli anni avevano le teste fuori.

Un denso e acre fumo nero, accompagnato da uno strano rumore ripetitivo, stava svegliando i pochi studenti che già si erano messi a letto. Il casino proveniva dalla Sala Comune, dove tutti si stavano dirigendo per vedere cosa fosse accaduto.

Il giovane Malfoy decise di fare altrettanto.

Arrivato sul luogo del misfatto, all’inizio non fu in grado di vedere nulla a causa della cortina fumogena. Intorno a lui, tutti quanti o stavano tossendo per via dell’aria sporca, oppure stavano urlando in preda al panico. Uno dei due Prefetti (dell’altro non c’era traccia) corse fuori per chiamare il Direttore della loro Casa. Molti la seguirono per allontanarsi da lì e prendere qualche boccata d’aria pulita. Tra le spinte generali, anche il primino riuscì a farsi strada fino a raggiungere un luogo dove l’aria era più respirabile.

Appena Draco ebbe messo piede fuori dalla Sala Comune dei Serpeverde, avvertì una mano afferrarlo per un braccio e trascinarlo via. Se fosse stato un Grifondoro, avrebbe urlato. Ma lui non era Serpeverde per niente, e sapeva rimanere calmo e composto. Il più delle volte.

Per questo, quando il suo aggressore lo rilasciò in un’aula vuota da qualche parte al secondo o terzo piano, cominciò a gridare come un forsennato.

“AAAAIIIIUUUUTOOOO!!”  sicuramente lo avevano sentito per tutta Hogwarts. Agitò i pugni freneticamente, e sentì quello destro colpire qualcosa di duro.

Ci fu un tonfo ed una sedia si rovesciò. Una voce cominciò ad imprecare. Draco sgranò gli occhi; non aveva mai sentito tante esclamazioni colorite in vita sua.

“Draco, si può sapere che cazzo ti prende?!” sbottò una voce da terra. Abbassando lo sguardo, Malfoy incrociò quello verde smeraldo di Harry Potter, che si massaggiava forte la testa.

“P-Potter?” balbettò confuso il biondo.

Harry alzò gli occhi al cielo, “Sai, riesci a balbettare il mio nome alla perfezione. Hai preso lezioni da Raptor?” il moro si rimise in piedi con una smorfia, “Morgana, mi hai dato un pugno in testa!”

Draco si riprese dallo stupore iniziale, “Non avrei dovuto, se qualcuno non mi avesse sorpreso alle spalle e trascinato in un’aula vuota senza dirmi niente.”

Harry sospirò, “Beh, in qualche modo dovevo farti venire qui. Senti, ho già perso abbastanza tempo cercando un modo per farti uscire dalla Sala Comune. Non potevo escogitare un altro piano per portarti in quest’aula: trascinarti è stata la soluzione più rapida –“

“Sei stato tu?! Tu hai creato quel casino nella mia Sala Comune?!” la bocca di Malfoy si aprì involontariamente.

Potter ghignò e scrollò le spalle, “Due miei amici mi hanno dato una mano.” Si passò casualmente una mano tra i capelli, mentre la sua espressione si faceva seria, “Scherzi a parte, ti ho portato qui per parlarti.”

Il silenzio cadde mentre entrambi ripensavano al loro rapporto negli ultimi tempi. Draco sembrava essersi fatto freddo e distante, ricordandosi che non erano più amici. Ma allora perché faceva così male pensarci?

“Draco, che cosa è successo? Hai cominciato a comportarti in modo strano,” cominciò il moro nervosamente.

“Dimmelo tu, Potter,” fece la Serpe con quell’odiosa voce strascicata, “Non eri tu quello impegnato ad andare in giro a salvare ragazzine mentre cadevano dalle scope?”

“E questo che vuol dire?” domandò Harry, aggrottando la fronte e mettendosi le mani in tasca. I suoi occhi si spalancarono, inorriditi. Cominciò a tastarsele, e poi le frugò da cima a fondo. Un paio di frasi sconnesse giunsero alle orecchie di Malfoy, cose del tipo ‘l’avevo con me’ e ‘dove l’ho messa?’.

La sua ansia evidente sembrò contagiare anche Draco.

“Che succede, Potter?” indagò avvicinandosi preoccupato.

“La Mappa!” Harry si morse il labbro. Era scomparsa: era sicuro di averla avuta in tasca quando aveva aiutato i gemelli a sganciare il Detonatore, “Dev’essermi caduta nei sotterranei.”

Draco scosse la testa, “Allora è persa. Mezza Serpeverde è uscita dalla Sala Comune per colpa di quel … coso … che ha provocato il fumo. Se era per terra e qualcuno l’ha trovata, sta pur certo che non te la ridaranno.”

Potter strinse i pugni e si impose di concentrarsi sulla questione del momento: chiarire con Malfoy. Alla Mappa avrebbe pensato dopo.

“Sì, beh … tornando al discorso di prima … che cosa è successo? Un giorno andava tutto bene, e quello dopo non mi rivolgevi più la parola. Ho fatto qualcosa di sbagliato?”

Draco si rese conto che no, Har-Potter non aveva fatto niente di male. Ma questo lui non glielo avrebbe detto, “Vai in giro come se fossi il padrone di Hogwarts! Continui a fare strane assenze e sei sempre al centro dell’attenzione! Non ti bastava essere il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto, vero? Dovevi anche essere il migliore della classe, e … e il più popolare! Potter di qua, Potter di là, Potter, Potter, Potter! Sanno tutti parlare solo di te! Il preferito da tutti! Il più simpatico, il più allegro, il più tutto! Scommetto che la McGranitt non ti ha nemmeno punito per esserti quasi ammazzato oggi, durante la lezione di volo. O mi sbaglio?”

Harry rimase a fissarlo, gli occhi spalancati per lo stupore, “Tu … sei geloso, Draco?” come aveva fatto a non capirlo? Draco Malfoy era sempre stato viziato, sempre considerato un principe dai suoi genitori. E lui cosa aveva fatto? Era arrivato e gli aveva rubato la scena. Era logico che aveva innescato l’antipatia dell’undicenne.

Immediatamente, la furia di Draco sembrò ritrarsi, sgonfiata dal menzionare della gelosia, “Non hai risposto alla domanda,” disse debolmente.

Harry scosse la testa, mortificato. Non sapeva che la sua fama aveva turbato la Serpe. Non aveva mai pensato che potesse essere un problema. Avrebbe dovuto, invece. Si ricordava bene di quanti problemi avesse causato a Ron e Hermione, mentre era l’Indesiderabile Numero Uno. Il fatto che fosse famoso non era una fortuna, era una maledizione.

“Draco,” disse piano, “Pensi che io lo voglia? Tu vorresti essere famoso per essere sopravvissuto mentre i tuoi genitori sono morti? So bene di non meritare la fama. Semmai, dovrebbero averla i miei genitori. Se non fosse stato per loro, il Mondo Magico sarebbe in mano a Voldemort.”

Malfoy trasalì, “Osi pronunciare il nome del Signore Oscuro?”

“Non anche tu, ti prego,” grugnì il moro seccato, “Prima di tutto, non chiamarlo Signore Oscuro: solo i Mangiamorte lo fanno. E in secondo luogo, la paura di un nome non fa che incrementare la paura della cosa stessa.”

Draco ci rifletté un attimo, “Ma mio padre dice –“

“Non deve importarti cosa dice tuo padre!” esclamò Harry stizzito. Poi realizzò cosa fosse accaduto, “È stato tuo padre a dirti di non frequentarmi?”

Il biondo non parlò.

“Lo prendo per un sì,” Harry si afflosciò su un banco, “Ascolta, per quanto io rispetti Lucius Malfoy,” dovette sforzarsi per accostare il termine ‘rispettare’ con il nome di un Mangiamorte che aveva più volte tentato di ucciderlo, “Io sono dell’idea che quella testolina bionda che ti ritrovi sia solo ed esclusivamente tua. Ogni persona è unica e diversa così com’è. Se cerchi di imitare tuo padre, allora non diventerai altro che una sua copia fatta male. Tieni a mente che anche se entrambi portate Malfoy per cognome, non siete la stessa persona. È più che giusto che abbiate pensieri ed idee differenti.”

Draco rimase in silenzio per un tempo che parve infinito. Doveva forse dargli ragione? Infondo, far parte degli amici di Harry Potter sembrava divertente. E gli mancava. Gli mancava terribilmente poter andare in giro infrangendo le regole in modo spensierato. Stare con Harry gli dava sicurezza, e sentiva che niente poteva nuocergli se era in sua presenza. Era come andare in giro con un adulto.

“Adesso io ti chiedo,” mormorò serio Potter, “Tu che cosa ne pensi di questa storia?”

Malfoy sorrise ed aprì bocca per dirgli …

“HARRY!”

I due primini si voltarono verso la soglia della stanza. Hermione, Neville e Ron erano lì, tutti con il fiatone. Sembravano spaventati a morte. Quest’ultimo si fece avanti e lo strattonò per un braccio, ignorando Draco completamente.

“Dobbiamo andare, amico! Piton è su tutte le furie per l’incidente nella Sala Comune delle Serpi, e con l’aiuto degli altri insegnati e Gazza sta setacciando il castello angolo per angolo, dai sotterranei ai piani alti. Bisogna scomparire prima che arrivino su questo piano, o sarà la fine, anche con l’aiuto della Mappa,” spiegò sbrigativo.

Harry si morse il labbro, “Per quanto riguarda la Mappa …”

“Ce l’abbiamo noi,” intervenne Hermione, tirandola fuori da una tasca, “Quando non sei tornato dal tuo incontro con Piton ti siamo venuti a cercare, e abbiamo incrociato Fred e George, che ci hanno detto tutto. Siamo arrivati sul posto proprio mentre il Prefetto di Serpeverde tornava con Piton, e siamo riusciti a prenderla prima che qualcuno ci vedesse. Lestrange non si trova, e l’intero dormitorio è stato evacuato.”

Il moro sospirò per il sollievo, “Grazie a Merlino. E comunque Lestrange è sui terreni a fumarsi qualcosa, credo.”

I primini sembravano tutti scioccati dalla rivelazione, ma Harry si limitò a scrollare le spalle ed esaminare la pergamena con la piantina del castello, grato di non averla persa. Lui e i suoi amici erano al terzo piano, mentre gli insegnanti stavano finendo di controllare il secondo. Sarebbero arrivati da un momento all’altro.

“Ci conviene muoverci, se non vogliamo farci beccare,” decretò. Gli altri assentirono e si precipitarono tutti insieme fuori dalla porta e lungo il corridoio. Ironicamente, Harry si rese conto che l’aula che avevano appena lasciato era di fronte a quella di Incantesimi, dalla quale Pix non tardò ad uscire. Esattamente come nell’atra linea temporale.

“In giro per il castello a quest’ora, pivellini? Oh, ma c’è Harry Potter! Ho sentito che qualcuno ha fatto casino nei sotterranei, non è che centri qualcosa?” chiese curioso, mentre gli occhi gli brillavano maligni.

Harry ghignò, “Forse sì,” alzò un sopracciglio, “O forse no.”

Pix gli fece l’occhiolino e poi fluttuò via indisturbato. Rimasero immobili ad osservare la sua figura svanire per un paio di secondi, come sotto trance.

Presto sentirono dei passi affrettati e delle voci concitate, tra le quali quella maniacale di Gazza e quella severa della McGranitt. Impallidirono, senza sapere che fare o da che parte andare, completamente in preda al panico.

Neville, non abituato a trovarsi in situazioni del genere e forse il più facilmente impressionabile, sembrava sul punto di svenire. Respirava a fatica, e stava probabilmente per avere una crisi di nervi/isterica/pianto. O forse tutte e tre.

 “Venite,” sussurrò Hermione, afferrando Draco per un braccio e cominciando a dirigersi verso la fine del corridoio.

La Serpe si sciolse dalla sua presa con espressione schifata, “Non toccarmi, sudicia –“

“Prova a finire quella frase!” intervenne Ron, rosso per la rabbia.

Harry imprecò. Ci mancava solo che cominciassero a litigare. Le voci dei professori si stavano facendo sempre più chiare, e seppe che il loro tempo stava per scadere. Stava per riprendere la situazione in mano, anche perché Ron e Draco avevano cominciato quasi ad urlarsi addosso, quando Hermione intervenne.

“Ma la piantate voi due? Non riesco nemmeno a sentirmi pensare. Siete peggio di una coppia di sposini,” l’effetto delle sue parole fu immediato. Ron divenne tutt’uno con i suoi capelli, mentre la pallida carnagione di Draco si fece scarlatta.

“Non è vero!” si difesero.

“Andiamo,” disse Neville, cominciando a correre verso la fine del corridoio con Hermione. Harry fece lo stesso, seguito a poca distanza dagli altri due primini, che ora si tenevano ostinatamente il broncio.

Si ritrovarono davanti ad una porta. Quella porta. Harry sapeva cosa c’era dall’altra parte.

“Siamo arrivati al capolinea,” disse Ron sconfortato, quando notò che la porta era chiusa a chiave, “Siamo perduti! È la fine!”

I passi erano ancora più vicini ormai. Harry intravide l’ombra untuosa di Piton proprio dietro l’angolo.

“Fatti da parte,” sbottò Hermione, tirando fuori la sua bacchetta, “Alohomora!”

Il lucchetto scattò e la porta si spalancò davanti a loro. Tutti s’infilarono dentro, Harry per ultimo. Appoggiarono subito le orecchie sul legno.

 “Erano qui! Lo so!” sentirono la voce di Gazza esclamare dall’altra parte della porta. Dei passi si avvicinarono a dove erano nascosti, e i primini trattennero il fiato in anticipazione.

Lentamente, come a rallentatore, la maniglia si abbassò.

Ma quando la persona tirò la porta, cercando di aprirla, questa, sorprendentemente, rimase chiusa. Gli undicenni sospirarono per il sollievo.

“Andiamo Severus. È chiusa. I responsabili, evidentemente, non sono qui,” fece pacata la voce del Professor Vitious. Altri passi, solo che questa volta si allontanavano.

Quando furono sicuri che non ci fosse nessuno dall’altra parte, Hermione guardò tutti confusa, “Io la porta l’avevo aperta.”

“Ed io l’ho richiusa,” si scusò Harry, scuotendo la testa, “Sapevo che Piton avrebbe cercato di –“

Neville emise un gridolino terrorizzato. All’unisono e con lentezza, quasi in slow motion, i primini si voltarono per guardare il resto del corridoio. Harry aveva sempre saputo che era il corridoio proibito per una buona ragione, ma non poté evitare di indietreggiare. Insomma, il fatto che sapesse di Fuffy non significava che lo temesse di meno!

I nasi delle tre teste si stavano contraendo e vibravano nella loro direzione. Il cane era immobile, colto di sorpresa. Ma poi il suo ringhiare sordo li fece sobbalzare. Tutti quanti si voltarono verso la porta, cercando afferrando disperatamente la maniglia, e ricordandosi troppo tardi che fosse di nuovo chiusa a chiave.

Harry, consapevole del fatto che li avesse appena rinchiusi in quella stanza con un cane a tre teste sul punto di sbranarli, capì che doveva risolvere la situazione. Cominciò a fischiettare un motivetto. I suoi amici lo guardarono come se fosse una delle teste del cane, ma lui non si fermò.

All’inizio, non accadde nulla, ma poi le teste di Fuffy si abbassarono, posandosi docilmente sulle zampe della creatura. Senza smettere di fischiare, Harry avanzò (ignorando bellamente le proteste dei suoi amici e gli urletti virili di Ron e Draco) e gli accarezzò il muso.

“Bravo, bello,” mormorò sorridendo, mentre il cane gli leccava la mano, ricoprendola di bava. Dietro di lui, sentì Hermione far scattare la serratura. Riprese a fischiare e diede le spalle a Fuffy, uscendo insieme ai suoi amici nel corridoio non proibito vicino l’aula di incantesimi.

Per un momento nessuno parlò.

“M-Ma c-che … ?” provò Ron, guardando Harry ad occhi spalancati. Fece per parlare di nuovo, ma Harry alzò una mano zittendolo.

“Non qui. Potrebbero tornare in qualunque momento,” disse, incamminandosi verso le scale che portavano al quarto piano. Non guardò nessuno dei suoi compagni in faccia mentre li guidava al passaggio dietro lo specchio. Era ancora spoglio e privo di decorazioni, ma non ci badò. Si sedette per terra, e Ron, Hermione, Neville, e Draco (che si stava guardando intorno perplesso) lo imitarono.

“Che cosa lo tengono a fare, un mostro come quello, chiuso a chiave in una scuola?” chiese infine Ron, “Se mai c’è stato un cane che ha bisogno di fare moto, è proprio lui.”

Si scambiarono tutti occhiate furtive, finché Hermione non ne poté più del silenzio e riportò le sue osservazioni, “Non avete visto dove poggiava le zampe?”

“Per terra?” suggerì timido Neville

“Non pensavo che le zampe fossero degne di nota. Ero più preso dalle sue tre teste,” commentò Draco tagliente.

Hermione sbuffò, esasperata dal comportamento del biondo, “No, Neville. Stava sopra una botola. È evidente che fa la guardia a qualcosa,” aggiunse scrutandoli tutti, in attesa che capissero.

“Intendi dire … che quel coso fa da guardia all’oggetto che Hagrid ha preso dalla Gringott?” suggerì Ron, deglutendo rumorosamente.

Harry rimase in silenzio: sapeva che le domande sarebbero arrivate, ma almeno così non avrebbe attirato subito l’attenzione su di sé e avrebbe lasciato che i suoi amici si facessero strada da soli attraverso il mistero.

“Hagrid? Gringott? Ma di cosa state parlando?” domandò ingenuamente Neville. Lui non era stato con loro la notte in cui Harry aveva rivelato loro le informazioni riguardanti la rapina alla Gringott.

Sorprendentemente, fu Draco a chiarire cosa si fossero detti quella sera, “Il giorno del compleanno di Harry, lui e Hagrid sono andati alla Gringott, e il mezzogigante ha preso un oggetto di valore da una camera blindata. Poco dopo, qualcuno ha cercato di rubarlo, ma è arrivato troppo tardi. Hagrid ha detto che si trattava di una faccenda di Hogwarts, e quindi sapevamo che l’oggetto era nel castello. Questo spiega perché Silente ci ha detto di non andare al terzo piano: è lì che l’hanno nascosto.”

Neville annuì, “Ma che cos’è questo oggetto?”

“Non lo sappiamo,” continuò Draco, scoccando un’occhiata veloce a Harry, “Sappiamo solo che se è davvero una cosa importante, il ladro cercherà di rubarlo anche qui ad Hogwarts.”

Hermione sembrava turbata, e prese anche lei a fissare Harry. Rimasero tutti in silenzio per un po’.

“Umm …” cominciò la ragazza, piuttosto nervosa, “Come facevi a sapere come calmare il cane, Harry?”

Il chiamato in causa chiuse gli occhi stanco e si morse il labbro. Proprio oggi dovevano capitarne tutte a lui: Sirius e il Centro di Ricerca, la Maledizione Cruciatus, Piton, Raptor, Lestrange, e adesso anche i suoi amici, “Beh … ecco …” non sapeva davvero cosa inventarsi, ormai. Sapeva che la storia della cicatrice gli avrebbe solo dato un po’ di tempo, e non se la sentiva più di mentire.

“Non posso dirvelo,” optò per la verità. I suoi amici lo guardarono confusi.

“Dov’eri questa mattina?” continuò Hermione, mentre una strana consapevolezza le scintillava negli occhi.

“Io …” Harry abbassò lo sguardo, colpevole. Si prese la testa tra le mani e la scosse.

“E questo pomeriggio?” intervenne Ron, “E dopo cena, cosa voleva Piton?”

“Piton voleva … farmi delle domande,” rispose Harry, ignorando la prima domanda.

“E questa domenica?” indagò Neville timidamente, “Hai detto che ci avresti detto dove andavi.”

Harry rimase in silenzio. Gli faceva male mentire ai suoi amici. Non si sarebbero più fidati di lui, mai più, se non la smetteva di avere segreti.

Hermione lo osservò per un attimo, traendo un respiro profondo, “Io penso di sapere cosa succede. Insomma, tutte quelle assenze, tutte quelle informazioni che solo tu sai, come casualmente il ratto di Ron sia finito tra le mani di … James Evans,” mormorò piano il nome.

Harry sgranò gli occhi. O Medusa. Hermione sapeva. Hermione aveva capito. O per Merlino, Morgana, Cir–

“Sei un amico di James Evans,” concluse la ragazzina sicura, “Eravate d’accordo. Tu gli avresti dato il ratto di Ron in modo che lui lo potesse consegnare alla giustizia. Era tutto programmato. È lui che ti passa tutte le informazioni che sai: scommetto che ti ha anche detto che per addormentare i cani a tre testi bisogna fischiettare. Ti ha insegnato tutti quegli incantesimi che un primino non dovrebbe conoscere, e quando lui andava al Ministero, tu ti incontravi di nascosto con i giornalisti per dir loro cosa stesse facendo.”

Harry esitò. Doveva far credere ai suoi amici che Hermione avesse ragione? Oppure doveva dir loro la verità? No. Era troppo presto per quello, e avrebbe solo creato nuove domande. Non poteva ancora dire loro che era un viaggiatore temporale. Semplicemente, non poteva.

“Sì,” ammise, sbalordendo i suoi compagni, “Sono un amico di James Evans. Mi ha fatto giurare di non dire niente a nessuno. Vi prego, non dovete dirlo ad anima viva. Il Mondo Magico farebbe di tutto per incontrarlo. Io so dove lui si nasconde: mi ha contattato perché aveva bisogno di una spia dentro Hogwarts. E chi, meglio del celebre Harry Potter?” li guardò uno ad uno, sentendo i sensi di colpa ribollirgli dentro, “Siete disposti a mantenere il mio segreto?”

Hermione annuì subito, insieme a Ron e Neville. Harry guardò Draco.

Il biondo ci stava pensando, combattuto. Alla fine, dopo un paio di attimi, annuì e si mise una mano in tasca, “Pacio-Neville,” si corresse, “Oggi al campo di Quidditch ti è caduta questa,” fece tirando fuori la Ricordella, il cui fumo era ancora rosso.

Il Grifondoro timido sorrise riprendendola, mentre il fumo tornava bianco, “Grazie D-Draco,” il nome gli sembrava quasi estraneo.

Harry non disse niente, ma sapeva che quel gesto significava molto di più. Significava che Draco si era pentito delle sue azioni, e la cosa lo fece sorridere. Draco ricambiò il sorriso. Magari tutto sarebbe tornato come prima … Ron aveva l’aria di uno appena caduto da una scopa.

“Miseriaccia,” esalò, “Malfoy l’ha fatto sul serio.”

“Mi devi un galeone,” esclamò Hermione trionfante. Neville, Harry e Draco li guardarono confusi, “Abbiamo visto Draco raccoglierla da terra, e io ho scommesso che l’avrebbe restituita al legittimo proprietario. Ron ha scommesso il contrario. Ho vinto io,” elaborò la Grifondoro.

“È tardi,” disse Harry all’improvviso, “È stata una lunga giornata. È meglio tornare ai dormitori.” Si alzarono tutti in piedi e Harry tirò fuori la Mappa. I professori e Gazza erano al sesto piano e stavano sgridando due Corvonero del quinto anno che erano stati beccati fuori oltre l’orario consentito.

I cinque undicenni uscirono dal passaggio segreto e salutarono Draco, che sorrise e poi s’incamminò verso le scale, diretto ai sotterranei. Harry si sentiva come se un peso fosse stato rimosso dal suo petto mentre con i suoi compagni tornava alla sua Sala Comune. Incrociarono solo un paio di fantasmi, dalla quale si nascosero prontamente. I professori dovevano essere saliti a perlustrare le torri.

Quando raggiunsero il ritratto della Signora Grassa, lei rimase atterrita nel vederli fuori a quell’ora, “Ma dove diavolo eravate, tutti quanti?” chiese.

“Non ha importanza. Grugno di porco,” replicò rapido Ron. Una volta nella sala di ritrovo, ognuno si diresse verso le scale per il proprio dormitorio.

“Notte, Hermione,” salutarono Ron e Neville salendo come razzi su, verso quello maschile.

“Notte, Mione,” la salutò a sua volta Harry, camminando più lentamente dei suoi compagni per la stanchezza.

“Buonanotte, James Evans.”

Harry si ghiacciò sulle scale e si voltò di scatto. Ma Hermione era già salita nel dormitorio femminile. Doveva aver sentito male, concluse. Il sonno gli stava facendo qualche brutto scherzo.

Era stata sicuramente la sua immaginazione.

 

 

-

 

Allora? Che ne pensate? Troppo lungo? Se sì, ditemelo, e i chap li farò più corti. Il prossimo aggiornamento non so quando arriverà … per il prossimo mese (credo). Ditemi se è orrendo o no, un bacio,

koky

  
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