Anche la sensazione di morte era reale, in quell'universo di inchiostro.
(Cornelia Funke "Veleno di inchiostro")
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Prima che
avesse il tempo di focalizzare cosa stesse facendo, un’ombra
che non vide si mosse alla sua sinistra. In due balzi raggiunse il
biondino e gli afferrò le spalle, emettendo di proposito un
soffio di fiato caldo sul suo collo, che giunse nell’orecchio
di Roxas come il rantolo di uno spettro. Lo spavento fu tale che
credette di aver intravisto la falce del Tristo Mietitore a causa degli
eccessivi battiti che gli squarciavano il petto.
Per la foga e la velocità con cui si voltò,
l’asciugamano svincolò dai fianchi e cadde ai suoi
piedi, scoprendo il corpo nudo e gocciolante. La scena
provocò una risata divertita all’aggressore, il
quale avanzò di qualche passo, portandosi accanto
alla finestra. Il volto di Riku venne svelato dall’abbaglio
di un lampo.
-Tu!- Ringhiò il malcapitato, quando riconobbe il
fratellastro. Anche se gli costava ammetterlo, però, in cuor
suo era contento che si trattasse di lui. Stava per escludere la
possibilità che si fosse trattata di una presenza umana,
quella che aveva scorto nella penombra del corridoio.
Non appena la paura passò in rassegna, il rossore della
vergogna gli punzecchiò le pallide gote e istintivamente si
rialzò, stringendo l’asciugamano con il quale si
affrettò a ricoprirsi.
-Cretino!- Sbraitò, cercando di mostrare una sicurezza che
non aveva.
Fece per tirargli una gomitata sul petto, ma il più grande
scattò nella direzione opposta e arrivò
nuovamente alle sue spalle, per poi bloccargli le braccia dietro la
schiena. Inutile dire che al panno bagnato toccò la sorte
precedente, abbandonato sul pavimento come muto testimone degli eventi.
-Ahahahah! Ah, Roxas, vedessi la tua faccia! Questa è la
più bella dell’anno! No, anzi, del secolo, anzi,
del millennio!-
-Sei un coglione, lasciami andare!- Intimò il biondino,
dimenando gli arti imprigionati.
La salda presa, però, si strinse maggiormente e Riku
continuò le sue intimidazioni: -Ti ho osservato, lo sai? Ma
che cavolo stavi facendo? Eri già spaventato a morte prima
che arrivassi io! Non ho saputo resistere dal fartene prendere un
altro!-
-Eri tu, non è vero? Sei stato tu...!-
La frase gli morì in gola, in quanto un intenso dolore alle
braccia gli strappò un gemito lamentoso.
-Lasciami, mi stai facendo male!-
-Non accetto false accuse. Cosa avrei fatto, io?- Chiese
l’altro, facendo intendere che aveva intenzione di torturarlo
ancora per un po’.
-Non prendermi in giro! Sei passato davanti alla porta del bagno e ti
sei diretto in camera mia! Non negarlo. E hai anche aperto la
finestra.- Affermò quelle cose per convincere più
sé stesso che altro, per scacciare definitivamente
quell’assurda credenza che ancora persisteva nella sua testa.
In tutta risposta, Riku aggrottò le sopracciglia e rimase
serio a guardarlo. Roxas sollevò il mento e lo
scrutò dal basso, nel profondo delle sue iridi acquamarina,
celate da un’ombra di zaffiro a causa del buio, cercando di
strappare loro una confessione o di scorgervi la verità
racchiusa.
Un’altra risata che fece accapponare la pelle a Roxas, ruppe
i pochi attimi di silenzio che si erano creati.
-Hai preso un gran bel granchio, stronzetto. Non ho messo piede in
camera tua! Perché poi avrei dovuto aprire la finestra? Ma
per chi mi hai preso?!-
“Non è mai entrato in camera mia...? Non
è possibile!”
-Menti!- Replicò subito, azzardando un secondo tentativo di
fuga. -Se non eri tu, allora chi era entrato prima di me?-
Si ritrovò finalmente faccia a faccia con
l’argenteo, il quale aveva abbandonato la presa.
-Ti rendi conto che sei tale e quale a un bambino di cinque anni? Hai
le visioni!-
Fece per circondarlo in un abbraccio di falso affetto, ma stavolta la
rabbia di Roxas fu più rapida. Scivolò al suo
fianco, raccattando nel suo percorso l’umido telo bianco, che
non si degnò di indossare.
Prima che raggiungesse la soglia della sua stanza, sentì una
sfilza di pizzicotti martoriargli il lombare. Avvampò e
sfoderò un pungo che aveva come obbiettivo la guancia di
Riku, ma fu bloccato a mezz’aria, assieme
all’altro.
Venne poi spinto con violenza contro il muro, i polsi bloccati sopra la
testa e il corpo del fratellastro premuto contro il suo.
- Ahi!- Gemette, avvertendo un bruciante dolore alle vertebre.
-Sei proprio un pappamolle.- Sussurrò l’altro,
avvicinando il viso al suo orecchio per sfiorargli il lobo con le
labbra. Fece scorrere l’altra mano lungo il torso di Roxas,
carezzandolo con coi polpastrelli velati di malizia.
“Oh, no...non di nuovo. Non ora!” Pensò
tremando il più piccolo, cercando inutilmente di sottrarsi a
quell’umiliazione.
-a quattordici anni... sei ancora un pappamolle.- Ripeté
Riku, scandendo le parole, ormai ridotte a un filo di voce che
però sentì perfettamente, tanto la bocca era
vicina al suo orecchio.
Si distaccò dal lobo e cercò nella penombra gli
occhi blu del fratellastro più piccolo che però
li teneva fissi a terra, incapaci di incontrare quelli di chi lo stava
infastidendo.
-A me piace questo tuo aspetto, però...lo sai?-
Roxas non rispose. L’imbarazzo gli impediva ogni replica e
smise di dimenarsi, arrendendosi al suo volere.
Soddisfatto del risultato ottenuto, Riku riprese le sue carezze lungo
il petto, fermandosi appena sotto l’ombelico per poi dire:
-Hai la pelle liscia...proprio come quella di un neonato...Sarebbe
davvero bello poterla sentire su tutto il mio corpo...-
Non finì il discorso perché improvvisamente Roxas
alzò lo sguardo e lo guardò con rabbia.
-Siamo fratelli! Come puoi farmi una cosa del genere?!-
Riku sostenne quello sguardo carico di odio con
un’espressione di scherno e rispose: -Fratelli? Noi non siamo
mai stati fratelli, e lo sai bene!-
Roxas abbassò di nuovo le iridi color cielo.
-Fratelli, fratellastri...per me la cosa non cambia molto, ti conosco
sin da quando ero molto piccolo, non posso vederti come qualcosa di
più!-
-Un vero peccato...Sarebbe così divertente...- Rispose
leccando appena le labbra di Roxas, che le serrò
immediatamente a quel contatto estraneo e non voluto.
-Lasciami andare! Posso sempre urlare e chiamare aiuto!–
Esclamò alzando la voce e scostando la testa di lato, in
direzione della sua camera, che mai fino a quel momento le era sembrata
un rifugio così sicuro.
Il silenzio calò sovrano per un paio di minuti, durante i
quali Riku non violò oltre il corpo del poverino.
Lentamente, sciolse la presa che bloccava i polsi del ragazzo e si
staccò dal muro, concedendogli la tanto sospirata
libertà. Per quella notte.
-Un giorno ti avrò. È una promessa-
Sussurrò impercettibilmente, seguendolo con gli occhi.
Afferrata quel’ancora di salvezza che era la maniglia, il
biondino l’abbassò e richiuse velocemente la porta
dietro di sé. Si gettò sul letto, esalando un
sospiro di sollievo; l’aveva scampata per un pelo. Sperava
che finalmente fosse cambiato, ma a quanto pare le cose stavano
diversamente e questa volta pareva motivato a spingersi molto in
là.
Nonostante l’imbarazzo lo avesse sopraffatto, il pensiero non
poté evitare di dirigersi verso un’inquietante
sicurezza: non era Riku che aveva attraversato il corridoio ed era
entrato nella sua camera.
uff...con la scusa che ho corretto e raticamente riscritto il capitolo, questo è stato un pò un parto. Ci vediamo la prossima settimana e grazia delle visite!!! ^^