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Autore: Cassie chan    06/06/2010    17 recensioni
ATTENZIONE: non tiene conto degli eventi del settimo libro...!!Sono passati alcuni anni dalla fine della guerra, ed Hermione Jane Granger vive estromessa dal suo mondo, quello della magia, a causa di una condanna ricevuta tempo prima. Fidanzata delusa, disoccupata cronica, cinica perenne, Hermione ormai dispera dell'arrivo del principe azzurro. Ma quando arriva, non è facile riconoscerlo nelle fattezze affascinanti ma DECISAMENTE irritanti di Draco Lucius Malfoy, specie se babbano anche lui... ma la vita è decisamente strana e può anche capitare che ci si imbatta in una piccola fiaba, proprio quando si credeva di vivere in un incubo...:) PUBBLICAZIONE CAPITOLO 51 : 14 LUGLIO 2020
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Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Lavanda Brown, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'THE "HAVE A LITTLE FAIRY TALE" SAGA. ' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo 25 – Strangers since yesterday

Capitolo 25 – Strangers since yesterday

 

Quando arrivo a Diagon Alley, alle prime luci dell’alba, mi rendo conto di aver infranto un altro dei sacri precetti di Hermione Jane Granger.

Mi ero ripromessa di non rivedere mai più Helder.

Probabilmente perché non volevo da lei nulla, non volevo che saldasse il suo debito. Dio, è una cosa così assurda che senta ancora un debito nei miei confronti…

O chissà per che altro motivo. Probabilmente perché Helder mi ha sempre, ecco, reso inquieta.

È una di quelle tipiche persone che non sono destinate ad avere qualcosa a che fare con me.

Io sono un continuo nascondermi dietro qualcosa.

Dietro il coraggio, dietro l’ironia, dietro una smorfia, dietro un discorso perfetto, dietro una nuova risoluzione, dietro un sogno impossibile per tutti e verosimilmente fattibile per me.

E, invece, lei è una di quelle persone che notano il muro dietro cui ti trinceri e lo fanno a pezzi in pochi secondi, facendo venire fuori tutto quello che c’è dietro, senza scrupoli e remore. Come… Draco…

Tiro su con il naso, cercando di fermare il fiume di lacrime che rischia di nuovo di riprendere a scavare il buco dentro di me.

Tra la roccia, anche la più dura, e il fiume, si sa che vincerà sempre il fiume.

Mi stringo più forte nel mantello mandatomi da Helder, calandomi meglio il cappuccio sugli occhi. Ci manca anche che qualcuno mi riconosca… sostenere una conversazione su come vivo la mia condanna a NON strega, mentre mi appresto ad infrangerla con una pozione proibita da millenni e potenzialmente letale, non è una cosa di cui ho estrema necessità.

Inoltre, non credo di essere mai stata in grado di scambiare convenevoli e banalità, con persone a cui frega solo spettegolare un po’ di te all’angolo successivo, con il prossimo passante… ed ora lo sono meno che mai.

L’edificio della Gringott mi compare, dopo qualche passo, e, per un attimo, mi fermo a fissarlo, la gente che mi continua a passare attorno, urtandomi nella folla di questa fresca mattinata di giugno. Bianco come sempre, splende nella luce dell’aurora, mandando riflessi dorati dal portone di bronzo brunito, come sempre guardato a vista da un folletto sonnecchiante. Lo guardo senza vederlo davvero, la mia mente ospite sgradita del mio corpo che brama continuare a camminare.

Starò davvero facendo la cosa giusta?

Abbasso lo sguardo, chiedendomelo davvero. E poi…è solo un attimo, come il battito d’ali di una farfalla che però mi rovescia la mente e la volontà, ed il buco dentro riprende ad inglobare quel poco rimasto in vita di me.

E so che rispetto ad aspettare che finisca di divorarmi, non ci può essere nulla di peggio…

Nulla di peggio. Nemmeno morire davvero.

I miei passi tornano sicuri, il corpo che reclama la volontà, la mente che sparisce, e finalmente intravedo Helder, da lontano. La soppeso lentamente, esaminando la sua figura che non trovo molto cambiata, cosa come sempre rincuorante, le cose che restano identiche mi fanno sempre sentire bene.

E poi mi ricordo che nulla resta sempre identico, come non ci si può immergere due volte nell’acqua dello stesso fiume.

Panta rei. Tutto scorre. Io stessa scorro via, non essendo mai uguale a quella di due minuti prima.

So che è cambiata per forza, ma è ovvio che, ad un esame superficiale, lei mi sembri sempre la stessa di tanti anni fa.

Esattamente dalla fine della guerra… dal corso per diventare Auror.

Lei che poi un’Auror, non lo è mai diventata.

Conobbi Helder il giorno della mia prima lezione, avevamo un insegnante goffo e buffo, si chiamava signor Murray, vestiva sempre con una vecchia tunica logora bordeaux e sbagliava sempre i nostri nomi, storpiandoli in maniera assurda. Per non parlare, poi, delle varie nozioni, gettate a casaccio e contraddette sempre cinque secondi dopo.

A me, la perfettina del mondo civilizzato, faceva innervosire per il tempo che perdevamo. Ad Helder, faceva sommamente ridere.

Era la mia compagna di banco, e passava tutta la lezione a ridacchiare, una mano sotto il mento, gli occhi allegri.

Io la guardavo storta, innervosendomi sempre di più, finché un giorno le dissi in modo chiaro e netto che, se non aveva da fare nulla se non ridere, poteva restarsene tranquillamente a casa sua a ridere tutto il giorno, invece che cercare di diventare un’Auror. Con uno spirito del genere, non penso che ci sarebbe mai riuscita.

Per fare l’Auror, tutto ci voleva tranne che allegria… anzi, non c’era proprio nulla da essere allegri.

La guerra e il suo carico di sofferenze, erano una ferita ancora così dolorosa che avrei cancellato l’allegria da tutto il mondo.

Lei non si scompose minimamente e mi guardò fisso negli occhi, mormorando solo con voce seriamente flautata: “A lui fa piacere che io rida… si sente… divertente, ecco… e non un vecchio che insegna cose che gli hanno provocato solo dolore… quindi va anche bene imparare così…”.

Restai di sale, come è ovvio che fosse.

Lei sorrise e basta, continuando a seguire alla sua maniera la lezione, e solo allora mi resi conto che il signor Murray curvava impercettibilmente le labbra verso l’alto ogni volta che guardava Helder, illuminandosi in volto. Lei sapeva cosa il professore intimamente pensasse. 

Helder era un’Empatica. Me lo disse qualche giorno dopo, quando le chiesi spiegazioni. Sentiva le emozioni degli altri, come fossero le proprie. Bastava che guardasse anche una fotografia e si concentrasse per avvertire l’energia mistica di quella persona, e sarebbe arrivata a sentire il suo cuore, anche a chilometri di distanza.

Questo, intendevo, dicendo che lei legge dentro ed elimina i muri che uno si mette per difendersi.

Lo fa davvero.

Credo che anche stanotte abbia sentito che avevo bisogno di lei e come stessi. E ha subito deciso di aiutarmi.

Draco invece non è un Empatico. Non ha nessuna dote magica… Draco ha quel particolare effetto solo su di me.

Deglutendo, mi avvicino ancora di qualche passo. Lei mi nota e si gira nella mia direzione, sorridendo. I capelli, che ricordavo corti fino alle spalle, sono cresciuti e si agitano nel vento di questa mattinata estiva, catturando la luce del sole, gli occhi cervoni sono sempre luminosi come li ricordavo, agita la mano per attirare la mia attenzione, salutandomi.

E meno male che aveva mandato il mantello per impedire che mi riconoscessero…

Sospiro e sorrido a mia volta avvicinandomi, ha un mantello simile al mio, ma glicine, e il cappuccio le copre solo parzialmente la testa, sta quasi scivolando nell’impeto del suo saluto, rivelando le cuffie di un i pod nelle orecchie.

Tipico anche questo. Lei che è una Purosangue, ma usa cose babbane.

Un controsenso continuo come è lei… ora, infatti, mi intrattiene in un’amabile conversazione su come, una volta sentita “Don’t cry” dei Guns n’ Roses, uno non è che possa tornare allegramente ad ascoltare le Sorelle Stravagarie, noterebbe l’abisso.

Sorrido, annuendo leggermente e lasciandola parlare. 

Il suo aspetto suggerisce che sia una ragazza attiva, vitale e vivace. E, a suo modo, lo è.

Ma è anche fin troppo abituata a soffrire, con il dono che la Natura le ha riservato. E, come se non bastasse, di dolore nella vita ne ha già avuto tanto. E, stavolta, solo proprio.

Helder, infatti, è l’unica figlia di Broderick Bode, un Indicibile, cioè un impiegato nell'Ufficio Misteri. Lo conobbi alla finale della Coppa del Mondo di Quidditch, lo ricordo come un uomo dalla pelle olivastra e dall'aria lugubre e misteriosa, tipica peraltro di ogni Indicibile, data la clausola di estrema segretezza nel loro lavoro che impedisce a chiunque di sapere compiutamente la mansione a cui sono preposti. Bode morì qualche anno fa, lo ricordo bene, fu una delle prime indagini che mi sottoposero da Capo degli Auror. Era stato tenuto sotto Imperius per settimane da Lucius Malfoy che tentava di fargli prendere la profezia su Voldemort e Harry. Bode però sapeva che toccandola, e non essendoci scritto il suo nome sulla profezia, sarebbe impazzito: è per questo che riuscì a resistere tanto alla Maledizione Imperius. Tuttavia alla fine dovette cedere e,  toccando la profezia, subì gravissime lesioni al cervello. Venne quindi ricoverato al San Mungo, nonostante ancora parlasse in lingue incomprensibili e fosse in stato confusionale, stava migliorando. E per impedire che si riprendesse e parlasse che, pochi giorni dopo, venne ucciso dai Mangiamorte, che gli inviarono una piantina di Tranello del Diavolo travestita da regalo: non appena il convalescente Bode la toccò, la pianta lo strangolò all'istante 

Helder entrò nel corpo degli Auror proprio per sapere chi aveva ucciso suo padre.

Ma non era il solo motivo.

Helder aveva anche subito, qualche anno dopo, anche la perdita del suo ragazzo, Christopher Latimore, ucciso anch’egli dai Mangiamorte.

Erano amici da quando erano piccoli, anche se lui aveva qualche anno più di lei, e si erano dichiarati vicendevolmente solo una settimana prima che lui morisse, ucciso a tradimento. Lei, che, dopo la morte del padre, si era appoggiata in tutto e per tutto a Chris, come lo chiamava, ne era rimasta devastata… il particolare legame poi con Chris, aveva fatto sì che, con il suo potere, lei sentisse esattamente tutto quello che aveva provato mentre moriva, non riuscendo però a fare nulla per salvarlo.

Sembrava che una sorte crudele e misteriosa si fosse accanita su di lei per toglierle tutto quello che di caro aveva, questo diceva sempre.

Le era rimasta solo la mamma che, però, si era abbandonata al dolore e all’inerzia, lasciandola sostanzialmente sola.

Sola compagna del desiderio di vendetta.

Legammo abbastanza ai tempi del corso per Auror, lei era brava e capace, spesso anche più di me; infatti, molti dicevano che era sprecata come Auror. Avrebbe dovuto fare l’Indicibile come suo padre, ma lei non ne voleva sapere, almeno fino a quando non avesse trovato gli assassini di Bode e di Chris.

Come per Draco.

Riuscì anche a farsi affidare quell’indagine, non so nemmeno come, visto il legame stretto con le vittime, e chiese la mia collaborazione.

Fu la mia prima indagine.

In qualche mese, venimmo a capo di tutto. E per Helder fu il dolore peggiore della sua vita.

Ad uccidere suo padre, era stato lo stesso Chris. Era un Mangiamorte.

Per motivi ancora oscuri, poi, era stato ucciso lui stesso, forse perché si era rifiutato di fare qualcosa che gli era stato ordinato, o altro.

Helder si spense lentamente, giorno dopo giorno, e alla fine lasciò gli Auror, diventando un Indicibile. Io divenni il capo degli Auror qualche settimana dopo.

Mi chiese solo una cosa, per me incomprensibile.

Non voleva che nessuno toccasse la memoria di Chris. Mi chiese di non rivelare a nessuno la verità. Lei doveva essere la sola a saperla.

E io accettai, secretai l’indagine e finsi che eravamo arrivate ad un punto morto.

Questo è il debito a cui allude.

Non so perché lo feci, non la capivo, per me era assurdo che lo facesse, che difendesse l’assassino di suo padre. L’avevo aiutata solo perché era una mia amica.

E potevo solo immaginare quanto ne soffrisse.

Non l’ho mai capito.

Ma, ora che la vedo come sempre annegare nel chiarore accecante di un sorriso finto tutta la pena che ha dentro, parlando di musica babbana e di musica magica… per la prima volta, credo di capire.

E fa male, perché so che la capisco perché siamo unite dalla stessa colpa. Amare un Mangiamorte.

O meglio un Ex Mangiamorte…  loro sono i peggiori.

Rinnegano sé stessi, ma mai del tutto, restando in bilico sulla bilancia del mondo. Come Draco. Come Chris.

Lui… è morto perché volevano uccidere anche te, vero Helder?

È per questo che non lo lascerai mai andare nello sfacelo di una memoria profanata.

Grata, nonostante tutto. Lo ami lo stesso.

E io… invece, non sono come te. Non vedo l’ora di liberarmi di questo amore.

E so che mi capisci… ed, in fondo, Chris ti amava… Draco, invece…

Trattengo il fiato, ondate di lacrime non piante su di me, e lei si interrompe mentre parla, lasciando cadere il discorso. Sono tornati spenti i suoi occhi, mentre mi guardava fisso. Stringe le labbra e sfugge le parole.

“Innamorata di un ex Mangiamorte…” sussurra solamente, chiara e precisa l’intonazione, nonostante il vociare circostante.

“Sei diventata anche sensitiva, oltre che empatica?” chiedo amaramente, guardandola da sotto il mio cappuccio.

Lei sorride tristemente e nega con il capo: “E’ una sensazione abbastanza netta quella di essere innamorati di una persona che si è votata al male… assomiglia ad un soffocamento, ad un vicolo cieco… più ami lui, e più odi te stessa”. Sussulto leggermente, come sempre ha azzeccato tutto. Di che mi sorprendo, in fondo? È il suo potere.

“Meno chiaro, invece, risulta chi sia…” commenta in tono neutro, incrociando le braccia, una folata di vento le scopre i capelli scuri. Si porta pensosamente un dito sotto il mento, prima di replicare: “In fondo non hai più contatti con la comunità magica… e gli ex Mangiamorte non figuravano tra i tuoi amici di vecchia data…”.

Probabilmente non dovrei dirle chi è… insomma il fatto che Draco è vivo, è pur sempre un segreto.

Sospiro. Al di là di potermi fidare di Helder o meno, dato su cui non discuto sennò non sarei nemmeno qui, c’è il suo nome che mi arde in gola, dalla voglia di essere pronunciato ad alta voce. Ammettere a qualcuno, a parte me stessa, che sono innamorata di Draco Malfoy. Sfogarmi, ecco.

Seth sa tutto e niente. Ed anche se sapesse, sa che parlo di Danny.

Ma Danny non è Draco.

Con gli altri, poi… sono Danny… però io sono Draco, alla fine, dentro sono Draco, non Danny…

Già, in fondo, lo pensa anche lui… ed io, mai come ora, sono cosciente dell’abisso incommensurabile esistente tra quei due nomi che in fondo appellano la stessa persona, ma che la descrivono e rappresentano in nozioni ed anime completamente diverse.

Prendo un respiro profondo, prima di dire con un tono di voce incerto: “Sono innamorata di Draco Malfoy, Helder…”.

Lei non trasale, né mostra alcun segno di evidente sorpresa. Evidentemente sapeva, in qualche modo, che Draco era vivo, cosa che mi consola alquanto. Colgo però un impercettibile guizzo sinistro nella sua espressione, come un sordo tonfo dietro la sua placida calma. Improvvisamente comprendo e mi maledico per averle detto di chi si tratta. In fondo, Draco è pur sempre il figlio dell’uomo che ha torturato suo padre fino alla follia.

Come se indovinasse esattamente i miei pensieri, Helder solleva lo sguardo e agita una mano in segno di noncuranza: “Non sono io da compiangere, Herm… al massimo lo sei tu… Draco Malfoy… non ci posso pensare…”.

Sorrido, mio malgrado, e mi stringo nelle spalle.

Sono contenta, ora come non mai, che Helder sia un’Empatica.

Un altro non saprebbe cosa mi è costato dire ad alta voce che sono innamorata di Draco, non capirebbe perché la mia voce si è incrinata, perché mi sembra di averci messo trent’anni a dire quelle sei paroline, perché, sentendone l’eco nelle orecchie, mi sembri quasi che non sono giuste.

Sono troppo… piccole.

Come se nemmeno la parola innamorata bastasse. Come dire mare, e sapere che in quella parola ci può essere al massimo l’eco di una goccia d’acqua salata.

Non gli abissi inesplorati, non la vita brulicante, non le onde eterne, non la spuma vivace… e, ad ogni ulteriore aggettivazione, trovarne sempre un’altra, mai sufficiente.

Ecco... io… se dico innamorata e basta, credo quasi di dimenticare qualcosa.

E credo che, se iniziassi ad enumerare tutto mentalmente o a voce, probabilmente non finirei mai più.

Ma dagli occhi di Helder, tristi e partecipi, capisco che quel mare lei lo sente, senza bisogno che glielo descriva.

Lo sente ruggire affamato in me, erodendomi come una scogliera esposta alle intemperie.

Lei lo sente.

Non ha bisogno che glielo descriva.

Sussurra qualcosa che non riesco a distinguere, distogliendo lo sguardo da me e fissando gli occhi altrove.

Le iridi sembrano diventare quasi più chiare, tingendosi di tenui toni opalini. Gli occhi di Draco… come potrei sbagliarmi?

Quando torna a guardarmi, preserva ancora una traccia di quella luce perlacea negli occhi, che però ritornano subito del loro colore consueto.

Deve aver sentito Draco, anche da qui. Chissà che cosa sta sentendo adesso… probabilmente soddisfazione per essersi finalmente liberato di me… mi mordo il labbro inferiore con foga, cercando di stare calma, sapendo che Helder può sentire tutto di me, persino quell’ansia masochistica di sapere che cosa intimamente stia pensando Draco. Non voglio mostrare fino a che punto mi sono ridotta.

Helder torna a dedicarmi attenzione, non senza che mi sia accorta che di nuovo i suoi occhi sono cambiati. Sono diventati come i miei.

Mi ha sempre affascinato questo degli Empatici… cambiare colore degli occhi a seconda della persona di cui sentono i sentimenti.

Vedere con i loro occhi.

Camminavo accanto ad Helder per strada, e i suoi occhi erano azzurri, poi verdi, poi neri... ed era come guardare un pavone che mette nuove piume variopinte.

Eppure, mi chiedevo sempre quanto male le facesse dentro, come facesse a non morirne.

Mi spiegò che potrebbe escludere quei sentimenti, sentire solo i suoi, ma lo fa raramente. Perché fa parte di lei, ed oramai ci è abituata.

Non so davvero come ci riesca. I miei sentimenti bastano già a farmi impazzire per mio conto.

Lei sorride ed immagino che abbia sentito che cosa sto pensando, mi stringo nelle spalle imbarazzata e guardo altrove.

Torna seria, mentre mi dice con voce atona: “So che cosa vuoi da me, Hermione… e so anche che un altro Indicibile ti avrebbe già consegnato ad Azkaban…”.

“E tu invece?” chiedo con un filo di voce, per la prima volta qualsiasi sanzione non riesce a farmi desistere di un solo passo.

Solo infrangendo questa regola, io avrò la pace…

“Io invece… invece lo so…” bisbiglia Helder, guardando altrove, apparentemente rapita dalla facciata immacolata della Gringott, come se la vedesse per la prima volta.

Ma gli occhi sono tornati i suoi e si sono fatti lucidi.

Lei sente il mare che mi ruggisce dentro. È lo stesso che ulula dentro di lei.

“Probabilmente, tanto tempo fa, lo avrei fatto anche io…” acconsente con un sorriso caloroso, simulacro di una gioia che non può provare “Ma allora credo che mi trattenesse la paura… ma tu invece non la provi, lo sento, quindi credo che sia la cosa giusta… inoltre, sei una strega capace, quindi credo che saprai almeno limitare i danni agli altri, se non a te stessa…”.

Annuisco con il capo, sempre più convinta che sia la cosa più giusta che abbia fatto nella vita.

Lei mi invita a sedersi su un gradino della scalinata che porta alla Gringott, dopo averlo fatto lei stessa. Esce dalla falda del mantello una scatoletta di legno laccata di blu, abbastanza scrostata e dall’aspetto antico. Mi fa cenno di nasconderla e di non aprirla fino a quando non sarò da sola.

“C’è tutto l’occorrente, la formula, gli ingredienti per la pozione… alcuni di essi non esistono nemmeno più…” commenta sibillina, rimettendosi il cappuccio sugli occhi “Ne avevo qualche residuo nascosto a casa… quindi fai attenzione, non hai altri tentativi…”.

Prende fiato prima di riprendere, la ascolto attentamente, brividi gelati sulla schiena: “Come ovviamente non ti dico di fare attenzione al resto, a morire e a tutto quello che ne potrebbe conseguire, perché penso che tu abbia intuito che non sarà una passeggiata… né per te, né per la gente che ti circonda, quindi fallo da sola… ci saranno meno rischi per chi ti è vicino… me lo prometti?”.

Annuisco con il capo, devo aver perso la voce qualche attimo prima, senza rendermene conto.

Helder torna a guardare la gente che ci cammina vicino allegramente, persa nelle proprie faccende, infinito arcobaleno i suoi occhi.

Poi sospira ancora e riprende, facendo attenzione a non nominare nemmeno una volta la parola Zahir, ma alludendoci solamente.

“Ti farà addormentare, probabilmente per giorni… e potresti non svegliarti più. Vagherà nella tua anima alla ricerca del sentimento ossessivo. Questa cosa, Herm… è come un animale affamato. Fiuta la tua anima alla ricerca il sentimento di cui nutrirsi, lo braccherà cercando di stanarlo e di saziarsi di esso. Ma, se non sarà abbastanza forte e definito, si nutrirà di altro… altri sentimenti, altre emozioni, ciò che di più forte c’è in te… sei disposta a rischiare per questo?”.

La paura che non mi aiuti più, la disperazione di dover convivere allora con l’amore per Draco, mi fa ritrovare la voce perduta: “Sai già la risposta a questa domanda, Helder…”, abbasso la voce, aggiungendo: “Non mi hai appena detto che avresti fatto lo stesso?”.

Lei sorride piano: “Ovviamente…”. Faccio un cenno con il capo, tornando a guardare davanti a me il viavai per le strade: “Non chiedermelo più quindi…”.

Helder riprende, la voce più bassa: “Durante questo periodo di sonno indotto, userà il tuo cuore per vedere la gente che ti circonda, anche se tu non ne avrai coscienza, né ricordo, e sentirà tutto quello che provi nei confronti delle persone che ti circondano. Solo allora troverà probabilmente il sentimento ossessivo, e lo renderà ghiaccio, freddo. Se dovesse funzionare, tu ricorderai tutto di Draco, quello che vi è successo, cose che vi siete detti, tutto. Ma senza più emozione. Sarà come se fossero successe ad un’altra persona, anche se sarai cosciente di essere tu. Eppure, l’amore che provi per lui sarà come un tenue ricordo che non ti provoca più nessuna sensazione. Quando e se ti sveglierai, indosserai qualcosa di diverso, probabilmente un bracciale, un monile, un anello, qualcosa di simile. Sono così gli Zahir d’amore… non provare a sfilarlo, a farlo venire via. Non se ne verrà mai, resterà sempre lì e, più diventerà forte l’amore che deve distruggere, e più ti cingerà forte, probabilmente facendoti anche male. I primi tempi resta accanto a Draco, ha bisogno di essere nutrito dall’amore che deve distruggere, altrimenti cerca altro nella tua anima… trascorsi tre giorni, vai via. Dimenticalo per sempre. Alimentandolo troppo, non riuscirebbe più a sanarlo, a renderlo indifferenza… diventerebbe odio, Hermione…”.

“Non sarebbe un problema odiarlo…” aggiungo con tristezza “Tornerebbe tutto come prima…”.

Helder non aggiunge altro e capisco che ricorda perfettamente quello che c’è sempre stato tra me e Draco.

“Lo so…” commenta tristemente “Ma inizieresti a cambiare… il tuo aspetto, per prima cosa… e poi tutto il resto. L’odio non rimane mai circoscritto, è come un cancro… contaminerebbe tutto quello che rimane di te… quindi vai via, davvero, appena dovessi accorgerti di qualcosa di simile… potresti morirne a quel punto, come se ti avesse avvelenato. Solo l’amore ti salverebbe ancora… ma se lo hai distrutto, creando lo Zahir, è impossibile che torni ancora…”. Capisco in parte quello che dice, la ascolto silenziosamente.

“Un’altra cosa…” aggiunge con un altro sospiro, i suoi occhi diventano di nuovo quelli di Draco per un secondo. Rabbrividisco come se stessi parlando con lui.

“So che questo è il tuo destino… e so che solo così questa storia finirà…” commenta con un sorriso, i suoi occhi tornano del loro colore consueto mentre mi parla “Ed è solo per questo che ti aiuto… non c’entra niente il mio debito…”.

“Quindi perché lo fai? Non capisco…” chiedo attonita.

Gli occhi di Helder diventano prima d’oro e poi d’argento, fondendo come metallo liquido e prezioso, forgiato da due cose così diverse e distanti da essere assolutamente inconciliabili, ma che lei sola vede miracolosamente e misteriosamente… unite.

Riflessa in quelle iridi magiche, mentre Helder si alza e si smaterializza, dicendomi solo di stare attenta prima di sparire, con un formicolio diffuso, sento che c’è qualcosa che non mi ha detto. Qualcosa…

… e non è stata necessaria alcuna empatia per capirlo…

 

 

 

La pozione brucia in gola, mentre la bevo stesa sul letto, a casa mia.

Ha un sapore come di fuoco liquido, come se mi ardesse dall’interno, e credo di non farcela a finire di leggere la formula magica. O di sbagliarne le parole.

Divento subito anche meno lucida, mi sento fluttuare nel pensiero nullo e nel sentire inesistente. La testa mi ricade all’indietro, piegata dal sonno.

Eppure, mi aggrappo a quelle parole come se ne andasse della mia vita, reprimendo la tosse ed ignorando Grattastinchi che mi guarda curiosamente, inclinando la testa di lato dal basso del mio letto. Lo sguardo mi muore fissando la finestra da cui filtra forse l’ultima luce che vedrò in vita mia.

Le parole nel cervello si fanno meno nette, finendo di pronunciarle. Le labbra si spaccano, sanguinando, come se fosse un dolore inesprimibile, un peccato solo averle dette quelle parole magiche. Tutti i miei organi è come se morissero, putrefacendosi. Tutto di me sta morendo.

Eppure, le parole della formula continuano nella loro litania.

Omnibus nobis animi motus praeest. Amoris laetitiae, odii perspicuitatis, doloris stuporis fons est. Nolo obtemperare, volo pacem, haud cruciatum, fluentem venis et intercludentem mihi spiritum. Nolo hanc undam, quae intra me percutit et allidit. Omnia flagrat et solum colores imber restinguit. In vostro munere, non satis fortis sum, dii caeli, et sciite me meum animum subigere conari. Sed tempus est sic serum. Sciam dulcis mortis inanem.

(La passione ci comanda tutti. È fonte della gioia dell’amore, della chiarezza dell’odio e dell’estasi del dolore. Non voglio obbedire, io voglio pace e non dolore che scorre nelle vene e mi soffoca il respiro. Non voglio quest’onda che batte e sbatte dentro di me; tutto brucia e la pioggia spegne solo i colori. Non sono abbastanza forte nel vostro dono, dei del cielo, e sapete che cerco di domare il mio animo. Ma il tempo è così lento. Che io conosca il vuoto di una dolce morte.)

Solo, dopo aver finito di recitare la formula in latino, finalmente mi abbandono al sonno.

 

Harry aprì la bocca per ribattere, ma rimase curiosamente in silenzio come un buffo pesce d’acquario.

Non valeva la pena contraddirla, tanto lei avrebbe trovato un altro modo per avere ragione. Ormai l’aveva capito.

Quindi scrollò il capo e disse con voce rassegnata: “Sai che c’è Gin? Hai davvero ragione! Dare una cornice d’argento come bomboniera, è il più vecchio dei cliché… ci vuole qualcosa di meglio…”.

“Mi stai prendendo in giro??!” borbottò Ginny, guardandolo torva e misurando a lunghi passi il salotto, gli occhi che mandavano lampi “O mi stai solo assecondando il che sarebbe anche peggio??!”.

“Ma come la faccio e la faccio hai sempre ragione tu??”.

“Non è vero! Quando ho ragione è chiaro che io abbia ragione… ma se tu avessi ragione nel dire che io non ho ragione, allora sarebbe normale che tu hai ragione e io non ce l’ho più la ragione!!”.

“Eh?” chiese Harry, con gli occhi annacquati, cercando il bandolo della matassa.

Ginny, alla sua vista, scoppiò a ridere, dimenticando per un attimo quello che stavano dicendo. Si sedette accanto a lui, poggiando la testa sul suo braccio.

Harry chiuse gli occhi, sorridendo. Anche stavolta, non sapeva ancora come, l’aveva scampata.

 

Affetto. Tenerezza. Simpatia. Complicità. Ricordo.

Non è questo.

 

Seth sfogliò le pagine con fare distratto, profondamente perso nei suoi pensieri.

“Che hai?” chiese April, sedendosi accanto a lui, mentre continuava ad asciugare con uno strofinaccio un bicchiere “Sei strano oggi…”.

“Non ho niente…” borbottò Seth con voce monocorde “Chi ti dice che io abbia qualcosa?”.

“Bah, la vaga sensazione che tu abbia sfogliato il giornale senza guardarlo…”.

“L’ho guardato, invece…”.

“Anche Taylor Lautner a torso nudo, a cavalcioni di una motocicletta?” sogghignò April, guardandolo storto.

“Dove? DOVE??!!” urlò Seth, sfogliando come un ossesso le pagine in senso contrario, arrivando quasi a strapparle pur di ritrovare il suo attore preferito.

Perso nel suo delirio ormonale, non si accorse di April che, caduta per terra, inveiva contro di lui per il suo slancio troppo impetuoso che l’aveva fatta ruzzolare dalla sedia.

Serenity, nel suo box, scoppiò a ridere felice.

 

Dolcezza. Riconoscenza. Sicurezza. Affinità. Istinto materno.

Non è questo.

 

“Allora oggi dobbiamo assolutamente andare a comprare delle scarpe nuove…”.

Sospiro.

“Vorrei ricordarti che le Hogan blu sono assolutamente inadatte… insomma, diamine… oramai ce le hanno tutte…”.

Sbuffo irritato con la bocca. Mano ad asciugarsi la fronte, imperlata di sudore.

“Persino Shirley…! Ma dico, ha due fette al posto dei piedi, porterà come minimo il 45… pensa che lei a scuola, si vantava che gliele facessero su misura, le scarpe… ovvio! Non le troverà mai da nessuna parte!!”.

Cenno con il capo, che vuole fingersi divertito. Occhiate attorno alle donne circostanti.

“Poi, una volta con Calì la beccai che si tentava di infilare delle scarpe minuscole…! Che risate…! È assurdo quando una non è conscia di quello che è!”.

Ron fa un gutturale verso di gola, che vorrebbe corrispondere ad un assenso incondizionato. Lavanda comunque non l’ha sentito, presa com’è dal suo racconto sui leggendari piedi di Shirley Danes.

Il ragazzo torna a guardarsi attorno, con espressione spaesata, mentre la fidanzata continua a parlare.

Ha una sola domanda in testa. La solita.

Ma non l’ascolta e la lascia andare… anche perché sa che lei ormai non c’è più. In tutti i sensi. Harry glielo ha detto ieri sera.

Gli è semplicemente crollato il mondo. E cammina per strada, cosciente di avere il vuoto dentro. Cosciente che fa più male di quanto dovrebbe.

Hermione, la sua Hermione, si è innamorata davvero stavolta.

 

Ricordo. Rabbia. Dolore. Inadeguatezza. Voglia di dimenticare.

Non è questo.

 

Correva per strada, era in ritardo come sempre.

Quella dannata partita doveva anche finire ai supplementari?

E dovevano perdere pure??

E doveva anche essere collega di un gruppo di tifosi sfegatati del Paris Saint Germain??

Ed essere il solo che teneva per il Manchester???

Dean urtò una signora che veniva nella direzione opposta, si affrettò a replicare con voce frettolosa: “Je suis dèsolè, c’ètait un accident!”. La signora lo guardò in cagnesco, per niente intenerita dalle sue scuse. Gli ricordava terribilmente la signora Sanchez…

Fu un attimo…

Hermione…

Stava bene, Hermione, glielo aveva detto Ginny qualche giorno prima. Si era ripresa dal coma, stava anche per riavere un lavoro nella comunità magica.

E, a detta dell’amica, si era anche innamorata. Del suo capo, qualcosa del genere.

Era contento, sinceramente. Lei si meritava tutto il meglio del mondo.

E lui… bé, lui si era ricordato che la monogamia era una cosa che nuoceva terribilmente all’evoluzione della specie. Con Hermione, andava bene essere fedele, probabilmente se lei lo avesse amato, l’avrebbe fatto anche per tutta la vita… ma visto com’era andata a finire, allora ritornava alla sua vecchia teoria.

Si fermò davanti a Place de Sorbonne, dove aveva appuntamento con Laetitia.

O era Charlotte?

O Frances?

Appena la vide arrivare da lontano, ancora immemore del nome, capì che evidentemente la poligamia era stata abolita per l’alto tasso di omicidi.

Deglutì.

Omicidi di uomini che scordavano i nomi delle loro innumerevoli fidanzate.

 

Tenerezza. Rimpianto. Rimorso. Gratitudine. Senso di colpa.

Non è questo.

 

Stese la mano davanti a sé, faceva ancora male, ma almeno meno di prima.

Un paio di giorni e sarebbe guarito del tutto… chissà, se poi sarebbe stato un bene.

Draco Lucius Malfoy si guardò distrattamente la mano destra fasciata, al centro dello studio dove dipingeva, nelle cantine del Petite Peste. Accolse la vista di quella ferita con un fremito negli occhi chiari, un fremito che era assieme rabbia e dolore. Debolezza. Il segno della sua infinita debolezza.

Su di lui, si sentivano i passi dei clienti e le urla divertite di Seth ed April.

Chiuse gli occhi quasi infastidito.

Ma gli occhi si chiudono per non vedere qualcosa. Non per smettere di ascoltare.

E Draco la cosa, che non voleva vedere, ce l’aveva davanti agli occhi.

Sospirò, riaprendoli, ringraziando la ferita che si era scioccamente procurato alla mano e che gli impediva di finire quello per cui lavorava da anni.

Almeno non aveva per qualche giorno ulteriori spettri a tormentarlo.

Diede le spalle al quadro non terminato con una smorfia, e tornò indietro sui suoi passi.

In un quadro, nato anni prima, che solo di un sentimento profondo avrebbe tratto vita, un sorriso di donna restava sospeso, forse per sempre.

Oltre a quello, solo gli occhi.

Occhi azzurri.

Occhi azzurri sbiaditi, trasformati in lucenti stelle d’oro.

Occhi che lentamente, giorno dopo giorno, stavano cambiando. Ed era un colpo continuo all’anima vedere adesso le cose capovolte.

Non era lei che somigliava ad Helena… era Helena che somigliava a lei.

Lo sapeva, lo vedeva. L’azzurro stava scomparendo. Presto sarebbero diventati i suoi.

Gli occhi sarebbero diventati i suoi. Occhi castano dorato come bruno miele dolce.

Gli occhi della Granger.

Gli occhi di Hermione.

 

Dolore. Rancore. Rabbia. Desiderio. Passione. Odio… l’amore.

Qualcosa senza un nome.

Ci siamo.

 

 

 

Un bambino biondo che corre, inseguendo un cagnolino.

Un uomo che lo chiama a gran voce.

Una ragazza che sorride.

Una donna in una terrazza dai lunghi capelli castani.

Cinque anni nel futuro.

Scrive una pagina di diario e sorride, agitando una mano, salutando la sua famiglia. Abbassa gli occhi e nasconde la solita lacrima. 

La penna scorre ancora sulla pagina immacolata. Sa che lei la sta vedendo, ma che non la ricorderà. Non la ricorderà fino all’impulso di scrivere un diario da quella… prigionia… per poter ricordare tutto, per non perdere più niente. Sperando che un giorno serva.

Rilegge la pagina, cancella qualcosa e scrive altro.

Nella luce di quel sole estivo, luccicano come gabbiani le sue parole.

 

Volevo qualcosa che mi distraesse dal dolore. Persino un dolore maggiore… ma che non fosse quel dolore.

Ora…che sono passati cinque anni da quel giorno, ora che so quanto sia stato inutile, ho ricordato persino quel momento. Tutto quello che provai.

All’inizio, fu solo un lieve formicolio, poi come un pizzicotto, infine come se mi strappassero il cuore.

Sanguinava tutto, dentro di me, come un pezzo di corallo strappato dal fondo del mare e che tingesse di rubino l’acqua trasparente.

Si tingeva tutto il resto.

Sentivo il mio corpo contorcerci, sentivo la gola seccarsi, sentivo anche che mi mancava il fiato, mentre lo Zahir mi portava via l’amore per Draco. E desiderai morire. Perché, ora che stava funzionando, come il solito paradosso della maledizione che vuole gli uomini venire puniti dai loro stessi desideri, io trattenevo per le unghie il mio amore, lacerandomi l’anima, lasciandola gemere, graffiando e mordendo come una bestia ferita, che conserva la forza titanica della disperazione.

Non volevo che me lo portasse via. Sarebbe stato il mio caldo sole intessuto nell’anima, poco importa se ne sarei morta bruciata.

Ma almeno… sarei stata… viva…

Lo Zahir mi stava uccidendo una parte del cuore, la stessa parte che aveva visto Draco in quello studio guardare i miei occhi su una tela.

E si era ribellata, troppo tardi, a quella carneficina.

Lentamente, il corpo si assopì, la coscienza sparì, la memoria si annullò… e l’amore volò via.

E quando riaprì gli occhi, era come se fossi tornata in vita. Perché non sapevo cosa avevo appena distrutto.

Non sapevo della mano ferita di Draco e dello spasmo negli occhi grigi.

E ricordavo solo ricordi freddi, senza emozione.

Mi svegliai cinque giorni dopo.

E semplicemente io non amavo più Draco Malfoy.

 

 

Rieccomi!! Dopo decisamente meno tempo del solito, ecco il nuovo chappy!! Un pochino breve ma dove sicuramente vi ho dato dei segnali importanti e dove sono sorte tante domande, specie nella parte finale… ebbene sì, è proprio uno sguardo sul futuro della nostra cara Hermione, una specie di spoiler…! Ma perlomeno stiamo riemergendo dal baratro della desolazione dove eravamo annegati!! Baratro che invece colpisce me in modo determinante sia per gli esami imminenti, sia perché la scheda video del mio adorato pc si è rotta, cosa che mi costringerà a cambiarlo e ad utilizzarne un altro con cui non vivo lo stesso rapporto… ebbene sì, mi affeziono anche alle cose, io! Per gli stessi motivi, oggi il mio spazio è molto breve, ringrazio tutti coloro che hanno recensito lo scorso capitolo e VI Do UNA COMUNICAZIONE DI SERVIZIO:

Sia io come Cassie Chan Efp sia la storia stessa sono sbarcati su FB!! Il forum purtroppo era di difficile gestione sia per me che per Helder che non avevamo modo di curarlo molto, quindi abbiamo trasferito l’attività su FB, siete ovviamente tutti invitati, qualora vogliate condividere le vostre impressioni sulla storia, ed anche altro!!

Questo è il link della mia pagina, dove potete quindi contattarmi, chiedermi amicizia e simili:

 

http://www.facebook.com/home.php?#!/profile.php?id=100001120873807&v=wall

 

e questo invece della pagina di HALFT:

 

http://www.facebook.com/home.php?#!/pages/Have-a-Little-Fair-Tale-Official-Fan-Page/119669338068092

 

chiedo ancora scusa per la brevità delle mie risposte di oggi, ma davvero, la depressione causa trauma del pc, è una cosa troppo invalidante!!ç_ç Un Bacio Cassie!!

 

 

   
 
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