Capitolo 7 – Hell
and heaven
“…would you seem lonely, if you were
the only star in the night?…”---Duran Duran
Il locale era stranamente vuoto
quel giorno. Pioveva a dirotto e molta gente aveva preferito rintanarsi in
casa, e quindi le giovani cameriere del Caffè mew mew erano sedute pigramente
sulle sedie, sbuffando ripetutamente. Una sola di loro spolverava allegra i
tavoli, canticchiando, Strawberry Momomiya.
Le ragazze la guardarono
meravigliate, mentre non capivano perché fosse così felice. Tra l’altro, Mark
aveva appena chiamato, dicendo che non poteva uscire con lei, quel giorno, e
lei non aveva fatto una piega.
Accese la radio e iniziò a
canticchiare una hit, in cima alle classifiche, mentre si conteneva da saltare
sul tavolo, cantando: Ryan è vivo.
Lory la chiamò leggermente e
chiese: “Come mai sei così allegra, Strawberry?”. Temeva che fosse, di nuovo,
vittima dei suoi frequenti sbalzi d’umore.
Strawberry si voltò, sorridendo:
“Non ti preoccupare… non sto impazzendo del tutto! O meglio non sono mai stata
pazza!”.
Le altre la guardarono curiose, ma
Strawberry disse soltanto: “Sono non più che felice… mi è semplicemente
accaduta una cosa stupenda, che pensavo non sarebbe mai successa…”.
“Cosa?” chiese Mina.
Strawberry ripose lo straccio, con
cui stava spolverando, e disse, raccogliendo le sue cose, mentre se ne andava:
“Un giorno, forse lo saprete… ma per adesso no…”.
Le altre si guardarono ancora in
volto, e Paddy disse: “Chissà che cosa sarà… magari si sposa con Mark…”.
“Credo che sia qualcosa di molto
importante” disse semplicemente Pam, legandosi i capelli “Le brillano gli
occhi… non aveva quell’espressione da anni…”.
“Credi? Non potrebbe essere
un’altra cosa, che poi si rivelerà essere un’altra sua macchinazione?” chiese
Lory, preoccupata.
“Non penso…” disse Mina “E’
semplicemente troppo felice…”.
Strawberry era tornata velocemente
a casa, correndo sotto la pioggia, che cadeva incessante dal cielo. Era bagnata
fradicia anche perché aveva dimenticato l’ombrello, ma non fu per quella
ragione che corse a perdifiato per le strade bagnate della città. Quel giorno,
sarebbe entrata nella mente di Profondo Blu per riprendersi Ryan, o almeno
svegliarlo. Arrivata davanti alla porta di casa, si era tastata nelle tasche
per trovare le chiavi di casa, ma, al loro posto, vi aveva trovato un piccolo
pacchettino traslucido, ricoperto di una carta argentata, con un fiocco azzurro
cielo di raso.
Non ricordava che cosa contenesse,
per questo lo aprì e vi trovò una cornice, decorata con delle foglie di
cartapesta. Essa conteneva una fotografia dei componenti della squadra mew, al
gran completo: c’erano lei, abbracciata a Mark, Mina, che stava seduta accanto
Pam, Paddy che si sbracciava, salutando la macchina fotografica, il braccio
stretto attorno al collo di Tart, Lory che sorrideva felice, il braccio di
Kyle, attorno alle sue spalle esili. Un po’ più in disparte, c’erano Ghish e
Pie, accanto ad Halinor e a Ryan… sì, adesso ricordava. Aveva preparato quella
cornice, il giorno di Natale, prima di sapere che Ryan era morto, perché voleva
fare un regalo a Ryan, per il fermaglio, che lui le aveva dato. Poi se le era
messo in tasca e se ne era dimenticata. E adesso lo ritrovava.
Che sia un buon segno?
Preferiva non rispondersi e perciò
entrò in casa, dove trovò Blanche e Ghish che stavano seduti in salotto e,
teneramente abbracciati, guardavano la televisione.
“Ciao piccioncini!” salutò lei.
“Ciao gattina…” rispose il ragazzo
distrattamente, baciando la fronte di Blanche, che le disse: “Allora sei
pronta? Sei davvero sicura di volerlo fare? Non so se hai capito quanto
potrebbe essere pericoloso…”.
Strawberry, riponendo la borsa sul
divano, rispose risoluta che lo sapeva, ma che niente le avrebbe fatto cambiare
idea. Voleva salvare Ryan a tutti i costi.
“Bene, non credo che starò tanto a
cercare di convincerti… anch’io avrei fatto la stessa cosa, se si fosse
trattato di lui…” aggiunse Blanche, indicando il fidanzato, che saliva al piano
di sopra “Ma voglio che tu sappia un paio di cose… prima di tutto, sappi che
potresti rimanere incosciente anche per un paio di giorni. A te il tempo
sembrerà volare, ma, invece, scorrerà molto più velocemente. Secondo: non
meravigliarti se vedrai cose strane, a cui non riesci a dare delle spiegazioni.
Tu passerai prima per il tuo inconscio, e incontrerai le personificazioni delle
tue paure, perciò non ti spaventare. Non stupirti, se ti sembrerà di passare
per un vero e proprio tuo inferno…Terzo: la cosa più importante è che tu non
troverai il Ryan che ricordi… troverai molto probabilmente una persona, che ha
perso la cognizione del reale, che è intrappolata nei fantasmi che Profondo Blu
gli fa credere reali, e quindi potrebbe non riconoscerti e anche farti del
male. Abbi pazienza, e lentamente capirà chi sei. Se ti chiama da tutti questi
anni, vuol dire che non ti ha mai veramente scordato. Quando lo avrai
svegliato, spiegagli sommariamente tutto, tranquillizzalo, e dargli qualcosa di
tuo, che lo trattenga collegato a te, qualcosa di importante, che gli ricordi
subito te. Dilli di lottare contro Profondo Blu, distruggendo tutte le sue
immagini che si troverà davanti, mentre noi penseremo a qualcosa per attaccarlo
dall’esterno. Dopo, senza perdere altro tempo, ritorna qui. Focalizza nella tua
mente l’immagine di questo…” e le porse una pietra di lapislazzuli, incastonata
in una spilla tonda “… e ritornerai indietro. Se non riesci a svegliarlo, torna
subito indietro, Strawberry. Non perdere tempo, altrimenti non potrò più
portarti indietro, davvero”.
Strawberry annuì lentamente e
disse: “Tu, invece, mi devi promettere di non parlare di niente né alle
ragazze, né a Mark, né ai miei genitori… dopo che sarò tornata, glielo dirò
io…”.
Ancora nascondeva la verità, ma
stavolta neanche il senso di colpa la appesantiva. Stava per rivedere Ryan e
non stava più nella pelle. E non voleva che nessuno la facesse sentire di
nuovo, una povera illusa.
“Per raggiungerlo, troverai la
chiave in te… in quella particolare dimensione, ogni cosa che desideri e che
temi, prende forma, perciò sii sicura e tranquilla, e lo troverai prima…”
concluse Blanche, poi l’abbracciò e disse: “Adesso, andiamo a prepararci”.
Salirono di sopra nella camera
degli ospiti, dove Ghish aveva preparato tutto. Le tende erano state chiuse e
si era creata un oscurità totale, rotta solo dai fulmini e dai bagliori delle
candele bianche e lucenti, disposte attorno ad una specie di vasca ovale e
allungata, che conteneva un’acqua azzurrina e piena di petali di fiori celesti.
Ghish le fece segno di mettersi
una tunica bianca di lino, con lo scollo a barchetta, che c’era su una sedia,
che la ragazza indossò velocemente, dopo essersi spogliata dei suoi vestiti in
bagno.
Blanche le disegnò una spirale con
una strana sostanza oleosa ocra, sulla fronte, poi le fece segno di stendersi
nella vasca. L’acqua era fredda e Strawberry sentiva che, però, non la bagnava,
anche se i suoi capelli fluttuavano sciolti sul fondo della vasca.
Blanche si sedette per terra e
iniziò a recitare una strana litania, che doveva essere in latino, mentre Ghish
le teneva stretta la mano, visibilmente preoccupato.
Chissà magari è un rito pericoloso anche per lei…
“Delle anime, il destino è uno
solo: salire al cielo e gioire della Pace Eterna di Colui che ci ha creato. Ma
un’anima è ingiustamente prigioniera: recessiva, nel suo corpo; prigioniera,
nella sua carne, l’anima del sovrano giusto giace nella mente di colui che
perse il suo corpo solo per la bramosia del potere. Custode di tutte le anime,
falla passare, falla tornare sulla terra e falle vivere il tempo che è suo,
come di ogni altra anima. Io, Tua serva che Ti invoco, Ti mando a risvegliarla
chi ho scelto, perché bruciante d’amore… solo Tu sai se è degno, e Tu
sottoponilo alle tue prove. Perché le ere sono passate, e con loro, migliaia di
vite sono trascorse, ma le anime non hanno dimenticato. Non possono
dimenticare.”.
Strawberry iniziò a sentire le
membra, che lentamente rilasciavano tutte le tensioni, e si abbandonavano
mollemente nell’acqua. Anche i suoi occhi non riuscivano a rimanere più aperti,
appesantiti dalla luce ondeggiante delle candele e della stanchezza.
Non pensando più a nulla, chiuse
pigramente gli occhi, cadendo in un sonno profondo.
Quando Strawberry riaprì gli
occhi, era sospesa in uno strano spazio vuoto e nero, che sembrava non avere
mai fine. Faceva freddo, un freddo dannato, che le penetrava fin dentro alle
ossa. Per un attimo, ebbe paura, ebbe paura di quel buio, come quando da
bambina, rimaneva sola nella sua cameretta, quando sua madre spegneva la luce,
lasciandola in preda ai mostri della sua infanzia. Si strinse nelle spalle e
iniziò a camminare, senza meta, poi ricordò che cosa era venuta a fare lì… Ryan… lo doveva trovare quanto prima.
Iniziò a correre, anche stavolta
senza direzione, pensando solo: “Fatemi arrivare
da lui, per favore…”.
Vide in fondo una luce grigia e
corse in fretta in quella direzione. La luce era sempre più vicina e ci si
gettò all’interno.
Un fascio di luce la investì e
frastornata, cadde a terra, avvertendo un leggero dolore alla caviglia
sinistra. Riaprì gli occhi e si trovò in una strada, che le sembrava di
conoscere, come se l’avesse vista in un sogno.
Era seduta su un marciapiede, e,
accanto a lei, c’era un negozio illuminato con le vetrine piene di regali di
Natale. Faceva venire caldo quella luce, ma attorno a lei, tutto era grigio e
spento. Anche la gente, che camminava per le strade, aveva il volto allegro, ma
a lei sembrava spenta, vuota, senza vita, fantasmi che aleggiavano in cerca di
qualcosa, che nessuno poteva dare.
Si alzò da terra e iniziò a
camminare, sotto il nevischio sporco, che scendeva dal cielo cupo e nuvoloso.
L’aria era sempre più fredda e sentiva le mani, come se si stessero lentamente
riempiendo di crepe.
Quel posto, quell’atmosfera le
risultava familiare, l’aveva già vista, un giorno, tanto tempo fa.
Dopo un po’, camminando, si fermò
e si guardò attorno. Era chiaro che quel posto le era conosciuto: quel posto
semplicemente non esisteva, era la sua mente che lo stava creando o che lo
stava rivivendo.
Ad un tratto, vide qualcosa che
attirò la sua attenzione: un piccolo vicolo stretto e buio. Quella strada le
dava una sensazione più forte delle altre e decise di provare in quella
direzione.
Svoltò l’angolo della strada,
piena di luce grigia, e si ritrovò nella stradina scarsamente illuminata
dall’insegna rossa di un locale, che si trovava in una specie di seminterrato.
Lesse l’insegna e le vennero i
brividi: “Hell ’s Kitchen”.
Adesso capiva. Quella era stata la
strada, che aveva fatto quella sera, che era andata fuori di testa in quel
locale. Si era ubriacata e si era addormentata sul bancone, e, per poco, aveva
anche evitato di andarsene con un tipo, che aveva appena conosciuto. Poi Mark e
Lory l’avevano trovata per fortuna ed era tornata a casa.
Forse, avrebbe rivissuto quel
momento. A quel pensiero le venne un nodo in gola e ricordò le parole di
Blanche…
Non stupirti, se ti sembrerà di passare per un vero e proprio
tuo inferno…
Respirò a fondo ed entrò nel
locale, dopo aver aperto una pesante porta di metallo. Si guardò attorno e
fumosi ricordi emersero nella sua mente: l’odore di tabacco, le figure spente e
vuote, l’atmosfera che ti faceva sentire che, una volta entrato, non ne saresti
più riuscito ad uscire. Le venne da piangere e chiuse per qualche attimo gli
occhi, come se non volesse vedere più niente. Cadde in ginocchio, mentre le
lacrime le rigavano il volto; si era ripromessa di non tornare più in quel
posto e, invece, adesso era di nuovo lì. Si sentiva soffocare, come la sua
testa stesse per essere risucchiata nel centro della Terra e fu tentata di uscire
e non tornare più. Ma poi…
Ryan… io devo salvare Ryan, non riuscirò più a vivere se non
lo riporto indietro, non vivrò più se non lo riavrò accanto a me…
Respirando profondamente, si
avvicinò al bancone, dove una figura era accasciata. Ancora prima di vederla,
sapeva di chi si trattava. I capelli rossi erano distesi pigramente sulle
spalle e su parte del viso pallido, e sembrava che stesse facendo un sogno
meraviglioso.
Sto facendo un sogno meraviglioso, la ricordo quella
sensazione, pensavo che finalmente non esistevo più…
Si avvicinò a sé stessa e si
accarezzò la testa dolcemente. La sua altra sé stessa si lamentò nel sonno e
disse qualche frase sconnessa, una lacrima argentata, che le scendeva
dall’occhio destro.
Strawberry le si avvicinò ancora,
dopo essersi chinata per essere alla sua altezza, e sussurrò: “So che adesso
hai paura, ma sta tranquilla, non tornerai più qui… questa è stata la prima ed
unica volta, avevi solo bisogno di annegare il dolore in un falso ed immediato
benessere. Non ti sentire in colpa, il tuo dolore era semplicemente troppo
forte e nessuno lo poteva capire…”.
Ad un tratto, sentì dei movimenti
dietro di lei e vide Lory e Mark. Le passarono attraverso, come se lei fosse
invisibile e immateriale, e andarono a soccorrere l’altra sé stessa.
Strawberry disse ad alta voce, per
farsi sentire da quella piccola immagine sfatta e disorientata: “Avrai sempre i
tuoi amici e Mark… loro non ti lasceranno mai sola…”.
Lei scoppiò a ridere, una risata
assurda e senza motivo di gioia all’interno di essa. Le fece male dentro quella
risata, molto più di quello che credesse possibile, sentiva che il cuore le si
spezzava in migliaia di frammenti, che le andavano a tranciare di netto le
arterie.
Poi, la sentì mormorare: “Non lo rivedrò
più e non glielo dirò mai… Non lo rivedrò più e non glielo dirò mai…”.
Strawberry respirò di sollievo, e si avvicinò a lei, che Mark
aveva preso in braccio, e le accarezzò il viso, dicendo: “lo rivedrai, non ti
preoccupare… io te lo riporterò indietro e gli dirai tutto quello che vuoi…”.
Poi le venne in mente…
ma che cosa gli volevo dire?
Le labbra della sua altra te stessa si addolcirono in un
sorriso e lei le disse: “Ci sarà altro dolore, non finirà mai il dolore, perché
fa parte della vita, ma anche la gioia può tornare. Io te la farò tornare…”.
Ci fu un lampo abbagliante di luce e Strawberry si coprì gli
occhi, con il braccio destro a schermarli. Sentii, come il pavimento aprirsi in
una voragine, e franare sotto di lei, mentre una voce le riempiva la testa.
Bene, hai
superato la prima prova, quella del passato… ma il passato è facile da
affrontare, basta raccontarsi che è trascorso, che non tornerà più, ma che ne
dici del futuro, angelo dalle ali vermiglie?
Strawberry non capì che cosa voleva dire quella strana voce, mentre
una strana sensazione le prendeva la bocca dello stomaco. Sentiva che stava per
rimettere, e si coprì la bocca con il palmo della mano. Non credeva che un
viaggio compiuto dalla sua mente potesse essere così reale…
Poi, la sensazione passò e si ritrovò ancora in quello spazio
buio, in cui era arrivata, ma stavolta esso era debolmente illuminato da una
strana luce perlacea. Aprì con timore gli occhi, già tremando per ciò che stava
per vedere, e si trovò davanti uno specchio, dalla cornice di legno rosso,
decorata con strani simboli. Guardò distrattamente il suo riflesso, e poi con
più attenzione, notando che la luce che si diffondeva nell’aria, proveniva da
quello che indossava.
Un vestito da sposa.
Distolse lo sguardo dallo specchio e si guardò addosso. Nella
realtà, non aveva alcun vestito da sposa addosso, e, come se non bastasse,
nello specchio, erano proiettate due pesanti porte dello stesso legno scuro
della cornice dello specchio. Sarebbero dovute essere dietro di lei, ma non lo
erano, erano solo nel riflesso.
Ancora le parole di Blanche giunsero, a darle un chiarimento… non meravigliarti se vedrai cose strane,
a cui non riesci a dare delle spiegazioni…
Sì, ma, anche se sapeva che allora
non doveva stupirsi delle strane creazioni della sua mente, adesso che doveva
fare? Prima, era stata guidata dalla sua mente a superare quella fantomatica
prima prova, ma adesso che doveva fare? Il tempo stringeva e non aveva la
minima idea di che cosa doveva fare…
Molto semplice, angelo carminio… scegli una porta…
“Che cosa?!” ripeté la ragazza
confusa. La voce non era la stessa di prima: era una voce femminile, più dolce
e melodica “Ma si può sapere chi sei? Chi mi dice che non mi stai portando
fuori strada? Io devo andare da Ryan!”.
Se vuoi trovare Leon, devi fidarti di me, angelo scarlatto…
La ragazza non se lo fece ripetere
due volte, e indicò con l’indice una delle due porte, quella che sembrava più
vicina a lei.
Cominciamo, allora, lo spettacolo… il futuro del cuore fatuo…
Strawberry vide ancora il fascio
di luce abbagliarla, mentre vagamente intravedeva la porta, che aveva scelto
aprirsi.
Quando riaprì gli occhi, per un
lunghissimo istante, ebbe dei brividi di freddo, che non riusciva a fermare e
che le faceva battere i denti. Ma non c’era alcun motivo per avere freddo e
Strawberry lo capì subito, non appena si guardò attorno.
Era in una sontuosa stanza da
letto, in stile neoclassico; c’era un enorme finestra di fronte a lei, che dava
su delle montagne, coperte di vegetazione smeraldina. Attorno a lei, vide solo
il lusso e l’opulenza: c’era un enorme letto a baldacchino, in fondo alla
stanza, coperto da un telo di seta azzurra con una stampa un po’ più chiara,
mentre più a destra, dopo uno comodino, con un’elegante lampada panciuta e dello stesso colore del telo del letto,
c’era una grande specchiera, dove erano appoggiati tutta una serie di boccette
e di bottigliette, dall’aspetto evidentemente molto costoso. Un portagioie
aperto mostrava una quantità spropositata di gioielli, troppo sfavillanti e
originali, da sembrare falsi, ma dall’aspetto e dalla cura dei particolari,
sicuramente veri.
Dietro di lei, c’era la porta
della stanza, mentre, accanto c’era un enorme armadio, che prendeva tutta la
parete, e arrivava fino al soffitto. Un’anta era aperta e faceva vedere molti
vestiti femminili, dai colori più vari e luminosi e dai tessuti molto preziosi.
C’era persino alla sua destra, un divano e due poltrone, sempre decorate in
colori azzurri, con un piccolo tavolino con sopra un vaso di cristallo, colmo
di rose azzurre. Dietro al piccolo salottino, c’era un’enorme libreria.
Strawberry non capiva. Quella
sembrava più la casa di Mina, che una casa, che poteva eventualmente essere la
sua in un lontano futuro. Che cosa cavolo aveva pensato, da concepire una così
straordinaria e ricca fantasia?
Ad un tratto, la porta si spalancò
ed entrò una cameriera, preceduta da una donna, che Strawberry guardò
totalmente rapita. Era una donna sulla trentina, che aveva i capelli rosso
scuro, tagliati corti e in modo molto particolare. Era tremendamente bella ed
elegante, con il tailleur blu pervinca, e la collana di perle bianche, che
splendeva sul suo decolleté.
Ma Strawberry notò subito che la
sua espressione stonava troppo con la sua pelle d’alabastro, perfetta come
quella di una bambola di porcellana. I suoi occhi color cioccolata erano
piegati in un cipiglio severo e insoddisfatto, ma nello stesso tempo, sembrava
infelice, come se tutto il denaro, da cui era ricoperta, la soffocasse, invece
di allietarla.
“Signora, perché non vuole andare
al ricevimento? A suo marito dispiacerà molto…” aveva iniziato la cameriera,
subito sommersa dalle parole, pronunciate con voce stridula e acuta, dalla
donna, che adesso era seduta pigramente sul letto.
“Perché non ne ho voglia… e dica
al signor Aoyama che non mi importa nulla se ciò gli darà fastidio…”.
Il signor Aoyama?! Mark?! Questa donna è la moglie di Mark…
ma allora…
La consapevolezza di chi quella
donna era, la fece barcollare tanto che si sedette sulla poltrona, una mano
affondata nei capelli, rossi come quelli della sé stessa di fronte a lei, ma
certamente molto più lunghi.
“Ma signora… lo sa che suo marito
stasera riceverà un importane riconoscimento per il suo lavoro di ricercatore e
lei non vuole essere presente?” tentò la cameriera in tono mellifluo.
“Non mi importa! Non mi importa!”
eruppe come una bambina la donna “Io sono stanca di andare a queste stupide
feste per fare la pianta ornamentale di mio marito… solo perché io non ho fatto
mai nulla, non è il caso di sventolarmi di fronte ogni giorno il fatto che lui
è una persona migliore di me…basta!”.
“Ma signora…” tentò la cameriera
ancora, ma Strawberry adulta prese ad urlare: “Che cosa vuoi capirne tu?! Va
via! Và via, razza di idiota”.
La cameriera lasciò la stanza da
letto con un piccolo inchino, mentre la donna bellissima che Strawberry aveva
osservato, fino a qualche secondo prima, si era trasformata in un mostro
dell’ira e della rabbia, il volto pieno di chiazze rosse, gli occhi lucidi, i
capelli disordinati sul capo.
Strawberry si avvicinò lentamente
a lei, mormorando: “E’ così tu sei la moglie di Mark… così io sono la moglie di
Mark…”.
La donna parve averla udita e
sollevò lo sguardo, inchiodato fino a poco prima all’elegante tappeto, posto
sotto il letto. La guardò fissa, e, anche se Strawberry sapeva che non poteva
vederla, le sembrò che, invece, stesse proprio fissando lei. Ma poi la donna si
alzò e prese con foga a gettare per terra le boccette, piene di profumi,
infrangendole e ferendosi le dita con le schegge dei vetri.
Strawberry la guardò spaventata,
guardò con paura e dolore quel demone dell’infelicità, che si era accasciata
tra i frammenti, piangendo e urlando, tra i singhiozzi.
Strawberry non riuscì a impedirsi
di piangere a sua volta, mentre si avvicinava alla sua sé stessa, che a
differenza di quell’immagine piccola e disordinata, che aveva visto nel bar,
dove quel giorno si era lasciata andare al suo dolore, non le permise di farlo.
Si alzò e corse fuori, chiudendo
violentemente la porta alle sue spalle.
Strawberry si accasciò piangendo,
mentre raccoglieva un frammento sporco del sangue di quella donna…
Del suo sangue, si
corresse mentalmente, il sangue versato dalla depressione…
Una sorda esclamazione esplose
nella sua mente… che non sia mai così……………….!
La voce rispose: “Destino rifiutato… passiamo, angioletto, a quello
del cuore soverchiato…”.
Di nuovo, la luce la travolse ancora in lacrime, mentre
sentiva nelle orecchie il rumore di un’altra porta che si apriva. Ebbe paura…
se aveva rifiutato il destino della vita con Mark, se quella poteva essere così
terribile nelle sue paure, che altro tremendo destino la aspettava? Quello, in
cui era ancora una patetica fallita e solamente un’infelice?
Stavolta, aprì subito gli occhi, già certa di ciò che avrebbe
trovato davanti a sé.
Era in una strada della città, al tramonto, vicino a casa sua
e cioè nel quartiere residenziale. Sembrava non essere cambiato nulla: c’erano
sempre le stesse villette a schiera gialle e blu, con dei giardini che le
circondavano, carichi di fiori e di alberi non molto alti.
La strada era deserta ed ebbe paura di aver sbagliato…
O magari è solo
un destino, in cui sono semplicemente sola…
Furono delle voci allegre a risvegliarla dalle lacrime, che
stava per versare e che già premevano sotto le sue palpebre.
Con il sole alle sue spalle, avanzava una donna alta e anche
essa molto bella. Più bella di quella che aveva visto prima.
Stavolta, capì subito che era lei. Dovevano essere passati
anche in questo caso una decina di anni, ma lei era praticamente uguale a come
era adesso: gli stessi capelli rosso scuro, gli stessi luminosi occhi color
caffè e la stessa espressione dolce e rilassata.
Strawberry se ne stupì, dopo tanta infelicità, e le corse
incontro. La donna sorrideva, mentre teneva in braccio stretto al petto un
bambino, con i capelli castani e due grandi occhi azzurri.
Mio figlio… commentò
Strawberry nella sua mente, sorridendo
teneramente.
Ma poi guardò meglio e vide che la sua sé stessa teneva
nell’altra mano una busta della spesa e il mignolo, lasciato libero dalle dita
che stringevano la busta, serrato dalla manina di una bambina di più o meno tre
anni, che teneva in braccio un cagnolino bianco con le orecchie a punta. La bimba aveva capelli biondi a boccoli e
luminosi occhi castani, come i suoi.
Mia figlia… pensò
ancora con un sorriso. Ma poi una curiosità le prese lo stomaco… chi
è il padre?
Quasi come se l’avesse sentita, la bimba iniziò a parlare:
“Mamma, quando torna papà?”.
Strawberry sospirò. Ecco, le pareva strano; con chiunque si
era sposata, doveva avere certamente divorziato. Ma, mentre guardava il viso
della sua sé stessa, la vide sorridere.
“Katy, lo sai che papà torna la settimana prossima… te l’ho
detto tante volte ieri… ti manca, vero? Ma, tanto domani non vado a scuola,
quindi starò con te, tesoro…”.
A scuola? Allora, in
questo futuro, ce l’aveva fatta a diventare insegnante di scuola elementare,
come aveva sempre sognato…
Katy annuì e disse: “E a te mamma, manca papà?”.
“Certo, piccola mia… mi manca tanto” commentò con un sospiro,
imitato da Strawberry. Almeno stava con qualcuno che amava, lo vedeva dal suo
volto… ma, se non era Mark, chi era?
“Lo sai, Katy, che papà lavora tanto, vero?” chiese
Strawberry alla bimba.
“Tì…ma perché deve andare sempre in Ameica?”.
America?!
“Perché papà è un po’ americano, tesoro, e lì ha i suoi
affari, che li hanno lasciato i nonni…” sentii dire Strawberry “Lo sei anche tu
lo sai, Katy?”.
“Tì, sono anch’io americana, come papà…” disse gravemente la
bimba, suscitando le risate della madre.
Strawberry, intanto, stava iniziando lentamente a capire. Non
poteva essere un caso… e se lei si fosse sposata con… quel pensiero le sembrava
talmente assurdo, che non riusciva neanche a finirlo… e poi sentiva una stretta
allo stomaco… non-non poteva essere, semplicemente non poteva essere possibile…
Poi sentì uno squillo di un cellulare, proveniente dalla
borsa della sua sé stessa futura.
“Katy, tieni Miky…” disse, porgendo il bambino alla sorella,
mentre usciva dalla borsa il portatile e rispondeva.
“Ryan? Sei tu?” sentii la sua voce dire “Dove sei? Katy sente
tanto la tua mancanza…”.
Un attimo di silenzio, poi…
Un sussurro.
Più forte delle grida di quell’altra sua disperata sé stessa.
“Certo che la sento anch’io,
sciocco…ti amo anch’io…”.
Lei aveva appena detto a Ryan che lo amava, aveva detto a
Ryan che lo amava… in quel futuro, lei era la moglie di Ryan e aveva avuto da
lui due meravigliosi bambini…
Quelle parole risuonavano lapidarie nella sua mente e, non
seppe perché, le dettero i brividi. La sua sé stessa futura chiacchierava
tranquilla al telefono e adesso aveva passato il cellulare alla figlia, che
diceva: “Ciao papà! Quando torni a casa?”.
Le vide allontanarsi, mentre iniziava a tremare leggermente,
come se avesse la febbre. Cadde in ginocchio, mentre la visione spariva,
lasciando il posto al vuoto nero di prima. Si guardò le mani scioccamente
bagnate da piccole lacrime, versate, mentre aveva sentito quelle piccole
parole, così dolci, così serene e
tranquille…
La sua sé stessa era felice, e per un attimo la invidiò… lei
era felice con Ryan, lei era innamorata di Ryan…
E io allora? Io
di chi sono innamorata davvero? Se non lo sono di Ryan, perché la mia mente mi
ha mostrato quell’immagine? Perché sono qui?
Prese a singhiozzare forte, sentendosi tremendamente confusa.
Per un attimo, ebbe la forte sensazione di tornare indietro, poi ancora quella
voce interruppe i suoi pensieri.
Hai visto, angelo
scarlatto? L’hai visto il tuo futuro? E’ completamente pieno delle paure… tu
hai paura, messaggero dell’amore…
“Di che cosa avrei paura?” chiese Strawberry, in un sussurro,
il viso affondato nelle mani, coperte di lacrime, che si vergognava di versare,
così, senza motivo e senza possibilità di fermarle.
Il destino del
cuore fatuo ti ha mostrato la paura del tuo presente, angelo vermiglio, di non
realizzarti mai, di vivere una vita vuota, accanto ad un uomo, che potresti
amare, ma che riuscirà a realizzarsi in tutto quello che tu non sarai riuscita
a fare… sei scappata da quella visione, solo dicendoti che potrebbe non andare
così… e così ti ho portata altrove…
“Che cosa significava allora la seconda visione?” chiese,
sollevando il volto ancora rigato dalle lacrime.
Il futuro del
cuore soverchiato… quello dei tuoi desideri e dei tuoi sentimenti, a cui non
hai mai prestato ascolto, che hai ignorato, anche questi per paura… e stavolta
per la più grande paura, che l’uomo, può provare: quella di essere felice, e
quella di amare totalitariamente una persona… questa è la tua più grande paura
e per essa, hai rinunciato a tante cose…
“Cosa significa?! Che sono innamorata di Ryan?!” chiese, ad
alta voce, la risposta che già premeva nelle pieghe del suo cuore.
Questo lo sai
solo tu, angelo cremisi, io non lo so e né potrei dirtelo… se temi quel tuo
futuro, devi solo trovare in te la chiave per non farlo realizzare…
Strawberry abbassò lo sguardo e annuì, mentre il suo cuore le
diceva prepotentemente: Non vuoi
realizzarlo davvero quel futuro? La verità è che il futuro che hai sempre
sognato…
La voce proseguì, dicendo: Hai superato tutte le prove, adesso puoi andare da Ryan…
“Aspetta!” chiese Strawberry, mentre già la luce l’avvolgeva
“Mi puoi dire adesso chi sei?”.
Mi chiamo Elissa
e, tra poco, saprai chi sono… sarà Leon a dirtelo…
La luce avvolse Strawberry, mentre ancora si chiedeva fino a
che punto fosse complicata quella storia. Elissa… chi era, se non un’altra
figura di quel lontano passato, che aveva risucchiato Ryan?
Quando la luce si esaurì e riaprì gli occhi, si ritrovò nel
caffè mew mew. Sembrava tutto uguale a quattro anni prima, le stesse uniformi
colorate delle sue amiche e la sua, la stessa atmosfera allegra, le stesse
risate.
Lory, che aveva ancora i capelli legati nelle solite trecce,
le stava dicendo: “Muoviti Strawberry! Il tavolo 7 aspetta il conto!”.
“Lory…” disse la ragazza, leggermente meravigliata. E se
fosse stato tutto un sogno, e adesso era tornata alla realtà?
“Già, questo è il mio nome… muoviti… lo sai che Ryan si
arrabbierà, se non ti spicci…”.
Il cuore perse un colpo. Balbettò: ” Ryan… Ryan è ancora
vivo…”.
Lory la guardò, come se fosse pazza, e disse: “Certo che è
vivo, perché dovrebbe essere morto?!”.
“Dov’è?” chiese, continuando a non capire.
Lory indicò con il capo il piano di sopra verso il quale
Strawberry si affannò, correndo verso la camera di Ryan.
Salì le scale velocemente, incespicando sugli ultimi gradini,
e, il fiato corto, aprì con forza la porta della camera di Ryan, quella dove
tante volte era entrata senza permesso.
La stanza era perfettamente in ordine, ma di Ryan neanche
l’ombra.
Le lacrime iniziarono a solleticarle gli occhi, mentre il suo
cuore si piegava all’estrema illusione della sua mente. Era così vicina e anche
stavolta era di nuovo tremendamente lontana…
Non hai ancora
capito che la tua mente che ti fa questi scherzi, angelo purpureo?
“Elissa…” mormorò, sollevando gli occhi, come a cercare quel
suo misterioso angelo custode, che si ostinava a chiamarla con quello strano
epiteto.
Cerca il tuo
cuore… è quello che è in collegamento con Leon… anche il tuo cuore è
prigioniero nella tua vita sospesa, ed è qui che è prigioniero… nel tempo dove
hai preteso che la tua vita si fermasse…
Strawberry si guardò freneticamente attorno, fino a che la
sua attenzione fu attirata da una scatoletta di legno laccata, di forma
rettangolare. Era di legno rosso scuro, con un piccolo dosso, sulla sua
superficie esterna.
“E’ questo…” disse, con decisione, poi altrettanto
risolutamente, estrasse dalla tasca il fermaglio di Ryan, la cui superficie
combaciava perfettamente con il dosso dello scrigno, che si aprì con un piccolo
suono metallico.
Bene, angioletto,
finalmente hai aperto il tuo cuore… adesso vai da Ryan… io non posso più
seguirti, altrimenti Profondo Blu si accorgerà di me… addio, angelo scarlatto…
addio Strawberry…
“Addio Elissa…” disse la ragazza, lo sguardo fisso sul
piccolo specchio, contenuto nello scrigno, che le mostrava delle immagini di
prati colmi di fiori gialli e rosa.
La luce l’avvolse ancora e la portò via. Stavolta avvertii
una sensazione strana, come se venisse risucchiata da qualcosa, verso l’alto, e
le venne un vago senso di vertigine.
Quando il viaggio finii, cadde pesantemente a terra, il viso
affondato nel terriccio bagnato, che si era trovata sotto i piedi. Sentiva un
delicato profumo di fiori nell’aria, e vide vagamente qualche petalo
depositarsi tra i suoi capelli.
Sollevò repentinamente lo sguardo, cercando di capire dove
fosse finita, e vide una casa bianca, di aspetto signorile, molto bella e
sontuosa. Un porticato di colonne si
trovava, davanti all’ingresso, e le pareti erano ricoperte di fiori rampicanti,
che avevano l’aria di essere dei gelsomini. Del loro profumo, era impregnata
l’aria, che odorava anche di iodio, per via del mare, che si estendeva
placidamente dietro la casa, che doveva essere a picco su una scogliera.
Non conosceva quel posto, non lo aveva mai visto e,
guardandosi attorno, per l’immenso giardino, che circondava l’abitazione, ebbe
la sensazione di essere nel posto sbagliato. Poi vide lontano, vicino alla
linea descritta dalla costa, lambita dal mare, una città abbastanza grande, con
grattacieli alti.
L’ America… sono
in America… Ryan…
Eccomi di ritorno! Avete sentito la mia
mancanza, vero? Questo capitolo mi è costato particolare fatica, anche perché
sto scrivendo nello stesso tempo un miliardo di cose! Ho dovuto pubblicare una
piccola one shot su Buffy, perché una mia amica mi stava minacciando di morte,
dato che le avevo fatto leggere solo l’inizio! Comunque, questo è un capitolo
abbastanza strano, dato che è sospeso tra due futuri per Strawberry, ma penso
che si sia capito quale io preferisca! Nel prossimo, ci sarà finalmente il
GRANDE incontro! Vi ho fatto penare sette capitoli, ma alla fine ci sono
arrivata! Ed ora i soliti commenti e ringraziamenti:
Strega 91: sono molto orgogliosa di me, visto che sei ancora qui! Scusa
per gli errori di grammatica, ma a volte la foga di scrivere non mi fa
rileggere le cose che scrivo! Mi dispiace per Ghish, ma almeno se non sta con
Strawberry, sta con qualcuno!
Mew Pam: sono contenta che la mia spiegazione ti è piaciuta! Per Leon,
mi sono stata ad esaurire per trovargli un bel ruolo! Comunque, nei prossimi
capitoli si saprà anche qualcos’altro su di lui! Comunque, grazie anche per
aver recensito l’altra mia fic, quella su Buffy! E’ una fic, a cui tengo
particolarmente, perché l’ho scritta in una settimana, un record per me, e poi
perché mi piace davvero tanto! E comunque alla fine, mi sono messa a piangere
da sola, mentre la scrivevo! Quindi sono MOOOOOOOOLTO strana anch’io! Ti
ringrazio tanto, sei una di quelle persone che mi fa sempre piacere trovare
nelle mie recensioni!
Nadia Sakura Kan: avevo sentito molto la tua mancanza sai? Ti ringrazio ancora
una volta per i tuoi commenti, che sono sempre bellissimi e che mi fanno sempre
TANTO piacere! In effetti, uno dei miei più grandi sogni è quello di fare la
scrittrice, ma penso che ci siano molte altre persone più brave di me, quindi
per adesso è un sogno irrealizzabile! Per inventare questa storia, mi sono
esaurita e sono contenta che ti stia piacendo! Spero di sorprenderti
ancora!
Kashia: sono contenta di averti impressionato, e pensa che questo non è
ancora niente… eheheheh… ci sono in programma GROSSISSIME sorprese… mi dispiace
di aver tardato nell’aggiornamento, ma ho avuto da fare!
ChibiCia: ti ringrazio tantissimo per i tuoi complimenti, (ma non avrai esagerato
un po’?) anche perché devo dire che far combaciare la mia storia con quella
dell’anime è stata la cosa più difficile perché spesso avevo paura di aver
capito dell’anime una cosa invece che un’altra! Dato che anche a me com’era la
storia originale non mi è piaciuta granché, un giorno potremmo riscriverla
insieme!
JunJun: che bello, era da tempo che non ti trovavo nelle mie recensioni!
Ancora grazie per i tuoi complimenti, e ti ringrazio anche della tua piccola
critica sullo scorso capitolo! In effetti anch’io avevo pensato che la polizia
avrebbe potuto sospettare qualcosa, però, almeno per come mi sono immaginata io
che fossero andate le cose, ho supposto che la polizia non conosca Profondo Blu
e quindi tutta la faccenda del Testral, quindi non sarebbe arrivata a lui! Poi,
per le tracce di trascinamento magari avrà indagato, ma non arrivando a niente,
le indagini saranno alla fine arrivate ad un punto morto! Comunque, ancora
grazie! Mi sono davvero utili queste osservazioni, così cerco di migliorare!
Starli: grazie! Soprattutto del DANNATAMENTE BELLA, mi ha colpito, sai? Ancora
grazie, spero di incollarti ancora per molto!
Pfepfer: alla fine, tutto si è chiarito, hai visto? Certo, manca ancora un’
ENORME parte di tutta la questione, ma ci arriverò presto! Grazie ancora!
Grazie anche a tutti quelli che hanno solo letto! Ci vediamo presto! Ciao ciao da Cassie chan!