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Autore: cocochokocookie    25/06/2010    7 recensioni
L'orgoglio ferito da parole di sottovalutazione, desideri di conquista che portano anche ad andare contro amici di vecchia data, e la presunzione del potere che scorre nelle vene. Ma la superbia non sempre veleggia su acque sicure, nella Storia di un Impero.
[Siglo de Oro]
Genere: Generale, Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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| Imperio Mutilado ~ Mentiroso | Cap. 1
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Rating Capitolo: Amarillo [ Awwwwn~ ]
Personaggi:Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | Lovino Vargas ~ Italia Romano ◊ Stato del Vaticano
Nota: Alba del XVII secolo
Osservazioni personali: Ma che roba è, questo capitolo? ò_ò


Imperio mutilado
COMPAÑIA


Socchiuse gli occhi carichi di sonno, guardando il viso lievemente allungato del più piccolo, al suo fianco, aggrottando le sopracciglia.
Non lo ricordava tanto alto, come non ricordava talmente decadente Maya.
Evidentemente stava passando troppo tempo lontano dalla sua terra. Si domandò se le sue città stesse non fossero cambiate, se il suo popolo non fosse mutato.
Storse il naso, si stava facendo un sacco di castelli in aria per nulla.
« Nh » mugugnò il ragazzino, al che Antonio sorrise divertito, chiudendo nuovamente gli occhi, sospirando lievemente.

Romano corrugò la fronte, fermandosi a squadrare la Nazione più grande, grugnendo appena per l'imbarazzo, anche se sollevato dal fatto che l'altro non si fosse, apparentemente, accorto della sua presenza durante il sonno.
Scese rapido dal letto, passandosi una mano fra i capelli e voltandosi a guardarlo, prima di alzare gli occhi nocciola alla finestra che filtrava la luce mattutina, inondando la stanza di un candore soffuso, elemento che ricorreva spesso nella Villa.
Grugnì nuovamente, dopo qualche minuto d'immobilità, uscendo e lasciando la porta socchiusa, per timore di svegliare il proprietario di casa, dirigendosi rapido nelle sue stanze ed indossando qualcosa di più consono di un pigiama.

Si rigirò nel letto, scoppiando a ridere nell'immenso cuscino sotto il suo capo, sedendosi poi sul lato del letto, sfregandosi gli occhi con l'avambraccio fasciato, sbuffando ed alzandosi.
Si vestì rapidamente, lasciando giaccone e portandosi unicamente la pistola a polvere da sparo appresso, non erano in programma partenze, almeno per quel giorno.
Una sua permanenza nell'abitazione era piuttosto rara se superiore ai tre giorni, e solitamente era coinvolto nelle riunioni più disparate.
Sospirò ancora, uscendo rumorosamente dalla stanza, ignorando ed ignorato dalle domestiche di origini amerindie che attraversavano raramente i corridoi, per rassettare la casa, nemmeno loro erano abituate a vederlo in vesti tanto poco rigide.
I corridoi erano sgombri da militari di qualsivoglia genere, impegnati ad organizzare il viaggio del Re prefissato per quella data, dal quale lui era stato esonerato, per stanchezza o sfiducia, importava poco in entrambi i casi.

Nel mentre Antonio decideva di osservare minuziosamente i cambiamenti nella sua abitazione, alla Sherlock Holmes, Lovino si era recato in cucina, come oramai faceva abitualmente: aveva dato disposizioni, seppur con immane imbarazzo, alla servitù di non premurarsi più per i suoi pasti, in quanto avrebbe per lo meno avuto qualcosa da fare, così.
Ed ora scorrazzava allegramente tra i ripiani della spaziosa stanza, ben attento a non far danni come le volte precedenti.
Carriedo lo trovò a fissare con le guancie gonfie di nervosismo gli scaffali e le mensole, i primi aperti e con le ante quasi divelte, il tutto miseramente vuoto.
Si avvicinò a quello che oramai appariva un quindicenne, anche se i modi infantili indicavano la netta immaturità che continuava a strascicare tra i suoi piedi, posandogli il palmo destro sul capo, inarcando poi il sopracciglio destro per il divertimento, nello scorgere l'espressione offesa e contrita del più piccolo, oltre al leggero rossore che Antonio ancora non riusciva a spiegarsi.
« Allora, la vuoi vedere Barçelona? » domandò, retorico, scuotendo il capo per contenere l'ilarità all'ottuso ed ostinato segno di dinegno di Romano.
« D'accordo » concluse lo spagnolo, lasciandolo a fissare il deserto culinario, uscendo nel cortile antecedente la casa, sedendosi su uno dei piccoli muretti di pietre che circondavano i grandi ulivi all'entrata, accennando un sorriso nel sentire qualcuno tirargli la manica.
« C'è un cazzo di mercato, in questo schifo di città? » domandò contrariata la voce ancora bianca alla sua destra, mentre il proprietario fissava le punte delle proprie scarpe, un poco impolverate per i pomeriggi trascorsi nel giardino, ben lontano dai campi di lavoro.
« Il migliore d'Europa » replicò scherzando la Nazione maggiore, abbassando lo sguardo sull'italiano, trovandolo nuovamente paonazzo e con le mani incrociate dietro la schiena, nemmeno fosse colpevole di un omicidio.
« Allora muovi il culo, 'stardo di uno spagnolo » concluse il ragazzino, affrettando il passo verso il cancello d'uscita, l'andatura quasi militare e rapida raggiunta in pochi passi dal più grande, facilitato dalle gambe lunghe.

Cancello chiuso, bandiera abbassata.
Il Re era partito.
Spagna non era presente.

Vagavano per la città da circa un paio d'ore, tra le lamentele sommesse di Lovino per la folla brulicante che regnava altisonante su ogni via spagnola e la presa salda di Antonio alla sua mano, timoroso di vederlo annegare in tutte quelle persone.
Naturalmente non era Italia a portare la spesa, tutt'altro, lui si limitava a commentare la merce esposta e tenersi alla destra dell'iberico, carico di frutta, verdura, carne e pesce di ogni genere, la popolazione non pareva particolarmente sorpresa: mai avevano visto Romano, ed Antonio era difficilmente riconoscibile a quella generazione in assenza delle vesti di condottiero, soltanto i più anziani riconoscevano nel vent'enne che pareva accompagnare il fratello minore per il mercato la Nazione imperiale.
« Ma quanto cazzo è grande questo buco?! La tua città è uno schifoso labirito! » esclamò stizzito l'italiano dopo poco, ritraovandosi poi caricato sulla schiena del più grande, il quale sorrideva divertito, aveva notato il gonfiore ai piedi dell'altro da circa un'ora, ma si era ben guardato dal farglielo notare.
« Fammi scendere, cretino! » si dimenò Lovino, superato il primo momento di imbarazzo, irritandosi ancor di più nel vedere Carriedo scuotere il capo, le mani piene di cesti della spesa.
« Guarda Barçelona. » ribattè questi, ridendo nel sentire ammutolire l'italiano di fronte alla vista della città dall'alto, dall'altra parte dell'abitazione di Matamori.
« Niente di che. » concluse controvoglia Romano, gonfiando le guance e continuando a guardare il panorama, seguendo l'indice di Antonio che gli indicava all'orizzonte posti lontani appartenenti alla penisola iberica.
Lovino sussultò nel sentire le mani dell'altro afferrarlo nuovamente e posarlo a terra. Era quasi grottesco quanto potesse essere forte, nonostante non fosse poi questo Adone.
Alzò interdetto lo sguardo, trovandolo scuro in viso impegnato a scrutare la città.
« Resta qui. » liquidò freddamente il più grande, afferrando di mala grazia Romano per le spalle, nascondendolo dietro un albero spesso, a ridosso di un promontorio che si gettava nello specchio del mare, prima di allontanarsi a grandi passi.
« No, ehi, dove vai? Voglio venire anche io, cretino! Non puoi lasciarmi qui! » esclamò in segno di ribellione il minore, correndo per qualche metro fino a raggiungerlo, andando però a sbattere contro la sua schiena, indietreggiando poi di qualche passo.
« Ho detto che devi restare qui, Romano. Non allontanarti da quell'albero nemmeno per un secondo, e se senti arrivare qualcuno, scivola a lato della rocca, c'è un passaggio di roccia, ma non allontanarti da qui, chiaro? » impose Antonio, afferrandolo per le braccia e guardandolo in viso, spaventandolo non poco e riportandolo allo spesso tronco d'ulivo.
« Non voglio! » insistette Lovino, storcendo il naso nel sentire la presa di Spagna farsi più solida, distogliendo lo sguardo dallo spagnolo.
« Chiaro? » ripetè la Nazione imperiale, ed Italia non potè far altro che annuire impercettibilmente, sedendosi nel sentire le mani di Antonio allentare la morsa alle sue braccia, imbronciandosi ed imponendosi di non rivolgergli mai più la parola.
« Torno subito. » promise il più grande, sorridendo appena e tornando a guardare la sottile linea di fumo che si alzava poco lontano da loro, aggrottando le sopracciglia ed iniziando a correre.

Ecco, l'aveva abbandonato.
Yeah, evviva, e lui che sperava in un'alba di compagnia diversa dai cetrioli e quei frutti rossi giganteschi che riempivano sempre le cucine e le ceste che Inca si portava appresso.
Ancora non capiva perché lui non fosse messo ai lavori come le altre colonie, le vedeva dal balcone della stanza di Antonio, ogni giorno, portavano frutta ed ortaggi avanti ed indietro dal deposito a non-sapeva-dove, dietro l'abitazione.
Probabilmente era solo questione di tempo.
Sempre se Spagna fosse tornato.
Che diavolo stava succedendo, ora? Era tranquillo, lui, non gli pareva di aver fatto nulla di male, si stava anche divertendo —anche se mai e poi mai l'avrebbe ammesso ad anima viva—, ed il Boss aveva anche riso.
Ed ora l'aveva lasciato lì, da solo, in mezzo ai frutti di quella mattinata.
« Stronzo. » commentò, raggomitolandosi contro la corteccia spessa e nodosa della grande pianta che gli faceva ombra dal torrido sole spagnolo, affondando il viso nelle braccia incrociate, sospirando di delusione.

Ad attenderlo, poco distante da casa sua, si stagliava alto sul purosangue bianco un uomo sulla trentina, il quale smontò da cavallo e si avvicinò ad Antonio, spossato dalla corsa a perdifiato attraverso le stade gremite di gente in subbuglio.
« Utrecht » commentò la Nazione, facendo un rapido e breve inchino, alzando lo sguardo sul fumo a poca distanza, tra le case di quella città, prima di tornare a guardare il reggente temporaneo dello Stato.
« Chi è a capo? » domandò rapido, protraendo il braccio ad un soldato che gli porgeva la spada, trattenendo un sospiro annoiato e guardando nuovamente il futuro vescovo bianco.
« Juan de Padilla » rispose uno degli ufficiali, mentre il trentenne risaliva a cavallo e guardava Antonio, facendogli cenno con il capo ed allontanandosi, scortato, dal luogo del conflitto.
« Uh, che Capo di Stato impavido. » commentò il generale in carica, affiancandosi alla Nazione, il quale accennò un ghigno divertito ed agrodolce, annuendo appena.
« Oh, di solito fanno tutti così. » replicò, divertito, prima di alzare la spada e gettarsi contro i rivoltosi di Castiglia.

Aggrottò le sopracciglia, alzando lo sguardo al cielo, sbuffando nel ritrovarlo striato di colori caldi, segno che la sera stava calando.
Ehi, almeno non sarebbe morto di fame, nonostante il topino che girava intorno alle ceste.
« Brutto stronzo, stai lontano! » esclamò, una volta accortosi del piccolo roditore, spaventandolo ed osservandolo allontanarsi, sorridendo mestamente ed abbassando lo sguardo, avvicinando i cesti di cibo a sé, sospirando e tornando ad aspettare.
Non gli sarebbe costato nulla, in quel momento, gettarsi in mare e nuotare fino in Sardegna*, ma si disse che sarebbe stato troppo faticoso, un dispendio inutile di energie, diede, insomma, colpa alla pigrizia, intestardendosi nel rimanere lì, fermo ed immobile, accerchiato dal risultato di quella giornata.
« Dio, quanto sei lento, bastardo. » commentò con l'ennesimo sospiro.

« Portateli a Villalar, Generale. » esclamò il sopracitato Bastardo,  tirando una gomitata allo stomaco di uno dei rivoltosi, lanciando uno sguardo irritato a Padilla, impegnato nella ritirata sul fronte minore, poco più indietro alle linee di sfondamento.
« E voi? » replicò l'uomo, guardando Antonio ed aggrottando le sopracciglia, sorpreso, riuscendo solo a vederlo montare una cavalcatura con rapidità ed allontanarsi, falciando nel galoppo altri avversari, ritrovandosi in viso un sorrisetto divertito, prima di alzare la pistola e sparare al ribelle più vicino.

Controllò più volte di non essere seguito, prendendo innumerevoli strade secondarie e perdendosi nei vicoli più stretti, per l'irritazione del cavallo scuro che seguiva le sue direttive, entrando a Barçelona accolto dal silenzio innaturale, corrugando la fonte ed incitando l'equino ad aumentare l'andatura, arrivando all'albero dopo pochi minuti, guardandosi attorno con circospezione, mentre il sole moriva ad occidente, conscio dell'attuale alba sul resto del suo Impero.
Scese rapido dal purosangue, la spada tenuta ferma dal nastro rosso alla cintola e la pistola nella medesima situazione, sul fianco opposto, si avvicinò all'ulivo, affacciandosi appena e sorridendo addolcito, trovando il ragazzino assopito in mezzo ai cesti, affiancato da uno strano topino grigio chiaro.
Non ebbe il coraggio di svegliarlo, così si limitò a legare i cesti ricolmi di cibo ai lati della sella del cavallo, osservando poi il topolino rintanarsi nella corteccia dell'albero, attraverso un piccolo foro all'altezza delle radici, nascondendosi così a quel gigante scuro.
Prese Lovino in spalle, caricandolo sulla cavalcatura e mondando a sua volta, prima di dirigersi verso casa.

La prima cosa a cui pensò fu un terremoto, poi un attacco nemico, dato il suono secco che gli rimbombava nelle orecchie.
Ma aveva una cadenza troppo ritmica, non potevano essere cannonate.
Aprì di malavoglia gli occhi, ritrovandosi le abitazioni di Barcellona sfrecciare a pochi metri dal viso, voltandosi e scoprendo Antonio intento a governare un cavallo.
Ecco, era a cavallo, trovata la luminare spiegazione.
Era un genio, non c'era che dire.
Storse il naso, strattonando appena la mano destra, trovandola stretta alla sinistra da quella della Nazione maggiore, unico motivo per il quale non era ancora cascato a terra, oltre al fatto di avere praticamente la testa di Spagna sopra la propria.
Magari aveva anche rischiato di rovinare a terra, conoscendo quel deficiente doveva averlo afferrato per la maglia a tre centimetri da terra, in caso.
Socchiuse gli occhi, mugugnando qualche insulto ad Antonio all'idea, riaddormentandosi dopo poco.





*= le Nazioni hanno una percezione differente del tempo e dello spazio, rispetto agli esseri umani, tant'è che in Hetalia stessa Italia riaccompagna a casa Nihon in macchina ò_ò —per quanto possa andare alla velocità Ferrari :'D.
Dieci punti se capite che cacchio sta succedendo.
Ed altri dieci se beccate il motivo per il quale Lovino è bordeaux per metà del tempo, chi indovina... non lo so, ma ci penserò. O ci penserà il vincitore, eH :'DDD.

...
Va bene, lasciamo perdere X°DDDD.

~ Risposta alle recensioni [ Southern European kind of POP! <- perché noi non siamo Funk, Rock o Metal. No, noi siamo Pop. Evviva :'D. ]

Kurohime
Lo so, ma faceva scena u_ù.
No, a parte questa stronzat possibilità, Olanda non aveva i mezzi di armarsi più di tanto, e poi il forcone fa tanto ‘ sono un contadino ma ti faccio il culo uguale, AH! ’ — . . . no comment.
L'altro è un bellimbusto, se la merita l'ascia di tre metri u_ù —stiamo entrando in campo Prussia/5 metri?! °O° <- è idiota.
Lovino è imbranato, e povero lui che non sa mai cosa fare :'D

Miki89
Perché quando mi arrivano commenti simili mi viene voglia di sotterrarmi? :'D.
E CONOSCI “EUROPA”! *________________* *scodinzola*
Oh, che bello *w*.
E grazie per i complimenti, ma ripeto: non me li merito X°DD.
[è color Lovino, al momento .//////.]
Sono contenta ti piacca la fic, ogni volta che leggo una recensione mi salta fuori un sorriso tanto idiota da sfidare quelli di Tonio, lo ammetto :'DD.

Assassin Panda
Figurati, non importa del ritardo, è sempre un piacere avere una tua recensione *v*/
>///< ma che orgogliosa ed orgogliosa, non esagerare :'D
:'DDD inquieta un pò tutti, lo ammetto x°°.
| ALTRA RECENSIONE >OO< |
Le Ribellioni hanno riscosso successo, YAY :'D.
MI AMA! >O Belgio ha un carattere forte, per quanto sia stato enormemente ingigantito dai fan ed Anaïs sia stata Mary-Sueata dagli stessi. Mi piace, lo ammetto, ma penso che Olanda rappresenti l'unico punto debole di Belgio, abituata com'è ad avere sotto il naso la figura di suo fratello come algido e forte :'D.
*w* awwwwwwwwn~
E dai, basta complimenti >//////<

E a te che leggi, che recensisci, che hai appena aperto questa pagina, ricorda:
SEI GIà A CASA èOé

   
 
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