ATTO II
Sogni angoscianti,
segreti inconfessabili e dolci impresentabili
«Allora, Kyouya, vuoi spiegarci?» domandò la regina Rashmi, puntandogli al
viso una torcia abbacinante. L’interpellato si schernì gli occhi, infastidito,
e non trovò il coraggio di rispondere.
«Non credi che sia giusto farci sapere il perché?» sibilò Sesshomaru,
pulendo con un panno la sua tagliente spada. Kyouya deglutì, spaventato.
«O hai bisogno di un incoraggiamento?» proruppe Sasori, con in mano
qualcosa di non meglio identificato ma che, ad una sola occhiata, suggeriva
molto dolore.
I tre, in piedi di fronte a lui, ghignanti come bambole di Halloween,
aspettavano la confessione. La luce chiara della torcia sottolineava le ombre
dei loro visi in un modo spettrale, che non avrebbe suggerito niente di buono
nemmeno se fosse stato pieno giorno.
Kyouya deglutì di nuovo, più rumorosamente di prima, e provò ad articolare
qualche frase sensata. Come avrebbe potuto spiegargli quelle cose senza morire?
«V-Vedete, io non… non le pensavo veramente. E-erano solo… sfoghi!».
«Sfoghi?» ripeterono sconcertati i tre.
Kyouya annuì, sperando che ci credessero.
Ma la somma Rashmi non governava il Nuovo Mondo Sud perché aveva trovato
l’autorizzazione nell’uovo di pasqua. Quindi sperare che ci cascasse come una
pera era escluso. Infatti, picchiettandosi sulla mano la torcia, sussurrò:
«Dovremmo crederti?».
«C-Certo! Chi mentirebbe mai?» provò Kyouya, nel tentativo disperato di
rendersi credibile.
Ma l’avvicinarsi crudele di Sasori e Sesshomaru non sembrava il momento di
commiato fra persone che si vogliono bene. Anzi, sembrava tutt’altro
all’infuori di quello.
Provò a mantenere la calma, sfoggiando uno sguardo a suo parere
tranquillo, ma quelle presenza inquietanti vicine e il sogghigno sardonico
della Somma, gli fecero sgretolare la maschera come se fosse stata fatta di
sabbia bagnata.
«Si dia il caso, caro Kyouya, che le frottole sai raccontarle piuttosto
bene. Sta di fatto, però, che a questa non ho creduto. Per cui ho da dire solo
una cosa: Procedete».
E Sasori e Sesshomaru gli furono addosso.
†O.O†
Kyouya si svegliò di soprassalto, mettendosi seduto.
A giudicare da come giacevano scomposte le coperte, il sogno doveva averlo
scosso dal più profondo. Inoltre era tutto sudato e scarmigliato.
Si mise una mano sul viso, ancora ansante per lo spavento, e provò a
dimenticare lo sguardo sadico della sua regina. Non che non l’avesse mai visto,
ma rivolto a sé era tutta un'altra cosa.
Una cosa terrificante, avrebbe osato dire.
Perché purtroppo sapeva che ben presto l’avrebbe ricevuto. Era questione
di tempo.
Non appena quell’idiota sadico di Sasori avrebbe letto il quaderno, poteva
star certo che avrebbe raccontato tutto alla regina. E da lì, ovviamente,
sarebbe partito il finimondo.
Se voleva prevenire la sua morte precoce doveva architettare qualcosa per
riprenderselo prima che quello scemo patentato leggesse anche solo la prima
parola della pagina. Ne andava della sua vita e della salute dell’umanità. No,
magari l’umanità non ne avrebbe risentito, ma lui sì, perché già di vedeva
morto, schiaffato in una bara come un oggetto, o peggio ancora! Si vedeva
cristallizzato nel tempo sottoforma di marionetta!
Rabbrividì, sconcertato, e si disse, per evitare altri raccapriccianti
pensieri, che non era a quell’ora del mattino che poteva organizzare un piano
d’attacco. Così, allungando una mano per prendere gli occhiali sul comodino,
Kyouya si alzò ed indossò una vestaglia.
Poi andò in bagno, si rese presentabile e si vestì, dirigendosi verso la
sala da pranzo.
Lì, seduti composti, Sasori e Sesshomaru consumavano la loro colazione.
«Buongiorno» disse, per attirare la loro attenzione.
Sesshomaru ricambiò il saluto con un gesto calcolato del viso e delle sopracciglia-
mai che si sprecasse a salutare come i comuni mortali, quello!-, mentre Sasori,
sformandosi le labbra in un ghigno divertito, lo salutò con un certo calore.
Calore a cui Kyouya avrebbe risposto con un conato di vomito.
«Buongiorno, Kyouya. Dormito bene?».
«Dovrebbe importarti?» gli domandò retorico.
«Probabilmente sì, visto che ti ho battuto!» ridacchiò Sasori, inzuppando
una cialda nello sciroppo di ciliegie. Sembrava un bambino goloso e Kyouya si
scoprì a preferire il Sasori sadico e scandalizzante piuttosto che quella caricatura
mielosa di un serial killer.
Che fine aveva fatto l’idiota vero?
Perché se lo avevano rapito gli alieni per studiare l’intelligenza umana,
dubitava che avrebbero scoperto qualcosa di utile!
Logicamente non si premurò di rendere partecipe gli altri di questi suoi
pensieri, e decise di ignorare bellamente Sasori, servendosi una tazza di caffè
e una brioche.
Il marionettista, ghignando, riprese a mangiare, orgoglioso della sua
vittoria.
«Sentite, inutili esseri» proruppe Sesshomaru, pulendosi i lati della
bocca ed alzandosi, scostando la sedia con grazia «Io devo sbrigare delle
faccende. Dite alla regina che non mi aspetti alzata».
«Tranquillo» fece Sasori, leccando dello sciroppo rimastogli all’angolo
della bocca «Non ti avrebbe aspettato comunque!» e mozzicò l’ultima cialda.
Sesshomaru, con nonchalance, si aggiustò un ciuffo di capelli e gli disse,
malevolo:
«Spero ti vada per traverso. Con permesso» e sparì dietro alla porta.
Kyouya, che non aveva potuto non udire lo scambio di battute, sorrise. Se
Sasori si fosse strozzato davvero allora la regina sarebbe diventata dolce come
il miele, Neko-Neko intelligente, lui potentissimo e l’intero mondo avrebbe
cominciato a credere nella filosofia del “Peace and Love”.
Assurdo, appunto.
Anche perché Sasori, in un modo o nell’altro, se la cavava sempre. Sempre.
Non c’era l’occasione di vederlo schiattare davvero. Aveva un cul… una
fortuna sfacciata che lo faceva sempre salvare all’ultimo momento.
Ma la cosa che lo faceva imbestialire di più non era tanto il fatto che
Sasori si salvasse in ogni frangente, piuttosto che, dopo essersi fatto ferire,
andasse dalla regina ad elemosinare coccole. E lei, lasciandosi impietosire, lo
accontentava pure!
Grrr, quanto avrebbe voluto spaccargli la faccia a quel strafottente,
lurido, viscido, orripil-
«Kyouya, non è guardandolo in quel modo truce che il caffè sparirà» gli
fece notare Sasori, bevendo la sua aranciata.
Kyouya si limitò ad afferrare la tazzina e a mandare giù il caffè tiepido
tutto ad un sorso, borbottando un inferocito:
«Sta zitto, imbecille» prima di pulirsi la bocca ed alzarsi per andarsene.
Rimasto solo, Sasori si lasciò andare ad un sorriso sadico.
Cominciava a divertirsi, doveva ammetterlo.
†O.O†
Non avendo ancora ricevuto il permesso di riaprire il proprio laboratorio,
Sasori se ne andò un po’ in giardino, per osservare il paesaggio e riflettere.
Non che avesse qualche problema- a parte la presenza odiosa di Kyouya.
Solo, doveva riflettere su cosa farne del quaderno. Di leggerlo non gli andava-
chissà che pallosità c’erano scritte!- e di restituirglielo nemmeno a parlarne.
L’aveva vinto, diamine!
Così, ciondolando i piedi come un ragazzino, fissò l’erba che si muoveva
scossa dal vento. Poteva chiamare l’Akatsuki e discutere con Deidara sull’Arte,
ma di sentirlo starnazzare assurdità non gli andava. E poi avrebbe sicuramente
risposto Tobi, il che era la peggior tortura psicologica che potesse
infliggersi.
Poteva anche andare da Sesshomaru e proporgli un film, ma non sapeva se
era tornato o se stesse ancora in giro a combinare guai. La regina, poi,
nemmeno a parlarne, visto che era alquanto presa a leggersi un manga.
Sospirò, battendo i piedi uno contro l’altro.
Cosa poteva fare?
L’unico orologio del castello l’aveva disintegrato, senza laboratorio non
poteva dissezionare nessuno e ogni altra cosa gli era stata proibita perché
troppo pericolosa.
Neko-neko era escluso a priori.
Il gatto l’aveva già sezionato.
«Che palle!» gridò, volgendo lo sguardo verso il cielo nuvoloso. «Mi
annoio!» continuò e una nuvola assunse la forma di un dolce.
Ecco, trovato! Poteva fare un dolce!
Sasori battè allegro le mani, si alzò dalla panchina e se ne andò spedito
in cucina, per preparare qualcosa di delizioso.
Lì, con un grembiulino bianco, Sesshomaru amalgamava distratto qualcosa di
non meglio specificato. Sasori ridacchiò, attirando la sua attenzione, ed un
mestolo volò nella sua traiettoria, schivato per miracolo.
«Se lo racconti a qualcuno, pazzo, ti mangio la lingua!» ringhiò
Sesshomaru, già pronto a tirargli un coltello.
Sasori alzò le mani in segno di resa, prese un'altra grembiule e se lo
legò in vita. Poi prese un mestolo e una ciotola e propose, amichevole:
«Facciamo qualche dolce insieme?».
Sesshomaru non lo degnò di uno sguardo.
«Sto facendo i muffin al cioccolato, perdente».
Sasori battè le mani.
«Sì! Muffin!» poi, cominciando a mischiare gli ingredienti, suggerì:
«Vediamo chi li fa meglio!».
E dopo quell’affermazione, la cucina si ricoprì di bianco e di qualcosa
che doveva assomigliare ad un impasto, ma che, scivolando a terra, sembrava il
cervello spappolato di qualcuno.
†O.O†
Kyouya, ignaro che in cucina si consumasse una tale battaglia, faceva
avanti ed indietro nella sua camera, provando a pensare ad un modo per
riprendersi quel maledetto quaderno.
Non era mai entrato nella camera di Sasori, e aveva pregato di non farlo
mai, ma il pazzoide era lì che teneva segregato il diario, quindi, se due più
due faceva quattro, lui doveva per forza varcare la soglia di quella stanza.
Non l’aveva mai vista, ma se l’era immaginata grande come la sua, con un
letto sgangherato messo a caso nella stanza, una scrivania mangiata dai tarli,
delle finestre nere ad impedire al sole di entrare, una sedia con qualche molla
di fuori, un quintale di polvere e una lingua dentro un vasetto di formaldeide.
Niente di più, niente di meno.
Forse le lenzuola erano sporche e marce, rotte in più punti, l’armadio
aveva un anta rotta che cigolava e da cui pendevano i suoi vestiti, il comodino
era inondato di sangue ed appeso alla parete ci sarebbe stato quel suo schifoso
Terzo Kazegake.
Rabbrividì al solo pensiero e si sedette sul letto, prendendosi la testa
tra le mani.
Pensare a quanto schifosa fosse la camera di quel maniaco compulsivo non
avrebbe accresciuto la sua voglia di entrarci, perciò scacciò quei pensieri e
tentò di riflettere per bene.
Per entrare lì, avrebbe dovuto essere sicuro che il suo proprietario fosse
momentaneamente il più lontano possibile, così da poter cercare indisturbato.
Inoltre avrebbe dovuto tappare la bocca a quel mausoleo di Sesshomaru, che
aveva la stanza di fianco a quella del marionettista perché, conoscendolo,
avrebbe spifferato tutto sia al diretto interessato sia alla regina.
E lui ci teneva ancora alle sue gambe.
Si sdraiò, poggiandosi una mano sugli occhi stanchi e provò un altro
piano.
Avrebbe tramortito Sasori con un oggetto contundente, l’avrebbe trascinato
per i piedi fino al giardino e gli avrebbe poggiato la testa sullo spigolo
della panchina, di modo che, quando avrebbe riaperto gli occhi, avrebbe creduto
di essere caduto. Nel frattempo, lui sarebbe entrato nella stanza del
marionettista, avrebbe cercato a fondo fino a trovare il diario e poi avrebbe
tramortito anche Sesshomaru, lasciandolo di fianco a Sasori, così lui avrebbe
creduto che era stato il marionettista a colpirlo e se le sarebbero date di
santa ragione.
C’era solo un pecca: come diamine avrebbe fatto a far svenire quei due che
non cedevano nemmeno se venivano colpiti all’infinito?
Dovette lasciar perdere anche quel piano.
Chiederlo direttamente a Sasori era fuori questione, perché tanto
l’avrebbe preso in giro per una buona mezz’oretta senza dargli niente.
Chiedere a Sesshomaru di chiedere a Sasori il quaderno era come ammettere
di essere troppo inferiore per farlo da solo.
Chiedere alla Somma Rashmi di chiedere a Sasori di darle il quaderno
puzzava di raccomandazione- il che era vero, ma la regina non si sarebbe
limitata a prendere il diario e a darlo al proprietario. Bensì l’avrebbe letto,
e lei doveva essere l’ultima persona a fare una cosa del genere.
Così, afflitto e senza essere andato a capo di nulla, Kyouya si
addormentò, mentre le ultime lingue di Sole baluginavano nel disperato
tentativo di sopravvivere alla notte.
†O.O†
Sasori guardava triste i suoi Muffin, mentre Sesshomaru, tronfio di
vittoria, sistemava i propri su di un
vassoio d’argento, per portarli alla regina.
«Ma sei sicuro che non le piaceranno?» domandò Sasori, per essere sicuro.
Sesshomaru non si sperticò nemmeno a trovare le parole giuste. Si limitò
ad un:
«Certo. Quei cosi che tu chiami
Muffin sono la cosa più orrenda del mondo».
«Dopo di te» ghignò Sasori, sistemando i muffin in un vassoio di plastica.
Sesshomaru si limitò a fulminarlo con lo sguardo prima di imboccare la
porta e dirigersi dalla regina. Sasori invece, osservando sconfitto i propri
dolci ne mangiò uno, cercando di capire cosa farsene.
Buttarli era escluso visto che ci aveva impiegato tanto per farli.
Mangiarli pure, perché altrimenti sarebbe scoppiato.
Darli alla regina Rashmi non se ne parlava perché glieli stava già portando
Sesshomaru- che poi, Sasori si chiedeva perché gli fossero venuti tanto bene.
li aveva messi negli stampini ed aveva aspettato che si gonfiassero per bene,
ma mica si era prodigato come lui a farli a mano! Quindi perché la Somma
avrebbe dovuto scegliere quelli del Lord e non i suoi?- scosse la testa e
decise che non gliene importava niente.
Quindi gli rimaneva solo una persona- non molto gradita, tra l’altro.
Sasori sbuffò, si aggiustò i capelli, si tolse il grembiule e se ne andò
sconfitto da Kyouya, per dargli i muffin. Quello che non sapeva però, era che
il suddetto Re Ombra era da tutt’altra parte, rispetto a dove se lo immaginava.
†O.O†
Wow era l’unica esclamazione che sovveniva alle labbra di Kyouya in quel
momento. Ovvero, nell’esatto momento in cui, con terrore e ribrezzo, apriva la
porta della camera di Sasori.
Non sapeva dire quale fosse la sua espressione facciale- come minimo era
il ritratto dello sgomento- ma di sicuro la mascella gli aveva toccato terra.
Perché, diciamocelo, doveva aver sbagliato stanza!
La camera che presumeva fosse di Sasori era piena di luce. E non erano
lumini votivi posti ai lati di foto mangiate dal tempo, né lampade fatte con la
pelle delle persone che scuoiava. Piuttosto era il Sole, che sembrava tanto
diverso visto da lì.
Di fronte aveva un letto a baldacchino con le coperte di un verde
brillante, segno che erano pulite, e ai lati c’erano due comodini. Su uno c’era
la foto un po’ rovinata dell’Akatsuki al completo, e sull’altro il suo astuccio
di kunai. Sulla destra c’era l’onnipresente caminetto in marmo, sul cui
davanzale troneggiava una testa di cervo- beh, gli sarebbe parso strano il
contrario- e di fronte ad esso c’era una poltrona dallo schienale alto di un
bel bordeaux. Sulla sinistra invece, attaccato al muro c’era sia il Terzo
Kazegake sia un uccello fatto d’argilla- sicuramente qualche opera
sconclusionata di quel suo amico dinamitardo- e una scrivania, linda e
spendente- la sua al confronto sembrava lercia.
Una bella stanza, se doveva proprio dirlo, con delle tende bianche-
bianche per la miseria!- che svolazzavano leggere, sospinte dal vento. Un posto
che di Sasori non aveva proprio niente.
E la lingua sotto formaldeide? E i cadaveri da scuoiare? Dove teneva le
armi con cui uccideva la gente? Possibile che ci fosse solo quella testa di
cervo a mostrare la sua malsana voglia di uccidere? Gli sembrava tutto troppo
strano.
Per un momento credette di essere entrato nella stanza sbagliata, ma
quell’orrendo Kazegake non poteva essere di altri se non di Sasori. Per cui,
confermandosi di essere nella stanza giusta, cominciò la propria ricerca.
Aprì tutti i cassetti dei comodini, scavò nella sua biancheria intima-
trattenendo più conati- ficcò le mani nel suo armadio, tra le carte della
scrivania e persino sotto al letto- dove teneva uno scatolone enorme. Si disse,
prima di cercare da un'altra parte, che un giorno ci avrebbe ficcato il naso,
perché lo incuriosiva.
Comunque, scatoloni misteriosi a parte, del quaderno nessuna traccia.
Kyouya imprecò, si tirò indietro i capelli e sistemò gli occhiali sul
naso. Poi imprecò di nuovo, e di nuovo ancora, mordendosi le unghie.
Dove cavolo teneva quel maledetto quaderno?
«Si può sapere cosa ci fai qui?» proruppe una voce facendogli gelare il
sangue.
Si voltò lentamente a vedere chi fosse, e quando i suoi dubbi presero un
nome, decise di fare finta di niente. Lo guardò, liberò la gola da un
potenziale catarro e disse:
«Ti cercavo» ma si vedeva lontano un miglio che non era vero.
Infatti Sasori, entrando nella stanza e poggiandosi al muro, chiese,
ghignando:
«Cercavi me? O cercavi questo?» e dalla tasca del mantello tirò fuori il
quaderno tanto agognato. Kyouya fece per allungare la mani, ma senza successo.
Sasori l’aveva già fatto sparire.
«Cercavo te per quello. Devi ridarmelo» disse.
«E perché mai?».
Kyouya deglutì a vuoto.
«Perché ci sono cose private».
Sasori spalancò la bocca in un muto assenso, e annuì avvicinandosi. Kyouya
non si era mai sentito in trappola come quel giorno.
«Cosa private dici? E cosa avrai mai da scrivere di così privato?» e fece
per aprirlo.
«No!» gridò Kyouya, allungando una mano «C-Cioè, per favore, non leggerlo.
Sono cose mie».
«Ma noi siamo amici, o sbaglio?» disse Sasori, ghignando malignamente.
Kyouya non sapeva se sputargli in faccia o se baciargli i piedi.
«R-Ridammelo» ringhiò, sull’orlo si una crisi isterica.
«E le paroline magiche?»
Kyouya sospirò un :
«Per favore?».
Sasori negò con un dito, aprendo la prima pagina del quaderno.
«No. Le parole magiche sono: Leggi Pure!» e i suoi occhi calarono sulla
scrittura elegante di Kyouya.
Da lì, al poveretto non resto che pregare.
Note dell’autrice: ed ecco il II. Nn ci
sono precisazioni al riguardo, quindi passo ai ringraziamenti ^^
TheWarriorOfAkillian: grazie per aver recensito. Spero che anche questo
atto ti piaccia! ^^
Dorce89: visto e considerato che la fanfics è tutta tua, direi che nn
posso fare altro che ringraziarti per avermi suggerito l’idea e per avermi
supportato a continuarla. Ovviamente mi aspetto che tu li recensisca tutti XD
ahahah un bacio <3