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Autore: mise_keith    20/09/2005    6 recensioni
FanFiction ispirata alla leggenda di Danae, fanciulla greca murata viva dal padre e fecondata da Zeus sotto forma di pioggia d’oro, secondo molti divenuta simbolo della volubilità e voluttà della donna. Cosa succederebbe se sogni ed illusioni dovessero scontrarsi con la dura realtà? Racconto di una battaglia per la vita e per la comprensione, senza bene, male, giusto o sbagliato, ma solo l’ineluttabilità delle proprie scelte.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo IIIGrigie oscurità

 

Complimenti Ginny.

 

“Ti raccomando di comportarti bene”.

 

Il primo pensiero che le venne fu quello di tornare indietro. Subito. Immediatamente.

Era ferma in mezzo alla strada, e gli occhi puntati avanti guardavano senza realmente vedere.

Poi si riscosse.

No. Harry.

Ricominciò a guardarsi attorno con una certa caparbietà. Forse era entrato in qualcuno di quei negozi.

Si portò su un lato della strada, camminando lentamente, decisa a non destare l’attenzione.

Non aveva idea del perché  lo stesse seguendo. Dopo averlo visto, un meccanismo inconscio era scattato dentro di lei, e non sapeva che cosa avrebbe fatto una volta trovatolo. Che cosa gli avrebbe fatto.

Il suo primo impulso era stato di avvicinarglisi per dargli uno schiaffo. Poi qualcosa era sopraggiunto insieme alla rabbia, qualcosa come un ricordo di, se non amore, almeno di affetto, nei suoi confronti. Il suo cuore aveva ricevuto una leggera stretta. Le era mancato.

Si era ritrovata molto spesso, in quegli anni, a pensare a lui. Lui che era sempre stato tutto ciò che avesse mai desiderato, tutto ciò che non aveva mai avuto (forse, a pensarci bene, le due cose erano prettamente consequenziali). Aveva cercato in tutti i ragazzi con cui era stata la dolce armonia dei suoi occhi smeraldo, il profumo vellutato della sua pelle, il tocco di quei capelli scarmigliati sul suo collo, e aveva continuato ad aspettarlo. Fino a quella notte, quando l’aveva finalmente avuto; poi se n’era andato. Uscito dalla sua vita, come da quella di tutti.

Sapevano che era stato l’anziano preside di Hogwarts a portarlo via. Via dai confini del loro amore, per il suo bene, per il loro, per il bene del mondo, avrebbe detto.

E allora lei aveva sperato.

Aveva sperato che lui si fosse chiuso quella porta alle spalle puramente per l’ineluttabilità del fato che gli era stato assegnato, per non farle soffrire la sua mancanza, ma che sarebbe ritornato, il più presto possibile, in quel letto, fra le sue braccia.

Lo avrebbe aspettato tutto il tempo necessario, così si era detta. Ma il tempo necessario non è infinito, e la dolcezza di una speranza non è mai abbastanza per riempire dei giorni troppo vuoti.

Ci sono avvenimenti che non smettono mai di pesarti sulle spalle.

Si accorse che le era venuto il singhiozzo, come sempre quando era estremamente nervosa. Strinse ancora di più i denti, senza alzare gli occhi dal terreno, sollevandoli solo di tanto in tanto per guardare oltre le vetrine al suo fianco, in quelle stanze polverose e buie che sembravano tutte deserte.

Ad un certo punto si fermò. La strada sembrava continuare all’infinito, e scendere sempre più in basso, in curve tortuose che sembravano richiamare i gironi infernali, e lei era stanca. Non sapeva quanto doveva aver camminato, e si fermò un attimo a riprendere fiato.

Non le piaceva il posto dove era andata a finire.

Era buio, sporco, poco affollato, ma da quel genere di persone che non ti piacerebbe incontrare, pensò.

Aveva guardato in alto. Il cielo si era fatto più scuro, sembrava che le nuvole si fossero infittite.

E lei era sola.

Non poté reprimere un brivido.

Alzò lo sguardo nel tentativo di trovare qualcosa di rassicurante, ed incontrò un paio di occhi neri a un metro dai suoi.

Trasalì per un attimo.

-         Bellezza. – riconobbe la voce e le grandi mani, sue padrone per una notte.

-         Salve, Mr. Nott. – disse a bassa voce, facendo appello a tutta la sua fermezza mentre affrontava il sorriso quasi ghignante dell’uomo.

Quegli si avvicinò di qualche passo.

-         E cosa ci fa qui una bella ragazza tutta sola? Non è certo posto per la passeggiatina quotidiana.

Aveva abbassato di nuovo la testa.

Gli angoli della bocca di lui si erano allargati.

-         Ma forse, ora che sei qui, potresti fermarti per una chiacchierata.

Le aveva teso una mano. Una mano grande, lievemente abbronzata, quasi invitante. Se poco più in alto non vi fosse stato quel sorriso. Si era sforzata di guardarlo negli occhi neri, profondi come due buchi in un’oscurità penetrante. La stessa che le sue lunghe notti portavano con sé.

Non rispose, ma fece un passo avanti, ignorando il palmo bianco, dopo averlo esaminato tentando di apparire noncurante, con una certa riluttanza.

Le labbra dell’uomo si riavvicinarono. Si voltò per entrare da un uscio lì davanti, girandosi di nuovo verso di lei per controllare che vi fosse ancora.

Lo seguì. Represse un singulto.

Era stata tentata dal rifiutare, o almeno dal giragli le spalle ed andarsene, ignorando i lucenti fori neri che adesso cercavano la sua figura lì accanto.

Ma poi si disse che non ne sarebbe stata capace. Provava ora una sorta di reverenziale timore che l’aveva privata dell’impulso con cui poco prima era ostinatamente andata avanti per la via malfamata.

Non riusciva a spiegarsi. Aveva avvertito qualcosa sulla testa, una sorta di senso d’impossibilità. Del resto, lui non l’avrebbe lasciata andare.

Lui non avrebbe...

La sua coscienza si morse le labbra per la futilità delle sue giustificazioni.

-         Prendi qualcosa, regina? – erano seduti l’uno di fronte all’altra.

Si voltò di scatto, dall’ombra al suo viso, nero su nero nel locale buio.

Gli rivolse uno sguardo interrogativo.

-         Ginevra non era forse la consorte di un re? – la sua voce si assottigliò quanto i suoi occhi.

Ginny si strinse nel mantello. Quella mellifluità la infastidiva, la infastidiva il fatto che lei stessa tentasse di non farglielo notare.

-         Un idromele, grazie.

-         Un idromele e un idromele doppio! – alzò la voce per farsi sentire da dietro al bancone.

Il suo sguardo incontrò di nuovo quello della ragazza, allungò la mano per accarezzarle le dita, forse per accorciare l’attesa di quella quiete troppo spessa.

-         Nott. – una voce sovrastò il silenzio. Il mangiamorte ne individuò il proprietario oltre la testa di Ginny, che si voltò, confusa.

-         Nott, vedo che hai compagnia. – la ragazza poté distinguere solamente una macchia chiara che prendeva posto alla sua destra.

Gli occhi ambra cercarono l’uomo davanti a sé, che ora rivolgeva un sorriso forzato al nuovo arrivato.

-         Malfoy... – mormorò in saluto.

Ginny avvertì la sua mascella indurirsi sotto l’esame dei due occhi grigio ferro.

Non riuscì a fermare il rossore che le invase le guance, repentino come il suo stupore. All’improvviso si rese conto di non sapere dove guardare per dissimulare l’imbarazzo e la curiosa sensazione indefinita che le si era formata al centro dello stomaco.

Tentò di aggrapparsi ad un pensiero sensato, uno qualsiasi, e si accorse quanto le riusciva difficile trovarne.

Qualche piega incuriosita si era formata agli angoli degli occhi chiari dell’uomo.

-         Forse conosci già la nostra bella Ginevra, Malfoy... – Nott si mostrò leggermente contrariato dall’interruzione.

-         Forse? – la voce profonda prese un tono interrogativo.

-         La nuova ospite di Mrs.Greystone.

-         Mm. Capisco.

Ginny chiuse gli occhi. Doveva concentrarsi su qualcosa. Su qualunque cosa. Qualunque cosa non la facesse pensare. Pensare di essere di fronte al suo acerrimo nemico, nemico di sempre. Fin dai tempi di Hogwarts. Dimenticati, lontani, inesistenti (oramai).

Inesistenti...

-         Cercavo proprio te, Nott. A quanto pare hai combinato un pasticcio in uno scambio di messaggi. – le labbra pallide si stiracchiarono in un sorrisino a metà fra il divertito e lo schernitore – Avery vuole parlarti. E’ qui fuori, ed è abbastanza... come dire... poco ben disposto? nei tuoi confronti.

L’espressione sul volto dell’uomo di fronte a lei s’indurì. Si alzò senza ribattere, né lasciare all’altro possibilità di continuare. Sfiorò mentre usciva i capelli sanguigni della ragazza. Che non si voltò. fece altro.

Malfoy ebbe un altro luccichio in fondo agli occhi metallici guardando oltre la vetrina opaca. Increspò gli angoli della bocca.

-         Allora, Ginevra. Non ci conosciamo?

Ginny non seppe se abbandonarsi alla meraviglia o all’ira, che in quel momento le combattevano a metà della gola.

-         Forse? – i suoi occhi lampeggiarono sarcastici – Credevo che certe cose fossero difficili da dimenticare. Ma forse – e qui si fermò con enfasi – un Malfoy ha ben altro da pensare, ben più importante delle vecchie... rivalità, risalenti ai lontani tempi della scuola. – sbuffò in qualcosa di simile ad una risata nervosa.

Le sopracciglia dell’uomo al suo fianco si inarcarono. Vi fu un attimo di religioso e sospeso silenzio.

-         Weasley? – abbracciò con uno sguardo i lunghi capelli rossi e gli occhi cristallini lucenti di stizza, con la bocca semi-aperta, come a non voler credere ai suoi occhi.

Si fermò, come considerando ancora l’ipotesi, senza smettere di fissarla. Ebbe un sorriso ironico.

-         Beh, considerando che ti mancano i palettoni della Granger... sì, devi essere proprio tu.

Qualcuno poggiò sul tavolo due boccali colmi di liquido profumato. Qualcun altro borbottò un “grazie”.

L’uomo afferrò quello davanti a lui, e lo poggiò sulle labbra chiare, quasi indistinguibili sul viso diafano.

-         Weasley... – sembrò rigirarsi quel nome in bocca, troppo a lungo – Weasley. – scoppiò a ridere.

Lei gli gettò un’occhiata carica d’odio, ignorando il boccale colmo davanti a lei.

-         Non mi hai ancora detto come tu sia diventata... com’era? “ospite”? della signora Greystone? – represse un’altra risata.

-         Devi ancora spiegarmi cosa ci trovi di tanto divertente, “mangiamorte”. – sfiorò con uno sguardo schifato l’avambraccio coperto di Malfoy, nel punto in cui sapeva si trovava il marchio nero.

-         Beh, sai... una Grifondoro pezzente e babbanofila, pazzamente innamorata di Potter, pazzamente!, che finisce a fare la puttana d’alto borgo per i mangiamorte... – il suo tono sottile e crudele le s’infilò sotto la pelle – Sai? Proprio quelli come me. Non è una barzelletta?

Ginny strinse i denti. Una nota di sardonica indulgenza comparve nel tono dell’uomo.

-         Oh... scusa... Forse avrei dovuto riconsiderare il “pezzente”... – rise ancora.

Ginny ebbe l’istinto di abbassare gli occhi e piangere, ma decide di non concederselo, non davanti a lui, nei cui occhi le sembrava di leggere l’ironia verso quello stesso lancinante conflitto interiore che tentava di sopprimere da mesi.

Scosse la testa, mentre gli occhi le lampeggiavano.

-         Mm. Certo, Malfoy. Notevole come chi passa al male per scelta fa ironia su chi si sacrifica per necessità...

Per un attimo vide l’espressione perennemente trionfante sparire dal volto dell’interlocutore. Per un attimo.

-         Interessante teoria, Weasley... – qualcosa di affilato ricomparve sul viso dell’uomo.

Ginevra si sentì toccare a una spalla.

-         Bene, Malfoy... – la voce di Nott strascicò le parole con una certa enfasi – Grazie della compagnia e del disturbo. – uscì fuori dalle labbra socchiuse una s allungata e sibilante.

-         Non c’è di che, Nott. Non c’è di che. – fece quegli alzandosi, senza staccare gli occhi dall’impetuoso fiume di astio che sgorgava dagli occhi della ragazza – Bene. Allora... vado, ma almeno la compagnia in cui ti lascio io è ottima. – si congedò con uno schiocco involontario delle labbra, ed un’ultima occhiata ferrea.

Il frusciare del suo mantello riempì un’ultima volta l’oscurità del locale.

-         Io... forse è meglio che vada. – pronunciò Ginevra a voce bassa ma chiara, alzando gli occhi sulle mani abbronzate che ora le stringevano le spalle.

Un piccolo lampo di sorpresa riempì gli occhi dell’altro.

-         Sì. Certo. – fece, porgendole nuovamente invano la mano, mentre ella si dirigeva verso l’esterno, alla luce del grigio sole invernale, un ultimo sospiro e bagliore di occhi dorati.

 

 

Un po’ di tempo finalmente, anche se è davvero poco. Avevo promesso un aggiornamento più veloce, ed eccolo qui, ne avevo bisogno. Ho l’impressione che adesso le settimane mi sembreranno più corte, visto che è iniziata la scuola, e mi sento già distrutta. Beh, almeno leviamoci dai piedi questa Verità (soggettivissima, come sempre), al resto ci si penserà dopo.

Thilwen: Ginny è una prostituta vergine, già, perché non avrà mai il coraggio di svendersi abbastanza. È un’idealista, neanche la sopravvivenza le sembra motivo sufficiente per concedersi, ma la sua pseudo-morale, inculcatagli da una famiglia che vuole rinnegare ma a cui non riesce davvero a rinunciare (è pur sempre una Weasley della peggior specie...) le concederà l’involucro di cui avrà bisogno. C’è una Weasley e c’è un Malfoy, ma il sentimento è solo una scusa, quindi ci sarà un motivo per cui non ho definito la fanfiction “sentimentale”, cosa che la rende meno fruibile di tante altre, unfortunately...Sono tutte cose che sai, ma ti sto puramente utilizzando come sfogo, visto quante volte lo sei già stata, tesoro. E ricorda che non sei prolissa, ma sei una delle poche che riesce sempre a dire tutto ciò di cui c’è bisogno. E di certo non sarei qui adesso a lamentarmi delle mie fortune per via della stanchezza, se non ci fossi tu... Ebbene, sto delirando. Liberissimi tutti di ignorarmi, sarà l’idea di dover abbandonare presto la postazione computer a frustrarmi...

Helen Lance: No, niente svolta definitiva, non ancora. I capitoli (epilogo a parte) sono sette, quindi, a buon rendere, dovrete sopportarmi ancora per un po’. Ma vi do l’autorizzazione ad abbandonarmi per lasciarmi ad impazzire da sola, non c’è problema, sento di essere sulla buona strada. Grazie per i complimenti, allora!

Hermia: Sono felice che ti piaccia, ognuno di questi commenti è per me un peso in meno. Grazie davvero per i complimenti, sono contenta che mi diciate anche solo di avere uno stile, è un passo avanti. Ma temo di dover fare un piccolo appunto su quel ricordo. Pensavo si riuscisse a comprendere che il famoso “rosso in mezzo alle gambe” di Ginny non fosse altro che la perdita della verginità. Mi scuso comunque con tutti/e coloro che avessero frainteso, promettendo che la prossima volta sacrificherò il mio tentativo di poeticità alla chiarezza. Chiedo ancora perdono. E ripeto: grazie!

Izumi: Beh, che dire? Posso solo farti i complimenti per quello che sei riuscita a capire al terzo capitolo, visto che io stessa pensavo che per averlo più chiaro bisognasse attendere la fine, e dirti che non sei assolutamente in ritardo. Te l’ho già scritto via e-mail, lo ribadisco qui, e ripeto che forse è il Dostoevskij che abbiamo in comune. Mi fa comunque un sacco di piacere avere un tuo commento, davvero! Spero che questo capitolo ti sembri accettabile, visto che finalmente appare l’”oggetto della questione”. È inutile, se c’è Ginny e non c’è lui, la situazione precipita, meno male che è sempre a portata di mano...

Briseide: Grazie. I tuoi complimenti mi imbarazzano ed appagano allo stesso tempo. Anche perché (lo ripeto, ma è un mio vizio essere sempre a corto di parole, soprattutto in certi frangenti) scritti da te mi sembrano immeritati. Sono davvero lusingata dal fatto che quello su cui ho speso tanto di me possa significare qualcosa. Soprattutto per qualcuno che come te sa usare tanto bene la parola. Ancora grazie.

  
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