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Autore: Farrah Wade    15/07/2010    2 recensioni
Essere genitori non è mai una cosa facile. Spesso si devono prendere decisioni difficili riguardo ai figli. Quante volte per "fare del bene" si deve "fare del male", rischiando di essere fraintesi e addirittura odiati dai propri figli? Ne sa qualcosa il dottor Philip Price, che oltre a dirigere un ospedale, si troverà alle prese col non facile carattere dei suoi gemelli. La sofferta ma necessaria decisione di mandarli a studiare in un collegio adatto al rango della famiglia scatenerà una serie di terribili eventi che vedranno coinvolti i suoi figli e una strana "allucinazione" che lo porterà a dubitare della loro sanità mentale e rivangare alcuni segreti celati da tempo dal nonno dei gemelli, il primario ormai in pensione Preston Price. Genitore austero e brillante medico, Philip cercherà sempre di fare "la cosa giusta" finendo inevitabilmente col fare quella sbagliata.
Genere: Drammatico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 26

Proprio in quel momento si udirono urla disumane provenire dal corridoio, non lontano dalla sua stanza.
Benji trasalì spaventato. Il pensiero volò subito a Rachel e alla strana maniera in cui Straker, l’Uomo Calvo, si era misteriosamente dileguato nel nulla.

Quelle urla terrificanti aumentarono d’intensità. Paralizzato dalla paura e lento nei movimenti per via del dolore, rinculò verso il muro, nascondendosi parzialmente sotto il letto, incurante della traccia di sangue che si disegnò sul pavimento. Rimase in ascolto, tremando come una foglia. Cosa stava succedendo? Chi stava urlando così selvaggiamente? E perché?
Udì dei colpi violenti, poi uno scalpiccio frettoloso. Dove era andato Straker? Gli sembrò assurdo ma collegò le due cose. Era sicuro che Rachel stava bene perché quello che stava urlando era un ragazzo, o almeno così sembrava.

AAAaaahhh!!! No!! Nooo!! Lasciatemi!! Aiutooo!! LASCIAAATEMI ANDAAAAREEEE!!!

-Oh mio Dio! – guaì Benji e si nascose meglio sotto il letto, tappandosi le orecchie per non sentire quelle urla strazianti.
Ancora colpi, ma meno violenti. Ancora urla. E quelle purtroppo erano ancora a volume stereofonico. Altro scalpiccio di suole di gomma. Alcune voci. Gli sembrò di udire la voce di Valerie, l’altra capoinfermiera, e distinse anche il vocione di Loughran, l’unico infermiere nero del reparto, alto quasi un metro e novanta, con due braccia simili a colonne, che metteva tutti i colleghi in soggezione per via della sua mole. Sapeva fare bene il suo lavoro. Benji l’aveva visto solo una volta e mai da vicino, quando l’avevano portato nell’ufficio del dottor Kay. Erano passati davanti alla sala infermiere, lui scortato da Jeff e un altro inserviente, con Doreen dietro che li seguiva.
Loughran li aveva sentiti passare e aveva alzato lo sguardo, fissandolo dritto in faccia per qualche secondo, poi aveva rivolto un cenno di saluto a Doreen.
Probabilmente, se ci fosse stato anche Loughran quel giorno con Jeff, non avrebbe nemmeno tentato la fuga, ferendo il dottor Kay col fermacarte  di vetro.

Le urla sembravano essersi finalmente placate, e con esse anche il brusio e i passi lungo il corridoio. Il silenzio era tornato di nuovo in tutto il reparto. Qualcuno doveva essere schizzato di brutto la fuori, ma i bravi medici lo avevano curato a dovere e imbottito di calmanti o chiuso nella cella imbottita.

Benji si ritrovò a pensare queste cose ancora nascosto sotto il letto. Non osava venire fuori, nel caso che qualche camice bianco che ancora si aggirava in corridoio, notasse le sue ferite e decidesse di dare l’allarme. Sarebbe comunque bastato guardare i muri e il pavimento per capire che, mentre loro erano impegnati altrove, anche nella Stanza Azzurra era successo un bel casino.

Potrebbe succedere anche a me? - si chiese sempre più atterrito - O magari è già successo? Com’è che ci si accorge di essere diventati pazzi? Ci si rende conto del passaggio o tutto avviene in sordina e solo chi ti sta intorno lo nota?

-Oh mio Dio! – ripeté e la sua voce gli sembrò strana, aliena - anche io sono pazzo?

Gli sfuggì un gemito dalla gola serrata. Faticava a respirare, col cuore che martellava nel petto e la posizione scomoda e angusta sotto il letto che lo schiacciava a terra. Ma non osava uscire dal suo nascondiglio, non ancora. Non finché non avrebbe scoperto la verità. Ma qual’era la verità? L’angoscia che provò in quei terribili attimi fu indescrivibile. Poi, improvvisa luce in tutto quel caos di tenebre, gli giunse da molto lontano la voce di sua sorella.

No! Non gli devi permettere di insinuare il dubbio. Non farlo entrare nella tua mente, ti annienterà! Scaccialo dalla tua testa!

Ebbe un fremito. Rachel, sei tu?! Non ottenne risposta. Gli sembrò che la presenza di Straker fosse ancora percepibile. Allora era tornato, ed era reale. Udì una risatina contenuta. Sì, era proprio lui.
Sentì qualcosa ghermirgli una gamba. Emise un grido strozzato. Qualcuno lo aveva afferrato e cercava di farlo uscire da sotto il letto. O si trattava di Straker, oppure gli infermieri si erano accorti di lui. Qual’era il minore dei mali?
Riuscì a fatica a liberare la gamba e si raggomitolò il più lontano possibile. La risata beffarda dell’Uomo Calvo risuonò quasi divertita.

Che ci fai li sotto ragazzo? Esci fuori subito, non vorrai passare per codardo.

Un dolore simile alla punta di un cacciavite gli trafisse le tempie. Alzò la testa di scatto per contrastarlo, ma finì per sbatterla contro la traversa del letto. Fu costretto a riabbassarla lentamente, mugolando per il dolore insopportabile.

Tua sorella non ti ha dato un buon consiglio, stavolta. La tua mente mi appartiene già quando io voglio, e anche la sua, quindi esci da lì senza tante storie o vengo io a tirarti fuori.

Benji era spaventato ma anche arrabbiato. Non gli piaceva aver paura in quel modo, né tantomeno essere manipolato o comandato a bacchetta. Lui gli aveva quasi fatto dubitare di essere pazzo.

-Vattene! Vattene via! – gli gridò di rimando da sotto il letto.

Straker rise divertito. Benji gemette terrorizzato, le mani sulle orecchie per non sentire quella risata folle.

Con te non ci si annoia mai, eh Benji? D’accordo, l’hai voluto tu. E non dire che non ti avevo avvertito.

Non ebbe nemmeno il tempo di rispondergli. Straker lo afferrò mentre tentava di allontanarsi dalla sua portata. Benji non urlò, stavolta. Era troppo concentrato ad avere la meglio. Voleva sconfiggere Straker, lui non era un codardo!

Eccoti qui.

Benji lo fronteggiò con uno sguardo terribile.

-Adesso basta. Esci dalla mia testa. Non ti permetterò più di farmi del male.

Non voglio infierire ancora, Benji, per cui ti consiglio di stare zitto.

-No. Ora basta. Te ne vai di qui adesso.

Non aveva alcuna intenzione di cedergli. Non aveva più nulla da perdere, ormai.
Il dolore alla testa aumentò. Divenne insostenibile. Cadde sul pavimento con un verso strozzato, piegato ma non sconfitto.
Benji lo sapeva e così Straker. La morsa di dolore non si placò. Strinse i denti e tenne duro. L’Uomo Calvo tornò alla carica, oscura ombra minacciosa:

In piedi, guardami.

Benji, ancora in ginocchio con le mani a terra, scosse la testa in segno di diniego. Parlare gli sarebbe costato troppo.

Questa tua ribellione ti costerà cara, ragazzo mio, lo sai, vero?- Straker era quasi gentile. In fondo ammirava quel suo straordinario coraggio e lo rispettava - Anche se ora me ne vado, lo sai che tornerò.

Sì, lo sapeva. Ma non gliene importava. Per colpa sua ora avrebbe dovuto affrontare i medici che lo credevano pazzo. Era stato un incosciente ad affrontarlo e ne avrebbe di sicuro pagato a caro prezzo le conseguenze, ma in quel momento non gli importava. Era solo importante vincere.
La tensione aumentò, così come il dolore. Con un rapido movimento inarcò la schiena all’indietro, sollevando la testa. Le mani volarono alle tempie doloranti.

Con quanto fiato aveva in gola, comando: - ESCI DALLA MIA TESTA!!

Rimase così per qualche secondo, prima di ricadere di nuovo a terra, completamente svuotato e dolorante. Straker, l’Uomo Calvo, era rimasto in silenzio. Benji lo aveva sfidato  e aveva vinto, stavolta.

Sono molto colpito da questo tuo gesto, ma non pensare di avermi sconfitto. Hai osato disubbidirmi e sfidarmi. Ora la pagherai cara.

Rise divertito prima di sferrare un poderoso calcio che colpì la sua piccola vittima nelle costole, togliendogli il fiato. Benji udì qualcosa scricchiolare. Probabile che quel bastardo gli avesse spezzato qualche costola. Il dolore che provò fu terribile.

Questo solo per ricordarti chi comanda … il resto lo faranno i dottori.

L’ultima cosa che Benji percepì prima di perdere i sensi, fu quella tristemente nota risata malvagia che si dissolveva, poi il buio.
Sarebbe rimasto svenuto diverso tempo, prima che i medici si accorgessero di lui.
   
 
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