Capitolo IV – Microcosmi
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Grazie. – sentì
mormorare con la sua voce da qualcun altro, osservando la tazza di the
portatale e appoggiata sul tavolino di legno scuro. Osservò il contrasto dell’oro ambra sul bianco, ambra oro e caldo, mentre un
vento insistente e pungente bussava ed ululava appena fuori della finestra.
Piccoli mondi galleggiavano
nel liquido, vortici di costellazioni, o di foglie morte trascinate dal vento.
Agitò la bevanda con il cucchiaino. Per un secondo tutto scomparve. Eventi. In
quel mondo calmo e liquido, sconvolti in una bufera. Quindi,
tutto come prima. O quasi.
Spinse da un lato la
zuccheriera senza pescarvi dentro. Beveva il the liscio,
senza zucchero, limone, o latte. Lo sorseggiava piano, da subito,
bollente, sapido del solo calore, del fine di esorcizzare una solitudine. Un po’ troppo grande per le sue mani sottili e nervose, per la sua
mente provata. E forse, chiudendo gli occhi e
concentrandosi sui fiotti bollenti e rassicuranti come fobie puerili in una
felicità troppo vasta e inconsapevole, avrebbe lasciato ricordi e angosce
scivolare via dai propri vestiti in quell’angolo silenzioso.
C’erano
freddo e occhi grigi in mezzo a tutto ciò che avrebbe voluto
dimenticare, ma aveva la vaga consapevolezza che non avrebbe potuto neanche
provare a lasciarli indietro.
C’era qualcosa, in ciò che
aveva vissuto due giorni prima, di impellente e
necessario. Turbini di pagliuzze d’oro pallido l’avevano riportata alla
lontananza dei suoi anni a scuola, a felicità intraviste, all’interminabile ma
serena attesa che aveva sospinto da parte aspettando qualcos’altro. Chissà
quale vita felice.
Sacrificherei qualsiasi fuggevole sole pur di non
pensare.
Sospiro e
rassegnazione in fondo alla gola, tra un sorso e l’altro, occhi socchiusi, e il
piacere/bisogno dell’ombra.
Ombra. Ombra.
C’era un’ombra, in fondo
all’angolo opposto del locale. Una specie di grande
fagotto scuro, immobile anche nel respiro; ma lei sapeva che la stava fissando.
Una curiosa sensazione alla base del collo la avvertiva degli occhi posati su
di lei.
Strinse le labbra mentre
posava la sua tazza, rovesciando inavvertitamente un po’ del liquido sul legno
lucido e venato. E c’era qualcosa di furioso in quel
tintinnio di porcellana.
Fece un
respiro profondo, decisa a calmarsi. In quel periodo, aveva la
sensazione che troppi occhi la vagliassero di nascosto
da chissà quale tenebra, da silenzi troppo profondi. E
ogni volta, turbata, abbandonava la sua pace e i suoi pensieri, e correva via,
inconsciamente svuotata dal timore che troppe vite potessero interferire e
infastidire la sua torbida tranquillità.
Ma quella volta decise di non lasciarsi sopraffare.
Continuò imperterrita nel suo rito insipido e concentrato, mostrandosi calma.
Probabilmente i suoi sorsi furono più frettolosi e riavvicinati del solito, ma
la sua mano era ferma quando posò per l’ultima volta la tazza sul tavolo,
lasciò le solite due monete e si alzò, un’occhiata fuggevole alla macchia scura
immobile nell’angolo lontano.
Niente
neve, fuori, ma un sole pallido e lontano ed un cielo spazzato dal vento. Qualche pungente alito le s’infilava sotto al mantello mentre metteva un passo davanti all’altro con
estrema precisione, confortandosi con la geometria immaginaria tracciata dai
suoi piedi. Occhi sulle scarpe, marroni e spesse, otto galeoni, quarantacinque
corti ansimi nel buio.
Buio. Buio.
Buio e lugubre e tonante il
mormorio assente alle sue orecchie. Poca gente, ai lati della
strada, in capannelli involontari pur di trovare calore e chiudersi alla mano
penetrante della Tramontana. Rumore di passi, ticchettante e regolare.
Il fragore assordante della
quiete di Gennaio.
Forse avrebbe dovuto frenare
il suo disagio di fronte alla strada troppo vuota davanti a lei, quel risucchio
al centro del torace che provava da sempre di fronte ai luoghi troppo vasti e
solitari. Forse avrebbe dovuto fermare i suoi passi più avanti, vicino ai versi
soffocati provenienti dal Serraglio
Stregato, a pochi passi da lì. Forse non avrebbe dovuto girare gli occhi a
destra e a manca, soffocando un singulto, ed infilarsi in quel vicolo a portata
di braccia per riprendere fiato e chiudere gli occhi.
No, decisamente
stava diventando una cattiva abitudine quella di chiudere gli occhi nei momenti
più strani.
Perché una
volta riaperti, avrebbe dovuto sapere che si sarebbe ritrovata davanti
qualcosa di decisamente inaspettato.
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Sshh. – qualcuno le premette una mano sulle labbra,
proprio quando le sarebbe piaciuto urlare per esprimere il suo disappunto per
quel naso troppo pallido e leggermente sporgente ad un centimetro dal suo. E due occhi grigi troppo vicini perché lei potesse distoglierne lo
sguardo.
-
Sshh. –
ripeté il sussurro, allontanando la mano dalla bocca di lei
e portandosi l’indice dell’altra alla bocca semisocchiusa, labbra sottili e
chiare, color dell’avorio.
Fu lui a voltare bruscamente
la testa ed a guardarsi intorno, stavolta, abbassando le mani troppo vicine al viso di lei.
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Malfoy? – sentì
la sua voce replicare strozzata alla circospezione sul viso dell’uomo.
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Weasley. – troppa
inusuale serietà in quell’unica parola.
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Che... che cosa ci fai qui? Cosa
vuoi? – un corto ma rumoroso respiro – Eri tu, nel locale? Mi hai seguita? – si morse un labbro, mormorando rabbiosa.
Non rispose né fece un cenno.
Si allontanò di un passo, permettendo al cuore di Ginny di battere nuovamente.
I suoi occhi saettarono per il vicolo sporco.
Si piantarono di nuovo in
mezzo al suo viso.
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Non ti montare la
testa, Weasley. – sentì il suo tono diventare tagliente – Non
sono qui mica per...
-
Per? – fece lei,
alzando un sopracciglio a quella che sembrava una pausa spaesata.
-
...esclusivamente
per te. – completò, agitando le mani
nella sua direzione, tendendo tutti i muscoli del viso in un bagliore di occhi ferrei.
-
Interessante. –
esclamò a voce più alta, sentendo la rabbia montarle dentro – Se allora potessi
essere così cortese da spiegarmi il
perché mi avresti fermata qui, bloccandomi contro il muro con una mano sulla
bocca in un vicolo buio, forse potremmo andarcene tutt’e due più tranquilli e felici. – si fermò
un attimo per recuperare aria – Sai, ho altro da fare, io.
L’altro sembrò soffocare una
risata.
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Decisamente. Sbrighiamoci, allora. Mi sembra di aver visto la
coda davanti alla tua porta, venendo qui. Non vorrai
tardare. – allargò la bocca mostrando i denti candidi, le punte dei canini
aguzzi – Mi sembra che te la cavi bene a sopravvivere, Weasley.
Ginny gli si avvicinò,
fissandolo negli occhi, a denti stretti, le unghie pronte e tese verso le mani
inerti dell’uomo.
-
Vuoi spiegarmi
cosa cazzo vuoi da me,
Malfoy?
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Uh, calma, calma.
C’infiammiamo facilmente, non è vero? Attenta, i
capelli potrebbero prendere fuoco.
-
Ti stai arrugginendo – una smorfia di disgusto le deformò la
bocca – Questa non faceva ridere.
-
Difficilmente ti
ho mai visto ridere di te stessa, ragazza. – la sua espressione derisoria non
variò.
Lei prese un respiro
profondo.
-
Cosa – vuoi. – ripeté, sillabando.
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Indo – vina. – il suo ghigno si allargò. Ginny indietreggiò
improvvisamente, per la prima volta il controllo impostosi sul suo viso cadde,
e le si allargò nello sguardo un’espressione di
terrore.
L’uomo davanti a lei rise
forte guardandola sbattere gli occhi più volte mentre faceva qualche passo
indietro.
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Calmati, Weasley.
Non ho bisogno di puttane, io. O perlomeno, – si fermò riavvicinando le labbra in un
sussurro serpentesco – non di te.
Strinse di nuovo forte i
pugni, tentando di non saltargli addosso, consapevole che avrebbe avuto la
peggio. Aprì la bocca per ribattere, ma lui la fermò.
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Ma a quanto pare
io e Nott siamo di idee
differenti. – si fermò di nuovo, stavolta per gustare l’effetto delle sue
parole.
Un’espressione attonita
s’impossessò del viso di Ginny, facendole spalancare gli occhi ambrati.
-
Nott?
-
Nott. Si è davvero preso una bella cotta per te, sai? – spalancò un poco il ghigno, spiandola con le sue finestre d’acciaio
– Mi ha fatto una bella scenata l’altro giorno, per via della nostra
breve chiacchierata. Credo voglia marchiarti e importi
un qualche coprifuoco, per sicurezza. A quanto pare
hai ambrosia in mezzo alle gambe, Weasley.
Ginny era combattuta tra il
mettergli le mani al collo ed abbandonarsi sul terreno, aspettando che lui se ne andasse, per piangere. Ma non se
ne sarebbe andato.
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... ma lui non se
ne andrà. – aveva biascicato a bassa voce, parlando
con se stessa, lasciando i suoi occhi vagare sul terreno.
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Credevo
ti avrebbe fatto piacere. – aveva
sibilato con la bocca affilata e candida, fredda come un attimo di tramontana
sulla pelle nuda.
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Piacere? – aveva
alzato gli occhi un attimo solo, incapace di sostenere il suo sguardo, con una
nota d’urgenza nella voce.
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Piacere. Via
dubbi, incertezze, preoccupazioni. – sentì il suo gelido sguardo sulla nuca –
Niente più ricerca della cacciagione.
– si conficcò più a fondo le unghie nel palmo della mano – Via i pensieri. E’
la soluzione ideale alla tua scelta, in fondo.
Per un istante, Ginny tremò.
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Scelta? Scelta? Perché tu credi
sia stata una scelta, vero? Che tra tanti rosei futuri davanti a me abbia scelto delle notti troppo lunghe per essere dimenticate, abbia rinunciato a me stessa, abbia
rinunciato all’amore? – ora urlava, senza rendersene conto,
ad occhi chiusi, sbarrati, nell’oscurità pesta e nera intorno a lei, le
mani sempre più strette, le fitte sempre più dolorose.
Lo sentì sbuffare.
-
L’amore. Ancora?
Voi donne amate vedere ed inventare e tessere con le vostre appiccicose
fantasie mondi che non esistono. Vedi l’amore, qui, da qualche parte? A cos’è
che hai rinunciato, a questo meraviglioso nulla? Al ricordo del tuo amato Potter? – lei non lo vedeva, ma anche
lui aveva alzato la voce, ora isterica e crudele, e allargava le mani in gesti
eloquenti e scomposti – No, Weasley, non si ama in
tempo di guerra. E tu non sei l’unica a dover
difendere con l’alibi dell’ineluttabilità del destino le tue scelte. Sì, scelte. Perché anche
la morte è una scelta, Weasley.
A quel punto lei aprì gli
occhi, stupita. Davanti a lei, lui si agitava sotto al
mantello, il viso quasi paonazzo (per quanto la sua carnagione potesse
permetterglielo), la voce e le parole sempre più aspre e taglienti.
-
Stai paragonando
la tua vita alla mia, adesso. Io lo so... questo è solo un
tentativo di farmi passare dalla vostra parte, e per cosa? Per attutire i sensi
di colpa? Per sentirsi soddisfatti della propria causa? (Causa!) Perché? – lei stava urlando di nuovo, e
adesso ansimava, affannata.
Qualcosa si ruppe, nell’aria
intorno a loro. Ginny sentì distintamente un rumore come di cristalli infranti.
Impassibile,
inconcepibile, il viso diafano e allungato di Malfoy contro l’ombra.
-
Il male ama
prendere sembianze bionde, Weasley.
L’ombra di un ultimo
acuminato sorriso aleggiava ancora nell’aria nel punto dove erano state le sue
labbra, quando, senza aggiungere altro, si voltò e girò l’angolo, scomparendo
alla sua vista.
Ogni volta che rileggo i capitoli che invio riesco a vedervi sempre più qualcosa d’innaturale. Sarà lo
stato d’animo che mi ha spinto a scrivere questa storia, che ormai è andato, per lasciare che di me s’impadronisse la spossatezza
e il non-pensiero tipici del periodo scolastico, sarà che le pressioni
politiche di un liceo classico di provincia riescono persino a spazzare via
ogni tentativo d’introspezione, sarà che c’è proprio qualcosa che non và. Sono
stanca, eppure ho ancora delle idee da mettere necessariamente su carta, prima
che sia troppo tardi e questo vortice mi ingoi
definitivamente. Beh, teoricamente ho ben poco da lamentarmi, almeno fino
adesso... ma piantiamola con le paturnie, che servono solo a farvi capire con
quale energia io risponda ai commenti e la calante qualità di quello che verrà pubblicato dopo Danae (che
già....). Scusate la fiacchezza, e grazie a tutti coloro
che leggono, e soprattutto commentano questo lavoro.
Helen Lance: Grazie per
il commento, ancora una volta, e soprattutto per la fedeltà. Fa sempre
piacere vedere che c’è qualcuno che segue, e ce n’è sempre bisogno. Spero che
questo capitolo ti piaccia, a mio parere è uno dei migliori, o comunque la storia prende qui una svolta definitiva,
finalmente. Aggiornerò presto, comunque.
Abigale: Non parliamo di scuola, sì, ne so qualcosa... Non ti
preoccupare, quindi, mi fa comunque tantissimo piacere
che tu continui a seguirmi. Sì, ripeto, aggiornerò presto, presumibilmente
martedì. Il terzo capitolo avvia finalmente quello che è la storia, in realtà,
è diverso di per sé da quella che era stata una specie
di parte introduttiva. Anche se io ho sempre avuto l’impressione
che l’intera fanfiction sia un po’ una perpetua
transizione, con ben poco di definito... Grazie, spero che, sulla scia del terzo, ti piaccia anche questo capitolo! A
presto.
Syberie: Wow, grazie dei complimenti! Sono davvero contenta
che ti piaccia, è davvero gratificante... Il tuo “flusso” me lo fa comunque capire, e mi lusinga davvero. In
quanto alla tua domanda, devo dire di non averci pensato, ma è piuttosto
legittima. Mr. Nott è un uomo giovane, di conseguenza
è il junior compagno di Draco; dubito che abbiano mai
avuto grandi rapporti quei due, a parte quelli costretti per via del loro mondo
in comune... la freddezza che intercorre tra loro comunque non credo sia un errore. Spero che continuerai a seguire!
Thilwen: Eh sì, so quanto entrambe aspettassimo
lo scorso capitolo, io per togliermi una soddisfazione, e tu... pure. Sì, sì, Harry
è tutto quello che dici tu, ma mi sa che stiamo rovinando la sorpresa al resto,
in questo modo... Ginny, in fondo, lo ama ancora (o
così crede di fare). Aprirei proprio qui uno spazio per il
dibattito “Potty è un uomo o meno? – L’ultimo mistero della scienza”, ma credo che non sia né tempo né
luogo. Mah, vedremo poi (sto tentando di non anticipare, comprendimi).
Come sempre la cosa che emoziona di più, piuttosto che i miei capitoli, sono i
tuoi commenti. E comunque, cosa sarebbe il mio Draco
se non avesse conosciuto il tuo? Purtroppo, nonostante tanto tempo assieme,
rimani tu quella con la tendenza a fare di tutto ciò che scrivi
un capolavoro... E se mi contesti questa esco fuori i miei soliti argomenti! Vabbè, la taglio qui, mi sa che come al
solito parlo una lingua conosciuta solo ad entrambe... Un bacio, tesoro, e
grazie, grazie sempre.
Izumi: Che piacere, signora! Eh già, eccolo qui, mancava
solo lui, il personaggio cruciale. Sono lieta che ti sia piaciuto, Draco è
qualcosa su cui cerco d’impegnarmi, perché mentre su Ginny, personaggio nuovo almeno
nel contesto in cui è posta, ho avuto carta bianca, per
Draco l’Out of Character (perlomeno del Draco da fanfiction) non mi ha mai attratto... è affascinante di per
sé, insomma, e c’è poco da fare nel connotarlo, molto per il tentare di farlo
bene. Mi piace il giudizio che dai di Ginny, ma a mio parere c’è un che d’ingenuo
(prettamente insito, mi sa) nell’affrontare tutto senza mai riuscire a prendere
una decisione. È vero che è consapevole dei suoi sbagli, ma ciò è una colpa,
una pecca umana, che la giustifica ben poco anche davanti ai suoi occhi. E Ginny quasi piange davanti a Draco perché è lui che le ricorda il
peso dei suoi sbagli, ancor più in questo capitolo. Grazie grazie grazie comunque,
come sempre, di tutti i complimenti! Ci sentiamo presto.
Florinda: Grazie del
commento. Sono felice che ti sia piaciuta, spero che continuerai a recensire!
Briseide: Sempre più lusingata, davvero. Grazie, i tuoi
commenti sono sempre pura poesia, un fiotto di calore,
ogni volta più intensi. E sono contenta di essere riuscita a farti piacere un
personaggio che di recente anch’io sopporto poco, soprattutto dopo il sesto libro... Grazie anche per i complimenti per Draco, davvero,
ma il più grande complimento è il fatto che tu continui a recensire! Spero a
presto, allora.