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Autore: mise_keith    27/09/2005    4 recensioni
FanFiction ispirata alla leggenda di Danae, fanciulla greca murata viva dal padre e fecondata da Zeus sotto forma di pioggia d’oro, secondo molti divenuta simbolo della volubilità e voluttà della donna. Cosa succederebbe se sogni ed illusioni dovessero scontrarsi con la dura realtà? Racconto di una battaglia per la vita e per la comprensione, senza bene, male, giusto o sbagliato, ma solo l’ineluttabilità delle proprie scelte.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo V – Pelle

 

Perché anche la morte è una scelta, Weasley.

Troppe volte durante la notte quelle parole erano rimbombate fra le pareti della stanza, avevano sovrastato i suoi respiri, avevano oltrepassato rumori e silenzio. Ora, ad occhi spalancati, Ginny fissava un nastro di luce filtrare attraverso la finestra e le tende, stagliarsi immobile sulla parete e su un angolo di moquette, amico ed estraneo nella quiete, e rifletteva.

Rimasta sola nella semi-oscurità del vicolo, si era portata le mani alla tempia, e resa conto che lì pulsavano ancora, disordinate, le taglienti parole del mangiamorte (o forse semplicemente di Malfoy?), librandosi come farfalle impazzite, manifestandosi come fitte lancinanti al capo.

Sembrava che sapesse. Che quel  dolore sepolto sotto coltri e coltri di buio lo tormentasse allo stesso modo.

Ma non era riuscita a guardarlo negli occhi. Era sicura che vi fosse qualcosa di molto maligno lì in fondo, in mezzo a tanti bagliori grigio ferro.

Ma si può sapere cosa volesse?!

Le sue lacrime, come se non avesse già pianto abbastanza, qualche altro frammento del suo cuore, della sua anima, gli ultimi brandelli di un’idea, l’unica sua idea, che l’aveva tenuta in vita, che aveva allontanato i suoi occhi dalla morte...?

Harry. Oh, Harry...

Ma il buio divenne più pesante sulle sue palpebre, e poté distintamente udire dentro di lei il frastuono di una definitiva rottura.

Basta così. Troppo rumore e troppa luce, fuori. Avrebbe aspettato lì, ferma immobile, sotto le coperte, che fosse calato il sole sul giorno e sulla notte, sulle notti e sui giorni, avrebbe atteso. Ma stavolta non avrebbe raccolto la mano di alcun destino.

Quant’era bello e consolante immaginare che si potesse ancora tornare indietro.

 

Gente, quanta gente!, in abiti scuri sgargianti svolazzanti, mai vista tanta in un solo luogo, mai tanti sorrisi, mai quella curiosa atmosfera di sospesa e chiassosa allegrezza.

-         Ginny... Ginny... vieni! Di qua.

Il tocco deciso di sua madre sulle spalle attraverso la folla, in avanti, sempre più vicini alla locomotiva scarlatta, sembrava ridesse anche lei, sembrava non si potesse fare altro che essere felici.

-         Ragazzi! Non andate, non ancora, tutti qui... Fred, George! Ronnie, hai qualcosa sul naso...

Il vociare allegro dei suoi fratelli, ulteriori risate, cristalline, rintoccanti.

-         Siete sempre voi due... Comportatevi bene quest’anno... insomma! – voce perentoria, squillante, ma con una certa intrattenibile nota eccitata. – Ronnie, mi raccomando, non iniziare a seguire il loro esempio... – tocco esasperato ed esasperante. Sua madre, com’era sempre stata.

Ma lei non ascoltava. A pochi passi, poteva quasi toccarlo, un tuffo al cuore, un ragazzino magro, la schiena un po’ curva per l’abitudine, i capelli scarmigliati e neri, e dietro gli occhiali, profondi vortici color... argento.

-         Ginevra.... – un sibilo, basso, acuto, crudele, supplicante.

-         Ginevra. – alle sue orecchie, udì il suo nome pulsare fin dentro al timpano, mormorato con una voce familiare e ferma, sua madre?; ma è ancora presto, è ancora presto...

No. Forse è troppo tardi.

-         Ginevra. – stessa voce, più bassa, di petto, quasi armoniosa, quasi piacevole.

-         Ginevra! – una nota stonata.

Aprì gli occhi, di scatto. Urgenza e decisione su di lei, negli occhi azzurri ed appuntiti e nel fischio fra le labbra.

Si sedette sul materasso con una certa diffidenza, spingendosi il cuscino dietro alle spalle, riavviandosi i capelli annodati e scarmigliati, radunandoli sul petto. Strinse la bocca.

Mrs Greystone la fissava dalla posa in cui l’aveva vista quando aveva aperto gli occhi, seduta sul lato opposto del letto, il bastone in una mano, illuminata dal fascio di luce violenta, o così sembrò alle sue pupille rattrappite dall’oscurità, che scorreva ed entrava dalla finestra ora aperta, con l’impetuosità di una dolorosa cascata.

-         Ginevra. – ripeté, per incanalare completamente verso di sé l’attenzione dell’altra, che la fissava con gli intensi occhi ambra in attesa che continuasse, stretta nelle spalle, il lenzuolo tirato fino alla vita, il calore tiepido della stanza che le accarezzava la pelle nuda.

-         Non sei scesa oggi, non sei uscita. – la donna schioccò le labbra in un gesto involontario, mostrando più del dovuto i pochi denti anneriti dal caffè, facendo un pausa per permettere all’altra di giustificarsi.

-         Non mi sento troppo bene. – mormorò, stringendo ancora di più le braccia al petto e alzando di poco le spalle, le labbra ancora strette, gli angoli del viso contratti.

L’altra annuì, arricciando il naso, scrutandole sotto la pelle con un lampo azzurro.

-         Neanche ieri ti ho vista troppo in forma. Ad ogni modo, - fece  un gesto vago con la mano, indicando alla sua destra – i soldi sono sul comò, li ho lasciati lì. Solo... – si fermò per un attimo, appoggiandosi saldamente al bastone.

Si alzò, facendo qualche passo lento in giro per la camera. Si voltò di nuovo verso di lei. Ginny non disse né fece niente.

-         Mr Nott. – disse, puntandole contro un dito – E’ passato, ha avvertito che verrà stasera. Che... deve parlarti. – qui esitò, lasciando che il suo sguardo vagasse altrove, nel vuoto dei mobili scuri e del muro spoglio.

Ginevra continuava a guardarla, imponendosi l’impassibilità, conficcandosi le unghie a fondo nella pelle morbida e chiara dei seni, mordendosi le labbra vermiglie dall’interno.

La donna sorrise. Un sorriso vasto come un buco nero, dai pochi denti appuntiti, né dolce, né forzato, né inconsapevole. Ma duro e freddo come un pezzo di ghiaccio.

-         Quanto hai provato, Ginevra, non ti darà gratitudine verso te stessa o gli altri, forse, probabilmente neanche calore. Ma lo vedi anche tu, tesoro. Aldilà delle responsabilità delle scelte, - la ragazza non riuscì a non rabbrividire, lasciò per un attimo che gli occhi le si chiudessero – questa è pura, solamente pura necessità. Che non ti chiede certezze né abnegazione ma il coraggio che la viltà stessa esige. Non è una delle tante direzioni da prendere, non è una battaglia fra amore e odio, bianco e nero. E’ l’eterno, l’eterno male che solo il grigio porta con sé, che non lascia via di scampo, possibilità di pensiero. – le labbra erano adesso una linea curva e sottile – Non possono esistere sensi di colpa.

Quando la porta si chiuse alle spalle della donna, Ginevra sentì il dolore e la ribellione della sua pelle a quella doccia gelida di parole affilate e neve bigia. Si tirò le coperte fino al mento, improvvisamente infreddolita. Si sdraiò di nuovo, portandosi le due mani alla testa, tentando di soffocare pressando il duro rimbombare di quei suoni sconnessi.

Ma tutto ciò che poté fare fu abbandonarvisi, stanca e stravolta, addormentandosi, piangendo sommessamente la sua sofferenza in rare lacrime ferree attraverso le sue guance.

 

Le due pozze nere davanti a lei assomigliavano a due oblò con vista sulla notte. Sopracciglia sottili, labbra carnose, pelle abbronzata. La scrutavano e sfioravano e accarezzavano con un umido cantilenare sconnesso, il suo nome, o il nome di qualcun’altra, o forse solo pioggia, e scrosciare di onde.

Sentiva il calore del sesso di lui premere contro il suo fianco, le sue braccia tese sullo stomaco, nervose, le dita che si tendevano e rilassavano su di lei, inerme, toccando i suoi seni, palpando la sua pelle sudata.

Pelle, e nient’altro, pensò, in quell’attimo di quiete dopo la tempesta, dopo la violenza della rassegnazione. Pelle, e involucri di sogni racchiusi fra queste quattro mura. E nient’altro, in realtà. Nient’altro.

Forse da qualche parte erano rimaste le ombre delle sue speranze, gettate chissà dove, lontano, assieme ad occhi verdi e sorrisi infantili. Ed a laceranti ed interminabili attese.

Lui le prese il mento fra le dita, ed ella spostò di nuovo gli occhi sui suoi. Turbinavano come nuvole cariche di pioggia.

-         Devo parlarti. – quella voce roca, affaticata, tentava di essere suadente. Ginny sentì palpitare attorno a lui una densa aura d’angoscia.

Non rispose, si limitò a continuare a fissarlo, con una certa educata, nervosa curiosità.

-         Voglio che tu venga con me.

Ancora silenzio.

-         Voglio che tu mi aspetti nel mio letto, la sera. – le prese la testa fra le mani, percepiva agitazione nella sua voce – Non voglio dividere la tua pelle con qualcun altro. Non avrai più bisogno di nulla.

Pelle. Ancora.

Se è tutta qui la questione. Tutta questa la smania, questo il dolore, il peso dell’inquietudine, la paura del vuoto. Fece per dire qualcosa. Ma si fermò.

Gli occhi di lui lampeggiavano. Non sapeva dire di cosa. Sentiva le sue dita tornate sempre più mobili e nervose sul torace.

Abbassò le palpebre, inspirò profondamente. Tutto questo non era niente dopo ciò che era stato, del resto.

È l’eterno, l’eterno male che solo il grigio porta con sé.

 

“Il male ama prendere sembianze bionde, Weasley.”

 

 

 

Capitolo breve, anche se piuttosto denso. I commenti non sono stati tantissimi l’ultima volta, ma è anche colpa mia, pardon, ma quando mi dico di rispettare una tabella di marcia... E non posso non approfittare di un giorno semivuoto come questo. OK, tenterò di essere meno prolissa, in quanto sospetto di essere tanto poco apprezzata anche per questo. ;P Vabbuò, sono io a cercarmi responsabilità del genere...

Ma lasciamo perdere...

Spazio alle vostre stupende recensioni! Grazie a tutte!

Abigale: Però, sempre la prima, tempismo perfetto! Grazie per i complimenti su Ginny, ma, ad essere sincera, in questo capitolo mi piace ancora di più. Anche perché qui è da sola, e  quando Draco è in scena è lui che riesce a catalizzare tutta l’attenzione... In effetti è sempre piuttosto oscuro come personaggio, nonché piuttosto controverso. Ma hai tutto il tempo che vuoi, don’t worry. -3 capitoli, oramai! E il prossimo mi piace particolarmente...

aletheangel: Salve! Piacere che ti piaccia, ed ecco il “seguito”. Continua a seguire!

Helen Lance: Grazie ancora dei complimenti, davvero, mi fa sempre piacere trovare i tuoi, non manchi mai un appuntamento! Grazie grazie grazie, che altro dire?

Izumi: Wow! Le tue recensioni sono sempre più emozionanti... e devo dire che sono una delle cose più belle di pubblicare questa fanfiction. Cogli tutto con una tale assidua precisione da lasciarmi ogni volta più stupita. ed imbarazzata. Il mio intento nello scorso capitolo era proprio quello di mettere a confronto le loro due diverse realtà, ed in genere, l’intrinseco bisogno d’amore che appartiene ad entrambi. Come tu sottolinei benissimo, di Ginny perché l’ha conosciuto, e non può fare a meno di sentirne al mancanza, di Draco proprio perché è quello che più gli è stato negato. Entrambi cercano inconsapevolmente un appoggio ed in questo senso, qualcosa con cui riempire delle vite che altrimenti sarebbero solo dolore, perché non vi è alcun mezzo d’accettazione e di digestione del torturante e continuo meccanismo delle responsabilità. Come tu stessa hai citato poco tempo fa, “la prostituta e l’assassino chini sul libro eterno”, in una sorta di destino comune (perché così loro vogliono).

Sono rimasta senza nient’altro da dire, mi sa, anche perché ho la sensazione di essermi lasciata sfuggire troppo (niente di più ovvio, per carità...). Grazie, grazie ancora per i complimenti e per il seguirmi! A presto!

Thilwen: Beh, storico confronto è esagerato! E comunque anch’io ho Il meglio de “Le Stagioni del Dubbio” che mi tiene compagnia sul diario, come ben sai. E ripeto anche qui che è soprattutto colpa mia se non hai potuto commentare, quindi bando alle colpevolizzazioni... Grazie tantissime, melensaggini comprese, a me fanno sempre piacere, altrimenti credo che non sarei tanto ripetitiva e troverei altro modo per sfogare le mie banalità. Mi spiace di non riuscire a dire mai altro, ma mi conosci. Troveremo sempre il modo di non dire di esserci dette tutto.

  
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