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Autore: Kiary92    09/08/2010    1 recensioni
La storia di una ragazza: Angelica, che cerca di avere una vita tranquilla benché abbia compito davvero strano; diverso, più che altro. Questa ragazza fa parte di una misteriosa Agenzia, la quale la ingaggia per missioni, a volte pericolose, contro strane “entità” corporee e non; anche se la gente comune li chiama fantasmi e demoni. Il suo compito, e quello degli altri agenti chiamati anche Demons Hunter, è quello di sterminare ogni demone, e convincere i fantasmi con aure maligne di altri a “passare oltre” a trovare la pace in un altro posto. Benchè compia questo insolito mestiere, anche Angelica ha una vita normale: va a scuola come una semplice diciottenne, viene trascinata in strane feste dai suoi amici, nonché compagni di classe, litigi e risse con la più odiosa delle compagne e, chi può dirlo, magari troverà anche l’amore, chi lo sa? Magari sotto forma di un bellissimo ragazzo dagli occhi blu? Tra un insolito incontro in biblioteca, varie vicende sui banchi di scuola e, diciamolo chiaro e tondo, momenti di vera sf...ortuna, ecco a voi, la storia di una Demons Hunter. Una cacciatrice di demoni.
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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***


Giovedì, 5 marzo 2009
Si svegliò di soprassalto, mettendosi a sedere sul letto, coprendosi con la coperta.
Finalmente l’incubo era terminato, ma tremava ancora. Osservò intorno, cercando di calmarsi, e guardò Matteo dormire tranquillo accanto a lei, avvolto come un salame nella coperta di lana, con la bocca leggermente aperta, e russava piano. Si alzò, infilando velocemente il pigiama, e si avvicinò alla portafinestra che dava sul balcone in comune, l’aprì silenziosamente, e se la richiuse alle spalle, in modo che il compagno non si svegliasse.
Si sedette a terra, con la schiena appoggiata al muro esterno della baita; era ancora notte fonda, ma tutto è già ben visibile sotto la fioca luce della luna. Poco più il là, l’orto botanico e, subito dopo, una distesa infinita di prati verdi; e la punta innevata del monte Baldo, alla sua destra, era ben visibile, benché ci fosse il tetto della baita che copriva parte della sua visuale.
Chiuse gli occhi ascoltando il canto degli uccellini, che si fermavano sulla ringhiera del balcone, non molto distanti da lei, e il profumo dei fiori, arrivava fino a lì, trasportati da una leggera brezza fredda.
Sussultò quando la portafinestra di fianco a lei si aprì, facendo volare via i fringuelli appollaiati sulla ringhiera; Matteo, con addosso solo i boxer, uscì fuori e la osservò con gli occhi socchiusi - Che cosa fai qui fuori? -
- Niente -
Lui le si sedette accanto, e restò un attimo in silenzio - Non riesci a dormire? -
Annuì, osservandolo incrociare le braccia al petto - Non hai freddo? -
- Un po’ -
Si alzò in piedi e gli sorrise - Torniamo dentro -
Fece alzare il ragazzo e ritornarono nella stanza, buttandosi sul letto ed avvolgendosi nella coperta di lana. Si avvicinò piano a lui abbracciandolo e facendogli appoggiare la testa sul suo petto.
Chiuse gli occhi, provando ad addormentarsi di nuovo.


Si svegliò ancora una volta di soprassalto, cercando di non urlare. Matteo, sveglio, sotto le coperte accanto a lei, la guardava con aria preoccupata. Agitò la mano, cercando di rassicurarlo - Tutto ok -
Lui la fece stendere nuovamente, abbracciandola subito dopo - Oggi abbiamo la giornata libera -
- Passeggiata con gli altri? - chiese strofinando la testa contro il suo petto.
- Stare a letto? -
- Non credo sia un'opzione valida -
- Sveglia! Sveglia! -
Mugolò appena, coprendosi fino alle orecchie con la coperta, ignorando la voce squillante dell'amica, appena entrata nella sua stanza senza nemmeno bussare, iniziando a far casino.
“ Perché non ho chiuso a chiave?”
- Forza! Oggi é la giornata libera! Andiamo fuori! -
- Elisabeth...sono le 7...mi sono addormentata tre ore fa - sussurrò abbracciando ancor più forte Matteo.
Sentì Elisabeth avvicinarsi al letto e, con un rapido movimento, strattonò via la coperta che avvolgeva lei e Matteo, senza scomporsi minimamente del fatto che lui indossava solamente i boxer e lei la maglia del pigiama - E ditemi porcellini: cos'avete fatto fino a quell'ora? -
- Non abbiamo fatto niente! -
- Bugia! Bugia! - disse la rossa aprendo la sua borsa, estraendo un paio di jeans e una maglia - Avanti alzati, anche tu Matteo! -
- mmm -
- Niente mmm - sbraitò Elisabeth, facendo avanti e indietro accanto al loro letto.
- Elisabeth...- sussurrò il ragazzo tirando nuovamente la coperta sopra la sua testa, coprendo anche lei, ancora abbracciata a lui.
- Cristo Santo! Anche tu sei peggio di un ghiro...ah, quasi dimenticavo...foto! Foto! Foto! Foto! Foto e foto! - urlò Elisabeth incitando Matteo a darle la macchina fotografica.
- Elisabeth...ti prego - ripeté il moro, scivolando sempre più sotto le coperte, abbracciandola.
- Matteo...dalle quella macchina fotografica così se ne va - disse con un mugolio.
- Nello zaino - si lamentò lui, facendo sbucare un braccio fuori dalle coperte, forse per indicare il suo zaino.
Sospirò sentendo il dolce profumo di Matteo, e risalì verso il suo viso, sfiorandogli l’orecchio con le labbra.
Elisabeth, prese la macchina fotografica e si diresse verso l'uscita - Vi aspettiamo giù - urlò poi uscendo - Non iniziate a fare sesso adesso che non c’è tempo -
Scattò a sedere - Elisabeth! Hai la delicatezza di un elefante! -
- Muoviti Meredith! - urlò la rossa fuori dalla porta.
Non appena il rumore dei passi dell’amica si affievolì si sdraiò nuovamente sul letto, strofinando la testa contro il cuscino.
- Devi fare la doccia? - le chiese il ragazzo accanto a lei.
Annuì - Sì, ma se devi andare vai prima tu -
Il fidanzato si alzò dal letto e si chiuse in bagno, mentre lei si girava più e più volte nella coperta di lana, cercando di ignorare il rumore del getto d’acqua della doccia.
Pochi minuti per stufarsi di arrotolarsi come un salame, finalmente, si alzò, entrando poi in bagno dove il fidanzato era già uscito dalla doccia ed aveva soltanto un asciugamano stretto intorno alla vita. Sorrise in modo malizioso, ma lui fece finta di niente.
- Matteo? - lo chiamò, avvicinandosi al ragazzo ed abbracciandolo da dietro.
- No -
- Ma è ancora presto - ribatté, liberandolo dall’abbraccio ed incrociando le braccia al petto come una bambina che voleva fare i capricci.
- Faremo tardi - si giustificò il moro.
- D’accordo allora - disse raccogliendo i capelli in una coda, sfilandosi poi la maglia del pigiama ed entrando subito nella doccia, visto che sotto non indossava nulla.
Matteo non fiatò e, tranquillamente, uscì dal bagno.
Aprì il getto dell’acqua - Questa me la paghi! - urlò, in modo che il ragazzo potesse sentirla.
- Anch’io ti amo amore! -


Dopo una decina di minuti uscì dalla doccia, ritornando in camera e trovando il fidanzato già pronto.
- Possibile che voi ragazze ci mettiate una vita per prepararvi? - domandò il ragazzo, chiudendo il suo zaino.
- Perché noi siamo donne - rispose avvicinandosi a lui con passo felpato - Dobbiamo sempre far aspettare il nostro uomo -
- Mi sembra inutile -
Sorrise in modo diabolico “Adesso me la paghi” pensò, lasciando cadere a terra l’asciugamano - Dici? -
Matteo, con la bocca leggermente aperta, la guardò dall’alto in basso - Ehm...sì -
Lo prese per il colletto della maglia, trascinandolo verso il letto, lasciandogli piccoli baci sul collo.
- Ma credo che valga la pena aspettare - rispose lui.
- Giusto - sussurrò, facendolo sdraiare sul materasso per poi sdraiarsi sopra di lui, togliendogli la felpa e lasciandola cadere a terra.
Il ragazzo invertì le posizioni, appoggiandole le labbra sul collo.
- Vedo che ti piace la mia vendetta -
Lui annuì, staccandosi dal suo collo per portare il viso ad un soffio dal suo - Oh, certo che sì, ma la mia è ancora più tremenda -
“ Ah...aspetta...cosa?” pensò confusa, tirando indietro la testa - Che mi hai fatto? -
- Meglio se ti vesti, altrimenti faremo tardi -
- Che mi hai fatto, Matteo? -
Il moro si staccò, mettendosi a sedere sul letto.
Si alzò di scatto, coprendosi nuovamente con l’asciugamano ed andò in bagno, mettendosi davanti allo specchio, dove notò una macchia rossa, quasi viola, sul collo. Ritornò in camera, furiosa.
- Matteo! -
- Oh amore, sei così sexy quando sei arrabbiata -
Raccolse la felpa nera del fidanzato e gliela lanciò contro - Stupido! - urlò, iniziando a vestirsi.
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Pronti ad uscire, lei e Matteo, percorsero il corridoio a passo svelto, scendendo le scale e raggiungendo la sala da pranzo, dove Elisabeth, Sergio, Vittoria e Davide sedevano al solito posto, ai soliti tre tavolini uniti per tenere insieme tutta la combriccola.
Si avvicinarono ed Elisabeth le scattò subito una foto con Matteo. Era troppo stanca per dirle qualche parolaccia.
- Buongiorno, teneri amanti della stanza numero 10 - sussurrò piano la rossa, bevendo il suo caffè da una tazza di ceramica bianca.
- Come? - domandò prendendo una fetta di toast, imburrandola per poi metterci sopra la marmellata di ciliegie.
- Hai uno strano segno sul collo che, stranamente, è molto simile ad un succhiotto - rispose Vittoria in un sussurro, sorridendo sotto i baffi con Elisabeth.
Lanciò un’occhiataccia a Matteo - Lo so...-
Il ragazzo si versò un po’ di spremuta d’arancia nel proprio bicchiere, fingendo dei colpi di tosse - Alice e Federico? -
- Arrivato tra un paio di minuti - rispose Sergio - Si stavano vestendo -
- Sai che ore sono, piccolo demonio? - domandò rivolta a Matteo.
Lui sorrise - Certo mia dolce strega, manca un quarto alle otto -
- Oh, come sono dolci Herm e Ron-Ron! - esclamò Elisabeth, puntando la macchina fotografica verso di loro - Fatevi fare una foto -
Si misero vicini e rimasero in posa, finchè il flash non si accese e poi si spense.
- Buongiorno a tutti - salutò qualcuno alle loro spalle.
Si voltarono per vedere Alice e Federico accomodarsi a tavola.
- Ci siamo persi niente? - domandò la mora, sedendosi accanto a lei.
- Solo Hermione che litiga con Ron-Ron - disse Elisabeth, scattando una foto anche a lei e a Federico.
- Dai che sono venuta a bocca aperta! - esclamò Alice, con in bocca una brioche.
- Questa fa su Facebook! - annunciò la rossa, facendo vedere a tutti la foto appena scattata, dove Alice aveva la bocca aperta pronta per mordere la brioche.
Dopo quindici minuti, le due insegnanti si alzarono in piedi, ma fu solo quella di ginnastica a parlare.
- Bene ragazzi, oggi potete andare dove volete con chi volete. Ma mi raccomando, nessuno deve stare da solo, intesi? - disse la donna dai capelli biondi - A mezzogiorno tutti qui per il pranzo -
Tutti si alzarono, mettendosi in spalla i propri zaini, ed uscirono.
- Hai in mente qualcosa da fare? - le chiese Elisabeth, subito al suo fianco.
Scosse la testa, varcando la porta d’entrata della baita - Seguiremo qualche sentiero indicato sulla piantina -
- Così? A caso? -
- Sì esatto -
La rossa annuì senza motivo - E stasera? -
- Stasera? -
- Dovremmo pur fare qualcosa, no? -
Si lasciò sfuggire un sorriso - Sei tu l’anima della festa, inventati qualcosa -
- Peccato che la roba da bere sia finita - sussurrò Vittoria, dietro di loro, con una mano sulla fronte.
- Non dovevi bere così tanto - l’ammonì il fidanzato, che le teneva un braccio stretto intorno alla vita.
- E se ci raccontassimo delle storie dell’orrore? -
La guardò con espressione dubbiosa - Oh, sicuro...-
- Ma tu non ti spaventi neanche se ti pagano -
- Ti verrà in mente qualcosa - disse lanciandole un sorriso - Ma ora pensiamo a dove andare -


Avevano camminato per un’ora, allontanandosi dal resto della classe che si divideva in due gruppi: quello di Laura, composto da lei e dalle altre oche, e il gruppo di Luca, Andrea e Nicola, che seguivano il moro benché lui volesse rimanere da solo a fumare da qualche parte.
Chiuse gli occhi, respirando profondamente l’aria fresca di montagna.
Lei e Matteo erano in testa al gruppo, seguiti da Vittoria, Alice, Davide e Federico, mentre Elisabeth e Sergio, che sprizzavano energia da tutti i pori, si rincorrevano da quando avevano lasciato il cortile esterno della baita.
Tra un po’ vomito - sussurrò piano Vittoria, facendola sorridere.
- A chi lo dici - disse Alice in pantaloncini corti con il solito cappello della squadra dei New York Yankees.
- Smettetela voi due - iniziò Federico - Così imparate a sgolarvi una bottiglia di Aperol in due -
- Ma io dovevo fare la penitenza - si lamentò la bionda.
Si voltò verso di loro, camminando all’indietro - Vedrai che tra un po’ passa - disse tentando di consolare l’amica, che annuì, rassegnata.
- Non sarebbe meglio fermarsi un attimo? - domandò Alice - Abbiamo tutto il giorno per camminare -
- Sì, forse è una buona idea - disse.
- Forse è un’ottima idea - la corresse Vittoria.
- Ci fermiamo a quell’albero laggiù, ok? - domandò puntando il dito verso un grande albero più avanti rispetto al piccolo boschetto che cominciava qualche metro dopo.
Lo raggiunsero in una manciata di minuti ed Alice e Vittoria si sedettero su una grossa radiche che spuntava dal terreno, togliendosi poi gli zaini ed appoggiandoli a terra.
- Finalmente - disse Alice con un sospiro di sollievo.
- Mi gira la testa - si lamentò la bionda, portandosi le mani alla fronte.
Sospirò, sedendosi accanto a lei e togliendosi lo zaino dalle spalle, iniziando a frugare nella tasca interna, prendendo una bottiglietta d’acqua e un’aspirina.
- Prendi questa - le disse porgendole l’aspirina - Ha un gusto orribile, ma è piuttosto efficace - aggiunse porgendole anche l’acqua.
Vittoria prese la piccola pastiglia e la bottiglietta - Sicura? -
- Non ti fidi di me? -
- Certo che mi fido - rispose la bionda, togliendo l’involucro di plastica all’aspirina, girandosela poi tra le mani - Da cosa sa? -
- Non saprei come descriverlo - ammise onestamente - Ma fa veramente schifo -
Vittoria, un po’ titubante, mandò giù la pastiglia e un bel sorso d’acqua, cominciando poi a tossire - Dio ma...che roba è? -
- Te l’avevo detto che faceva schifo -
- Oddio...mi sembra di aver messo in bocca della terra -
Tappò la bottiglietta dell’acqua e la rimise nello zaino - Ne vuoi una anche tu, Alice? -
La mora agitò le mani - No, no. Per carità...mi tengo il mal di testa. Non voglio bere i tuoi intrugli di strega -
- Non sono intrugli - ribatté chiudendo lo zaino e sistemandolo accanto al tronco dell’albero - E non sono nemmeno una strega -
- Ma certo che lo sei, Hermione! - esclamò Elisabeth, che finalmente, si era stancata di correre e si era seduta a qualche metro da loro.
- Elisabeth! -
- Oh, lo sai che scherzo, Meredith -
- Smettila! - sbraitò alzandosi in piedi e scaraventandosi sulla povera amica, iniziando a farle il solletico.
- Ehi genio! Non lo soffro io il solletico - disse tranquillamente la rossa.
Strinse gli occhi - Sei un demonio -
Elisabeth sorrise - Grazie Angi, lo sai che ci tengo al mio titolo - rispose lei, iniziando a farle il solletico.
Si liberò immediatamente, alzandosi subito in piedi - Non è leale -
La migliore amica si alzò a sua volta da terra, sorridendo in modo maligno - Oh, sì invece! -
Presero a rincorrersi, mentre gli altri, seduti accanto all’albero, che le seguivano con lo sguardo, ridendo quando Elisabeth inciampava e rischiava ogni volta di cadere.
- SMETTILA DI SEGUIRMI! -
- E TU SMETTILA DI SCAPPARE! -
Si avvicinò di corsa all’albero e si arrampicò su, come un gatto che vuole scappare da un cane, sedendosi su un grosso ramo più o meno a metà, guardando Elisabeth, rimasta con i piedi per terra.
- Ehi scimmia, aiutami a salire - disse Elisabeth, saltando in alto ed afferrando il ramo più basso, rimanendoci appesa.
- Non mi farai niente? - domandò - Se mi fai il solletico rischio di cadere e rompermi la testa -
- Dai! -
- Giuralo sul tuo orsacchiotto! -
- Ok, ok...giuro su Pompon che non ti faccio niente se non mi provochi -
Scese con facilità, arrivando subito al ramo dove l’amica era aggrappata, la prese per le braccia e la fece sedere al suo fianco.
- Un grazie sarebbe gradito -
- Oh, grazie piccola Angi! - esclamò la rossa, tenendosi aggrappata al ramo per sicurezza - E scusa se non sono agile ed atletica come te, signorina Angelica-guardate-il-mio-corpo-perfetto-Vetra -
Inarcò un sopracciglio - Prego, e scuse accettate -
- Oh, ma vaffanculo Angelica - rispose a tono Elisabeth sorridendo, dandole un piccolo spintone affettuoso.
- Guarda che mi fai cadere -
- Ma figurati - sussurrò l’altra, punzecchiandola.
“Vediamo come la prendi allora” pensò, stringendo forte le gambe intorno al ramo, in modo da rimanere appesa, e si lasciò cadere all’indietro.
Elisabeth aveva lanciato un urlo, mentre lei, appesa a testa in giù, rideva, tenendosi le mani sulla pancia.
- ANGELICA VETRA! - urlò l’amica - Non farlo mai più! -
- Avresti dovuto vedere la tua faccia! -
- STUPIDA! - urlò la rossa, appoggiandole le mani sulle gambe per cercare di farle perdere la presa sul ramo.
- Fermati che così cado veramente! -
- È quella la mia idea infatti! -
Fortunatamente, i piani dell’amica non si avverarono, poiché Matteo, da bravo cavaliere, l’aveva presa tra le braccia, impedendole di finire a terra come un sacco di patate.
Lasciò la presa per trovarsi tra le braccia del fidanzato, che sorrideva.
Rispose al suo sorriso mentre lui la faceva sedere per terra - Stai cercando di farti perdonare per il succhiotto? - chiese.
- No, perché tu mi perdoni sempre -
Seduta a terra, incrociò le braccia al petto, assumendo un’espressione imbronciata - E chi lo dice? -
Il ragazzo si avvicinò, baciandole le labbra - Io -
Gli gettò le braccia al collo, sdraiandosi a terra e tirando il fidanzato sopra di se - Già, hai perfettamente ragione -
Lui lanciò un’occhiata agli altri, seduti a terra, che li guardavano - Dov’è Sergio? -
- Sta giocando a nascondino con me - rispose Elisabeth scendendo dal ramo dov’era rimasta seduta - Solo che mi sono dimenticata di andare a cercarlo -
Si mise a sedere, spostando Matteo - Come te ne sei dimenticata?! -
- E che cavolo non è mica la fine del mondo -
- Meglio se andiamo a cercarlo - rispose alzandosi in piedi “ Se ci sono altri demoni dei boschi non oso immaginare cosa potrebbe accadere”
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Avevano deciso di dividersi: lei e le ragazze, controvoglia, erano rimaste sotto l’albero, mentre Matteo, Davide e Federico avevano insistito a tornare indietro per cercare Sergio.
Alice e Vittoria erano ancora sedute sulla grossa radica, con aria preoccupata, Elisabeth camminava avanti e indietro, alzando lo sguardo di tanto in tanto; lei, invece, se ne stava seduta su un ramo a metà altezza, guardandosi intorno come un falco che cerca la povera preda.
Era appena passata mezz’ora quando la rossa si sedette a terra - Perché Sergio è un deficiente? -
Guardò in basso, dondolando le gambe - Vedrai che lo troveranno. Non può essersi nascosto in mezzo al bosco -
- Forse era meglio evitare di giocare a nascondino -
- Già, forse era... -
Si bloccò all’improvviso non appena sentì uno schiocco secco.
“ Merda” pensò. Scendendo velocemente dall’albero, facendo qualche passo verso la fonte del rumore: qualcosa nel bosco a qualche metro da loro.
- Avete sentito? - domandò Alice, che guardava nella sua stessa direzione.
Annuì - Vado a controllare - disse correndo verso il limitare del bosco.
Non c’era nient’altro che alberi e cespugli, nessuna traccia di demoni o qualsiasi cosa; eppure qualcuno aveva calpestato e rotto qualcosa con un sonoro schiocco. Non l’aveva immaginato, dato che l’aveva sentito anche Alice.
Si addentrò nel bosco, zigzagando tra gli alberi ed osservando attentamente ogni piccolo movimento, ascoltando ogni fruscio; ma lì non c’era assolutamente niente.
Sbuffò, ritornando di corsa verso il confine del bosco, e guardò verso l’albero, dove tutte e tre le amiche si erano alzate in piedi, con lo sguardo puntato nella direzione da dov’erano arrivati. Seguì il loro sguardo, sorridendo alla vista di quattro ragazzi che si avvicinavano.
Raggiunse le amiche e subito Elisabeth si voltò verso di lei - Che cos’era? -
Scosse la testa.
I ragazzi le raggiunsero: Sergio, quando fu davanti alla rossa, incrociò le braccia al petto.
- Che c’è? -
- Potevi dirmelo che non ti andava di giocare a nascondino -
Elisabeth gli saltò al collo, baciandolo sulle labbra - Lo so, scusami -
- Come hai potuto dimenticarti di venire a cercarmi? -
- Avevo la testa tra le nuvole - rispose la ragazza, baciandolo nuovamente - Scusami cucciolo -
- Ti dovrai impegnare di più per avere il mio perdono -
Vide Elisabeth sorridere in modo diabolico - Quando torniamo a casa ti faccio le crêpes che ti piacciono tanto -
Il biondo abbracciò la ragazza, segno che la stava già perdonando - Con la Nutella? -
- Con la Nutella - confermò lei.
- Perdonata -
Si portò una mano alla fronte, mentre gli altri risero per la loro scenata.
Matteo, al suo fianco, le prese la mano, tirandola un po’ in disparte, ossia a diversi metri dall’albero.
Sorrise - Che c’è? -
- No niente, volevo stare un po’ da solo con te - rispose lui - Solo qualche minuto -
Annuì.
- Ho notato che non porti la collana che ti ho regalato -
Lo abbracciò forte - Avevo paura di perderla, così l’ho lasciata a casa - rispose sorridendo - È troppo importante -
Anche il ragazzo sorrise, appoggiando le labbra sulle sue per un dolce bacio.
- Se vuoi che la porti sempre al collo basta dirlo, non c’è nessun problema -
- No, tranquilla. Puoi farne quello che vuoi -
- Non volevo perderla, tutto qui -
Si sedettero a terra, stretti in un abbraccio mozzafiato ad osservare le nuvole.
- Dov’era Sergio quando lo avete trovato? -
- È stato lui a trovare noi - rispose il fidanzato - È saltato fuori facendo Bubu settete -
Trattenne a stento le risate - Bubu...settete? -
Matteo si portò entrambe le mani sugli occhi - Bubu...- iniziò, per poi togliere le mani - Settete! -
Scoppiò a ridere, sdraiandosi a terra, tenendosi la pancia - Oddio mi si è rotto il fidanzato! -
- Non è vero -
Lo fece sdraiare al suo fianco, per poi mettersi sopra di lui, accarezzandogli i capelli - Sei stato davvero cattivo questa mattina -
Il moro le strinse le mani intorno alla vita, facendo aderire i loro corpi - Scusami Angelica, ma non c’era tempo -
Appoggiò le labbra sul suo collo, mordendo appena - Forse hai ragione -
- Forse? -
Si staccò appena, avvicinando le labbra alle sue - Già...forse -
- Perché non vuoi ammetterlo? - domandò lui.
Sfiorò appena le sue labbra, provocandolo - Che avevi ragione? -
- Esatto -
- Non lo farò mai - rispose sorridendo, dandogli un bacio sulla fronte, per poi alzarsi in piedi - Andiamo, dobbiamo continuare -


Le nove e mezza erano passate di qualche minuto quando Elisabeth prese il controllo del gruppo, rimanendo davanti a loro con la piantina in mano, cercando qualche sentiero che conducesse in strani posti.
- Elisabeth? è normale vedere solo erba e sassi? - domandò Sergio in tono ironico, che camminava accanto a Matteo, che le teneva la mano.
- E gli alberi, Sergio - suggerì - Ti sei dimenticato degli alberi -
- Ah, giusto - disse il biondo, come se fosse stato illuminato per la sua osservazione - Gli alberi -
- Sentite - esclamò la rossa, voltandosi verso il resto del gruppo, piegando velocemente, e in modo sbagliato, la piantina - Non c’è altro da vedere qui -
Sospirò - Potremmo seguire un sentiero che conduca a delle trincee - propose - Ce ne sono un sacco segnate sulla piantina -
L’amica alzò un sopracciglio, riaprendo la cartina - Oh, hai ragione Watson. Ci sono delle trincee proprio...ehm...qui - iniziò lei puntando il dito sulla cartina - qui, qui e qui -
Sorrise - Sono segnate con un puntino viola, Sherlock -
- Ah sì - rispose la rossa, ricambiando il sorriso - Erano quello che avevo indicato -
- Elementare Sherlock -
S’incamminarono nuovamente, seguendo un piccolo sentiero in mezzo ad un enorme prato verde. Prese un profondo respiro, respirando l’aria fresca. Passò un’altra buona mezz’ora e seguivano Elisabeth, che consultava la cartina di tanto in tanto.
- Non ne vedo io di trincee - disse Alice, sistemandosi il cappello dei New York Yankee sulla testa.
- Abbiate pazienza porca miseria -
- Qualcuno non può parlare inutilmente di qualcosa? - domandò Sergio, che giocherellava con un lungo bastone.
Prese un respiro profondo - Più di cento chilometri di trincee della prima guerra mondiale sono stati individuati nel territorio di Ferrara di Monte Baldo. Lo sapevate? – domandò, sapendo già la risposta - Alcuni tratti sono perfettamente conservati e riportano chiare tracce dei lavori fatti dai soldati italiani per renderle stabili. Altri sono nascosti in mezzo ai boschi e alle faggete, con tunnel stretti dove sono state realizzate feritoie e finestrelle per posizionare i mortai e la vista è sulla vallata da controllare -
- Sergio, è tutta colpa tua – iniziò Elisabeth - Adesso continua -
- È per la vostra istruzione – rispose con un sorriso – Posso sempre fermarmi -
- No, no...continua! -
Si portò una mano alla, sentendo una lieve voce.
“ Prega per la tua sorte, prega, perché per te arriverà la morte”
“ Ti prego...non ora” pensò alzando lo sguardo, osservando una piccola figura nera qualche metro davanti a lei: ora lo vedeva bene, non come la prima volta.
Era un bambino. Sugli otto anni forse. I capelli neri erano in disordine e gli occhi rossi spiccavano sul suo volto pallido e magro.
Indossava una vestaglia nera, lacerata e sporca di sangue.
Tentò di ignorarlo, ma il bambino sorrise in modo maligno, battendo le mani “ Negli incubi peggiori ti verrò a trovare, a tutti i costi mi voglio vendicare”
La testa prese a girarle e si fermò di colpo, stringendo forte la mano del fidanzato, che si era fermato a sua volta.
- Che succede? -
Gemette appena – Chi sei? – domandò in un sussurrò.
Il bambino si materializzò davanti a lei, ad un soffio dal suo volto. I suoi occhi, da rossi, stavano diventando normali, diventando blu scuro.
“ Non tentare di scappare...devi solo pregare”
Angelica? - la chiamò il fidanzato.
Si portò la mano libera alla fronte - Mi gira la testa - sussurrò, abbandonandosi contro Matteo quando le gambe non ressero più.
- angelica! Angelica stai bene? - domandò Elisabeth, arrivata subito al suo fianco.
Il ragazzo la fece sedere a terra, facendole appoggiare la schiena al suo petto, accarezzandole dolcemente i capelli - Amore stai bene? -
- Sì - rispose, chiudendo gli occhi - Ho avuto un capogiro e...- iniziò portandosi la mano alle labbra.
“ Ti fermerò, Angelica” le disse il bambino nella mente, iniziando a battere le mani, sparendo subito dopo.
- E...? - domandò Elisabeth.
“Non andrà come previsto” disse la voce del piccolo demone nella sua testa.
- Niente - disse, tentando di tirarsi un po’ su - Posso avere un goccio d’acqua, per favore? -
L’amica si tolse subito lo zaino, estraendo una bottiglietta d’acqua, porgendogliela subito dopo averla aperta.
Ne bevette un lungo sorso, sperando che quell’attacco di nausea fosse passeggero; ed infatti non sentì più alcun bisogno di vomitare da qualche parte.
Si mise a sedere, mentre Matteo le toglieva lo zaino dalle spalle - Sicura di poter continuare? Posso sempre riportarti alla baita in braccio -
- Ce la faccio - rispose tranquillizzando tutti i compagni, ed alzandosi in piedi - Sto bene -
- Ma che ti è preso? - le domandò Elisabeth, prendendola a braccetto per incamminarsi nuovamente.
- L’ho detto: solo un capogiro...tutto qui -
- Sei sbiancata ancora di più - rispose la rossa, mentre si allontanavano un po’ dagli altri - Avevi persino le labbra bianche -
Voltò indietro lo sguardo sorridendo, osservando Matteo, un paio di metri dietro di loro.
- Non è che forse...-
Guardò l’amica - Cosa? -
Elisabeth, con la mano libera, mimò una grossa pancia - Che tu magari...-
Si sentì morire - Non dirlo neanche per scherzo - disse subito - Non era niente -
- Sicura? - domandò lei - Al 100%? -
- Sì - rispose tranquillamente “ Chi diavolo era?” si domandò a mente, osservandosi in giro “ Di sicuro era un demone potente. E vuole fermarmi”
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