Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Dk86    03/10/2010    5 recensioni
Avventura! Azione! Romanticismo! Nuovi incredibili personaggi! Palesi violazioni di copyright!
E da oggi, con ancora più massi rotolanti!
(avvertenza: non adatto ad un pubblico maturo)
Genere: Parodia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO TERZO – LE PERSONE CHE CAMBIANO ALL’IMPROVVISO NASCONDONO SEMPRE QUALCOSA

 

 

“Sono inquadrato?”. Silente, con il microfono del capitolo precedente in mano e vestito con una tunica rossa, aveva un’aria alquanto nervosa. Dietro di lui, indaffarati di fronte ad una porta di legno, si agitavano un paio di pompieri ed un poliziotto. “D’accordo, partiamo…”.

L’anziano signore prese un respiro profondo, rivolse un sorriso direttamente in camera ed iniziò a parlare in tono professionale. “Siamo di fronte alla porta della casa dove pare ci sia una vecchina che deve avere un problema. I vicini…”. In quel momento uno dei pompieri tirò una solenne martellata alla porta, e Silente cacciò un urlo voltandosi verso la fonte del casino. Il legno ovviamente era andato in pezzi, ed oltre la soglia c’era il buio… E Harry, in piedi con le braccia incrociate e l’aria parecchio assonnata.

“Si può sapere che vi prende?”, domandò il ragazzo soffocando uno sbadiglio. “Vi sembra il caso di fare tutto ‘sto rumore alle tre del mattino?”.

Silente sembrava alquanto perplesso. “Ma come… La vecchina…”.

“Chi, la tizia pazza con la camicia da notte sporca di sangue che insegue la gente facendo versi a caso?”, domandò Harry. “Non è qua, di solito a quest’ora è in giro per i corridoi del sesto piano…”.

Nel frattempo, anche gli altri occupanti del dormitorio maschile del settimo anno di Grifondoro si erano svegliati. “Ehi, si può sapere che succede?”, chiese Ron.

“Che figata, sono in tivù!”, esclamò Seamus, balzando improvvisamente davanti a Silente. “Ciao mamma, guarda, sono in tivù!”.

Il preside puntò il microfono contro il ragazzo e gli lanciò uno Schiantesimo. Seamus crollò sulla moquette con espressione beata.

“Perché l’ha fatto?”, domandò Dean scandalizzato.

“Ehm… Non era abbastanza fotogenico”, disse Silente.

“A questo punto se qui non c’è più bisogno di noi, ce ne andremmo anche…”, disse uno dei pompieri, fissando non molto convinto i resti della porta e gli studenti che fino a poco prima si trovavano dietro di essa.

“Sì, sì, bravi, sapete dove si trova l’uscita, vero?”, rispose lui con un gran sorriso.

“Strano, Neville non si è neppure svegliato…”, osservò Ron grattandosi la testa.

“A dire il vero non stavamo neppure dormendo”, disse una voce inequivocabilmente femminile dall’interno della stanza. Pochi secondi dopo, sulla soglia si affacciarono Neville, tutto rosso in viso e parecchio spettinato, e l’avvocatessa McBeal, che indossava una camicia da notte che faceva sembrare la succinta vestaglia indossata da Mary nello scorso capitolo un abito da puritana.

“M-m-m-ma… Ma quindi v-voi…”, balbettò Ron, indicando prima l’uno e poi l’altra.

“Com’è successo?”, domandò Dean.

“Gli uomini teneri e un po’ impacciati mi piacciono da impazzire”, confessò l’avvocatessa McBeal, dando un bacio a Neville sulla guancia. Il ragazzo divenne viola acceso.

“A dire il vero, vedendo il suo telefilm, si potrebbe pensare che lei non disdegni qualunque tipo di uomo, ma soprassediamo”, osservò Silente.

“Scusi, ma lei in quanto preside non ha nulla da dire?”, chiese Ron scandalizzato.

L’anziano uomo sorrise di nuovo. “Evviva l’amore?”.

 

 

“Evviva l’amore un corno!”, esclamò Hermione, seduta al tavolo dei Grifondoro per la colazione.

Harry e Ron, seduti davanti a lei, si guardarono intorno con aria alquanto sconvolta. “Incredibile, eppure fino ad un attimo fa era notte ed eravamo in pigiama!”, disse il Bambino Sopravvissuto.

“Potenza dei cambi di scena”, rispose l’altro. Accanto a lui, con la faccia in una scodella, c’era Seamus, che nessuno si era preoccupato di risvegliare.

“Piuttosto, Hermione, come fai a sapere che cosa è successo nel nostro dormitorio?”, domandò Harry.

Lei lo fissò, aggrottando la fronte. “Grazie alle telecamere di sorveglianza, che diamine!”.

“T-telecamere di sorveglianza?”, ripeté lui. “E dove le avresti piazzate?”.

“Oh, un po’ dappertutto”, fece lei con noncuranza, prima di girarsi verso Neville. “E tu… Che sarebbero questi comportamenti sconvenienti, eh? Anche tu, Ginny, potresti tenere un po’ a freno il tuo avvocato! Si può sapere dov’è andata adesso?”.

“Ha detto che doveva sistemarsi il trucco ed è andata in bagno”, rispose Neville.

“Signorina Granger, agitarsi tanto di prima mattina non le farà bene”, osservò Silente in tono bonario dal tavolo dei professori.

Lei, per tutta risposta, si voltò verso il preside come una furia. Mancavano solo i serpenti al posto dei capelli e, forse, uno sfondo con delle fiamme e qualche urlo straziante giusto per gradire. “Anche lei dovrebbe vergognarsi, sa? Come fa a tollerare cose turche di questo tipo all’interno di un prodotto destinato all’infanzia, eh? E poi non è possibile che girasse per il castello con una cinepresa, le apparecchiature Babbane non dovrebbero funzionare all’interno del perimetro di Hogwarts!”.

“Ma infatti non era una vera cinepresa, era solo una scatola delle scarpe su cui avevo fatto due buchi”, ribatté l’altro.

“E l’operatore?”.

“Due elfi domestici uno sulle spalle dell’altro con addosso un cappotto”.

“Ah”.

“Senti, ma…”, domandò Ron ad Harry. “Se le apparecchiature Babbane non funzionano, com’è possibile che lei abbia delle telecamere di sorveglianza?”.

La testa di Hermione ruotò di centottanta gradi senza che le sue spalle o il suo busto si spostassero con lei. “Perché le ho installate io, semplice”. Da un attimo con l’altro la faccia della ragazza si coprì di rughe e pustole come uno dei vampiri di Buffy, e quando riaprì bocca la sua voce era diventata gracchiante e maligna. “C’è tua madre qui insieme a noi, Weasley. La vuoi salutare?”.

Ron alzò gli occhi al soffitto. “Di nuovo…”, borbottò, prima di chinarsi a guardare sotto il tavolo. Vicino ai suoi piedi c’era Molly Weasley, che stava strofinando il pavimento con uno straccio. “Mamma, si può sapere che ci fai ancora qui?”.

Lei sollevò lo sguardo. “Oh, ciao Ron. Sai, gli elfi domestici non fanno così bravi come la maggior parte della gente pensa… Non vedi quante gomme da masticare sono appiccicate qui sotto?”.

“In ogni caso”, domandò Hermione, che ora era tornata normale. “Chi era la vecchia pazza di cui parlavate ieri sera?”.

“Quella che guida il carrello dei dolci sull’Espresso, anno dopo anno”, rispose Harry. “Poverina, è giusto che anche lei abbia un po’ di svago quando non lavora, no?”.

Hermione annuì. “Direi che è giustissimo. E questo spiega i corpi dei due pompieri e del poliziotto orribilmente mutilati nel corridoio del sesto piano”. La ragazza si alzò ed afferrò la borsa appoggiata accanto a lei. “Forza, ora, dobbiamo andare a lezione”.

“E di che cosa?”, si informò Ron.

Hermione alzò le spalle. “Una a caso. Tanto anche se non frequento sono sicura di prendere il massimo dei voti”.

Il trio si mise in marcia, salendo e scendendo un po’ di scale pencolanti, scavalcando le transenne della polizia al sesto piano che circondavano tre cadaveri che nessuno ancora si era premurato di portare via, lottando contro entità mostruose e puzzolenti provenienti dagli abissi infernali e tutte le altre cose che gli studenti di Hogwarts fanno abitualmente quando vanno a lezione. Ad un certo punto scorsero un uomo che indossava un cappotto viola dall’aria alquanto pacchiana e con i capelli malamente tinti di una sfumatura di verde scialbo scrivere qualcosa su un muro; incuriositi, si avvicinarono, e il figuro si voltò verso di loro: aveva il volto impiastricciato di bianco e rosso, in una grottesca parodia di sorriso, anche se sotto il cerone erano ben visibili due lunghe cicatrici ai lati della bocca. L’uomo sogghignò, fece una parodia di inchino, e senza proferire verbo si allontanò lungo il corridoio.

“Chi sarebbe quel tizio?”, domandò Ron.

“Il nuovo professore di Difesa Contro le Arti Oscure”, sospirò Hermione accanto a lui. Sembrava stranamente deliziata dall’aver visto il losco figuro. “E’ così misterioso e affascinante, e nessuno sa il suo vero nome!”.

“E quelle cicatrici?”, chiese di rimando Harry.

La ragazza scosse la testa. “Pare se le sia procurate durante un torneo di carte dei Pokémon finito in tragedia…”.

“Ehi, guardate che cos’ha scritto sulla parete!”, esclamò Ron, gli occhi levati verso l’alto.

Harry si avvicinò al muro, stringendo gli occhi in una smorfia da miope… O meglio, da più miope di quanto già non fosse. “Cavolo, certo che è un messaggio a lettere molto piccole…”.

Questo è un Mattone™. Si prega di non esporre il Mattone™ alla luce solare diretta o a fonti di calore.

Il Mattone™ non è adatto ai bambini al di sotto dei 36 mesi in quanto contiene piccole parti che potrebbero essere ingoiate o aspirate. Riporre in un luogo sicuro dopo l’uso.

Si prega di non rimuovere il Mattone™ dalla parete, per non causare il crollo della stessa.

“E’ incredibile quante cose ci possano stare scritte su un mattone”, disse Ron.

“Un Mattone™, prego”, lo corresse Harry.

“Veramente credo che il professore abbia scritto quell’enorme frase in vernice rossa così sospettosamente simile a sangue, sapete?”, fece Hermione. Gli altri due spostarono gli occhi.

 

W H Y   S O   S E R I O U S ?

 

“Ron, ti conviene tapparti le orecchie”, disse Hermione, premendo gli indici fin quasi sui timpani. “Fra tre… Due… Uno…”.

“BWAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!”. Il pianto disperato di Harry pareva un convegno di sirene per ambulanza. “SIRIUS E’ MOOOOORTO, E NON TORNERA’ MAI PIUUUUUUUUUUUUUUUUU’! BWAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!”.

“E basta, aspirante dislessico che non sei altro!”, gli gridò di rimando Hermione, ancora con le orecchie ben tappate. “C’è scritto ‘Serious’, non vedi? Mica Sirius”.

Harry, che continuava ad ululare come una mandria di rinoceronti in preda ad una colite fulminante, rilesse di nuovo la scritta fra le lacrime copiose. “Ah, è vero”, disse poi, in tono perfettamente normale.

La ragazza scosse la testa. “Beh, questo se non altro vale come punto in più per la lista”, e dopo quest’enigmatica osservazione estrasse dalla sua borsa una penna e un rotolo di pergamena, sul quale tracciò un rapido segno.

“Che cos’è?”, domandò Ron, affacciandosi dietro le spalle dell’amica. “Fai vedere, fai vedere!”.

“Ah, adesso sai leggere?”, fece lei, punta sul vivo. “Quando invece dovevi fare i compiti di Astronomia però dicevi il contrario!”.

“I guaritori del San Mungo lo chiamano analfabetismo selettivo, hanno detto che dovrebbe passare prima dei vent’anni”, rispose lui. “Dai, dai, facci dare un’occhiata!”.
“E va bene…”.

Il foglio di pergamena era intitolato “Beceri mezzucci per tentare di risollevare una fanfiction da quattro soldi”. Seguiva una lista di frasi, alcune già spuntate:

X         Presenza di guest stars

X         Nuovi personaggi

X         Citazioni da opere più famose

X         Ricordo di personaggi scomparsi buttato sul patetico

-         Assassinio

-         Ritorno di un vecchio personaggio

-         Amore proibito

-         Catastrofe naturale

-         Numero musicale

-         Plot twist dozzinale

-         “E’ stato tutto un sogno”

-         Massi rotolanti

-         “Luke, io sono tuo padre”

“Voglio vedere se l’autore riuscirà a cadere così in basso”, si giustificò Hermione, arrotolando la pergamena e infilandosela di nuovo in tasca.

“Comunque, sia, Harry”, disse Ron. “Sirius non è mica morto… L’hai concimato giusto stamattina, non ricordi?”.

Il viso di Harry si illuminò, come se avesse appena udito un messaggio divino. “E’ vero!”, esclamò. “Me ne dimentico sempre perché Sirius è talmente bravo, a fare la pianta… Pensate che mi ha raccontato che quando era all’asilo per piccoli Serpeverde per le recite di Natale gli facevano sempre interpretare l’abete!”.

“Un ruolo di grande responsabilità, insomma”, affermò Ron. Sembrava davvero convinto della cosa.

“E ora”, disse Hermione, voltandosi direttamente verso la telecamera. “Sta per arrivare una scena molto importante ai fini della trama. Mi raccomando, se dovete andare in bagno aspettate, altrimenti poi non venite a lamentarvi se non capite quello che succederà fra qualche capitolo!”

“Ehi! Perché quella telecamera funziona?”, chiese Harry.

“Semplice”, rispose la ragazza. “Anche questa l’ho montata io”.

 

 

La scena si è spostata su un castello, appoggiato in maniera precaria sul ciglio di una rupe. Sappiamo che è il castello di Voldemort – o comunque quantomeno di un Signore Oscuro che si rispetti – perché l’atmosfera è pesante e oscura, sullo sfondo cadono fulmini a caso pur non essendoci l’ombra di un temporale e stormi di pipistrelli si staccano ogni tanto dalle torri più alte e svolazzano qua e là con acuti stridii. Alle tre e mezza del pomeriggio.

Nella Sala del Trono di Voldemort, i Mangiamorte erano riuniti in attesa del loro signore e padrone, e parlottavano fra loro a gruppetti in tono imbarazzato; in effetti c’era qualcosa di diverso, in loro: indossavano come sempre i loro mantelli neri d’ordinanza, e i loro volti erano coperti da maschere… Che però decisamente NON erano quelle di ordinanza.

“Davvero, bisogna fare qualcosa”, disse Lucius, i cui lunghi capelli biondi spuntavano da dietro una maschera da hockey. “Potevo sopportare la settimana dei mantelli casual, in fondo credo che vestirsi sempre e solo di nero ti sbatta un po’ troppo, ma questo?”.

“Almeno a te ne è capitata una decente!”, si lamentò Dolohov, il cui volto era coperto dalla faccia di Pippo. “Io non ho alcuna credibilità, conciato così!”.

Il capofamiglia Malfoy rabbrividì sotto il mantello. “Nessuno ha qualche idea?”.

“E a che servirebbe?”. La voce di Bellatrix, che sembrava prossima alle lacrime, usciva dal sorriso ebete del Teletubbie blu. “Le abbiamo provate tutte, ma non c’è stato verso! Non è più il fiero Signore Oscuro che era una volta, e io… e io… non lo riconosco più!”. E la donna si abbracciò singhiozzante contro il marito – che aveva una maschera da regina Elisabetta – che le diede qualche timida pacchetta sulla schiena, per tentare di consolarla.

In quel momento la porta della Sala del Trono si spalancò, e Voldemort fece il suo ingresso, tallonato a poca distanza da Codaliscia. Forse nemmeno Silente, la sua nemesi, sarebbe riuscito a riconoscerlo: oltre al parrucchino e alla vestaglia sgargiante con cui si era presentato nel precedente capitolo indossava un paio di occhiali da sole da tamarro – che in qualche modo riuscivano a rimanergli aderenti al viso nonostante l’evidente mancanza di un setto nasale – e delle ciabatte di plastica decorate a fiori. Codaliscia portava una maschera da Topolino sul volto, il che aveva un suo assurdo e perverso senso.

Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato percorse l’intera sala, si arrampicò sul suo trono e osservò i suoi servitori con espressione soddisfatta. “Yo! Bella, fratelli, come butta?”, esordì.

Un mormorio incerto serpeggiò per la sala. Nott, dietro la sua maschera da presidente Bush, si lasciò andare a qualche colpetto di tosse catarroso prima di farsi avanti. “Magnificamente, mio Signore e Padrone, ma…”.

“Oh, suvvia, tralasciamo queste inutili formalità, Wilbur”, lo interruppe l’altro, la bocca priva di labbra arricciata nel sorriso più solare possibile; il risultato avrebbe fatto impallidire un’eclisse totale. “Chiamami pure… Voldy”. Tuoni e fulmini in sottofondo.

Il brusio nella sala aumentò di volume. “Ha d-d-detto ‘Voldy’?”. “Ma che cavolo di nome è Wilbur?”. “Posso andare al bagno?”. “No, Goyle, aspetta la fine della riunione”.

Il tremito tipico di Nott aumentò in misura esponenziale: sembrava una canna di bambù con la faccia di Bush travolta da un improvviso monsone. “C-c-c-certo, mio Sign… cioè, volevo dire, Voldy”.

“E come mai sei così rigido, Wilb? Suvvia, dai uno scossone a quelle vecchie ossicine artritiche che ti ritrovi!”, continuò a pungolarlo il Signore Oscuro, tamburellando le dita le une contro le altre in un gesto che avrebbe fatto l’orgoglio di Montgomery Burns. “E’ vero, solo il vostro capo, ma non per questo dovete dimostrare tutta questa reverenza. Vorrei che pensaste a me come… a un amico, diciamo così”.

Questo fu decisamente troppo per i nervi della povera Bellatrix, già duramente provati dalle precedenti settimane: lanciò un ululato che tramortì un paio dei pipistrelli che abitavano sul soffitto della sala del trono e puntò un dito tremante in direzione di Voldemort. “Che cosa ne hai fatto del Signore Oscuro?”, intonò, in un tono carico di drammaticità che era purtroppo in parte rovinato dal fatto che quelle parole uscivano dalla bocca di Tinky Winky.

Voldemort si lasciò sfuggire una risatina. “Ma Bella, che dici? Sono sempre io! Ho solo voluto dare una rinnovatina al mio stile, tutto qua”.

La donna si strappò la ridicola maschera dalla faccia e la gettò a terra con stizza. “Questo lo chiami un rinnovamento di stile? E il Marchio Nero sostituito con un unicorno rosa? Anche quello è un rinnovamento di stile? E anche il fatto che durante l’ultima missione invece di uccidere tutti quei Babbani abbiamo solo fatto loro ‘BU!’? Eh? Eh? Eh?”. Poi Bellatrix si accasciò a terra in un misero fagottino frignante.

Voldemort si sporse in avanti per scrutare meglio la situazione. Sembrava preoccupato, ma la mancanza di sopracciglia non aiutava a capire quale fosse il suo stato d’animo. “Oh, poverina. Rodolphus, perché non porti tua moglie a sdraiarti un attimo e a farle bere qualcosa di caldo? La stanza per gli ospiti con la carta da parati a fiori è libera”.

Questo non fece che far aumentare di volume il pianto della Mangiamorte. Il marito, borbottando scuse a mezza bocca, prese in braccio la moglie e si diede alla fuga il più rapidamente possibile.

Un paio d’ore dopo, Bellatrix sembrava essersi ripresa (anche se la vista della tappezzeria a ranuncoli le aveva provocato un tremendo sfogo sulla pelle); riusciva a camminare, anche se sostenuta dal marito, e uscì dalla stanza, per trovarsi davanti Lucius e Nott.

“Eccoti”, esordì il capofamiglia Malfoy. “Cercavamo giusto voi”.

La donna era dello stesso colore di uno strato di intonaco. “Che… che cosa ha fatto… quello?”.

Nott rabbrividì di nuovo. “Ci ha detto che… ci ha detto che… No, non ce la faccio, Malfoy, diglielo tu”.

Lucius deglutì pesantemente. “Ha detto che vuole…”. L’uomo si guardò intorno, alla ricerca di orecchi indiscreti, poi continuò, a voce molto più bassa. “…iscriversi a Facebook”.

Bellatrix sembrò sul punto di svenire, ma riuscì a rimanere cosciente. “Dobbiamo capire cosa gli è successo”, mormorò, la voce che sembrava provenire da dietro una pietra tombale. “Non… non è possibile che sia sotto un Imperius, vero?”.

“Il Signore Oscuro? Ma non scherziamo!”, intervenne Nott. “Se un cambiamento è avvenuto, dev’essere avvenuto dentro di lui”.

“Beh, allora pensiamo a cosa gli è successo in quest’ultimo periodo, prima che diventasse… insomma, com’è adesso”, rispose la donna.

Sui quattro calò il silenzio per qualche secondo. Quasi si poteva sentire il rumore dei demonietti all’interno dei loro cervelli che si affannavano intorno a dei minuscoli schedari alla ricerca dell’informazione cruciale. “Mmh… Non saprei proprio”, fece Nott, dopo un minuto buono. “Non mi viene in mente niente…”.

“Già”, concordò Lucius con non poco sconforto. “In fondo non è capitato nulla di rilevante, in questi mesi.  E’ giusto venuta fuori quella faccenda della…”. Il volto dell’uomo si contorse in un’espressione di orrore. “…figlia”.

Gli occhi cerchiati di Bellatrix si dilatarono. “Vuoi dire che il Signore Oscuro si è trasformato in un miscuglio fra un finto giovane in crisi di mezza età e un omosessuale stereotipato è dovuto al fatto di avere scoperto di avere una prole?”.

Lucius fece spallucce. “Non mi viene in mente altro. D’altronde è comprensibile che una situazione del genere possa sconvolgere a questo punto una persona, mi ricordo che quando io scoprii che Cissa era incinta mi sentii…”.

“Non gliene frega a nessuno di come ti sei sentito”, lo bloccò Bellatrix. La donna sembrava aver ritrovato la folle e bruciante determinazione che la contraddistingueva. “Ora come ora, c’è soltanto una cosa che dobbiamo fare. Immagino non ci sia bisogno di dirvi qual è”.

Rodolphus borbottò qualcosa di incomprensibile. Sua moglie, però, si voltò per fulminarlo con un’occhiata. “Ma no, idiota! E poi non puoi fare quella cosa con una papera e un tubo di gomma!” (Lucius e Nott si scambiarono un’occhiata perplessa) “Ciò che intendevo è molto più semplice”. La donna si schiarì la voce e si chinò in avanti, con aria da complottista. “Per il bene del Signore Oscuro… dobbiamo uccidere Angela Riddle”.

 

 

“E, uhm… E’ stata una scena interessante. Penso”. Ron sembrava perplesso. “Ma come cavolo era vestito Voi-Sapete-Chi? E che sarebbe questo ‘Facebook’?”.

Hermione scosse la testa. “Credimi, non vuoi sapere la risposta a questa domanda; una simile conoscenza sarebbe letale per il tuo semplice cervello umano”.

“Oh…”.

“Piuttosto”, intervenne Harry. “Com’è possibile che da Hogwarts siamo riusciti a vedere una cosa accaduta a migliaia di miglia da qui?”.

“L’ho detto ad inizio capitolo”, rispose Ron, soddisfatto per una volta di essere riuscito a spiegare qualcosa prima che lo facesse Hermione. “Potenza dei cambi di scena”.

“Però, un attimo”, continuò Harry. “Hermione, avevi detto che ciò che abbiamo visto sarebbe stato importante, no?”.

“Sì, è quello che ho detto”.

“Ma noi sapevamo già che Angela è la figlia di Voldemort! E anche i lettori, visto che ne abbiamo parlato nel capitolo uno! Quindi di fatto era una scena inutile!”.

Gli occhi di Hermione si accesero come due lampadine da 220 watt. E con “si accesero” si intende che emisero due fasci gemelli di luce. “Ehi, è vero!”, esclamò. “Perché non ci ho pensato da sola? Questa scena è stata solo un inutile riempitivo!”.

“Herm, credo che ci sia ancora qualcosa che non va nei tuoi circuiti…”, mormorò Harry, facendo un passo indietro per buona misura: se la ragazza avesse minacciato di esplodere o simili, di certo non avrebbe esitato a mettersi in salvo. “Forse è meglio che tu vada, sì, insomma, da Madama Chips. L’altra volta, dopo che ti ha picchiato in testa con quel vaso da notte è tornato tutto a posto, no?”.

Lei si voltò verso di lui, rischiando di accecarlo. “Ma scherzi? Non ho certo tempo per andare in infermeria! Adesso torno in Sala Comune a scrivere una lettera di protesta contro quell’imbecille dell’autore, e poi in Biblioteca a studiare, visto che non posso certo farmi mettere sotto da quelle tre sciacquette di Drago BiondoPlatino. A dopo, schiappe!”. E Hermione si lanciò in una corsa sfrenata verso le scale, i fasci di luce proiettati dai suoi occhi che sfrecciavano qua e là su pavimento e pareti.

I due ragazzi rimasero zitti per un paio di minuti, dopo che la ragazza fu scomparsa dietro l’angolo del corridoio. “Ehm… E noi, che facciamo?”, domandò alla fine Ron a Harry.

L’altro si voltò lentamente. L’espressione sul suo volto pallido era sconvolta. “Credo… credo che andrò a dare un po’ d’acqua a Sirius. Sai, non vorrei che si seccasse…”.

 

 

 

 

Ok… L’avete voluto? Bene, eccovi il terzo capitolo! Con… un paio di anni di ritardo, ma che importa?XD

Ringrazio, uhm… Tutte le persone che hanno recensito in questo periodo. Spero che questo capitolo vi abbia strappato qualche risata! Ovviamente non garantisco nessuna regolarità per i prossimi capitoli, potrebbero anche passare altri due anni prima del quarto! (ride malignamente) La storia, in totale, dovrebbe essere sugli otto capitoli, comunque.

Ok, credo di avere finito. Anche io, come voi, spero passi un po’ meno fra il terzo e il quarto capitolo…

Davide

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Dk86