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Autore: Lover    04/10/2010    3 recensioni
Leggendo alcune fanfiction su Carlisle, mi sono resa conto di come si sia sempre tentato di fare delle ipotesi sul suo passato. Ho notato anche che sono poche nella nostra amata lingua, perciò ho deciso di approfittare. Questa fanfiction tratta la storia di Carlisle prima e dopo Edward, piccoli problemi di cuore compresi! Prevalentemente yaoi, shounenai, slash, insomma omosessuale!
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash, Yaoi | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 8

Baciami ancora

 

Correvano ormai da un tempo incalcolabile, mantenendo il più perfetto silenzio. Le gambe non gli inviavano dolore, il cervello non gli comunicava stanchezza, ma Carlisle si sentiva lo stesso stremato. Forse per tutte le emozioni di quella notte, che al solo ricordarle gli acceleravano il respiro, o magari per la sua ignoranza riguardo alla meta verso la quale si dirigevano. La notte era silenziosa, la sua mente era popolata solamente dai pensieri più astratti ed assurdi. L’unico rumore attorno a loro era quello prodotto dai passi felpati della loro felina corsa, udibili solamente ai loro orecchi. Carlisle aveva provato a chiedere della loro destinazione, aveva aperto la bocca un paio di volte per rompere quell’assenza di suoni, ma Aro gli teneva stretta la mano fra la sua ed esercitava attraverso quel tocco una forza straordinaria che lo costringeva a rinunciare ai suoi propositi.

Così continuava la loro corsa, la loro fuga, nella notte nera e nel silenzio. Il vampiro dai capelli di sole seguiva solamente i suoi sensi, confusi dalle mille pazze fantasie, e quel mantello che si alzava nell’aria e gli accarezzava il volto.

Attraversarono la cittadina di roccia e sangue, raggiunsero i confini dell’urbanizzazione e si buttarono dentro i campi. Fredda e sterile come la loro meretrice natura da vampiri, la terra accolse i loro piedi e sembrò cullare le loro follie con la pigra pazienza di una madre accondiscendente e traditrice. Scivolarono, colpevoli come due ladri, fra le baracche dei contadini e raggiunsero la foresta assopita nel letargo invernale. Gli alberi spogli recavano ancora qualche traccia di vita trascorsa, qualche foglia marrone appesa ad un sospiro sui rami nudi e scheletrici.

Quegli alberi erano la loro immagine allo specchio.

Proprio lì Aro smise di correre.

Gli lasciò la mano e fece qualche passo, così, da solo, il corpo e l’espressione nascoste sotto il manto oscuro. Carlisle rimase a studiare, senza parlare, le sue mosse.

-Avete smesso di fuggire?- non riuscì ad esimersi dal chiedergli. Il vampiro più anziano inizialmente non ebbe altra reazione che un tremito attraverso la stoffa. Lo sentiva trattenere il respiro.

Quindi si voltò, una risata senza allegria si liberava dalla sua bocca, e gli rispose:-Ah, se solo sapessi.-

I fini occhi rossi, da cacciatore ed assassino, lo esaminavano. Nelle iridi vinaccia sembrava regnasse un disperato bisogno di comprensione.

Sentì come se tutti i desideri, segregati per settimane nei corridoi delle loro menti, e le emozioni, forzate e represse nei bassifondi delle loro anime, si stessero dibattendo per librarsi nell’aria ferma della foresta. Carlisle sentì il proprio cuore che urlava agli alberi rinsecchiti, che gridava un canto stonato eppure perfettamente pieno di voglia di libertà. Ebbe paura di quella sensazione che gli riempiva il petto, che gli afferrava le viscere, poiché non conosceva la dimensione della sua frustrazione quali vette avesse raggiunto.

Fra le piante, dentro il primitivo silenzio, ogni respiro pareva amplificato. Si sorprese. Si spaventò. Tacque.

-O forse tu già sai?- ipotizzò il vampiro più anziano. Stese il braccio, gli chiese la mano. Carlisle rimase immobile, ad osservare quell’arto pallido che spuntava dalla stoffa. Alla luce dell’astro d’argento la pelle brillava di un biancore adamantino, pareva quasi ordinargli di toccarla. Ipnotizzato, obbedì al comando neppure sussurrato.

-Ah!- esclamò Aro, e quella fu l’ultima cosa che disse prima di molto tempo. Da quel sospiro monosillabico non gli riuscì di trarre altro che la conferma che l’altro lo stesse leggendo.

Sapeva che Aro lo stava leggendo. Ne era certo, era stato lui a dargli il permesso di farlo senza che neppure glielo avesse domandato.

Sapeva che questo gli dava gioia, lo percepiva dal tremito delle sue lunghe dita sulle proprie, e forse anche un pizzico di soddisfazione. La stessa che si deve provare quando una preda lungamente voluta cade fra gli artigli di sua volontà.

Carlisle si sentiva eccitato, spaesato, imbecille, dominato. La sua sottomissione era totale, eppure faticava a farsela dispiacere. Forse era nella sua natura. Aro gli stava mettendo sotto esame il cuore e l’anima, non c’era nessuno schermo neppure fra il suo sguardo di assassino e la sua faccia imbarazzata, mentre lui mostrava soltanto il luccichio delle sue iridi.

Era come se avesse aspettato tutta la vita di essere afferrato da quelle zanne.

 

Tenne lo sguardo basso, permettendo solamente a qualche brivido di sfuggirgli, tentando invano di regolarizzare il suo respiro o il flusso di emozioni che quell’apparentemente piccolo ed insignificante tocco provocava in lui.

Dopo qualche indescrivibile attimo, l’altro vampiro parve risvegliarsi da un’intensa meditazione.  Reclinò il capo all’indietro, il mantello gli scivolò sulle spalle scoprendogli il viso. Su di esso erano dipinte la voglia appagata, l’estasi. Un piacere assoluto e senza eguali si diffondeva sul volto pallido reso iridescente dai raggi di luna, un piacere molto simile all’orgasmo.

Carlisle provò una parte dello stesso piacere per il solo incredibile, assurdo fatto di averlo provocato.

-Neppure sai perché fai certe cose. È la tua natura, la segui con una fiducia  assoluta. È come se obbedissi ad un qualcosa di superiore, e lo facessi ciecamente.- sussurrò, senza guardarlo in volto. Pareva parlasse alle stelle. Esse non ricambiavano il suo sguardo incantato, restavano fredde ed impassibili esplosioni di fuoco nello spazio.

Solo Carlisle ricambiava, forse con troppa evidenza, con troppo slancio.

-È la tua natura.- ripeté il vampiro dai capelli neri, neri come la notte senza luna. –Il tuo talento.-

-Io? Com’è possibile?-

Aro sorrise. Sembrava che lo stupore, la sua innocente sorpresa, lo colpissero in modo particolare.

-Sei così... Non so nemmeno spiegarti. La tua ingenuità, il tuo infantile modo di vederti... Hai un talento, Carlisle, ed è stato chi meno mi aspettavo ad aprirmi gli occhi su di esso. Anche su di te, ma questa è un’altra storia.-

Si interruppe, un veloce respiro e poi spiegò:-Caius.- fu la sua rivelazione. –Caius mi ha illuminato sulla tua originalissima forma di misericordia.-

-Misericordia? Aro, non prendetemi in giro…- fu la debole protesta della bionda creatura delle tenebre. Ritirò la mano e guardò il più anziano rimanere a braccio alzato per un istante, poi lasciarlo cadere lungo il fianco.

-Non ti so spiegare. Io non posso fare a meno di leggerti perché… i tuoi pensieri, le tue emozioni, i tuoi sentimenti, i tuoi desideri hanno un sapore così speciale. Più del sangue, pensa. Stare lontano da loro mi da un tormento così insopportabile e così sublime…-

-Carlisle…- mormorò Aro, guardandolo finalmente negli occhi. Lo sguardo che gli posò addosso fu delicato come una carezza, violento come una sberla. Lo sentì bruciare sulla sua pelle come una fiamma, incandescente come un desiderio proibito. Lo stesso che pulsava nel suo corpo, vivendo attraverso il suo respiro.

Da quegli occhi color sangue traspariva un’adorazione incondizionata e totale. Un dolore, una necessità che sembrava provenire dai più profondi recessi di un cuore dilaniato dalla frustrazione e consumato dal tempo. Tutto ciò non poteva, non poteva, lasciarlo indifferente.

-Perché siamo venuti qui?- gli domandò, volgendo il viso altrove, cercando di scappare a quell’occhiata.

-Perché volevo passare del tempo con te. Ho visto nei tuoi pensieri che ti piace questo posto, perché ti slega da qualsiasi obbligo.-

-In realtà lo detesto, per come mi fa sentire privo di qualsiasi autocontrollo.-

Aro liberò una risata sommessa.

-Non è semplice comprenderti davvero, sei troppo complesso.-

Carlisle teneva la testa ostinatamente rivolta verso la vegetazione, ma sapeva bene che l’altro lo ammirava.

-Sembri avere due facce, tu.- continuò il bruno, avanzando di un passo verso di lui. -Una che odi per ciò che desideri, un’altra che ami per quello che senti.-

-Che cosa state dicendo?- balbettò il vampiro dai capelli color spighe di grano. I suoi occhi ambra erano sempre più faticosamente puntati lontano dai loro gemelli, da questi chiamati, invocati.

Si avvicinarono ancora di un passo.

-Tu odi essere libero ed ami la libertà. Odi la tua nuova natura ed ami il tempo indefinito che ti concede per i tuoi progetti missionari.-

Le foglie secche scricchiolarono, quasi gemendo, mentre venivano calpestate. Un passo, e le scarpe nere entrarono nella sua visuale. Carlisle rimase a fissarne la punta di lucida vernice, cercando di concentrare su di essa ogni pensiero e movimento.

-Odi ed ami anche me?-

La voce del vampiro era vicina, troppo prossima per riuscire a mentire efficacemente. Alzò lo sguardo, come a rispondere ad un altro ordine mai concepito, ben sapendo di dover affrontare quelli dell’altro. Non aveva nessuna voglia di combattere, gli andava di arrendersi. Arrendersi e basta, anche se gli fosse costato una sofferenza grande.

Una sofferenza inimmaginabile.

-Perché siamo venuti qui?- domandò, senza neppure cercare di fuggire quegli occhi affamati.

-Tu capisci la mia necessità, e la soddisfi.- disse Aro, con un sorriso divertito sulle labbra. –Sembra quasi che… tu non possa farne a meno, vero?-

Altri due passi. Ormai le foglie non facevano più rumore. Niente produceva più nessuno suono, neppure i suoi pensieri. Si erano zittiti. Tutto era muto, tranne quegli occhi che gridavano nella sua mente, penetravano nella sua anima.

-E io… io non posso fare a meno di scorgere i tuoi due volti, almeno per un attimo. Forse a ciò serve questo mio talento, quello che tutti stimano ed io consideravo inutile: a vivere, rubando come un ladro, alcuni momenti di te. Con te.-

La distanza fra loro era esigua, nulla più che un’opinione. Carlisle poteva quasi sentire l’alito freddo dell’altro vampiro sulla pelle. I pensieri fra di loro erano quasi udibili, come un sussurro, senza il bisogno di usare uniche tecniche di lettura. Non serviva, in effetti, un potere superiore per capire il complesso e sconcertante sistema di sentimenti ed emozioni che Aro esprimeva con lo sguardo.

Gli faceva tremare le gambe, aveva il latte alle ginocchia.

Forse era quello il suo talento. Come l’aveva definito? Misericordia…

Il bruno cacciatore allungò una mano e la immerse nei suoi capelli biondi. Carlisle non si mosse, non si negò a quelle dita che scivolavano fresche ed indiscrete fra le sue chiome. Avrebbe dovuto farlo, però, avrebbe dovuto schermirsi da quelle carezze. Non ci riusciva, dopo tutto quello che era stato detto e fatto non ci riusciva.   

Sbarrò solamente gli occhi, quasi a voler assorbire ogni istante, e trattenne a stento un sospiro gemente.

-Mi ferisci con la tua freddezza, Carlisle, ma al tempo stesso mi guarisci con la tua dolcezza.- sussurrò Aro. La sua voce rimbalzò nel bosco silenzioso, tra i rami spogli e le foglie appese ad un filo di vita. Rimbalzò dentro di lui.

Il giovane vampiro si abbandonò, anima e corpo, a quella mano a coppa sul suo volto. Il suo viso, la sua pelle, il suo corpo, il suo sentimento li concesse a quella strana ed oscura creatura che aveva risvegliato in lui sensazione che non aveva mai provato.

Che non aveva mai sperato di provare, nel corso della sua esistenza.

Soltanto gli occhi rimasero aperti, spalancati, vigili su quello che accadeva. Non poteva chiuderli, aveva troppo timore di quello che altrimenti sarebbe successo.

-Tu sei dolce, Carlisle, ed io…-

I rossi occhi dell’altro erano così vicini da sembrare giganteschi. Attiravano tutta la sua volontà, come se non potesse fare a meno di fissarli… E la sua voce aveva la forza incantatrice di un canto ipnotico.

Un pollice leggero delineò i contorni della sua bocca. Prima il labbro superiore poi, più delicatamente e lentamente, quello superiore.

Era la mano che lo sfiorava con tanta attenzione e lascivia a tremare? Oppure era la sua anima ad essere scossa da un lungo ed intenso brivido?

Sapeva che cosa stava per succedere. Si chiese se fosse il suo destino. Si domandò chi l’avesse deciso che sarebbe successo, quella sera in quel bosco. Gli ultimi pensieri, gli ultimi dubbi, si cancellarono mentre Aro si chinava su di lui.

-Io voglio sapere di che cosa sai, Carlisle.-

La sua gamba fra le proprie, le sue mani sul viso e sulla schiena… Il suo profumo… Carlisle capitolò.

Chiuse gli occhi.

Era come gettarsi in uno scuro baratro, un salto nel vuoto con le ali di Icaro.

Le labbra di Aro accarezzarono le sue. Un bacio, soltanto un bacio. Delicato, lieve all’inizio e poi… poi più forte, più impetuoso.

Soltanto un momento. Uno scontro di due entità opposte e complementari, un sogno che diventava realtà dopo congetture, ipotesi, parole, paure…

Un sogno o, piuttosto, un incubo?

Un istante, il giovane essere biondo aveva la testa che gli girava colma di bramosia… un desiderio che urlava dal fondo della sua natura peccatrice.

Spinse via il vampiro moro, si separò bruscamente e rudemente da quel contatto così amato ed odiato, si voltò e sparì.

 

Carlisle correva, questa volta da solo. Lo circondava la natura dal volto incorruttibile ed invernale, lo seguiva con sguardo indifferente il cupo ed imbronciato cielo notturno.  

La sua mente, prima così vuota, iniziò a produrre decine di centinaia di pensieri diversi. La sua ragione, prima così immersa in un gradevole oblio, si risvegliò e riprese ad analizzare ogni piccolo dettaglio, ogni minima parte di quanto era accaduto.

Stentava ancora a crederci.

Aro… Aro l’aveva baciato! Lui aveva baciato Aro! Aveva baciato un vampiro… un altro maschio! Stava succedendo davvero, stava succedendo a lui. Tutto quello che aveva sognato, quello che aveva ignorato, evitato e soffocato sul fondo di un riflesso di luna giacente sul pavimento della sua stanza o dentro un raggio di sole così tiepido e così grigio da apparire malato era divenuto realtà. Già, realtà: parola che voleva dire tutto e niente.

Quello che era successo quella sera voleva dire tutto e niente, tutto e niente. Perché tutto per lui era Aro, tutto per lui erano gli sguardi di frustrazione ed i sussurri tormentati, però per il suo bene avrebbero dovuto essere importanti tanto quanto i sassi della strada di Volterra o l’erba che stava calpestando. Avrebbe dovuto fuggire, scappare, smettere di vederlo finché ne aveva avuta l’occasione. Dopo quello che era stato detto e fatto fra di loro non avrebbe più potuto scordarlo.

Non avrebbe più potuto dimenticare quel bacio…

Mentre faceva il punto della situazione, e si rendeva conto di non avere scampo, continuava a correre. Vana era la sua fuga, ancora più vana la speranza di riuscire a gettarsi alle spalle un pensiero che lo perseguitava senza dargli pace. Inutili i suoi passi veloci, inutili le sue falcate leggere ed agili… Non sarebbe andato lontano da sé stesso. Il Carlisle che voleva tornare sui suoi passi non l’avrebbe slegato dalla sua presenza tanto in fretta.

Intanto però correva, questa volta da solo. Lo circondava la natura invernale ed impassibile, lo osservava il cielo notturno cupo ed imbronciato. Le stelle, fredde ed indifferenti, non erano altro che esplosioni chimiche di fuoco nello spazio.

Carlisle arrivò a casa dei signori Pace qualche folle istante più tardi. Appoggiò la schiena al muro sul retro, circa una decina di metri sotto la finestra della sua stanza. Prese la testa fra le mani, gemette di una stanchezza che non aveva niente a che fare con lo sforzo fisico appena compiuto, ma tutto con la fatica che stava facendo a negare l’evidenza di quel nome. Del solo nome che sapesse dare a quella situazione, a quella confusione.

Un brivido gli attraversò le mani, come una piccola scossa elettrica. Incredulo, il vampiro fissò quelle dita rivelatesi tanto fragili. Si scostò, appoggiò la fronte sulla superficie grezza del muro e chiuse i pugni. Con il destro colpì il cemento grigio a pochi centimetri dal suo viso, la polvere dei calcinacci piovve sul suo capo. Ne sentì il sapore sulle labbra.

Sospirò.

Da quando era arrivato a Siena non aveva fatto altro che concentrarsi sullo studio. Da quando era diventato un… mostro… aveva avuto come unica preoccupazione il nascondersi agli occhi del mondo e riuscire a redimere quel peccato che gli era stato inflitto, che era diventato suo.

Solo i primi due obiettivi erano stati portati a compimento. Proprio quando credeva di aver trovato un equilibrio fra il suo senso di colpa e la pressoché infinita esistenza che gli si propinava, un imprevisto aveva vanificato ogni suo progetto.

I sentimenti sono pericolosi. Più pericolosi di quello che crediamo. Tendiamo a sottovalutarli, li tralasciamo da una parte o addirittura li ignoriamo. Loro però sono lì, sul fondo del nostro essere, ed aspettano che li vediamo in volto guardando qualcuno negli occhi.

E Carlisle, in questo modo, aveva capito di non essere felice. Di essere un infelice.

Quella sera, però, era differente. Doveva ammetterlo a sé stesso: era contento. Contento perché fra quegli alberi spogli che si aggrappavano ad una speranza minacciata dall’autunno della vita, si era sentito libero. Non come vampiro, come uomo. Come uomo dotato di un’anima e di un cuore, nonostante col tempo gli fosse sembrato di essere stato privato di entrambi. Lontano dal mondo, lontano dagli esseri umani che lo facevano sentire colpevole di una colpa che non aveva desiderato e mortalmente e volontariamente peccatore di un peccato che gli era stato imposto, egli si era sentito libero di essere ciò che era stato un tempo. Tanto tempo fa. Solo, semplicemente, Carlisle.

Il vampiro non faticò troppo per trovare la fonte di tanta felicità. Il merito di quella sera di dirompenti emozioni, la colpa di quella sua situazione estaticamente instabile era di una persona soltanto. Una persona, un uomo, un demone, un vampiro… Solo, semplicemente, Aro.

I suoi pensieri correvano tutti attorno a lui, tornavano sempre e costantemente dai suoi occhi rossi di passione e dalla sua pelle candida. E quindi il bacio… il bacio di quelle labbra rubino.

Strinse i denti, cercando di non gridare. Le mascelle si contrassero, mentre l’urlo si spegneva in un lamento soffocato. La sua bocca ancora ardeva, colma di segreta bramosia per quell’incantesimo che l’aveva resa preda di un predatore sensuale. Aveva una voglia incontenibile di venire catturato ancora, di essere lentamente divorato da denti affilati come rasoi.

Era stato un errore, solo un errore. Eppure, c’era una parte di lui che non la vedeva affatto così, che pensava fosse stato magnifico. Probabilmente la cosa più magnifica che gli fosse mai successa. Così, mentre la sua mente cercava di fuggire dai ricordi, il cuore correva loro incontro, suggerendogli che era dannoso se non inutile cercare di fuggire. Inutile come la fatica che stava facendo a negare l’evidenza di quel solo nome che riuscisse a dare a quell’agitazione, a quella sopravvalutazione.

Aveva paura.

Veloce ed invisibile nel buio che lo circondava, scalò la parete di cemento grezzo ed entrò dalla sua finestra lasciata aperta apposta. La sua camera accolse la sua presenza con un silenzio di incomprensione. Abbracciò con un’occhiata tutti gli oggetti che possedeva, gelosamente custoditi dentro quel luogo che aveva imparato a chiamare “casa”. Gli aveva dato l’impressione di aver raggiunto quella pace e di aver trovato l’affetto di cui aveva avuto a lungo necessità, lì dentro aveva trascorso il periodo più sereno e malinconico della sua vita vissuto fino a quel giorno.

Fino a quella sera.

Sentiva che qualcosa era cambiato. Non esteriormente, no: la stanza era sempre la stessa, con le sue pareti intonacate di bianco; la scrivania sepolta sotto dieci centimetri di libri, appunti e polvere; il pavimento di marmo graffiato da decenni di passi e il giaciglio dove non aveva mai dormito ma solo vegliato. Quelle cose non erano cambiate, erano sempre lì ad attenderlo con muta fedeltà. Che cosa era diverso, allora?

Lui.

Carlisle non si sentiva più in grado di sostenere quella vita così solitaria, così isolata. Si sentiva invece incapace di affrontare quel cammino che si era progettato senza qualcuno che lo sorreggesse, lo incoraggiasse.

Vide la croce del padre appesa al suo solito posto. L’unico punto fermo, l’unica certezza in mezzo a tante cose conosciute però estranee era lei, la croce. Si gettò ai suoi piedi, giunse le mani e prese a pregare con fervore che gli fosse mandato un segno. Chiese consiglio, supporto; domandò grazia, consolazione. Supplicava colui che di misericordia era dotato, l’aveva dotato, ma non per sé stesso. Implorò che gli fosse regalato qualche istante di incoscienza per poter riuscire poi a riflettere meglio… solo qualche istante, sarebbe stato sufficiente anche solo un secondo di assenza da sé stesso.

Voleva un segno. Lo pretendeva, anche se sapeva che di fronte a Lui non poteva nulla.

Tremava.

Voleva la luce, lui. La creatura partorita dalle tenebre rischiarate solo da un profano lampione.

Era come se il peso della stanza fosse tutto in bilico sul suo capo, sulle sue spalle. La schiena curva sotto quell’incombente fardello, disse tutta la verità. Fu sincero con sé stesso e con gli spiriti, tutti gli angeli ai quali affidava ciò che restava della sua esistenza. Confidò loro, benché lo sapessero già, la natura di quell’indesiderata situazione.

Non fu troppo complicato, era solo una parola. Non durò neppure molto, solo un lieve gemito.

Un sospiro.

“Amore,” pensò.

-Carlisle.- chiamò una voce alle sue spalle. Non si voltò, rimase dov'era, anche se desiderava con tutto il suo essere di voltarsi a guardare.

Sapeva fin troppo bene su chi i suoi occhi si sarebbero posati. In essi c’erano eccitazione e timore.

-Carlisle.- lo richiamò la voce. C'era pentimento, nel suo tono , ma c'era anche un misto di eccitazione e di timore.

Gli stessi suoi sentimenti. Il cuore di un uomo, non un demone e un vampiro, che batteva di emozione poco lontano dal proprio.

-Carlisle? Non sono venuto per chiederti di parlare, solo di ascoltare. Se però non ti va nemmeno di restare a sentire quello che ho da dirti, dimmelo subito e me ne andrò.-

Carlisle si alzò dal pavimento, le membra scosse da una violenta commozione. Si voltò ed incrociò le braccia al petto: Aro, dall’altra parte della camera, sorrise appena di gratitudine. Seguì un momento di silenzio. I due si fissavano, sapendo che ciò che stava per accadere avrebbe scritto la parola fine sulle loro trascorse attese.

-Ho delle difficoltà a spiegare quello che vorrei. Non sono troppo bravo ad esprimere ciò che sento, ma pare che da quando tu sei entrato nella mia vita io non possa fare a meno di scontrarmi contro questa mia incapacità quotidianamente. Parlare di sentimenti non è il mio forte, perciò perdonami se non sono stato in grado di gestire la situazione e a frenare i miei istinti. È stato perché non mi sono mai trovato ad affrontare niente di simile in tutta la mia vita.-

Il tono di voce stanco e malinconico, Aro si prese una pausa, forse per mettere insieme qualcosa da dire dopo, ma in quei pochi secondi il vampiro biondo poté sentire sulla sua pelle il trascorrere del tempo. Se fosse stato umano, avrebbe perso per sempre diversi anni di esistenza piena e soddisfacente: essendo un vampiro, incise soltanto un altro segno sulla sua anima frustrata, tribolata.

-Tu non puoi sapere quanto io voglia poterti spiegare perché ho agito in una certa maniera, perché ho fatto determinate cose. Vorrei poterti elencare la lunga lista di motivi per cui non avrei assolutamente dovuto portarti nel bosco e baciarti, questa notte, oppure i motivi per cui fin dall’inizio sarei dovuto rimanere alla larga da te. Non appena provo a pensarne uno, non so se sia per mio egoismo o per i tuoi occhi, che sono troppo belli…- abbassò lo sguardo con timidezza, sorridendo malizioso e contemporaneamente mordendosi le labbra. -…ma si rivela inconsistente, inutile, una scusa. E quello dopo peggio ancora. Non puoi neppure sapere quante notti io abbia passato, quanti giorni io abbia trascorso, nella ricerca di una scusa adeguata, inattaccabile da ogni punto di vista, per utilizzarla quando… quando…-

S’interruppe. Pareva incapace di proseguire. Carlisle aspettò per qualche istante, ma non riuscì a resistere molto. Quasi in piedi sulle punte per l’ansia di conoscere la frase seguente, sussurrò tradendo la propria emotività:-Quando, Aro?-

La creatura più anziana sospirò, quindi alzò le spalle.

-Quando volevo conoscerti, per non avvicinarmi a te; quando ho deciso di presentarmi, invece di restare nascosto nel buio.- Ridacchiò. –Quando stasera ti ho visto difendermi, per non approvare o lodare il tuo gesto; per non prenderti per mano e portarti fra gli alberi e baciarti.-

Un’altra piccola pausa, ma finalmente:-Sembra superfluo da dire, però non l’ho trovata. Nessuna scusa regge contro di te, nessun pretesto riesce ad accamparsi all’ombra dei tuoi occhi così diversi e così luminosi sui miei. Sei troppo attraente per me, Carlisle, troppo per fingere indifferenza. Per lasciare che voli via. Sarei dovuto restare nella mia ombra, quella sarebbe stata la cosa più giusta da fare. Tuttavia non riesco a sentirmi in colpa per quello che è accaduto questa notte, in questi giorni. Dovevo provarci. Non posso scusarmi per questo, cerca di capire. Mi scuso comunque dei modi rudi, bruschi, indelicati e scarsamente cavallereschi.-

Carlisle si fissava le mani e teneva le braccia strette al petto. Quasi volesse trattenere, contenere qualcosa che non sapeva, non voleva che uscisse.

-Ti ho offeso?- gli chiese il bruno, studiandolo con preoccupazione. Lo vide fare un passo verso di lui, quindi alzò gli occhi e lo costrinse a rimanere immobile.

-Non è questo. È che siete molto diretto nelle parole, mi avete… spiazzato.-

Aro sorrise, quasi a scusarsi.

-È la prima volta che mi trovo ad esprimere un determinato tipo di cose, cerca di essere indulgente.-

-Lo è anche per me.-  

Si sorrisero, ma poi il vampiro dai capelli biondi tornò serio.

-Mi spiegate una cosa, Aro?-

-Qualsiasi cosa tu desideri.-

-Che cosa volete voi da me? Che cosa vi aspettate che faccia io, adesso?-

La domanda parve cogliere il suo interlocutore di sorpresa, si prese qualche istante. Tardò quindi a rispondere.

-Che cosa vuoi tu, Carlisle?- fu la sua replica. Carlisle sbarrò lo sguardo.

–Io voglio che tu mi dica che sei disposto ad accettare ciò che ho appena detto. Voglio che tu mi prometta di non lasciarmi mai. Voglio che il tuo sorriso non se ne vada, sei il sole della mia vita. Voglio che mi giuri che non mi giudicherai mai, che sarai sempre misericordioso con me.-

Il tono di voce di Aro era andato incrinandosi, come se ad ogni parola dentro gli si fosse aperta una lacerazione. Una speranza. Carlisle era senza fiato, si portò una mano alla gola e qualcosa sfuggì dal suo controllo. Qualcosa scappò dalla sua stretta.

-Non sembrate felice, Aro.-

Aro fece una piccolissima smorfia di disappunto, come contrariato che gli fosse sfuggito tanto.

-Nemmeno tu.-

Un’altra mano cadde lungo il fianco. E ancora qualcosa gli volò via.

Un sorriso di sarcasmo.

-Dimenticavo che non rappresento più un mistero, per voi. Non ho più niente da nascondere.-

Aro lo corresse:-Ti sbagli, sono io che non posso nascondere nulla a te.-

Di nuovo, Carlisle spalancò gli occhi.

-Non sono felice perché mi sento perso, perché quando ci sei tu io perdo il controllo. Mi sono sempre illuso di essere immune da questo, invece era appunto solo un’illusione. Sono sempre stato io il più forte, il più grande. Ora ci sei tu ed è tutto cambiato.-

Il giovane dagli occhi chiari si mordicchiò le labbra, assente e pensieroso.

-Il fatto è che mi state sconvolgendo la vita.-

Aro sbuffò, insofferente a quel nuovo debole muro.

-È già stata sconvolta la tua vita, Carlisle, tempo fa. Solo che tu non lo vuoi ammettere. Ed io sono sconvolto da te, come mai mi era successo prima con altri. Tu sai capirmi, quando sto insieme a te le ore del giorno e della vita diventano speciali come… non so come decrivere… e mi sembra che il cuore debba ricominciare a battere.-

Carlisle non rispose affatto. Continuò a mordersi la bocca.

-Tu sei diverso dagli altri.- concluse il moro essere. –Sei migliore. Tu sei come nessuno è mai stato prima e come nessun vampiro sarà mai. Tu sei il nuovo centro della mia vita, non più soltanto me stesso. Accetta la mia richiesta, perché non posso più esistere senza di te.-

Unirsi agli imperatori Volturi. Unirsi a… lui.

-Non hai parlato con gli altri? Insomma, che cosa ne pensano Marcus e Caius?-

-Non ne ho parlato agli altri. Sapranno tutto solo quando potrò entrare dall’entrata principale con te.-

Aro non stava affatto scherzando. Aro faceva sul serio.

Il giovane continuava a non dare una risposta.

-Se mi rifuti, posso…-

-Aro?-

Non poteva. Non poteva gettarsi fra le sue braccia. Avrebbe significato annullare sé stesso ed i suoi ideali. Che ne sarebbe stato dei suoi piani e progetti, con i suoi studi per diventare medico?

-Sta zitto.-

Carlisle aveva deciso.

-Baciami e basta.-

Aro rise, si avvicinò. Le loro labbra si scontrarono ancora.

Ancora così vicini, ancora mani nelle mani. Ancora un bacio, un altro.

L’ultimo pensiero di Carlisle fu che Aro era un’anima sofferente che aveva bisogno di venire consolata. E lui era pronto a dargli tutta la misericordia che aveva.

 E quindi non pensò ad altro. Futuro, presente, realtà, sogno, anima, natura, peccato, santità, università, medico, gaetana, tancredi, caius, marcus… si fusero dentro la sua bocca. Era la scelta sbagliata, lo sapeva, avrebbe dovuto fuggire, scappare, smettere di vederlo finché aveva potuto. Ormai non c’era più tempo. Prima era il momento giusto.

Adesso non era più tempo.

Esistevano Aro e le sue labbra.

Gli occhi rossi di assassino sanguinario brillavano socchiusi nell’oscurità calma della stanza. 

Solo la croce se ne accorse. Solo la Croce sapeva.

Note

Ecco l'ottavo capitolo! Noterete che ho messo più tempo a scriverlo, perchè ho degli altri impegni e progetti in corso di lavorazione. Siccome mi serve libertà, se deciderò di continuare questa fanfiction dovrete aspettare dei periodi molto lunghi tra un capitolo e l'altro. Grazie per tutto quanto!

Gattino bianco -_- Eh, tra i due c'è... immagino avrai letto con attenzione! :) Spero che non ti dispiaccia, che il capitolo ti sia piaciuto!

CondroitinSolfato -_- Mi fa piacere che il mio capitolo ti abbia sollevato il morale! Mi dispiace per il tuo braccialetto! :( Grazie per adorare tutti i miei personaggi! hihi

  
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