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Autore: lightoftheday    16/12/2003    7 recensioni
Fan Fic su Orlando Bloom, ma non solo.
Capitolo uno.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Leggete Orlando Bloom e pensate che sia un nome qualsiasi. Una  pura convenzione. Ovviamente non lo conosco affatto e non voglio offendere nè lui né nessun altro con le mie divagazioni.

In questo capitolo vi segnalo subito uno spoiler. In un punto vi ho descritto il finale de “I 400 Colpi” di Francoise Truffaut per spiegare un particolare stato d’animo della protagonista. L’ho segnalato in ogni modo, se pensate di guardarlo in futuro potete tranquillamente saltare a piè pari un paio di righe, non me la prendo!

A nessun’altro potrei dedicare questo lavoro se non a Moon. Spero che fra tanti anni, quando ci ricorderemo di questo week-end potremmo sentirci felici come lo siamo adesso!

 

Nota del 23-5-2005: Se volete inserire questo racconto in forum, blog e quant’altro potete farlo. Ma non con il copia/incolla… Credo sia più opportuno, e soprattutto gradito per me, riportare il link di questo sito! Grazie!

 

*  Un nuovo lavoro

 

Chiuse gli occhi, scacciò dalla sua mente ogni pensiero.

Cercò di sentire solo l’acqua calda che saliva piano nella vasca da bagno, il tepore era l’unica cosa sensazione che voleva provare, la sola che le ricordasse di essere viva.

Sarebbe durato poco, lo sapeva. Una breve parentesi ai suoi bui pensieri.

Se le cose non cambiavano in fretta avrebbe dovuto troncare di netto i suoi studi e tornare a casa dai suoi, avrebbe dovuto cercarsi uno squallido posto da cameriera e avrebbe fatto quel lavoro per tutta la vita. Avrebbe dovuto chiudere i sogni nel cassetto e lasciare che il tempo l’aiutasse a dimenticare il fallimentare tentativo che aveva fatto di diventare qualcuno, qualcuno che contasse veramente per se stessa. Neanche il senso di rivalsa nei confronti della sua famiglia le interessava, non avevano mai creduto in lei, né l’avevano mai aiutata in un modo qualsiasi, ma la cosa non la stupiva. L’attenzione era stata sempre rivolta a suo fratello, il maschietto di casa, sempre coccolato e viziato…certe madri sono così, si innamorano dei propri figli maschi come se rivedessero in loro l’uomo di cui si erano innamorate in gioventù e che magari non era più quello di una volta. Suo padre infatti, non si interessava mai di nessuno, né di lei né tanto meno di suo fratello e sua madre. Non era stato un buon genitore, fallendo in propositi di fare soldi legalmente tentò di farli disonestamente, non riuscendo anche quella volta. Fu arrestato e mise in serio pericolo se stesso e la famiglia. 

L’idea di trasferirsi negli Stati Uniti e studiare regia non aveva suscitato niente in lui, a parte la solita raccomandazione di non fare il passo più lungo della gamba:

- Sai che non potremmo fare molto per te, economicamente.- E lei si, lo sapeva. E non aveva certo chiesto niente, i soldi che aveva messo da parte negli ultimi due anni con i lavori estivi le sarebbero stati utili proprio per cominciare. Da sempre contava solo su se stessa.

Era partita nonostante tutto, con un misto di ansia e paura, ma anche con la voglia di riuscire.

Da allora erano passati tre anni. Los Angeles era una città caotica e non le piaceva granché, ma ci si era gradualmente abituata. Il college andava bene, il problema era il suo non essere nessuno. Certo, se avesse avuto le conoscenze di alcuni suoi compagni di corso forse avrebbe potuto aspirare a fare l’aiuto regista in qualche film di serie b, tanto per cominciare. Ma lei non aveva le conoscenze di alcuni figli di papà che magari, solo per essere figli d’arte o per i soldi, avevano sempre la strada spianata. E nemmeno nei docenti poteva tanto contare. Anche loro avevano occhi solo per certa gente e una ragazza di ventidue anni doveva essere disposta a qualche sacrificio per farsi notare in quel caso. Aveva sempre saputo che il mondo del cinema era un mondaccio, ma non immaginava così tanto.

Ciliegina sulla torta, aveva perso il lavoro. Fra un po’ avrebbe dovuto cominciare a chiedersi come avrebbe fatto a pagare l’affitto.

La voglia di lavorare certo non le mancava, ma troppe ore impegnata le avrebbero fatto perdere tempo per gli studi, allontanandola dall’obiettivo principale, quello di poter vedere realizzate le sue idee sul grande schermo. E lei ne aveva di idee, era un vulcano di idee. E di idee anche più brillanti di quelle dei suoi ben più ricchi e più conosciuti compagni di corso.

 

L’acqua era diventata tiepida e le sue dita cominciavano ad assomigliare ad una prugna secca. Uscì da quella scomoda vasca da bagno, l’appartamento dove le avevano affittato una stanza era veramente orribile, ma era la sola sistemazione che poteva permettersi. Si avvolse nell’asciugamano e tornò nella sua camera per asciugarsi e vestirsi. Quella sera sarebbe andata a vedere un film alla cineteca studentesca. Era in programma per quel mese una rassegna sui più importanti autori del cinema francese e quella sera avrebbero proiettato “I 400 colpi” di Francoise Truffaut. L’aveva già visto, e ne era rimasta colpita, nonostante questo sapeva che certe pellicole meritano di essere viste sul grande schermo e quando vedeva in programma dei film che le erano piaciuti andava a vederli senza indugiare. Era stato bello vedere capolavori di Chaplin come “Il grande dittatore” al cinema, una vera emozione. Per altro il cinema odierno se non in rari casi non le trasmetteva quello che provava nel vedere i vecchi film.  La semplicità l’attraeva più d’ogni altra cosa, i film di oggi spesso non riuscivano ad esserlo. Non tanto per gli effetti speciali, che comunque non le piacevano, ma per le storie in sé. Tutto doveva avere una sua spiegazione logica, necessariamente. I film di paura erano quelli che detestava di più: a volte erano così banali e scontati che dopo pochissimo già le riusciva facile sapere come sarebbero andati a finire. A quel punto le tornavano in mente i capolavori di Hitchcock, dove la paura era fine solo a se stessa, dove gli intrecci erano più intrigati e intriganti. Pensava alle attrici superbe di Hitchcok, a Tippi Hedren, a Kim Novak alla meravigliosa Grace Kelly, quest’ultima specialmente nel suo preferito di Hitchcok, “La finestra sul cortile”, con James Stewart. Poi ritornava sul film che stava guardando, con quelle attricette senza spessore e senza grazia, con le tette gonfiate e con fare da cretinette. Certo, non era tutto da buttare il cinema contemporaneo, ma per lo più non lo conosceva e non lo seguiva.

 

Sì, sarebbe uscita, per una sera distrarsi le faceva bene.

 

Nonostante i tre anni passati al college non era riuscita a farsi degli amici. Le sue compagne la facevano sentire in soggezione e non aveva mai veramente guardato in faccia un ragazzo ad uno dei corsi che aveva frequentato. Il sesso maschile per lei era sempre stato nemmeno un mistero, piuttosto qualcosa a cui lei non voleva neanche avvicinarsi. Non provava repulsione, ma vergogna. Qualcuno nel corso della sua vita aveva provato a farle notare che non era normale e che il suo comportamento alla presenza di uomini che non fossero suo padre, suo fratello o altri con cui aveva un rapporto del genere era veramente anomalo. Durante gli anni del liceo soprattutto, a chiunque sembrava strano che lei sfuggisse i rapporti umani mentre tutti i suoi coetanei erano immersi nel vortice amoroso dell’adolescenza. Preferiva rifugiarsi in un cinema, sempre da sola, a sognare che un giorno sarebbe stata lei a mettere in scena i drammi e le gioie che le riempivano il cuore in quelle sale buie.

Uscita dal cinema dopo le 21. Si strinse nel suo maglioncino di cotone, non per il freddo, a Los Angeles non faceva mai freddo, più come un gesto di raccoglimento. Mentre camminava verso casa tratteneva nella sua mente l’emozione di quel bambino di dodici anni che corre via lontano dalla sua prigione, verso il mare che non aveva mai visto. La storia non va avanti, forse verrà trovato e riportato dov’era il suo posto, ma in quel momento, sulla piaggia, con i piedi nell’acqua, è più libero di chiunque altro sulla faccia della terra. Anche a lei sarebbe piaciuto essere così libera, non la libertà che già aveva, una libertà totale, senza nessun vincolo. Dopo poco le ritornarono alla mente i suoi pensieri, fu un bene tornare a casa e trovare una buona notizia. Avevano chiamato dal collocamento, forse le avevano trovato un lavoro adatto a lei. La signora Doyle aveva raccomandato che si presentasse al più presto, subito, la mattina seguente.

Alle nove del mattino era già davanti nell’ufficio, aspettando il suo turno.

 

- Tesoro, accomodati!- Le disse la signora Doyle quando la vide. Già tre anni prima si era rivolta a quell’ufficio per un lavoro e la signora Doyle aveva sempre cercato di farle avere di lavori adatti a lei. Le era rimasta subito particolarmente simpatica, era una ragazza così timida ed educata, sembrava indifesa e non particolarmente in grado di far fronte alle difficoltà che le si sarebbero presentate come studente lavoratrice, quindi aveva preso subito a cuore la sua situazione. Dopo poco aveva potuto notare che Emily, nonostante il suo carattere schivo e quell’aria da ragazza indifesa non era affatto debole come sembrava. Capì subito che era abituata a provvedere a se stessa e la simpatia che aveva provato nei suoi confronti si trasformò in affetto, un affetto che le dimostrava occupandosi di lei anche oltre l’aspetto lavorativo. Spesso la domenica pomeriggio invitava Emily a prendere il thè a casa sua e parlavano un po’ di tutto. Per lei che aveva ormai quasi sessant’anni e non aveva avuto figli stare con Emily era una cosa che la faceva sentire meno sola.

- Prima di tutto vorrei sapere perché ti hanno licenziata, non ci volevo credere quando me l’hai detto l’altra settimana. E soprattutto perché hai aspettato un mese per dirmelo?-

- Tagli al personale, hanno detto. Io ero stata una delle ultime ad essere stata assunta, quindi…- rispose, facendo finta di non aver capito la seconda domanda. La verità è che si era vergognata, anche se sapeva di non avere nessuna colpa.

- Capisco - disse la signora Doyle. Dopo una breve pausa aggiunse: - Avrei trovato qualcosa per te, mi hanno raccomandato di scegliere una persona seria e discreta, soprattutto sulla discrezione si sono raccomandati, sai, c’è di mezzo una persona di una certa notorietà. E’ una nota casa di produzione cinematografica che mi ha chiesto di cercargli qualcuno, sai. E’ un po’ anche il tuo campo.- Emily rimase perplessa. - Di che si tratta esattamente?-

- Ti dovresti occupare di una casa che ogni tanto rimane vuota. Sai, una specie di guardiano: dare l’acqua alle piante, controllare che sia tutto apposto insomma. Lo stipendio non è altissimo, ma c’è compreso anche l’alloggio. Infatti, per questo lavoro tu abiteresti in una parte della casa con entrata propria. Non è vicinissima al campus, ma non credo che sia una grosso problema per te.-

- E in ogni caso, peggio di dove sto adesso non sarà, spero.-

- No, no, è una bellissima zona, gli autobus la servono molto bene e la casa è molto bella. Ogni tanto sarà abitata, allora tu nei momenti in cui lo sarà dovrai svolgere mansioni da donna di servizio. Sarà un po’ più impegnativo, ma sarà per poco tempo ogni tanto.-

- Non è affatto un problema, la situazione mi sembra buona. E per la lontananza dal campus non mi preoccupo se si tratta solo di alzarsi un po’ prima la mattina.-

- Benissimo! L’unica cosa è che devi decidere in fretta, l’agenzia che mi ha contattata ha detto che dovresti cominciare questo lunedì, e oggi è giovedì. Sai, volevano una persona un po’ più grande, ma ti ho raccomandata fortemente. Praticamente il posto è tuo, se lo vuoi. Pensaci un paio di giorni, vogliono la conferma per sabato.-

- Non ho bisogno di pensarci, signora Doyle. Ho bisogno di lavorare, lei lo sa. E se lei me l’ha proposto con tanta sollecitudine, io mi fido.-

- Sicura?-

- Sicurissima. Ma chi sarebbe la persona proprietaria della casa?-

- Non lo so questo, tesoro. Ma ti metto subito in contatto con l’agenzia, che ti spiegherà di preciso il lavoro che devi fare.- Scrisse qualcosa su un foglio e lo porse a Emily. Poi continuò.- Questo è l’indirizzo dell’agenzia, vacci subito se puoi. Io intanto gli chiamo per dire che sto mandando qualcuno.-

Emily notò stupita che era un indirizzo di Beverly Hills. Accidenti, ma allora doveva essere una persona veramente famosa. Uscì dall’ufficio della signora Doyle ringraziandola, quindi si diresse a prendere un autobus. Ci sarebbero voluti quaranta minuti buoni per arrivare nel posto dove doveva andare, sull’autobus tirò fuori il suo libro dalla borsa e si immerse nella lettura.

Arrivata nell’ufficio, notò subito che era elegantissimo.  Si sentì un po’ in soggezione, si avvicinò ad una signorina indaffarata che dietro una scrivania non faceva che rispondere la telefono e appena poté farlo comunicò lo scopo della sua visita. Fu indirizzata in un ufficio, dove la accolse una “donna in carriera” che stava parlando con l’auricolare al telefono con qualcuno. Le fece cenno di sedersi, Emily obbedì. Quando la chiamata finì la signorina che le stava davanti le chiese chi fosse. Emily si imbarazzò un po’, quell’ambiente le era assolutamente estraneo e un po’ timidamente disse: - Em… Emily Paxton signorina, mi ha mandato l’agenzia…-

- Ah, certo, mi scusi signorina Paxton, mi era sfuggito di mente.-

Si presento porgendole la mano:- Eva Johansonn. Poi le indicò la sedia come in precendenza:- Si accomodi, prego.- Emily si era alzata di nuovo in piedi, quando l’altra aveva concluso la telefonata, per educazione. La donna in carriera continuò:- Le hanno già spiegato a grandi linee in cosa consiste il lavoro?-

- Sì, - rispose Emily, - ma sono stati un po’ vaghi. Lei mi direbbe qualcosa in più?-

- Certo, ho chiesto espressamente che lei venisse a parlare con me quanto prima proprio per questo. E’ un lavoro delicato, quando si ha a che fare con persone note si deve innanzi tutto assicurarsi di potersi fidare di chi si ha davanti. Lei si occuperà della casa di un attore abbastanza famoso, dovrà firmare un contratto che la vincolerà al silenzio assoluto su qualsiasi particolare della vita privata del quale lei venisse a conoscenza. Inoltre dovrà rispettare certe regole. Per questo volevamo una persona un po’ più matura. Sa, la vita di una studentessa universitaria è un po’, diciamo, movimentata. Magari potrebbe venirle la tentazione di spifferare alle sue amiche qualche particolare…-

- Di questo non deve preoccuparsi assolutamente. Sono un modello di discrezione, gliel’assicuro.-

- Sì, la signora Doyle me l’ha detto. L’ha raccomandata caldamente e dato che la signora Doyle non mi ha mai lasciata a mani vuote quando mi sono trovata ad avere carenza di personale, mi fido. Lei ha tutte le qualità richieste.-

La donna spiegò nei dettagli il lavoro. La casa non era molto grande, il lavoro in ogni caso non sarebbe stato durissimo, Lei doveva accertarsi che tutto funzionasse e che tutto fosse in ordine per i periodi in cui sarebbe stata abitata. Non poteva tenere animali e non poteva ricevere visite nei periodi in cui la casa era occupata. Doveva sempre controllare che tutto funzionasse a dovere e se riscontrava qualche cosa di anomalo doveva occuparsi di chiamare un tecnico. Il giardiniere sarebbe venuto in ogni caso una volta a settimana, casa abitata o no. Insomma, era in effetti casa sua, ma doveva diventare un fantasma quando la casa era abitata. Non era difficile, anzi, era fantastico come lavoro. Le avrebbe lasciato parecchio tempo libero. Inoltre lo stipendio non era affatto così basso come la signora Doyle aveva detto.

- Che le sembra signorina Paxton?-

- Tutto bene, ho capito. Solo vorrei sapere di chi è questa casa.-

- Questo potrò dirglielo solo quando avrà firmato accordi vincolanti a lavoro accettato. Adesso perché non va a vedere la casa? Così mi farà sapere con precisione se intende accettare o no. La faccio accompagnare in macchina, anche se è a poca distanza da qui.-

Chiamò qualcuno al telefono, dopo pochi minuti arrivò un ragazzetto al quale fu chiesto di accompagnare Emily alla famosa casa. Nel breve tragitto il ragazzo spiegò che chi la occupava era appena andato via e che forse ci sarebbe stato un po’ di disordine. La persona che si occupava del lavoro aveva dovuto lasciarlo improvvisamente.

La casa era bellissima e anche il mini appartamento che lei avrebbe dovuto occupare. Emily decise all’istante che avrebbe accettato il lavoro. Non le sarebbe mai più capitata un’occasione del genere. Avrebbe praticamente avuto un appartamento per se, era bellissimo!

La riaccompagnarono in ufficio e tornò nell’ufficio della Johansonn, disse che aveva deciso di accettare il lavoro. Firmò quello che c’era da firmare, per lo più le famose clausole che la vincolavano alla riservatezza. Ringraziò e fece per uscire, quando la donna in carriera la bloccò:- Non vuole più sapere per chi lavorerà?- A Emily in effetti era completamente uscito di testa dopo aver visto la casa. – E’ vero – rispose. –Me n’ero dimenticata.-

- Orlando Bloom. Capisce ora il perché di tanta discrezione?-

Emily guardò perplessa la donna in carriera, non aveva mai sentito quel nome.

- Veramente no, signorina. Chi sarebbe?- 

La donna in carriera rise di gusto, poi aggiunse:- E’ già entrata nella parte, eh? Si, è proprio la persona che fa per noi.-

Emily continuava a non capire. Non sapeva davvero di chi si trattasse! E del resto, non è che le importasse un granché.

   
 
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