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Autore: AliceRose    25/10/2010    7 recensioni
“Lei è Emily?” Mi domanda un anziano signore accogliendomi all’ingresso.
Rispondo con un cenno affermativo.
“Sono Roger.” Si presenta porgendomi la mano.
Io la ignoro, indifferente a quella formalità e annuisco nuovamente.
“Mi dispiace.” Mormora distogliendo lo sguardo dal mio viso.
Non piace a nessuno soffermarsi sui miei occhi vuoti.
“Mi segua.” Aggiunge voltandomi le spalle.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, Mello
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

“Emily..”

“Emily?”

Non ho voglia di rispondere.

“Emily!” Il tono di Mello inizia a farsi insistente, ma continuo a ignorarlo.

“Non dirmi che sei rimasta a letto tutto il giorno..” Esclama incredulo.

Invece è proprio così. Non avevo alcun interesse ad alzarmi e non l’ho fatto.

Mi degno almeno di aprire gli occhi e scopro con sincero sgomento che è già buio.

Improvvisamente nella penombra mi ritrovo il viso del ragazzino a una spanna dal mio.

Ha uno sguardo che non promette niente di buono.

Il suo solito sguardo insomma.

“Hai mangiato qualcosa almeno?”  Dal modo minaccioso in cui scandisce le sillabe comprendo che non gradirà una risposta negativa.

Pazienza.

Scuoto svogliatamente il capo in segno di diniego e mi giro dall’altra parte, tirandomi le coperte fin sopra la testa.

“Cristo Emily…” Impreca tra i denti.

Per qualche istante tace e intuisco che sta tentando di mantenere la calma.

“Alzati.” Mi intima dopo un attimo senza troppe cerimonie.

E’ inutile, non ne ho proprio voglia.

“A-L-Z-A-T-I.” Ripete perentorio.

Qualcosa mi suggerisce che se non eseguirò l’ordine passerà a metodi più concreti.

Tuttavia resto sdraiata sul mio giaciglio.  Ho paura di scoprire di non essere in grado di tirarmi in piedi anche se volessi.

La patetica verità è questa.

Sento Mello sibilare qualcosa, presumibilmente una parolaccia.

Poi la coperta che mi avvolge mi viene strappata via brutalmente.

Rabbrividisco. Indosso solo una vecchia t-shirt larga e informe e nell’appartamentino che ho affittato il clima non è certo equatoriale.

“Ho freddo.” Mormoro atona.

“Non me ne frega un cazzo.” Replica secco il mio interlocutore.

 “Ora muovi quel culo da lì e vai a farti una doccia. Poi usciamo e ti porto a mangiare.” Aggiunge con la finezza che lo contraddistingue.

Il ragazzino sta iniziando a fare breccia nel mio crogiolo di apatia.  E’ davvero fastidioso.

“Lasciami in pace.” Bofonchio con scarsa energia.

Per tutta risposta mi afferra bruscamente i polsi e mi trascina letteralmente giù dal letto. Mi stupisco della facilità con cui compie l’impresa. Meglio non interrogarsi su quanto sia arrivata a pesare.

“Doccia.” Ribadisce sospingendomi verso il bagno.

Lo lascio fare. Tanto varrebbe cercare di respingere un’eruzione vulcanica e io non ne ho proprio la forza.

“Che c’è? Vuoi controllare che la faccia davvero?” Gli domando visto che ancora non accenna ad allontanarsi dalla soglia della stanza.

Sorprendentemente trasale e mi volta bruscamente le spalle.

“Certo che no.” Obietta come se gli avessi proposto di infilare la testa nella calce viva.

Mi strappa involontariamente un sogghigno. Non lo facevo così timido.

“Non spiarmi dalla serratura.” Lo ammonisco per fargli dispetto, chiudendo la porta dietro di me.

Alla mia affermazione segue un’altra manifestazione di turpiloquio che non riesco a intendere.

Mentre l’acqua calda mi accarezza la pelle mi rendo conto che Mello è riuscito nel suo intento.

Sono sveglia.

*

Appena metto il naso fuori dal bagno vengo colpita da un fagotto di indumenti.

“Mettiteli.” Mi apostrofa colui che me li ha lanciati contro.

Faccio per replicare ma la mia attenzione viene attirata dal cumulo di abiti sparsi sul pavimento.

Per l’esattezza il mio intero guardaroba.

“Ma che diavolo hai combinato?” Protesto.

“Ci ho messo un po’ a trovare qualcosa di adatto.” Mi spiega  con un’alzata di spalle, addentando un pezzo di cioccolata.

“Ma adatto a cosa?” Chiedo sbalordita osservando i jeans logori, la t-shirt nera a maniche lunghe e la giacca di pelle che ha scelto per me.

“ Vedrai.” Ribatte laconico.

Così laconico che mi ricorda terribilmente…Lui..

Mello si accorge del mio improvviso smarrimento e sbraita,  riportandomi alla realtà:” Ti vuoi spicciare? Ho fame!” 

Solo in quel momento faccio caso al suo abbigliamento.

“Ma come ti sei vestito? Sembri una drag-queen..” Osservo scrutando dubbiosa il suo corredo interamente in pelle nera.

“ Non criticherei gli altri con addosso quella maglietta che sembra scappata da un bidone dei rifiuti.” Mi fa notare sottolineando che ancora non mi sono vestita.

“Touchè.” Sospiro facendo dietrofront per cambiarmi.

*

Fa un effetto bizzarro sentire l’aria pungente della sera sul viso e il rumore del traffico per strada quando non si esce da diverso tempo. Ci si sente smarriti e bisogna riabituarsi. Non è semplice. Il mondo esterno sembra così invasivo con tutte le sue luci, i suoi suoni e suoi odori, che provo l’impulso di girare sui tacchi e tornarmene nella mia tana.

Fortuna che Mello è una continua fonte di sorprese.

“Da quando hai una moto?” Mi informo vedendolo inaspettatamente salirne su una di grossa cilindrata.

“Da adesso.”  Mi sorride strafottente.

“Cosa?” Balbetto presa alla sprovvista.

“La sto rubando.”  Annuncia con il sorriso che si allarga ulteriormente.

“Hai quindici anni, non puoi guidare quella roba!” Esclamo come se fosse quella la questione di maggior rilievo.

“Non ancora compiuti veramente.” Mi corregge, divertito dal mio sbigottimento.

“Scendi subito di lì!” Lo esorto con voce stridula.

“Non credo. Sta arrivando il proprietario e penso mi chiederebbe spiegazioni che non ho voglia di dargli.” Controbatte placidamente sbirciando un punto oltre le mie spalle.

“Mello…”

“Emily…” Mi rifà il verso.

“HEY VOI DUE!!!” Sento gridare una voce maschile.

In un attimo balzo sulla sella della moto dietro a Mello e faccio appena in tempo a reggermi a lui che partiamo a gran velocità con un boato assordante.

 

*

La scarica di adrenalina mi fa percepire ogni cosa amplificata. Il sibilo del vento nelle orecchie, le luci tremule dei lampioni che si fondono con l’asfalto su cui scorrono rapide le ruote… Provo una sensazione che è mi è familiare e aliena al contempo. E mi rendo conto con stupore di sentirmi incredibilmente libera, incredibilmente viva.

Mi stringo contro la schiena di Mello nel vano tentativo di ripararmi dal freddo.

“Hai paura?” Mi urla lui cercando di sovrastare il rombo del motore.

“No, ho solo freddo.” Gli grido di rimando.

Mi accorgo che sta rallentando per accostare e non voglio. Voglio saziarmi di quelle emozioni a costo di congelare. Voglio continuare quella corsa per sempre.

“Non fermarti!” Mi ritrovo a pregarlo con urgenza.

Senza un replica riacquistiamo velocità.

Non so quanto tempo trascorra, ma quando ci fermiamo in piena periferia sto battendo i denti.

“Direi che può bastare.” Sentenzia il mio compagno appoggiando la sua mano stranamente calda sulla mia gelida.

Scendiamo dalla moto e ci troviamo all’ingresso di un pub con una squallida insegna luminosa.

“Non puoi entrare, non hai ventun anni.” Gli ricordo. Per quanto sia stupido sindacare sulla sua età dopo che mi sono appena resa sua complice in un furto.

“Invece sì.” Ribatte sventolandomi sotto il naso un documento che attesta la sua maggiore età in Gran Bretagna.

Ovviamente falso.

“Come te lo sei procurato?” Voglio sapere per niente soddisfatta dei circoli di persone con cui sicuramente è dovuto entrare in contatto per ottenerlo.

“ In queste tre settimane ho lavorato per noi. D’ora in avanti viaggiare sarà molto più semplice.” Dichiara evasivo.

“Avresti dovuto chiedermelo!” Prorompo indignata.

Immediatamente il ragazzo si infervora.

“Non devo chiederti proprio un bel niente! Non sei mia madre e non prendo ordini da nessuno. Hai capito?”

“Modera i toni moccioso. Mi preoccupavo per te, non mi piace che bazzichi da solo in ambienti malavitosi.”  Replico piatta.

“E con chi dovrei andarci? Con te? La mummia di Tutankamohon mi sarebbe davvero di grande aiuto in effetti in caso di pericolo!” Mi ringhia con gli occhi ridotti a fessure.

“Ammetto di non essere stata una grande compagnia in questi ultimi…”

“Due mesi?” Mi interrompe rabbioso.

Sono già passati due mesi dal nostro incontro a Winchester.  Non mi sembra vero.

“Va bene, hai ragione. Entriamo adesso?” Propongo per mettere fine alla discussione con quell’adolescente irascibile e petulante.

Non mi risponde e stacca un morso dalla sua barretta con la stessa ferocia di una belva che divora la sua preda. Poi si addentra nel locale.

*

L’interno è se possibile ancora più malmesso dell’esterno. Poco male, i posti da reietti mi mettono a mio agio.

Prendiamo posto ad un tavolino sgangherato.

Mello mi tiene ancora il broncio.

“Mello?” Lo chiamo.

Lui fissa ostinatamente il pavimento.

“Rispondimi per favore.” Insisto.

“Perché dovrei? Tu non lo fai quando non ti va!” Sbotta stizzito.

Non ha tutti i torti.

“Cosa vuoi mangiare?” Tento di cambiare argomento.

“Niente. Ho già mangiato prima. Se aspettassi te sarei già morto di fame.” Ci tiene a rimarcare.

“Quindi siamo qui solo per me.” Mi sorprendo.

“Senti. Niente di personale.  Non l’ho fatto perché ci tengo a te o minchiate simili. Ti conosco a malapena e mi sei poco più che indifferente. Ma in primo luogo  non ho nessunissima voglia di disfarmi del tuo cadavere se dovessi crepare di inedia. In secondo, se continui con queste stronzate di non mangiare e non alzarti nemmeno dal letto diventi un impiccio. Non posso gestire delle indagini e fare il modo che non tiri le bacchette allo stesso tempo. Quindi fai il minimo per renderti utile al nostro scopo per piacere.” Mi illustra il punto della situazione con disinvoltura.

E’ un discorso sensato il suo. Crudele ma sensato.

Lo fisso un po’ inebetita. Mi riesce difficile credere che abbia davvero solo quindici anni.

“Che hai? Ti sei offesa?” Mi domanda speranzoso.

Faccio spallucce.

“No. Niente affatto.” Replico. E non sto mentendo.

Lui sbuffa, chiaramente deluso.

In quel momento una cameriera troppo truccata sbatte con malagrazia la mia ordinazione sul tavolo.

Hot-dog e birra media.

Inizio a sbocconcellare il mio panino di malavoglia, sotto lo sguardo vigile di Mello.

“Lo mangerò tutto, piantala di tenermi gli occhi addosso.” Borbotto infastidita.

Lui non distoglie lo sguardo, felice di aver trovato un sistema per darmi sui nervi.

Per distrarmi tracanno una generosa sorsata di birra.

“Vacci piano con quella roba. Ci manca solo più che ti ubriachi!”  Si oppone allarmato.

“Io non sarò tua madre ma tu senza dubbio non sei la mia. Quindi non rompere.” Metto in chiaro.

Per un po’ nessuno dei due parla mentre io consumo il mio pessimo pasto.

Un ottimo incentivo per fare la spesa domani.

Terminata la cena, sbircio il mio bizzarro compagno di sottecchi. E’ intento a rosicchiare il suo amatissimo cioccolato assorto nei suoi pensieri.

“Toglimi una curiosità, come ti sei procurato quel documento falso?” Gli chiedo a bruciapelo.

“ In cambio di favori.” Controbatte con noncuranza.

Strabuzzo le palpebre, allibita e incapace di spiccicare una sola parola.

Lui se ne accorge e esclama tra il furibondo e il costernato:” Ma cosa ti dice il cervello? Parlavo di furti e altri lavoretti del genere.”

“E questo dovrebbe farmi sentire meglio?” E’ il mio turno di inalberarmi. Anche se in realtà sono sollevata.

“ Quei documenti servono a entrambi. E ci servono anche soldi.” Mi fa presente pratico.

“Come ti ho già detto, da parte ne ho.” Gli rammento.

“Non basteranno per l’indagine che devo svolgere.  E non è solo una questione economica. Si tratta di contatti.” Afferma deciso.

“Come può tornare utile invischiarti nella criminalità organizzata?” Domando scettica.

“I mezzi tradizionali mi sono preclusi da quando ho lasciato la Wammy’s House. E’ Near che ne ha la totale esclusiva adesso.  Quindi bisogna trovare una via alternativa. Kira uccide i criminali no? Di conseguenza  loro devono aver raccolto un sacco di informazioni sul suo conto per cercare di tutelarsi.”

E’ perfettamente coerente. Ma inaccettabile.

“Non ci sto. Non posso tollerare che un ragazzo della tua età metta a repentaglio la sua vita per un mio…” Farfuglio combattuta tra il desiderio che raggiunga l’obbiettivo e gli scrupoli morali per il modo in cui intende perseguirlo.

“Ma non capisci? Lo farei comunque!” Taglia corto lui già di nuovo prossimo a dare in escandescenze.

“Allora perché diavolo mi sei rimasto appresso tutto questo tempo?” La domanda sorge spontanea.

Lui abbassa gli occhi, perdendo istantaneamente il suo agguerrimento.

“Perché è un po’ come avere vicino una parte di lui.” Confessa a voce talmente bassa da essere appena udibile.

Lo capisco. Dio se lo capisco.

“Per me è lo stesso.” Gli vado in soccorso.

“Davvero?” Improvvisamente sembra quel che dovrebbe essere. Solo un ragazzino.

Annuisco.

“A volte me lo ricordi un po’.” Mi sorprendo ad aggiungere pur accorgendomi di essermi addentrata in un territorio pericoloso. Parlare di Lui è rischioso per me.

Mello però sorride. Sorride davvero. Sembra totalmente un’altra persona privo della sua abituale espressione irrequieta.

“Tornando a noi ti ripeto che non mi piace affatto che tu ti vada a impegolare con dei malviventi.” Torno alla carica un po’ perché la faccenda mi preme davvero e un po’ perché non sono in grado di sostenere ancora a lungo quel sorriso aperto e cristallino. Preferisco il solito grugno.

“Il fine giustifica i mezzi.” Obietta lui continuando, mio malgrado, a sorridere.

Mi arrendo e smetto di guardarlo perché in quel momento, mi ricorda Lui in maniera insopportabile.

 

*

Una volta a casa la prima cosa che faccio è alzare il riscaldamento al massimo.

Effettuata quell’operazione,  mi rendo conto di non avere idea di cosa fare.

E’ la prima sera  dopo settimane che non sono rintanata in camera inconsapevole del susseguirsi delle ore.

Di conseguenza mi trovo spiazzata.

Mello non mi rivolge la parola perché l’ho costretto ad abbandonare la moto rubata e tornare indietro in tram.

Per tutto il viaggio non ha fatto che ripetermi che odiava quel mezzo, me e le mie pretese del cazzo.

Insieme agli autobus, alle metropolitane e alle automobili. Praticamente tutti i veicoli con un tetto.

Sostiene che lo facciano sentire inscatolato.

Una persona con delle reazioni normali probabilmente l’avrebbe già massacrato di botte.

Per fortuna di entrambi non è il mio caso.

Visto che la televisione non mi attira e non ho libri da leggere, decido di estrarre dal fondo di una delle mie valige il mio blocco da disegno, inutilizzato da mesi.

Prima di cominciare  tempero meticolosamente la matita.

Non penso a nulla mentre i primi tratti affiorano sulla superficie del foglio.

Lascio vagare la mano e la mente, entrambe libere.

Poi riconosco il viso che sto abbozzando senza nemmeno rendermene conto e sussulto.

Emetto un verso strozzato ritrovandomi a contemplare i Suoi occhi e quella massa di arruffati capelli neri che non si curava mai di tenere sotto controllo.

Immediatamente accartoccio il foglio e lo butto per terra.

Mello, che ha assistito alla scena senza che me ne accorgessi, lo raccoglie e senza degnarlo di un’occhiata lo getta nell’immondizia.

Gliene sono grata.

“Puoi fare un ritratto a me. A patto di distruggerlo non appena è finito.” Butta lì.

Io mi limito ad annuire.

Poi mi concentro sul suo volto per riportarlo sulla carta il più fedelmente possibile.

*

“Sei brava.” Mi dice mentre si contempla raffigurato sul foglio. Poi lo straccia. Ha un’espressione curiosa tuttavia nel compiere quel gesto. Quasi di rimpianto.

“ Grazie.” Replico io semplicemente.

Sono esausta, ma è una stanchezza sana rispetto al consueto.

“Così è questo che fai.” Osserva ancora lui scartando una nuova tavoletta di cioccolata.

Io gli scocco un’occhiata interrogativa.

“Per vivere intendo.” Aggiunge staccandone un morso sostanzioso.

“Che facevo.” Rettifico io.

“Come conti di fare adesso?” Mi chiede evidentemente in vena di inquisizioni, masticando rumorosamente.

“ Mio nonno mi ha lasciato dei soldi. Finché durano penso niente. Poi si vedrà.”

Caspico da me che come piano non è incoraggiante.

“E i tuoi genitori?” Vuole ancora sapere.

“Non ci parliamo.” Lo rendo partecipe.

“Ah.”

“E’ una storia banalissima in realtà. Ho abbandonato giurisprudenza per dedicarmi al disegno e a loro non è andata giù.” Spiego tranquillamente.

“Avresti fatto bene ad accettare l’eredità.”  Dichiara Mello senza preamboli.

“Perché tu l’hai fatto?” Obietto io.

“No.” Ribatte.

Ci guardiamo negli occhi una frazione di secondo.

Poi, senza una ragione precisa, scoppiamo a ridere come dei pazzi.

 

 

 

 

Note dell’autrice:

MyRose: Come sempre non ho parole per esprimere come il tuo apprezzamento per il mio modo di scrivere mi renda felice e orgogliosa! Grazie davvero mia cara! Augurandomi che questo capitolo non ti deluda, ti abbraccio forte! (Non ti aspettavi che sarei stata così celere dopo mesi di attesa vero? XD Bacissimi

Nuit: Ciao! Mi fa molto ma molto piacere che la storia ti piaccia e ancora di più che i personaggi risultino convincenti! Emily probabilmente attraverserà delle fasi in cui sarà in preda a una profonda depressione viste le circostanze, ma cercherò sempre di non rendere la lettura troppo gravosa e di sdrammatizzare con momenti più leggeri! Quanto a Light non devi preoccuparti..Anche se sono di una fazione opposta (XD) la sua figura in questa fan fiction sarà solo marginale per cui ti anticipo già che non corre rischio di essere ucciso da Emily che poverina è proprio un po’ malmessa per riuscire nell’impresa..Ma ora basta spoiler che sennò ti passa la voglia di leggere…Alla prossima cara ^_^

  
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