Sei
L’auto di Thomas era una
vecchia e sgangherata Punto del ’96 che teneva l’anima coi denti. Per tutto il
giorno i due erano stati a cercare informazioni sulla scomparsa di Daniele.
Andarono prima a casa dei genitori di lui, dove c’era stato suo padre che aveva
risposto alle domande in tono veramente molto sconsolato, e sua madre che
restava in silenzio a cercare di farsi passare la voglia di piangere mentre
serviva loro una tazza di caffè. L’acconciatura e il generale aspetto di Thomas
furono un deterrente per l’interrogatorio, perché il padre continuava a
guardare quel ragazzino e a farsi tante domande.
-Ma lei non è un po’
troppo piccolo per fare il detective, giovanotto?- chiese il signor Melandri.
A quella domanda, Thomas
appoggiò la penna e fece un largo sorriso. –Quanti anni mi darebbe lei?- chiese
al signor Melandri. “Più che anni, io ti darei l’ergastolo” pensò divertito Alberto, sorseggiando il suo
caffè e cercando di trattenere una risatina.
-Beh, lei non ha …
diciassette anni?-
-Oh, cielo! Mi ha dato un
anno in più di quanti me ne danno di solito.- Ridacchiò Thomas. Il signor
Melandri invece non ci trovò niente da ridere.
-Ne ho ventitré.- concluse
infine Thomas. Il signor Melandri si scusò prontamente.
-Non ha nulla di cui
scusarsi, non è poi così male essere considerati giovani.- lo rassicurò Thomas,
riprendendo a scribacchiare i suoi appunti.
-Ditemi la verità- chiese
il Melandri allungando le mani verso Alberto e Thomas e facendo correre il suo
sguardo preoccupato prima sull’uno e poi sull’altro –c’è qualche possibilità
che mio figlio sia stato assassinato?-
Alberto guardò Thomas, e
questi gli restituì lo sguardo con un’alzata di sopracciglia, come a dirgli
“non lo so”. Poi si prese la responsabilità e rispose –Non possiamo ancora
saperlo, Signor Melandri. Stiamo ancora indagando. Lei non può fornirci qualche
particolare in più?-
-Che cosa dovrei dirvi di
più- ribatté l’uomo –lei è un amico di mio figlio, dovrebbe conoscere meglio di
me cosa faceva il mio Daniele- poi si rivolse verso Alberto –e lei è un suo
collega, oltretutto dell’ufficio personale. Se non sapete niente voi, mi
domando cosa potete volere da me…- Concluse, tenendosi la testa tra le mani.
*****
-Non sono un
investigatore, ma di certo so che non sta bene importunare i familiari di uno
scomparso.-
Incurante delle parole che
aveva detto Alberto, Thomas cambiò marcia e sterzò il volante imboccando una
via laterale.
-Mi hai sentito?- lo
sollecitò Alberto.
-Tu devi imparare a
rilassarti, tesoro.-
-Non chiamarmi tesoro! Non
sono il tuo boyfriend, capito?- rispose Alberto stizzito, mentre incrociava le
braccia sul petto e guardava fuori dal finestrino.
-Ho in mente un paio di
idee. Ma non sono sicuro che potrebbero piacerti, quindi non te le dico.- senza
farsi vedere, Thomas fece un sorrisetto di chi la sa lunga. Alberto non
rispose, perso nei suoi pensieri. Thomas gli scoccò un’occhiata.
-Ehi, non te la sarai mica
presa perché ti ho chiamato “tesoro”, no? Guarda che era del tutto amichevole…-
-E adesso perché ti
giustifichi?-
-Ma su dai, un po’ di
collaborazione, santo cielo! Dopotutto ti sto aiutando a cercare il tuo
ragazzo, e…-
-Non mi pare che siamo
andati a cercare lui.- ribatté Alberto, stringendo i denti per il nervoso e
stringendosi nelle spalle per il freddo. –non ce l’ha il riscaldamento, questo
catorcio?-
Thomas accese il
riscaldamento della sua auto e si fermò ad un semaforo. –Logico, no? Vorresti
cominciare ad indagare su un caso vecchio? Meglio cominciare ad indagare da uno
più recente, non credi?-
In quegli attimi ad
Alberto vennero in mente tante cose. Cose che aveva pensato quando il suo
Nathan non ci sarebbe stato più. Giocare a carte, oppure coltivare un qualche
hobby… o dedicarsi al volontariato. Ma erano tutte cose che pianificava di fare
da anziano, sempre posto che fosse morto Nathan prima di lui. Invece non si
sapeva nulla… Nathan era solo scomparso come una bolla di sapone, ed in quel
momento lui e quello strano tipo dai capelli rosso fuoco lo stavano cercando.
Due anni in solitudine ad aspettarlo cominciavano a pesare sulle spalle di
Alberto, il quale stava già dando segni di squilibrio e per questo si era
rivolto ad una psicologa. A proposito, fra qualche giorno avrebbe avuto il
terzo appuntamento… Ma gli sarebbe veramente servito uno strizzacervelli? Lui voleva
solo il suo Nathan… il suo adorato fidanzato.
-Un euro per i tuoi
pensieri.- disse ad un certo punto Thomas, interrompendo il flusso mentale di
Alberto.
-Pensavo.. a Nathan.-
Sollevando delicatamente
il piede dalla frizione, Thomas fece riprendere la marcia alla sua auto. Per un
lungo attimo restò in silenzio, e Alberto lo guardò. Non era poi così brutto,
anzi era veramente molto carino. Chissà come sarebbe potuto essere un ragazzo
del genere a letto? Dopo che l’aveva picchiato così selvaggiamente il giorno
prima, fantasticò sul fatto che Thomas fosse un ragazzo molto coccolone e
tenero, che per il suo ragazzo avrebbe dato tutto. Immaginò quanti ragazzi o
ragazze lo tallonavano all’Università, e di come sarebbe stato difficile avere
un fidanzato come lui. Più che altro per gelosia di un eventuale partner. A
volte i ragazzi troppo belli causano gelosia, e lui lo sapeva. Anche lui era
stato geloso di Nathan, non era forse vero? Certo, che lo era stato. Quando il
bel Nathan era dovuto andare a Bologna a fare i suoi saggi di danza, circondato
da tutti quei cicisbei di ballerini suoi colleghi (così magri e atletici come
Alberto non era mai stato - lui che era leggermente sovrappeso e che in
educazione fisica aveva sempre avuto un quattro fisso), ad Alberto era venuta
una crisi di gelosia. Si era messo a piangere fra le braccia di Nathan,
dichiarandogli la sua frustrazione per essere brutto e grasso, e la sua paura
di perderlo in favore di un ballerino più carino. Allorché Nathan gli aveva
accarezzato la testa con quelle mani così dolci e gli aveva sussurrato “E tu
credi davvero che io ti lascerei per una di quelle donne mancate?” ridendo. “Tu
sei molto più uomo di loro, e oltretutto… molto più bello ed intelligente.
Quelli non sanno leggere nemmeno la loro busta paga, tu invece sai tutto di
lavoro e cose così… Ma dove lo trovo io un altro come te, Alberto?” aveva poi
concluso, guardandolo con quegli occhi chiari che riuscivano sempre a
stregarlo. Poi l’aveva baciato, ed insieme avevano fatto l’amore… Ma se fosse
stato un altro ragazzo, meno comprensivo, cosa sarebbe successo?
-Devi amarlo proprio
molto, se non riesci a smettere di pensare a lui, non è così?- chiese Thomas.
-Già… Il fatto è … Il
fatto è che …- annaspò, non trovando le parole -…è che lui riusciva a capirmi.
Non sono mai stato bravo a tirarmi su da solo, benché ci abbia provato e
riprovato nel corso della mia vita. Lui oltre ad essere un fidanzato, era anche
un amico per me…- Concluse, con lo sguardo basso verso le sue scarpe. Thomas
aveva ascoltato tutto, e annuì con un sospiro. Alberto lo sentì.
-Thomas?-
-Sì?-
-Tu sei mai stato
fidanzato?- gli domandò Alberto.
-Ti pare che un bel pezzo
di figo come me possa mai essere stato solo?- Rispose ridendo Thomas. Alberto
sbuffò. Possibile che Thomas fosse sempre ironico su qualunque cosa?
-Rispondo io per te. La
risposta è sì.- riprese Thomas, e Alberto ci rimase di stucco. –Ho avuto alcune
storie di una sera. La più lunga è durata un anno e mezzo, ed è terminata
perché il mio ragazzo era molto geloso.-
-Ah… sì?-
-Sì. Io cercavo di essere
il più presente possibile, dividendomi tra lo studio, il lavoro part-time che
avevo come correttore di bozze presso una casa editrice di Bologna, e lui… Ma
per lui non era mai abbastanza.- Sospirò Thomas, lasciando avvertire ad Alberto
che doveva essere proprio innamorato di quel tizio. –Il guaio era che io ne ero
innamorato, di questo deficiente. E non volevo rassegnarmi a lasciarlo.- cambiò
nuovamente la marcia, scuotendo la testa. –Così ci pensò lui. Un giorno trovai
una sua lettera nella mia cassetta della posta, da parte sua. Diceva che era
stanco di essere soltanto un passatempo per me, che lavoravo e studiavo, e così
si era messo con un altro ragazzo raccattato chissà dove.- ridacchiò amaro
–Spero solo che adesso sia felice.-
-Tu lo sei?- domandò
Alberto.
Thomas si strinse nelle
spalle. –Non lo so. Non ho mai provato una dimensione di felicità tale da
sentirmi felice o infelice. Mi sento… normale, direi. Sono troppo intelligente
per stare giù.-
-E anche modesto, a quanto
pare.-
Thomas fermò l’auto.
Alberto riconobbe il parcheggio adiacente il cinema.
-Che battuta del cavolo.
Scendi, andiamo a fare qualche indagine sul campo.-
Detto ciò, Thomas scese
dall’abitacolo e chiuse lo sportello dolcemente ma con decisione. Tentando di
slacciarsi la cintura di sicurezza, Alberto guardò nei sedili posteriori
dell’auto. C’era Nathan che lo guardava con le braccia conserte. “Stiamo
preparando il terreno ad una bella scopata, non è così, Alberto?”
-…Nathan…-
“Non ti preoccupare, non
sono geloso. Spero solo che ti divertirai.”
Udì soltanto questa ultima
frase e poi chiuse gli occhi. Quando li riaprì, vide che l’abitacolo era vuoto,
ma in compenso, fuori, nel parcheggio, c’era Thomas che stava parlando con
qualcuno. Decise di scendere, se non altro per riscuotersi da uno strano
torpore che gli era venuto all’improvviso.