Certe volte le donne hanno bisogno di una spalla su cui
appoggiarsi, senza piangere. Semplicemente un caldo contatto umano che le
rassicuri su cosa stanno facendo, sulla direzione che sta prendendo la loro
vita.
Certe notti hanno bisogno di dormire e certe altre di fare l'amore per sentirsi
vive.
Certe notti Mira si sente sola e ha solo voglia di alzare il bavero della giacca
e uscire fuori, affrontare la notte con tutte le sue paure, ticchettando un
morbido tango di irrequietezza sul cemento della propria città.
Certe volte Mira si sente di nuovo bambina e osserva le cose che la circondano
con l'occhio ingenuo e veritiero che hanno solo i piccoli.
When you try your best but you don't succeed, when you get what you want but not what you need, when you feel so tired but you can't sleep...
Adesso vorrebbe solo volare via, perchè è già sprofondata.
Troppo in basso per cadere ancora.
E' appena arrivata nella sua città, e per la prima volta le è parso di respirare
di nuovo. Ha trattenuto il fiato per tutti quei giorni, si è immersa in oceani
che non le appartenevano e ne è uscita fuori boccheggiante, pesta e indolenzita.
Si guarda attorno disorientata, cercando cambiamenti che non ci sono stati, se
non dentro di lei.
Guarda quella coppia come si stringe, non sono carini?
Guarda quella tipa, sta male, ha bevuto troppo.
Mira osserva perchè il suo lavoro.
'Sei una guardona'
E tu sei uno stronzo! Alza la testa verso il cielo, sta cadendo una pioggerellina
sottile che le inumidisce appena il viso. Le lacrime le scaldano gli occhi,
annegandoli in una pozza celeste.
Guida piano fino alla stazione di polizia. Deve farsi vedere. Devono sapere che
è ancora viva.
When the tears come streaming down your face, when you lose something you can't
replace
When you love someone but it goes to waste, could it be worse?
Attraversa la stazione e nessuno la ferma, nessuno la guarda.
E' come se fosse invisibile. Arriva davanti all'ufficio di Bronx e sta per
bussare quando se lo ritrova di fronte in procinto di uscire per tornare a casa.
Mira lo osserva aspettando di nuovo quel colpo allo stomaco
che le veniva ogni volta che lo incontrava... ma non sente nulla.
E' anestetizzata.
"Ciao ispettore" mormora mentre lui alza la testa e le spara in faccia due occhi
penetranti e sorpresi.
L'impatto visivo la fa vacillare: si, c'è qualcosa... un lieve dolore allo
stomaco che le fa salire le lacrime sempre di più fino ad annacquare la figura
imponente di fronte a lei.
"Mira! Ma quando sei arrivata?!" sbotta studiandola da capo a piedi "perchè
nessuno mi ha avvisato?! "urla nel corridoio facendo affacciare parecchi
poliziotti. Mira fissa l'ufficio aperto davanti a se e lo trova esattamente come
l'ha lasciato.
"Andava meglio così, vero?" sussurra indicando la stanza senza alzare gli occhi
su di lui.
"Si, molto meglio. Ma gli occhiali li porto ancora" mormora facendola accomodare
dentro e chiudendo la porta.
"La lasceresti aperta?"
Il tono era affrettato, Bronx la guarda senza capire ma l'accontenta. Mira si
muove a disagio: un altro posto che non le appartiene."Beh... sono viva. Sto
bene" sussurra torcendosi le mani "vado a casa, adesso"
Si muove barcollando verso l'uscita quando la voce calma di Harvey la blocca
"posso accompagnarti? Fa finta che sia la tua scorta personale"
Mira annuisce accennando un sorriso e un attimo dopo sente la mano sfiorata.
"Mi fa piacere che tu stia bene. Ero molto preoccupato per te" borbotta
abbassando la voce per non farsi sentire dagli agenti che transitano
casualmente.
Mira lo guarda con l'occhio pesto: è sempre più difficile tenere a bada le
lacrime mentre le accarezza la mano e la stringe nella sua, con
quell'espressione impenetrabile che va ammorbidendosi, quando la vede 'gocciolare'
all'improvviso.
Tears streaming down your face when you lose something you cannot replace
Harvey la stringe delicatamente ma quando Mira gli affonda fra le braccia,
disperata. L'avvolge in un abbraccio protettivo che la consola solo in parte.
Chiude la porta e li isola dal mondo esterno, continuando ad abbracciarla. Non
sa confortare la gente, lui. Ma va bene lo stesso se non parla, vero?
"Mira... ti porto a casa io. Va bene?"
Sente la sua testa muoversi e non ha capito se un assenso o sta solo
utilizzandolo per asciugarsi le lacrime.
E' disturbata da qualcosa che non riesce a capire, ma in quel momento non si
pone domande. Si lascia trascinare fuori restandogli aggrappata e abbassando la
testa per non farsi vedere in quelle condizioni. Sente il suo cuore che batte
violento sotto l'orecchio e lo stringe con forza, staccandosi solo quando
arrivano al parcheggio.
Si guarda attorno mordendosi le labbra e stringendo le braccia attorno al corpo.
Ha un freddo tremendo. "Harvey, vado da sola, non disturbarti" sussurra
bloccandolo. La guarda incredulo mentre la donna alza una mano e lo saluta
correndo via, verso la macchina parcheggiata poco distante.
***
Una donna che ha subito un grosso shock non ha molta voglia di parlare e di socializzare. Non ha voglia di dare spiegazioni e non ha voglia di sentirsi chiedere continuamente 'come stai'.
Per la prima volta in vita sua, ringraziò per essere sola al
mondo. Si rintanò nel piccolo appartamento che non le era mai parso più
confortevole e pianse così tanto da arrossarsi gli occhi e irritarsi le guance.
Fece una doccia, infilò il pigiama più stupido e adolescenziale che aveva e si
raggomitolò sotto le coperte, tirandole fin sulla testa.
E pensò a Lucas.
Fu svegliata da un trillare insistente, allungò la mano verso il telefono e
maledì la persona dall'altra parte del microfono.
Bronx restò muto per qualche istante e poi si qualificò, facendole aprire gli
occhi del tutto.
"Ti ho svegliata?"
Mira guardò la parete sulla quale spiccava un quadro marino e non
rispose.
"Stai ...bene?"
"Certo" mentì meccanicamente. "Stavo dormendo"
Harvey guardò la pendola nel salotto con aria incupita. Erano le undici di
giovedì sera. "Hai mangiato?"
"No" biascicò tirandosi a sedere.
Quelle risposte telegrafiche lo misero in allarme "ti va..."
"No" sbottò in fretta "non penso uscirò di qui per la prossima settimana"
Harvey storse la bocca a quel tono fiacco e depresso "volevo dire... ti va di
mangiare qualcosa con me? Sono un bravo cuoco"
"No, grazie."
Restò a guardare la cornetta che mandava il segnale di libero e con molta
cautela l'appoggiò sulla forcella. Non è molto incoraggiante....
***
"Kenny, accidenti a te! Tira giù quei piedi dal divano!!"
"Che palle!"
"Guarda che ti ho sentito!"
"E lo ripeto anche: che palle!"
Un violento ceffone arrivò sulla testa dell' uomo facendolo
imprecare "la finisci, strega? E 'casa mia e metto i piedi dove mi pare"
"Non quando ci sono io, moccioso"
Kenneth scrutò la figuretta snella e magra di fronte a se e le
fece un gestaccio col medio teso "ma non poteva capitarmi una sorellina ammodo
come tutti gli altri?"
La ragazza sorrise malignamente e gli diede un altro scappellotto, stavolta
leggero. "Non poteva capitarmi un fratello con qualche bell'amico da
presentarmi? Ti rendi conto che in 25 anni di vita, non mi hai mai presentato un
bel ragazzo? Ma dove li scegli gli amici, dal settore maschi usati e atrocemente
fallati?"
Victoria gli tirò scherzosamente la guancia, dimentica dell'atroce mal di denti
che lo affliggeva da giorni "oddio, scusa!" sghignazzò ridendo fra i denti
quando lo sentì grugnire e lo vide portarsi una mano alla bocca "vuoi uccidermi?
Dillo se vuoi la mia morte!" urlò muovendo troppo a mascella e acuendo il
dolore.
"Ma è cariato! Devi andare dal dentista a fartelo togliere" strillò nelle
orecchie del ragazzo che fece un balzo dalla poltrona sulla quale era
comodamente stravaccato con il portatile sulle ginocchia.
"Non ci penso proprio! Non mi faccio strappare via i denti! Oddio... non farmi
parlare, oddio quando fa male.." piagnucolò con aria comica.
"Piuttosto, hai trovato un lavoro come si deve?"
Kenneth strinse gli occhi per un momento e abbozzò un sorrisetto isterico "sto
cercando.."
La ragazza sbattè le mani sui fianchi e poi le sollevò la cielo "quella povera
donna di nostra madre starà rivoltandosi nella tomba! Ma non potevi drogarti
come tutti?"
"Costa! E noi non abbiamo un soldo da parte."
Victoria lo fulminò con lo sguardo mentre scavalcava il bracciolo e gli toglieva
il portatile dalle gambe prima di travolgerlo con la sua furia "Hai 29 anni, hai
gettato la laurea nel cesso e non hai uno straccio di lavoro! Io ho 25 anni e
mando avanti la baracca anche per te! Il minimo che potresti fare è fare la
spesa di tanto in tanto e presentarmi un amico carino."
Domino sogghignò con dolore "sei troppo cessa per piacere ai miei amici"
La ragazza sospirò forte e ringhiò fra i denti, rimediandosi uno sguardo
d'intesa. "Se non alzi quelle chiappe secche e non esci a cercarti un lavoro, ti
tolgo le chiavi di casa e ti mando a dormire alla stazione" ruggì facendolo
balzare in piedi in fretta, inciampare sul cavo dell'alimentazione del computer
e franare rovinosamente a terra.
"E stai attento che non hai più l'età per certe cose!" Lo rimproverò con il naso
per aria e le labbra strette 'a culo di gallina' come affermava il
fratello.
Domino mugugnò fra i denti e restò seduto in terra a guardare lo schermo del pc
che recava il suo suo ultimo record. Uscì dal gioco, dopo averlo preventivamente
salvato, e facendosi strada fra la marea di icone che ne affollavano il desktop,
aprì una cartella gialla.
Dopodomani ci sarebbe stata un grossa grossa partita giù nei
bassifondi. Poteva farci un salto, imbrogliare un pò e portarsi a casa qualche
sostanziosa vincita.
A Blackjack non lo batteva nessuno.
***
Chissà perchè quella volta che era tornato a casa, i cani erano scappati. Molto
probabilmente era stato il padre a sbarazzarsi di loro. Lucas ci rimuginava
ancora su mentre preparava le sue maschere migliori.
L'annuncio era scomparso dal giornale, segno che la 'sgomberi specializzati' era
al lavoro e momentaneamente non riceveva altri incarichi.
Si muoveva con destrezza e rapidità, soppesando le armi e le pallottole con le
mani, valutando il peso e l'ingombro che potevano dare sotto il giubbotto
pesante. Adorava l'inverno solo per quello.
Il segnalatore non pulsava più, ma lui conosceva a memoria la via di Mira. Era
un bel quartiere, tranquillo e senza troppe pretese.
Sarebbe stato tranquillo ancora per poco.
Lucas caricò l'ultima arma e la ficcò dietro la cintura dei pantaloni,
coprendolo con il giubbotto.
Jack Tempesta uscì dall'appartamento con passo veloce e allo stesso tempo
nervoso. C'era sempre quella strana frenesia che lo coglieva ogni volta che si
accingeva a compiere un lavoro.
Un certo formicolio nelle gambe e nelle mani che stringevano e rilasciavano il
volante dell'auto mentre guidava nervosamente per le viette e s'inoltrava in
vialoni larghi e trafficati.
Era la serata giusta per uccidere.
Prima si liberava di lei e prima sarebbe riuscito a sbarazzarsi di quella
fastidiosa irrequietezza che aggravava la sua insonnia.
Mi dispiace, occhioni blu, la salute prima di tutto!