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Autore: Rowena    08/11/2010    5 recensioni
Remus Lupin ha fallito, è stato scoperto e cacciato dalla comunità di Licantropi, ovviamente dopo aver pagato la sua colpa. Severus Piton si trova suo malgrado a prendersi cura di Lupin, per ordine di Silente. Ninfadora Tonks ha saputo del ritorno di Lupin e si è precipitata a casa sua. Situazione esplosiva? Oh, sì. [Seguito di Tullamore Dew]
Genere: Commedia, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'Whiskey irlandese e patatine fritte a parte'
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Angoletto dell'autrice: Sì, avevo detto che questo capitolo sarebbe arrivato mooooolto presto. Ne ero seriamente convinta, quando l'ho detto, ma inaspettatamente mi sono incartata. Perché come dice una mia amica, la fregatura delle frecciatine è che potrebbero continuare all'infinito, e io avevo isogno di impedirmi che la cosa si cristallizzasse troppo. Il finale di questa storia mi piace, ne sono molto soddisfatta, e spero che sia così anche per voi. Mi spiace per chi ha aspettato, ma essendo io stessa la mia prima lettrice, mi permetto di non pubblicare, se quello che scrivo non mi convince. Detto questo, buona lettura, e alla prossima storia.

Rowi

A sentire quella richiesta, il pensiero di Piton fu di compatire Lupin per la sua inclinazione a essere così tristemente monotematico.
Tonks, invece, fu sul punto di esplodere: come si permetteva, come poteva essere così insistente, curioso, e poi sostenere di non essere più innamorato di lei?
Era stanca, stanca di lottare con Remus e i suoi complessi, stanca di non capire cosa c’era ancora tra loro, di tutto quanto stava accadendo in quel mondo sempre più scuro e pericoloso.
Inoltre, la ragazza odiava l’incoerenza; certo, era lei la prima spesso a non comportarsi in maniera sensata rispetto ai suoi principi, ma non sopportava che il mago prima negasse di farsi problemi sul suo possibile nuovo compagno, solo per poi minacciare quest’ultimo alla sua prima assenza.
Certo, Piton come rimpiazzo la faceva sembrare veramente disperata… Ma di chi sarebbe stata la colpa, se fosse stata così disperata da arrivare a tanto?
Si chiedeva di cosa Remus esattamente potesse essere tanto geloso; forse del loro modo di chiacchierare che avevano instaurato così in fretta, con il professore che la prendeva in giro ma che, allo stesso tempo, sotto la solita acredine, la rispettava. Lei, d’altro canto, gli rispondeva in maniera calma e controllata, in modo così diverso dal solito, dalle sue uscite abituali…
Presa da tutti questi pensieri, Tonks guardò il suo compagno di sottecchi: il lupo forse poteva essere infuriato all’idea che lei, che nell’ottica distorta dell’istinto animale doveva essere la sua femmina, fosse andata a letto con un altro, ma conosceva a sufficienza l’uomo per sapere che soffriva al pensiero di quell’anomala complicità. Uomini, proprio strani.
«Ti ho già detto più volte che non sono affari tuoi, oltre al fatto che non c’è niente da dire», disse alla fine con voce piatta. «Non ci siamo dati un appuntamento».
Piton fino a quel momento era rimasto in silenzio, curioso di vedere come la ragazza avrebbe reagito alla richiesta del Licantropo; deluso, fece per dire la sua, quando lo sguardo di Tonks lo congelò con un chiaro messaggio per il suo istinto di sopravvivenza. Taci.
Doveva continuare a essere spettatore, dunque, e la cosa non gli piaceva affatto. Lupin dal canto suo fissava il pavimento; dalla sua faccia, però, non premetteva nulla di buono.
Cominciavano a sconfinare nel ridicolo, ne era consapevole: se ne sarebbe andato al volo, se non avesse comportato sembrare un vigliacco in fuga.
«Se non c’è stato niente, non c’è ragione di fare tante storie per raccontare», biascicò alla fine il lupastro, «inoltre, prima ho sentito di una proposta per condividere il letto, da quando per te questo è niente?»
«Forse, da quando l’attribuirvi una certa importanza mi ha portato a soffrire come un cane», ribatté Tonks sempre più acida e arrabbiata. Se Lupin non fosse stato così accecato dalla gelosia, avrebbe potuto notare i suoi occhi lucidi.
«O forse perché non c’è stato nulla più di una proposta messa lì senza troppa intenzione e rifiutata con la stessa leggerezza, Lupin», scandì con particolare attenzione a ogni sillaba Piton.
La ragazza lo fissò con odio, come se le avesse rovinato la festa.
«Per favore, quanto ancora avevi intenzione di tenerlo in sospeso con questa storia? Ci hai messo molto meno a dire di no», continuò il mago deciso a uscire da quella fastidiosa situazione il prima possibile.
«Perché, voi uomini avete il diritto di cambiare le Gobbiglie in tavola in ogni momento ed io no? Sono stufa di tutto questo!»
Remus si sentì di nuovo messo in un angolino, da parte, quasi di troppo. Sentì il morso della gelosia stringerlo, proprio come quando si era svegliato sentendoli discutere e si era alzato in silenzio, per origliare.
Non aveva capito, inizialmente, credeva di essere sotto l’effetto delle pozioni di Piton e di stare sognando. In fin dei conti, perché Tonks avrebbe dovuto parlare con lui?
Si detestavano, era palese a tutti… Perciò, perché quel tono confidenziale, quasi da amici, ben oltre il solito modo che avevano di discutere come persone che non speravano altro che la disfatta reciproca?
Si era alzato lentamente, assicurandosi di non produrre rumore, facendo attenzione perché non saltassero le medicazioni. Il dolore era atroce e il suo istinto non era stato particolarmente felice di essere messo a dormire forzatamente. Era una cosa che gli dava sempre fastidio, prendere sonniferi e cose del genere, gli lasciava sempre una certa rabbia latente addosso.
Non aveva voluto credere alle sue orecchie, all’inizio, neanche per considerare la possibilità che quello che stava udendo fosse vero. Il lupo avrebbe voluto saltare nella stanza, combattere, far abbassare le orecchie a quel rivale inaspettato in qualunque modo possibile… Beh, trattandosi di Piton forse anche il suo lato cosciente e umano lo desiderava, a volte.
Poteva capire che Tonks fosse così decisa a non rispondergli? Sì, aveva un carattere tale, con quello che avevano passato insieme e che lui soprattutto le aveva fatto subire, ma non si sarebbe mai aspettato che Ninfadora potesse godere nel vederlo stare sulle spine a quel modo.
Razionalmente, era davvero convinto che la strega avesse il diritto di fare ciò che più le andava, ma essendo ancora innamorato di lei… Per Merlino, si sentiva impazzire al solo pensiero che un altro la toccasse.
«L’ho portato al pub dopo una riunione dell’Ordine», ammise la ragazza con riluttanza, sentendo improvvisamente il bisogno di liquidare quella storia in fretta. «C’era la Luna Piena e io non voleva stare sola, ma allo stesso tempo non mi andava la maggior parte della gente che era a Grimmauld Place. Immagino che tu mi capisca».
Sì, certo, era lo stesso motivo per cui in un qualche e strano modo si era sentito sollevato, malgrado tutto, quando era stato Piton a varcare la sua soglia, mandato da Silente. I loro amici erano tutte brave persone, ma avevano la tendenza di lasciarsi andare alle frasi fatte, senza neanche cercare di capire la situazione dal loro punto di vista.
Buona parte dei membri dell’Ordine, pur apprezzando entrambi, non trovava accettabile la loro relazione.
Tuttavia, Remus non riuscì a fare altro se non a porre una domanda stupida. «Al pub? Il nostro?»
«Sì, il nostro, è dietro il numero 12 e il personale è abituato a vedere personaggi abbastanza strani da non farsi problemi alla nostra vista», rispose Tonks senza guardarlo negli occhi. Sapeva cosa intendeva il suo uomo: la stava silenziosamente accusando di aver portato Piton in un posto loro, dove avevano passato delle belle ore sia con Sirius che da soli.
«Qual è il problema, ho profanato il vostro posto segreto?», domandò con scherno Severus, capendo a sua volta cosa disturbasse il Licantropo.
Remus strinse i pugni, cercando di controllarsi.
«Smettila di essere così odioso; avevamo un accordo, mi pare».
«Davvero? Non mi pare comprendesse anche il tuo lunatico fidanzato».
Ripresero a battibeccare, mentre il padrone di casa li osservava, sempre provando un certo disagio, quando la vista gli si annebbiò, si sentì mancare all’improvviso…
«Remus!», esclamò Tonks notando che era privo di sensi, prima di rivolgersi a Piton. «Che cos’ha?» la ragazza corse a soccorrerlo, visibilmente spaventata; l’aveva visto cadere di colpo, senza che neanche provasse a fermare il proprio corpo prima di finire a terra.
Il mago la scostò sbuffando, per accertarsi delle condizioni del suo paziente. «Sai quando dicevo “è ferito, stanco, dorme per recuperare le forze”? Ecco, era esattamente questo che temevo».
«Non sei divertente», commentò lei tornando a fissare il povero Licantropo.
«La medicazione è a posto, ma sarebbe più saggio rimetterlo a letto. Effettivamente, tutte queste emozioni non sono la medicina migliore per le sue condizioni».
Se non ci fosse stato l’uomo che amava a terra e bisognoso d’aiuto, Tonks avrebbe preso a pugni il suo ex professore di Pozioni come riteneva che meritasse; come poteva essere così meschino? Lei era certamente responsabile dello stress di Remus, ma non era la sola!
«Stai zitto e dammi una mano», biascicò stizzita, mentre afferrava il corpo del mago per un braccio, sotto un’ascella, per tirarlo su.
Piton scosse il capo: «Rischiamo che la sua ferita si riapra, in questo modo. Lascia fare a me, io non ho problemi a usare la magia».
«Potresti evitare», fu il sussurro della giovane strega, mentre guardava l’altro che estraeva la bacchetta da una tasca e faceva levitare Remus fino alla sua stanza da letto. Riconobbe che, se fosse stata lei a compiere l’incantesimo, lo avrebbe lasciato cadere a metà strada, o almeno lo avrebbe fatto scontrare contro gli spigoli delle pareti, pasticciona com’era, eppure…
Si sentì inutile, come spesso le capitava in quel periodo, e non poté fare altro che seguire Severus nella camera e attendere il suo responso.
I due mozziconi di candela accesi sul comodino illuminavano sinistramente il volto emaciato del mago svenuto, le sue profonde occhiaie e diverse rughe che la ragazza non ricordava così profonde. Era stata così egoista da concentrarsi su ciò che avevano lasciato in sospeso alla sua partenza, sul proprio dolore, sull’angoscia che aveva provato in quei mesi… Ma cosa aveva affrontato l’uomo che amava, in quel lungo periodo d’isolamento da qualunque persona che provava affetto e stima per lui?
Piton gli aprì la camicia e controllò le bende, che almeno esteriormente apparivano pulite. «Sì, la mia fasciatura è a posto, ma immagino che questo idiota stia soffrendo parecchio, tra un attacco di gelosia e l’altro; quando sono arrivato qui era allo stremo delle forze, perciò non mi sorprende che sia caduto in quel modo».
Senza commentare, Tonks si sedette sul letto e prese una mano del mago tra le sue e se la portò alle labbra; a quel contatto, Remus aprì gli occhi, cominciando a riprendere conoscenza.
«Dora…»
«Non parlare, stupido. Mi hai fatto prendere un colpo, lo sai?», gli domandò con un filo di voce. «Come ti senti?»
«Peggio di prima, conta come risposta?», replicò con voce impastata.
Tonks si voltò verso l’altro uomo, che nel frattempo si era scostato dai due, e gli domandò se in tutto quel ben di Dio che aveva fatto portare ci fosse un po’ di brodo. «Deve mangiare».
«No, ho voglia solo di carne», disse Remus lentamente, quasi vergognoso.
«Un po’ di brodo di pollo ti farà bene e metterà d’accordo tutti», fu la replica gentile della ragazza, che ripeté la sua richiesta implicitamente con lo sguardo al mago. Piton decise che non era il momento di polemizzare, in fondo il Mannaro non poteva ancora concedersi il lusso di tirare le cuoia, e andò in cucina a cercare quello che aveva chiesto la strega.
Fece con tutta la calma che gli era possibile, osservando con cura ogni piatto sul carrello e assaggiando qua e là le pietanze che aveva visto qualche ora prima sulla tavola degli insegnanti a Hogwarts, prima di concentrarsi sul brodo. Lo scaldò un poco con un tocco di bacchetta – per un attimo gli venne in mente di portarlo a temperatura di ebollizione per fare un tiro mancino a Lupin, ma ci ripensò subito all’idea della reazione di Tonks – cercò un cucchiaio nel primo cassetto della credenza e si apprestò a tornare in camera.
Era sulla soglia, quando vide che i due piccioncini erano ancora come li aveva lasciati, ma evidentemente avevano approfittato della sua assenza per passare a un discorso più intimo e personale. Sussurravano, sempre tenendosi le mani, e senza staccare lo sguardo dal volto dell’altro.
Si fece forza per entrare, sentendosi davvero di troppo, e posò la ciotola sul comodino accanto alle candele senza parlare, poi tornò in salotto. Un ultimo sguardo alla coppia e vide Tonks che prendeva il cucchiaio e con una risata tentava di imboccare il lupastro.
Perché quella fitta al cuore, così improvvisa? Piton non riusciva a capire. Razionalmente era consapevole di non aver minimamente bisogno di quel genere di attenzioni, anzi, un comportamento del genere dalla ragazzina che fino a qualche minuto prima difendeva la propria indipendenza sentimentale… Sì, gli provocava il solito senso di nausea che lo coglieva quando scopriva qualche coppia di studenti nascosta tra i cespugli o negli angoli più bui dei corridoi per scambiarsi qualche acerba e immatura effusione romantica.
Eppure, in qualche modo la scena a cui aveva appena assistito lo faceva sentire in difetto, oltre che pieno d’invidia. C’era stato un tempo in cui aveva voluto una persona accanto a sé che si prendesse cura di lui, che lo amasse… Aveva scelto un’altra via, però, che quella persona non poteva accettare.
E alla fine, alla fine si era macchiato del sangue di quella persona.
Lily.
Stava avendo una vista di quella vita di coppia che forse avrebbe potuto avere e a cui aveva rinunciato per inseguire l’illusione del potere?
Fu proprio in quel momento che ricomparve Tonks in punta di piedi. «Ha mangiato qualcosa e ora si è rimesso a dormire… Spero che riesca a riprendere le forze».
«Forse gli farebbe bene prendere un’altra dose di sonnifero».
«A meno che tu non abbia un sedativo da Licantropi...» commentò la ragazza un poco annoiata. «Credo che nel suo stato i normali calmanti da umani non gli facciano effetto».
«Non gli cantare la ninna nanna, ti prego».
Se Tonks non fosse stata consapevole che Remus stava dormendo e che aveva bisogno di silenzio, avrebbe attaccato una scenata: si lasciò cadere sul divano occupato prima dal suo compagno, invece, guardando Piton con disprezzo.
«Stai perdendo tutti i punti che hai guadagnato l’altra volta, sappilo», commentò poi tornando a guardare in direzione del corridoio.
Piton alzò le spalle, prima di servirsi un bicchierino di whiskey. «Secondo te la cosa mi sconvolge tanto?»
«Secondo me sì, ma in fondo in qualche masochistico sistema godi nell’allontanare tutti da te».
Il sapore amaro del liquore e soprattutto l’alcol gli bruciarono la gola. Come faceva quella ragazzina a leggergli dentro con tale facilità? «Non so di cosa parli».
«Farò finta di crederti, o forse ti concederò il beneficio del dubbio».
«Non dovresti legarti al dito le battute in questo modo».
Fu Tonks ad alzare le spalle, con un sorrisetto. «Tu non dovresti essere così stronzo, ma nessuno è perfetto. Ora prendi il cappotto e usciamo».
«Perché, vuoi ripetere l’esperienza al pub così da dare un ulteriore motivo di disperazione al tuo ex fidanzato?», domandò Piton con scherno. Lo aveva stupito sinceramente come Lupin era rimasto turbato dal luogo scelto da Tonks per la loro chiacchierata: la ragazza aveva detto che ci si era recata spesso con lui e con Black, quand’era vivo, quindi probabilmente era diventato il santuario dei ricordi del povero martire… Non gli importava.
La strega però sembrava decisa a non farsi mettere i piedi in testa: «No, perché Remus ha bisogno di riposare ed io non voglio fare altre scenate».
«E se avesse una crisi? Le sue condizioni non lo fanno pensare, ma potrebbe peggiorare…»
«Ho lasciato il mio Patronus di sentinella, non è il più bello esteticamente ma non fallirà». Era legato ai ricordi felici con Remus, d’altronde, non sarebbe svanito neanche tra centinaia di Dissennatori.
Tonks si alzò per prima e s’infilò il cappotto, intimando al mago di fare altrettanto.
«Eri pronta a fargli la festa, poco fa, ora che è successo?»
«Oh, posso aspettare qualche giorno, il tempo perché si sistemi e possa discutere per bene», commentò con aria distratta la strega; forse nel delirio o nella scarsa lucidità delle sue condizioni, Remus aveva parlato a ruota libera in quei pochi minuti d’intimità che si erano concessi. Non era arrivato ad ammettere che aveva fatto un grosso errore ad abbandonarla com’era successo, ma forse ci sarebbero arrivati.
Certo la sua lotta per vivere l’amore che voleva non finiva lì, ma non era il momento, non davanti a un soggetto come Piton, che avrebbe poi usato qualunque parola udita contro di loro.
Scesero le scale della palazzina continuando a lanciarsi frecciatine velenose, com’erano abituati a fare, e allora la ragazza capì: quella sera al pub, il mondo si era ristretto a loro due.
Due individui soli che cercavano un po’ di calore, anche se non nello stesso senso. L’ingresso di Remus in quel delicato equilibrio aveva sbilanciato quei pochi compromessi che avevano raggiunto.
E la loro strana, assurda intesa non era comprensibile dall’esterno, bastava vedere come l’idea di una proposta per passare la notte insieme aveva sconvolto Remus. Lui non era presente in quel vicolo, pensò, non aveva sentito né visto come Piton si era fatto subito da parte nel vedere come non era interessata.
Scesero in strada e Tonks osò dare una spintarella a quel bacchettone insopportabile, libera finalmente di sfogarsi senza doversi preoccupare di dare fastidio. Piton sembrò poco contento, ma la freddò con un’altra battutina, prontamente rispedita indietro.
Come si poteva avere apprensione sulla natura del loro rapporto? Avevano solo trovato un modo per non uccidersi a vicenda ogni minuto!
Quando Tonks si voltò, tuttavia, vide che non solo Remus non si era addormentato, ma era alla finestra e li stava fissando. Riconobbe la sua sagoma illuminata appena dalla luce delle candele, ma non il suo viso. Poteva solo pensare che stesse immaginando il peggio.
«Cos’hai visto nei suoi occhi, Ninfadora?», le chiese Piton notando cosa aveva attirato la sua attenzione.
«È confuso», rispose con una vocina sottile sottile, «non credo sappia nemmeno lui cosa sente».
Silenzio. Il mago non sapeva cosa dire, anzi, si stava chiedendo perché s’interessasse di quello che le passava per la testa.
«Allora ci salutiamo l’altra volta, con una stretta di mano e via?», domandò la ragazza con aria più indifferente. Che la serata l’avesse sconvolta era fuori questione, ma che volesse darlo a vedere… Era un altro problema.
«Fai tu: la mia proposta è sempre valida, lo sai».
Tonks scosse la testa, senza sapere se arrabbiarsi o ridere della situazione. «Perché, portarmi a letto dopo questa serata significherebbe qualcosa di più? No, per carità: se Remus lo venisse a sapere, ti avrei sulla coscienza».
Piton aveva la faccia di chi non credeva di essere più di tanto in pericolo. «Addirittura?»
«Per me possiamo anche fare una prova», disse Ninfadora guardando il cielo. Un sottile spicchio di luna brillava tra una miriade di stelle, lontanissimo. «Poi però non dirmi che non ti avevo avvisato».
«È un rischio che non ho intenzione di correre. Allora buonanotte, Ninfadora», rispose con garbo distaccato il mago. Era stanco, voleva andare a dormire; una pozione per un sonno senza sogni così da accantonare i pensieri di quella sera e via.
«Buonanotte, pipistrellone», sghignazzò la ragazza prima di Smaterializzarsi. Ricomparve non ai confini di Hogsmeade, come il mago suppose, ma molto più vicino di quanto potesse immaginare.
Nella stanza, Tonks notò che Remus si era rimesso a letto e, senza dire una parola, si stese accanto a lui, dopo essersi tolta gli stivali.
«Se l’è bevuta», mormorò qualche minuto dopo allungando un braccio a cingere l’uomo, che le dava le spalle.
«Potevi andare via con lui».
«E dove? Preferisco stare qui, e Piton è una compagnia da sorbire a piccole dosi».
Remus le prese la mano, felice e allo stesso tempo ancora preso… Dalla gelosia, da quale sentimento amaro? Non lo sapeva.
Le aveva confessato di avere gli incubi ogni volta che chiudeva gli occhi e lei aveva deciso di fermarsi a dormire lì, per aiutarlo a cacciarli via.
Aveva voluto ribadire che non sarebbe cambiato niente tra loro, e Tonks aveva sghignazzato. «Ho capito, ho capito, ma se lo ripeti ancora una volta, vado davvero da Piton!»
Pensò a quell’uomo solitario e acido, che sarebbe rimasto in quella condizione per sempre. Non era riuscito a dirgli che, secondo lei, nessuna l’avrebbe mai guardato come faceva Lily – ne era abbastanza convinta – ma forse qualcun’altra avrebbe potuto trovare del buono in lui e amarlo, a suo modo. Non lei, ma qualcuna forse sì. Gli avrebbe fatto così bene…
Non l’aveva detto perché era certa che Severus non avrebbe voluto ascoltare. In fondo, chi era lei per giudicare un altro testardo?
Si strinse a Remus, che borbottò qualcosa d’incomprensibile, e chiuse gli occhi. Era felice che la sua ostinazione indicasse un destino diverso. Lei avrebbe combattuto, oh sì.
Non sarebbe arrivata a mangiarsi il mezzo limone che rimaneva sempre a fare la muffa nel frigo, mai, né avrebbe permesso che il suo cuore facesse quella triste fine.
 
 
   
 
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