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Autore: Love_in_London_night    18/11/2010    8 recensioni
Lei cercava la faccia che più la faceva sentire a casa, specialmente quel giorno.
Lui aveva scelto di ritrovare una faccia familiare in un modo alternativo.
Lei aveva scelto le caramelle perchè i pop corn facevano troppo rumore quando venivano masticati, disturbavano.
Lui, beh, aveva scelto i pop corn.
Una distanza colmata. Due chiacchere. Perchè in fondo, le stava simpatico, e le piaceva guardare i film in compagnia. Peccato per quei pop corn!
Ed era solo l'inizio...
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5

(Un)happy birthday…

Tra una risata e un caffè, una birra in un pub e una mano intrecciata nell’altra, un altro mese era passato. Ed era arrivato dicembre, portando con sé la neve.
Londra tinteggiata di bianco era magica, ancora più del solito. Le dava un aspetto soffice e ovattato, e il fumo che usciva dai camini dava l’atmosfera giusta per volersi chiudere in casa. Assomigliava tanto ad un enorme marshmallow.
Con uno scenario simile, molti animi si erano convinti che tutto poteva succedere. L’ottimismo in quei giorni era alle stelle, colpa del Natale che era ormai alle porte.
E Daphne e Tom non erano da meno.
Lei si svegliò con un sorriso, stiracchiandosi felice.
Si recò in bagno per raccogliere i capelli in una coda scomposta, giusto per non spaventarsi poi quando avrebbe acquistato la lucidità necessaria per specchiarsi e, purtroppo, giudicarsi.
Doveva fare colazione al meglio, aveva bisogno di energie.
Mentre addentava una fetta di pane con la marmellata cercò il numero facendo scorrere la rubrica. Arrivata al suo nome, schiacciò il verde.
- Pronto? – rispose Tom dopo pochi squilli.
- Taanti auguri a teee, taaanti auguri a teee, taanti auguri a Toom… tanti auguri a teeee! – e rise delle sue note stonate – Buon compleanno!
-Grazie Daph! Ti sei ricordata – sorrise felice.
Lei era un po’ offesa – Perché avrei dovuto dimenticarlo? Guarda che la mia memoria funziona benissimo. Se mai è la tua che inizia a cedere qualche volta… ora che hai anche un anno in più... – aggiunse sadica.
- Ehi! Non vale! Solo perché ho un anno in più rispetto a te – bevve un po’ di succo – Allora mi confermi tutto?
Daphne arrossì – C… certo. Alle 8. L’indirizzo te lo ricordi?
- Si! Allora a stasera – rispose lui su di giri.
- Ancora auguri! Ora scappo, ho un sacco di cose da fare! – ed era vero.
La aspettava una lunghissima giornata, e una ancor più lunga serata.
Doveva pulire casa, comprargli il regalo, preparare la cena, e soprattutto la torta.
Perché aveva deciso: quel giorno, il 21 dicembre, anche se era il compleanno di Tom, lei si sarebbe presa il suo regalo. Al diavolo tutte le carinerie! Era tempo di passare ai fatti, e l’avrebbe baciato. E se lui l’avesse respinta, beh, amen! Almeno poteva dire di averci provato.
Tom appoggiò il succo e si stappò una birra, meno adatta all’orario – le nove e mezza – ma decisamente più consona al suo stato d’animo. Non era un alcolizzato, ed infatti non gli era mai capitato di bere così presto, ma era dannatamente nervoso. Doveva distendere i nervi.
Ingollandola direttamente dalla bottiglia, si appoggiò allo stipite della porta guardando sconsolato il suo armadio aperto, che riversava il suo contenuto per terra, formando una massa informe molto preoccupante.
Sbuffò. Quel caos si aggiunse ad altro caos. I vestiti puliti ma non piegati si erano riversati su quelli sporchi e ugualmente non piegati. Si avvicinò scoraggiato a quel disastro, sollevando una camicia hawaiana di dubbio gusto. Era un regalo di Robert e gli altri ragazzi. No, ricordando l’occasione, non era il vero regalo, ma una grande tirata per il culo. Il vero regalo stava dalla parte opposta rispetto a dove stavano loro, e gliel’avevano fatto sudare con una caccia al tesoro.
No, non andava. Doveva trovare qualcosa di decente da mettersi per la serata.
Odiava quel genere di cose. Odiava ancora di più pensare a come doversi vestire.
Era ancora più nervoso perché aveva deciso: quella sera, si sarebbe preso il suo regalo. Avrebbe baciato Daphne. Era stufo di aspettare l’occasione perfetta, non si sarebbe mai presentata. Così si sarebbe preso quello che voleva. Era un uomo, doveva dimostrare di aver le palle. Doveva tentare l’intentato. Anche a costo di essere respinto.
Tutto questi pensieri gli facevano contorcere lo stomaco per l’ansia. Non avrebbe retto alla pressione di quella giornata.
Grazie a Dio c’era la birra. L’unica sua alleata.
Mentre Tom rimuginava su argomenti tipicamente femminili, Daphne aveva indossato una fascia per tenere lontano i capelli dagli occhi, e aveva lustrato casa da cima a fondo.
Guardò il risultato ammirata, congratulandosi con se stessa.
Era pronta per fare un salto a prendergli il regalo – giusto un pensiero – e tornare a casa per cucinare, farsi una doccia, e prepararsi per la serata.
Si mise una felpa e una tuta sotto al caldissimo parka, ed uscì senza la fascia alla flashdance.
Era nervosa al solo pensiero di dover tornare , ma era consapevole che per una volta aveva la certezza che un suo regalo potesse risultare gradito, e si precipitò ad accaparrarselo, ignorando la paura.
Mezz’ora dopo si ritrovò molto soddisfatta seduta ad un tavolo di EAT. Davanti aveva un panino e accanto aveva un borsina con la confezione regalo. Era ora di pranzo e tutto stava andando per il meglio. Poteva concedersi un sospiro di sollievo.
Prima di addentare il panino, controllò che dentro non ci fosse finito accidentalmente dell’aglio. Le piaceva, e tanto anche, ma non era la giornata giusta per mangiarlo.
È vero, voleva stordire Tom. Ma con i suoi baci, non di certo con il suo alito pestilenziale.
Tom, dal canto suo, era a pranzo dalla sua famiglia. I genitori erano felici di vederlo a casa. Era in salute, aveva lo sguardo luminoso ed era meno scorbutico del solito. Non potevano chiedere di meglio.
Anche Arthur e Matilda si godevano la piacevole compagnia del fratello maggiore. Da quel che potevano ricordare, non era mai successo.
Tom, dal canto suo era disteso e rilassato. Il pranzo stava andando per il meglio, e non aveva ancora battibeccato con qualcuno.
- Artie, sei cresciuto – gli disse prima di vedere il suo cellulare vibrare ed illuminarsi.
- Dimmi tutto Nick – era il suo agente.
- Ciao! Tantissimi auguri – disse in tono sbrigativo – Ora veniamo alle cose serie
Tom non sentiva bene Nick, guardò il display mentre si spostava vicino alla finestra. Dannazione! La batteria era quasi scarica, il segnale lampeggiava pericolosamente.
- Dove sei?
- A casa dei miei, sai com’è… sto festeggiando! – il tono del suo agente non gli piaceva per nulla.
- Bene. Resta lì. Ti passo a prendere tra mezz’ora. Tra meno di due ore ci imbarchiamo su un volo transoceanico – e sbuffò – Rob ha avuto una crisi di nervi. La Summit ha preteso che tu in questi giorni gli stia vicino. Penso che sia anche colpa di Kris. Da quanto ho capito, servi tu per mediare la situazione, e per attenuare i gossip.
Tom stava per ribellarsi, ma lui non glielo permise – E Bill Condon ha detto che vuole parlarti, penso voglia scritturarti per il suo prossimo film. Oh no, non ringraziarmi!
Il moro stava per ribattere – Ma, veram…
Nick glielo impedì – Na na na! Niente ma. Ci vediamo tra mezz’ora. A tra p…
Il telefono di Tom si spense. Provò a riaccenderlo, ma questo non diede segni di vita.
Più arrabbiato di prima lo scagliò sul divano, e raggiunse la sua famiglia al tavolo, con l’umore più nero che mai.
Avrebbe voluto chiamare Daphne per avvisarla, ma non conosceva il suo numero a memoria, e quest’ultimo era sul suo telefono, ormai morto. Conosceva solo il suo indirizzo, ma purtroppo, una lettera era fuori luogo, e un piccione viaggiatore non era disponibile.
Doveva aspettare la sacca che Nick gli preparava per avere il carica batterie, ricaricarlo in aeroporto, e chiamarla.
Mezz’ora dopo era davvero in auto con il suo agente, pronto a partire per l’altra parte del mondo con una sacca di fortuna.
- Nick, hai preso il mio carica batterie? – chiese frugando tra i vestiti.
- No! Ecco cos’ho dimenticato! – disse spiccio – Va beh, se qualcuno ti vuole contattare chiama sul mio. E se proprio ti serve il tuo, compreremo il riduttore in America.
- No cazzo! Vedi che non capisci! – rispose Tom scagliando un pugno contro la maniglia dell’auto, facendo un gran rumore.
- Ehi! Cos’ho detto?!
- Niente, lascia perdere – disse a denti stretti, più arrabbiato che mai.
Non c’era soluzione.
Doveva telefonarle una volta atterrato. Si arrese all’evidenza.
Si stava pentendo di non avere nemmeno un account in un fottutissimo social network, in qualche modo avrebbe potuto rintracciarla. Invece no! Zero profili da controllare, e in più non si erano scambiati nemmeno l’e mail.
Daphne stava finendo di impastare la torta. La mise in forno, ed intanto preparò la glassa.
Erano le cinque ed era in perfetto orario.
Dopo si sarebbe fatta una doccia, truccata un poco e vestita in modo carino. Niente poteva andare storto.
Tom salì sul volo e chiuse gli occhi. Voleva immaginare la serata che si sarebbe perso. Ma non voleva pensare a ciò che Daphne potesse pensare.
Fece finta di addormentarsi per non ascoltare le hostess e il suo agente. Aveva mal di testa. Era tutta colpa del nervoso accumulato, non poteva farci nulla.
La verità era che odiava deludere una persona come Daphne, non lo sopportava. Aveva paura di perderla.
Perché l’amava, e non poteva negarlo.
Avrebbe voluto urlarglielo, avrebbe voluto chiederle scusa, ma non poteva far nulla, era intrappolato in una gigantesca scatola di ferro in cima all’oceano Atlantico.
Gli mancava la sua risata. La sua presenza era fondamentale, e mai come in quel momento, l’aveva capito.
La sua sola vicinanza lo faceva sorridere, sentire felice. E lui felice non si era mai sentito completamente.
Era la sua giornata di neve.
Perché quelle erano le sue preferite, quelle che gli scaldavano il cuore.
Daphne si stava guardando allo specchio: i capelli erano lisci ma vaporosi, le ciglia coperte da uno strato di mascara. Indossava dei jeans stretti che le fasciavano le gambe e un maglione troppo grande, che le scopriva una spalla. Per concludere calzava dei tacchi. Li adorava, ma appena Tom avrebbe manifestato la sua presenza, se li sarebbe tolti.
Li adorava, ma non li sopportava.
Poco prima delle otto, aveva spedito Lilian fuori casa, dicendole di tornare non prima dell’una. Sapeva che era impossibile rimanere fuori così tanto di martedì sera, ma aveva delle amiche che potevano ospitarla, e potevano farle questo favore.
Erano le otto e dieci, ed era nervosa. Sapeva che Tom era un ritardatario cronico, e stava approfittando di quei dieci minuti in più per sfornare la cena ed aggiustare in un bel piatto la torta.
Erano le otto e cinquanta, e di Tom nemmeno l’ombra. Si stava mangiando le unghie per l’ansia, mentre lanciava occhiate furtive alla cuffia impacchettata, appoggiata sulla sedia che era destinata a lui. Perché non aveva chiamato per avvertire? Gli era successo qualcosa di brutto?
Abbassò lo sguardo e fissò i tacchi, abbandonati sul pavimento.
Erano le nove e mezza, e ormai aveva mangiato la sua parte di cena.
Le lacrime le riempivano gli occhi, e ricadevano sulle guance lasciando segni che bruciavano la pelle. O così sembrava. Non pensava che Tom potesse comportarsi in quel modo. Non credeva che potesse abbandonarla per andare a festeggiare con i suoi amici e qualche sconosciuta avvicinata in un pub, senza nemmeno una telefonata per avvisarla.
L’ansia aveva ormai lasciato posto alla rabbia, e con le dita rovinò la scritta che aveva decorato in cima alla torta. Il gesto, l’aveva fatta sentire meglio, ma solo un po’.
Aveva provato a chiamarlo, ma aveva il cellulare staccato.
Smise di lacrimare, e si concesse una fetta del dolce.
Alle dieci e quaranta cedette ad un pianto disperato, che dava libero sfogo al suo dolore. Chiamò Lilian per spiegarle quello che le era successo, la rivoleva a casa. Aveva bisogno di un’amica.
Nell’attesa continuò a piangere, ledendosi la gola con un nodo che le fermava il respiro.
Perché le sanguinava il cuore al solo pensiero di contare così poco per lui.
Perché semplicemente la sua assenza era insopportabile, ed il suo gesto meschino. Perché lei lo amava, e in cambio aveva ricevuto un pugno di mosche.
Non l’aveva mia scoperto fino ad allora, ma l’amore faceva schifo. Ora ne aveva le prove.
La porta si spalancò, e Lilian corse dalla sua amica, stesa sul divano – Tesoro! Sono sicura che ha avuto un valido motivo per non venire.
- Si – disse tra un singhiozzo e l’altro – Non mi ama.
Lilian strinse di più l’abbraccio, non dicendo nulla.
 
- Buon compleanno! – disse Robert accogliendolo all’aeroporto.
- Ciao, grazie – rispose con quanto più entusiasmo riusciva.
- Ehi ehi ehi! Che succede? Ti è morto il gatto? – e sorrise.
Tom lo guardò con occhi vacui – Hai il carica batterie del cellulare in albergo?
- Certo! Perché?
- Perché mi serve.
Tastò le tasche dei jeans per estrarne il telefono, ma non lo trovò. Nel panico, si fermò in mezzo all’aeroporto, cercandolo nella sacca. Non c’era.
Andò dritto al desk informazioni, e costrinse le hostess a fare un giro di perlustrazione sull’aereo. Nessuna traccia.
Merda! L’unico modo per contattarla era rimasto ad Heathrow, e ora qualcuno stava ricaricando il suo cellulare privo di vita.
Cosa aveva fatto di male?
Si sedette sulle poltroncine con le mani sugli occhi, punti ormai dalle lacrime. Non voleva farsi vedere così, di solito era Rob a farsi vedere piangere. Lui no.
Ma non riuscì a trattenersi. Se le lacrime venivano catturate dalle mani, i singhiozzi rotti, e le spalle scosse da questi non potevano essere attutiti in alcun modo. Rob gli mise un braccio attorno al collo, cercando di consolarlo.
Una volta ritrovata la calma Tom gli raccontò tutta la storia, e l’amico lo ascoltò in silenzio. Non l’aveva mai sentito parlare così di una ragazza, né tantomeno l’aveva mai visto piangere. Per nessun motivo.
Era quasi commosso. E in quel momento, i suoi problemi passavano nettamente in secondo piano. Si sentiva egoista per averlo voluto lì con lui in quel momento. Sapeva a cosa aveva rinunciato Tom. Eppure, non era stato lui a chiedergli di venire lì, ma era stata la Summit a costringerlo ad andare.
- Tom, mi dispiace.
- So che non è colpa tua. È il business che chiama. E noi piccole pedine, rispondiamo all’appello.
Cercò il libro nella sacca, e ne estrasse una foto – Guarda, è lei.
Erano loro due, insieme al pub. Erano ad un concerto di Bobby.
Sarebbe capitato ancora, o Daphne non avrebbe più voluto vederlo?
- È magnifica. Quasi t’invidio! – e gli sorrise appena, come solo Rob poteva sorridere al suo amico triste – Andiamo in hotel, hai bisogno di riposare. Appena dopo Natale, ti imbarchi sul primo volo per Londra. Non ti voglio qui. Voglio vedere ‘Tom il conquistatore’ all’opera. E voglio anche una chiamata in cui mi dici che l’hai baciata!
Tom sorrise. Le parole di Rob, il suo tono, riuscivano sempre a distenderlo – Grazie.
Nonostante il casino, era felice di poter essere lì. Aveva una seconda possibilità di festeggiare il compleanno, non se la sarebbe fatta sfuggire.
Al suo ritorno, avrebbe sicuramente rimediato. Cinque giorni al massimo e avrebbe aggiustato il disastro, se Daphne gliel’avesse concesso.
Daphne intanto, aveva passato varie fasi: la rabbia, il panico, la tristezza, il dolore.
Ora era in una fase tutta nuova, che si era inventata lei: la determinazione.
Si, perché voleva essere sicura di non interessare a Tom. Voleva avere la certezza che lui avesse un buon motivo per non essere lì.
L’aveva chiamato anche i giorni successivi, ma il suo cellulare era sempre staccato. Era troppo strano.
Era il 23 di dicembre. E le armi a sua disposizione erano poche, ma le avrebbe sfruttate al meglio.
Grazie a Google e ad una serata, avrebbe riacquistato un po’ della calma persa.
Avrebbe avuto risposte ad alcune domande – non tutte, era chiedere troppo – che le premevano. Era determinata a vincere la sua guerra d’amore.
Prese la borsa, la sua faccia tosta, una Lilian scettica e preoccupata ed uscì di casa, alla ricerca della verità che solo un pub le poteva dare.

_____________________

allora... se ci fossero degli errori mi scuso in anticipo, ma non l'ho riletto!
per le risposte alle recensioni, le trovate sotto le vostre dello scorso capitolo!
appena recensirete, risponderò sotto, così non prenderò più spazio alla storia, un bacio!

   
 
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