~the
lab~
[Damien]
Siamo tutti
seduti nella mensa, nonostante siano le
nove di mattina e abbiamo già finito di mangiare colazione.
Tutti i nostri
insegnanti sono al loro tavolo, cosa
che non accade praticamente mai, il che mi fa supporre che stia per
succedere qualcosa.
Un volto. Occhi
di ghiaccio, capelli radi, lineamenti duri.
Un flash
inutile, come al solito. Questo potrebbe
tranquillamente significare che incontrerò
quest’uomo oggi, domani o tra
vent’anni. Se significasse qualcosa per me forse avrei
qualche altro indizio,
ma non l’ho mai visto prima.
Queste visioni
sono come un incessante mormorio
all’interno della mia testa, e io devo essere sempre
concentrato per non vedere. Se mi
distraggo, anche per un
solo secondo, o se la visione è particolarmente forte, i
miei pensieri vengono
schiacciati e queste immagini ne prendono il posto.
Lo
odio.
Sospiro e
Vanessa mi lancia un’occhiata indagatrice.
Le faccio un
cenno con la testa e lei si volta.
Un uomo basso,
paffuto, che si inginocchia per terra in un
ristorante di lusso. “Mi vuoi sposare?”, chiede
adorante ad una donna magra e
stupita. “Sì.” Un bacio.
Stupide,
fastidiose, inutili visioni di gente
sconosciuta.
Tento di
concentrarmi sul signor Smith, che si alza in
piedi.
-Ragazzi-, dice,
-Stamattina è arrivato a scuola il
nostro nuovo preside.-
Ecco,
perché non prevedo mai cose utili come questa?
Sono passate tre
settimane dalla morte del preside
Hermann, avrei dovuto immaginarlo.
-Vorrei che
deste un cordiale benvenuto al professor
Ivan Vahel.-
La porta della
mensa si apre ed entra l’uomo che ho
visto un minuto fa. Non quello della proposta di matrimonio, ma quello
con gli
inquietanti occhi chiarissimi.
È
alto, possente, sulla cinquantina, e ci fissa tutti,
uno ad uno.
-Buongiorno-,
dice, e la sua voce è decisa, potente,
una voce di quelle a cui non puoi dire di no … se ci tieni
alla tua vita. Un
leggero accento, forse russo, si distingue se vi si presta attenzione.
Mormoriamo un
saluto sconclusionato.
-Non credo di
aver sentito.-
-Buongiorno,
signore-, ripetiamo tutti insieme, e sono
certo che abbiamo tutti la medesima espressione irritata.
Un bambino perso
in un enorme supermercato. Disperato. Dov’è
la mamma?
Scaccio la
visione dalla mia mente.
-Sono Ivan
Vahel, vostro nuovo preside. Sono stato
nominato dal presidente degli Stati Uniti in persona.- Una pausa
perché
l’informazione ci strappi un “oh” di
sorpresa … che non arriva mai. –Confido
che la nostra collaborazione sia proficua. Ho letto molti fascicoli sul
metodo
di insegnamento qui e vi anticipo che apporterò molte
modifiche. Tenendo conto
delle vostre abilità, abbiamo bisogno di una linea
più rigida e severa.-
Ma certo.
Trattengo uno
sbuffo, a differenza di Blake, che non
riesce a controllarsi.
-Ha qualcosa da
obiettare?-, gli chiede Vahel.
-No, signore-,
replica Blake con innocenza.
-Molto bene.
Voglio vedervi tra un’ora al campo di
addestramento. Sappiate che non sopporto i ritardatari.-
Guardo Vanessa
con un mezzo sogghigno. Non gli andrà a
genio, molto probabilmente.
Vahel esce e noi
andiamo nei dormitori per prepararci.
-Cosa te ne
pare?-, chiede Blake.
-Si
smonterà presto, spero-, dico.
-Nn
ss css
drrt-, bofonchia Jonathan. Si sta lavando i
denti.
-Eh?-
-Non so cosa
dirti.-
-Non
durerà a lungo.-
-Linea dura-,
sbuffa Blake. –Voglio proprio vederlo.-
Usciamo dai
dormitori, ci riuniamo alle ragazze e
usciamo dalla scuola.
Comincia a fare
freddo, e immergo le mani nelle
tasche.
Una lastra di
ghiaccio, dei pattinatori in una cittadina
indaffarata. Una caduta, tante ragazze che ridono e si prendono in giro
a vicenda.
Inutile, di
nuovo.
Dobbiamo
allungare la strada, perché da due settimane
ci sono dei lavori in corso a scuola. Stanno costruendo qualcosa nei
sotterranei.
Un laboratorio
scientifico. Vetro, metallo, provette e strani
marchingegni.
Bah. Questo
potrebbe essere ciò che stanno costruendo,
ma non ci giurerei. Un po’ troppo moderno per la mia scuola.
Raggiungiamo
l’arena, circondata da spalti, dove siamo
soliti eseguire gli allenamenti pratici.
Vahel
è in centro che aspetta. Ci mettiamo in riga di
fronte a lui.
-Voglio sapere i
vostri nomi e il vostro potere-, dice
immediatamente.
-Lily Bennett,
controllo i quattro elementi.-
-Charlotte
Miller, sono un genio.-
-Damien Knight,
chiaroveggente-, dico brevemente,
senza guardare Vahel negli occhi gelidi.
-Jonathan
Bailey, metamorfosi animale.-
-Blake Gray,
lancio scariche energetiche.-
-Vanessa Evans,
invisibilità.-
Ivan Vahel tace
per qualche secondo, riflettendo,
quindi annuisce tra sé.
-Un’ampia
gamma di poteri-, dice. –Molto bene. Voglio
una dimostrazione pratica.-
Facile a dirsi,
per gli altri. Lancio un’occhiata a
Charlotte. Questo è sempre stato il problema che abbiamo in
comune.
Comincia Lily,
facendo scaturire dal palmo della mano
destra una fiamma, e dalla sinistra una piccola cascata
d’acqua.
-Gli altri due
elementi-, esige Vahel.
Lei crea un
lieve vortice d’aria e una spaccatura nel
terreno.
-Fuoco, acqua,
aria, terra-, enumera il preside,
soddisfatto. –Bene.-
Tocca a
Charlotte. La vedo esitare.
-Cosa vuole che
le dica?-, domanda.
-La tavola
periodica degli elementi-, decide il
preside dopo un momento di riflessione.
E Charlotte,
senza esitare, comincia a citare nomi,
numeri e simboli a memoria, snocciolandoli senza problemi, come se li
stesse
leggendo.
-Ok-, la
interrompe Vahel.
È il
mio turno.
-Preveda
qualcosa che mi riguarda-, mi ordina.
Facile
a dirsi.
-Non
è così semplice-, sbuffo. –Non
… riesco a
controllarlo molto bene.-
-Sei qui per
impararlo, giusto?-, taglia corto Vahel.
–Avanti.-
Un fremito di
irritazione mi attraversa, ma cerco di
calmarmi e concentrarmi su di lui. Chiudo gli occhi e visualizzo il suo
volto
severo.
Un laboratorio,
lo stesso di prima. Al suo interno, Vahel,
intento a segnare dei dati su una tabella. Un grido che rompe il
silenzio.
Vahel sembra non sentirlo, o lo ignora completamente.
-L’ho
vista in un laboratorio-, gli riferisco. –Stava
prendendo degli appunti, e poi qualcuno ha gridato, ma lei non
l’ha sentito.-
O non
l’ha voluto sentire, mi dico, ma lo tengo per
me.
-Sì,
capisco.- Vahel sembra soddisfatto.
Jonathan, di
fianco a me, si trasforma prima in un
gatto, poi in un’aquila e infine in uno scorpione.
Per il preside
è sufficiente.
Blake prende la
mira e fa saltare in aria un sasso.
-Posso farlo con
le persone-, dice.
Infine Vanessa
scompare, e Vahel sorride.
-Come ha
precocemente scoperto il signor Knight, sto
facendo costruire un laboratorio scientifico. La mia intenzione, dato
che
nessuno dei vostri insegnanti ci ha mai pensato prima, è
scoprire le cause del
vostro potere e trovare un modo per aiutarvi a potenziarlo o a
plasmarlo
secondo i vostri desideri. In questi giorni vi convocherò
tutti, uno alla
volta, e tornerete settimanalmente. Il primo sarà proprio
lei, signor Knight.
Alle due di pomeriggio si faccia trovare nei sotterranei.-
-Sì,
signore-, dico automaticamente.
Io detesto i
laboratori. Mi ricordano gli studi di
psicologi dove i miei mi mandavano fin da piccolo, quando dicevo di
“sentire le
voci”. Solo quando ho compiuto quattordici anni ho avuto il
buonsenso di
smettere di parlarne.
Torniamo verso
la scuola e ci sorbiamo tutte le altre
lezioni. Non abbiamo molto da dire riguardo a Vahel, per ora: non ha
fatto
nulla di particolare, se non a parole.
Dopo pranzo mi
dirigo verso i sotterranei. Lo ammetto,
sono un po’ nervoso.
La luna brilla
nel cielo e una donna la guarda malinconica
dal davanzale della finestra.
Non
adesso, penso,
strofinandomi la testa con
una mano per spegnere le voci –invano.
Scendo le scale
e mi trovo davanti una porta di
metallo blindata. Decisamente fuori posto in questo college vecchio
stile,
tutto in legno e colori pastello.
Per entrare
c’è bisogno di un codice numerico.
-Bene, andiamo,
signor Knight-, dice Vahel,
arrivandomi alle spalle e facendomi sussultare.
Avrei dovuto prevederlo,
maledizione!
Digita un
codice, troppo rapido perché io possa
distinguere i numeri, e la porta si apre senza un cigolio.
Il laboratorio
è esattamente quello che ho visto nella
mia visione. Ci sono strani strumenti che forse solo Charlotte potrebbe
identificare, e superfici di metallo, divisori di vetro, calcolatrici
…
-Si sieda.-
Mi indica
un’inquietante, alta sedia di metallo che
ricorda quelle che utilizzano per eseguire le condanne a morte. Mi
siedo con
cautela, teso.
-Le presento il
signor Collins, tecnico di questo
laboratorio.-
Un uomo sbuca
fuori da dietro una parete e mi fa un
cenno prima di sparire di nuovo.
-Adesso vorrei
solo che lei lasciasse fluire le
visioni nella sua mente-, dice il preside.
Oh,
no. Questo no.
-Io le
attaccherò degli elettrodi alla testa e
registrerò le sue attività cerebrali.-
Esito, quindi
annuisco. Guardo con ansia il signor
Collins riemergere dal retro con un tubetto di gel che spalma su quelle
che
sembrano tre piccole ventose attaccate a lunghi fili. Me ne appoggia
una sulla
fronte e due sulle tempie.
Accende lo
schermo di un computer.
-Possiamo
cominciare-, dice.
Cerco di
rilassarmi e chiudo gli occhi.
Lentamente,
elimino le barriere mentali che mi
permettono di estraniarmi dalle visioni e lascio che queste fluiscano
liberamente nel mio cervello. Ho paura.
Una spiaggia
deserta, due giovani innamorati che guardano il
tramonto tenendosi per mano.
Una
città affollata, qualcuno di fretta, tremendamente in
ritardo, che rischia il posto di lavoro, e-
Tre bambini,
corrono –
Giornata di neve
–
Voci –
Un grido di
esultanza-
Un pomeriggio di
studio-
Una macchina, e
un’altra che le viene addosso, sempre più
veloce. L’impatto, dolore violento, fuoco …
-No!-, grido, e
torno alla realtà, scacciando dalla
mente quelle immagini cruente e dolorose.
Mi accorgo di
star tremando, e devo stringere i pugni
con violenza per smettere.
Apro gli occhi,
e vedo Vahel di fronte a me.
-Tutto bene?-,
mi chiede sbrigativo.
-Sì-,
mento.
-Cos’ha
visto?-
-Un incidente.-
-Studierò
i risultati-, dice Vahel. –Nel frattempo,
vorrei che provasse a prendere queste pastiglie.-
Mi porge una
confezione di carta bianca, senza nome.
-La aiuteranno a
scacciare le visioni indesiderate,
soprattutto nel sonno.-
Non ci credo.
Sarebbe troppo bello per essere vero.
Non credo di aver mai dormito per una notte intera senza svegliarmi a
causa di
una visione tremenda.
-Ne prenda due
al giorno, alle otto del mattino e di
sera. La prossima settimana mi dirà cosa ha notato.-
-D’accordo.-
Mi allontano,
poco fiducioso, ma, alle otto, prendo
effettivamente una pastiglia.
Sto mangiando
cena, e per poco non mi strozzo con il
cibo.
-Dam? Cosa
succede?-, mi chiede Vanessa, in ansia.
-Niente.-
-Va tutto bene?-
-Benissimo-,
replico.
Le voci sono
svanite.
Sento che ci
sono ancora, da qualche parte, e che, se
volessi, potrei richiamarle.
Ma adesso, per
la prima volta nella mia vita, c’è effettivamente
silenzio nella mia mente.
Non mi sono mai
sentito meglio.
Vorrei
ringraziare tutti coloro che
hanno letto il mio prologo, e in particolare Kuri che l’ha
commentato. Mi ha
fatto molto piacere leggere la tua recensione e spero che continuerai a
seguirmi!
Ho
aggiornato presto perché so che
probabilmente mi sarà difficile farlo da metà
settimana in poi, quindi mi porto
avanti con il lavoro ;)
A
presto,
Adamantina