FAIRYTALE GONE BAD
“Out of my life, Out of my mind
Out of the tears we can’t deny
We need to swallow all our pride
And leave the mess behind
Out of my head, Out of my bed
Out of the dreams we had, they’re bad
Tell them it’s me who made you sad.”
*******
A
Suzaku più dell’amore per Euphemia era piaciuto credere la loro storia fosse simile
a una fiaba.
Gli
aveva fatto comodo ritenere fosse come una di quelle che aveva ascoltato di
soppiatto mentre le narravano non a lui, ma a Nunnally. Lui era un
bambino dopotutto e suo padre non avrebbe certamente approvato se avesse saputo
che gli fossero familiari –piacevoli-
certe storie da femminuccia.
Ascoltare
di sera in sera, notte dopo notte, il ripetersi ciclico di azioni in cui i principi
salvavano il regno e le fanciulle in pericolo in un sol colpo da maestro, che
il bene vincesse sempre –dovesse sempre
vincere- era stato consolante, quel "e
vissero tutti felici e contenti" l’aveva davvero rassicurato.
Lo
aveva riempito, quel pensiero infantile, della superficiale e capricciosa sicurezza
che quella loro favola sbocciata in un’epoca in cui le principesse cercavano
ancora cavalieri, ma per il loro buon cuore e non per diventare regine, avrebbe
avuto un lieto fine.
Aveva
pensato che fosse loro dovuto in qualche modo, in quanto protagonisti buoni, perché
portatori di quel reciproco amore e bisogno desideroso di pace. I buoni in
fondo ottenevano sempre il loro lieto fine, premio e regalo del loro operato in
nome della giustizia.
Che
anche lui potesse arrischiarsi a desiderare per sé un po’ di quella felicità
che lei aveva chiaramente inteso di fargli comprendere non potesse avere senza
di lui.
Ed
era così spavalda in quella sua gioia tranquilla Euphie, timida nel modo in cui
gli prendeva la mano grattando con fare distratto coll’altra tra le orecchie di
Arthur, acciambellato sulle sue gambe comodamente. Così bella nella serenità
con cui affrontava la curiosità e le occhiate in tralice dei nobili e di
chiunque trovasse qualcosa da ridire nei loro sentimenti, che arricciava
aristocraticamente il naso al mischiarsi di quel sangue puro con quello sporco
di un fantoccio nella mani di un monarca innamorato del potere e di un’idea
infeconda.
Suzaku
amava Euphemia e il suo sorriso, il modo in cui inclinava la testa di lato e
schiudeva le labbra producendo quella sua risata chiara, sottile, il rumore di
tanti sonagli e fischi d’uccelli a riempire l’aria circostante come il profumo di
una stagione in arrivo, il suono familiare e assieme nostalgico, rinfrescante dei
fuurin lasciati appesi a tintinnare malinconici nel vuoto, campanelli al vento.
Gli
sembrava, in quei momenti trascorsi insieme a lei, di tornare indietro nel
tempo, un periodo in cui era solo un bambino e non ancora un piccolo soldato
burattino. Si sentiva bene ed era tutto così perfetto, perfetto, sì!- da sembrare irreale. Era stato assurdo pensare
sarebbe durato quell’attimo effimero, avrebbe dovuto capirlo. Lui non era mai
stato un eroe e Euphie era proprio come uno di quei fuurin.
Vetro
soffiato in colori sfumati, bello quanto delicato, che gli si era spezzato tra
le dita premendo troppo i polpastrelli nella sua struttura fragile.
Il
suo fuurin si era tramutato in pura furin
e con i cocci a graffiargli i palmi –sangue
marchiato sui dorsi e le falangi, l’odore acre e il sapore aspro della lacrime
a raschiargli la gola e il petto-, l’ombra dell’ultimo sorriso in viso, infranto
ai bordi da una disperazione gridata senza produrre suono, Suzaku aveva capito.
La sua non era
mai stata una favola o, se davvero lo era stata, non era finita come entrambi forse si erano aspettati. Ed era stato
sciocco – davvero sciocco, infinitamente sciocco- a
credere lo fosse.
Tell them the
fairytale gone bad
N/A:
http://it.wikipedia.org/wiki/Fuurin
I
fuurin sono i tipici campanellini giapponesi appesi alle grondaie durante l’estate.
Nell’ultimo paragrafo l’uso di furin, una
u, non è un errore né qualcosa di lasciato al caso. Si tratta
di una scelta stilistica e sì, per quanto macabro, un gioco di parole. Perché furin
significa per l’appunto immoralità e si riallaccia a quella che è stata la fine
– misera davvero e struggente- di Euphie.
Non
so cosa dire di questa flash tranne che la coppia trattata è probabilmente una
delle più strazianti che abbia mai visto e amato. E la disperazione di Suzaku
non può che essere velata, oltre il disprezzo per Zero, il vuoto e il desiderio
divorante di vendetta, a mio avviso, anche da un feroce senso di colpa.
Perché
forse non soltanto se fosse stato capace di salvarla proteggendola, ma anche di
non concedersi al sogno che deve essere stato sentirsi riamato da Euphie, lei
non sarebbe morta. E’ il senso di colpa dei sopravissuti, ma per chi ama e
aveva sperato in un futuro, ma soprattutto ha visto quel futuro sgretolarsi tra
le mani, il dolore deve essere inimmaginabile e inconsolabile.
Insomma
non ci sono parole. Spero di essere riuscita a rendere anche una piccola parte
di quelle che sono le emozioni di questo personaggio straordinario, un eroe
forse nero e non senza macchie certamente, pur se si rifiuta di essere
considerato come tale.
Il
titolo coincide con quello di una canzone dei Sunrise Avenue (“La favola è
finita male”) a cui appartengono le prime frasi in corsivo in alto; ho solo
pensato fosse perfetta per conciliare l’intero senso della fic.
Un
saluto a tutti voi :)