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Autore: CowgirlSara    29/12/2003    2 recensioni
Un'amicizia che sembrava finita, una ferita che la fa ripartire, e un viaggio che la trasformerà in qualcos'altro. Seguito de "La finestra sul cortile".
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima di tutto voglio ringraziare le commentatrici dei precedenti capitoli: graaaazzzziiiieee

Prima di tutto voglio ringraziare le commentatrici dei precedenti capitoli: graaaazzzziiiieee! Anche le vostre storie sono fantastiche, scusatemi se non le commento mai, ma sono una che ha poco tempo, però vi assicuro che le leggo con tanto piacere.

Godetevi un latro capitolo, ci risente in settimana per la conclusione. Grazie dell’attenzione e buon anno a tutti!

 

Sara

 

3. Telefoni e viaggi

 

E fu così che, due giorni dopo, Orlando partì. Si salutarono la sera prima, perché lui sarebbe partito con il solito codazzo di agenti, controagenti, addetti stampa, assistenti, ecc., e preferiva evitare che lo vedessero con una ragazza. Evie cercò di non offendersi, dicendosi che, in fondo, era meglio così; fu molto più persuasivo il pur leggero bacio che le diede Orlando in saluto.

Passarono le settimane, si avvicinava il Natale e Londra era un pochino malinconica... O forse sembrava a lei, perché lui non c'era...

Guardò le decorazioni nel suo appartamento: l'alberello con le lucine colorate, la ghirlanda coi rami di agrifoglio, il centrotavola dorato con la candela rossa... Sbuffò.

Non le aveva mandato nemmeno una cartolina, niente telefonate. Si disse che forse era troppo impegnato, che non poteva certo perdere tempo in telefonate intercontinentali.

Cercò di far cadere il pensiero, buttandosi a capofitto nel lavoro; inventò piatti elaboratissimi per le feste, dolci raffinati, zuppe di pesce... Ma il giorno in cui le fu chiesto di preparare il pollo al latte di cocco, le prese una di quelle botte di nostalgia da farsi sfuggire una lacrimuccia nella salsa. Ecchecavolo, non poteva sentire quegli odori caraibici e non pensare a lui!

Non sapeva che, dall'altra parte del mondo, in un'afosa isola caraibica, mentre baciava la copratogonista indossando abiti settecenteschi, qualcun altro sentiva un profondo desiderio di maiale con le mele...

Come al solito il periodo natalizio era molto intenso al ristorante; Evie già sapeva che, anche quest'anno, non avrebbe incontrato i parenti, ma, stranamente, questo non le pesava troppo come gli anni passati. Perché quell'anno c'era un'altra persona che le mancava di più.

Orlando, ad ogni modo, continuava a languire nel silenzio, come ingoiato dalle cristalline acque dei Caraibi; non una parola, uno squillo, fino a quella telefonata, pochi giorni prima di Natale...

Evie stava preparandosi le riserve; cioè, quando aveva un po' di tempo preparava cannelloni, lasagne, crepes, poi le surgelava, così da non rimanere mai senza una cena pronta ed evitare i precotti del supermercato. Orlando l'aveva lodata per questo una sera che era piombato a casa sua, affamato come un lupo, e si era sbafato tre porzioni, abbondanti, di cannelloni.

La ragazza sorrise a quel ricordo, e in quel momento squillò il telefono; Evie si pulì le mani con uno straccio, avvicinandosi all'apparecchio.

"Pronto!" Rispose, con voce stranamente allegra; dall'altra parte però, solo silenzio. Evie fece un'espressione interrogativa, fissando la cornetta.

"Ciao..." Mormorò, infine, una voce lontana.

"Orlando, sei tu?" Domandò la ragazza; improvvisamente le mani avevano cominciato a tremarle.

"Sì." Rispose lui.

"Ma sei impazzito, lì saranno le sei del mattino!" Esclamò Evie stupita.

"Quasi..." Replicò; il suo sorrisetto lo immaginò soltanto. "Come stai?" Le chiese poi.

"Io bene, ma..." Si rassegnò al fatto che con lui devi essere preparata a tutto. "Tu come va? Il lavoro?"

"Tutto bene, devo andare sul set tra un'oretta..." Rispose, però sembrava volere far cadere il discorso. "...mi manchi da morire..."

Evie rimase paralizzata, con il telefono in mano, impossibilitata a dire qualsiasi cosa; il tono con cui lo aveva detto era così triste, appassionato ed erotico insieme che si sentì mancare le gambe. Ma del resto lui era un attore, sapeva bene come usare la voce, quei mezzi toni...

"Mi manchi anche tu, Orlando..." Riuscì a mormorare infine, stringendo con tutta la forza la cornetta, riuscendo a trovare l'intonazione più calma possibile; forse quello che le era uscito suonava più atono, che calmo.

"No, non hai capito." Replicò lui. "Io vorrei essere lì con te, abbracciarti, sentire il tuo profumo... e baciarti..." Confusa, la ragazza si passò una mano tra i capelli.

Baciarla... Certo il modo in cui lo aveva detto non lasciava spazio a dubbi su come volesse baciarla; non l'aiutò il fatto di pensare alle sue labbra, che la facevano semplicemente impazzire... Le labbra di Orlando, che si muovevano sulle sue... NO!

"Se stai recitando, guarda che non è proprio il caso." Affermò improvvisa Evie.

"Non sto recitando." Ribatté subito lui, restando calmo. "E se tu mi potessi vedere in faccia lo sapresti." Oddio, non recitava, era serissimo... "Che cos'hai addosso?" Le domandò.

Evie sollevò le sopracciglia, sorpresa; e questo cosa c'entrava ora? Beh, un argomento come un altro, pur di cambiare discorso.

"Hm... un cardigan di lana grigia..." Rispose distrattamente lei.

"E sotto?" Dio, ma dove voleva andare a parare?

"Una camicetta rosa e un paio di jeans... Orlando, ma..." Non poté continuare la frase, poiché lui la interruppe.

"E allora ti bacerei, esplorando delicatamente la tua bocca, poi scenderei sul tuo collo, prima con le labbra e poi con la lingua..." Un brivido molto inteso le percorse la schiena alla sola idea; se lo avesse avuto davanti, mentre le diceva quelle cose, in quel modo, come minimo lo avrebbe sbattuto sul tappeto strappandogli i vestiti di dosso. "...e mentre faccio questo, slaccerei i bottoni di quella tua camicetta rosa, lentamente... Cosa troverei sotto?" Le chiese malizioso; la ragazza ci mise un attimo, prima di connettere.

"Un... un... reggiseno di pizzo bianco..." Balbettò Evie; non credeva a quello cui stava dando il via.

"Hmmm, questo mi piace..." Mormorò Orlando, dall'altra parte del telefono, poi lo sentì ridere sommessamente. "Siediti, sarà una cosa lunga..." Le consigliò.

 

La spirale l'aveva inghiottita senza che lei potesse far nulla per impedirlo. E dire che non si era mai ritenuta il tipo che fa certe cose. Lei e Orlando Bloom facevano sesso al telefono; proprio loro, il cui massimo contatto fisico era stata quella casta notte passata nello stesso letto, e un paio di baci a fior di labbra.

Ma non poteva essere andato a cercarsi una simpatica indigena, per sfogare la sua libido, e risparmiare quelle telefonate intercontinentali? No, smentì da sola il suo stesso pensiero, la sola idea le faceva bollire il sangue per la gelosia.

Perché, queste telefonate cambiavano qualcosa, tra loro; con una di cui non ti frega nulla  le faresti certe cose... A dire il vero, esistevano le hot-line, ma quelle le frequentavano i repressi, gli adolescenti brufolosi, non Orlando Bloom, che dove si muoveva aveva folle di ragazzine questuanti pronte a tutto per lui.

E poi, era lui ad aver cominciato, era lui quello che parlava, quello che aveva le idee; lei, per lo più, si limitava a rispondere alle sue domande, a dire 'sì' e 'continua'.

Fatto sta, comunque, che la cosa era andata avanti; le telefonate avvenivano più o meno ogni due giorni, e tutte le volte andavano oltre. Fino alla panna.

Sembrava una "normale" telefonata erotica, come molte precedenti, e invece lui se ne venne fuori con l'idea di cospargerla di panna liquida e di cominciare a mangiarsela partendo dai ca... dal seno.

A quel punto, Evie lo aveva interrotto bruscamente, chiedendogli come, continuando a quel modo, si sarebbero potuti comportare il giorno in cui si fossero rivisti dal vivo. E qui, lui l'aveva sconvolta definitivamente, dichiarando, con la più totale tranquillità, che intendeva applicare tutto quello che si erano detti.

Era il giorno di Natale. Quello che le aveva detto, nonostante l'atteggiamento noncurante, significava qualcosa; decisamente si meritava un regalo, andò a comprarglielo, glielo avrebbe dato al ritorno.

 

La settimana di Natale era un vero tour de force per Evie, poiché al lavoro era il periodo più intenso dell'anno, poi c'era da pensare ai regali, alle telefonate ai parenti, e pure a dedicare del tempo alla personale hot-line del signor Bloom. Ad ogni modo tutto sembrava procedere per il meglio, fino all'ennesima telefonata di Orlando; quel ragazzo sembrava avere una specie di sesto senso per scompaginare i programmi della gente.

Evie era in ritardo, stava cercando di infilarsi allo stesso tempo le scarpe e il cappotto, quando suonò il telefono; disperata, la ragazza afferrò la cornetta.

"Pronto..." La sua voce era più un lamento.

"Ciao, dolcezza." Quando lo riconobbe roteò gli occhi, quello non era proprio il momento.

"Orlando, oddio... sono in ritardissimo, non ho tempo per..."

"Non ti ho chiamato per quello..." Cos'era quella nota malinconica? Insospettita, Evie si raddrizzò, lasciando perdere la scarpa che non voleva entrare, ascoltandolo. "Non ce la faccio più così, mi manchi lo stesso..." Le disse con tono triste. "Molla tutto e vieni qui." La ragazza spalancò la bocca, totalmente sorpresa.

"O... Orlando, tesoro..." Mormorò infine, dopo un attimo di silenzio. "Adesso sono in ritardo e non posso parlare, sentiamoci domani, così ne discutiamo..."

"Va bene." Acconsentì lui con calma. "Ti chiamo domani mattina, ciao..."

Le aveva dato proprio un bel pensiero; quella sua richiesta continuò a frullarle per la testa durante tutto il viaggio fino al ristorante. Prendere le ferie, partire per i Caraibi, solo per raggiungere un attore che forse l'avrebbe mollata per la prima bellona del suo ambiente, sarebbe stata la cosa più affrettata, incosciente e stupida che avesse mai fatto. In quel momento, però, non vedeva nulla di più sensato... Cazzo, si era innamorata di lui!

Quella sera, appena ne ebbe l'occasione, prese da parte Michael, il suo datore di lavoro, decisa a sapere se era possibile assentarsi dal ristorante per qualche giorno.

"Ascolta, Michael..." Gli disse, in un momento di pausa. "Se io, ipoteticamente, ti chiedessi una decina di giorni di ferie, in questo periodo..." Buttò lì, titubante; lui la guardò.

"Guarda, non se ne parla, siamo oberati." Rispose l'uomo dal bel viso cordiale.

"Non te lo chiederei se non ne avessi proprio bisogno..." Insisté Evie, supplicante.

"Vabbene..." Si arrese lui. "Passato il capodanno, posso darti dal due al tredici gennaio, ma il quattordici ti voglio qui puntuale." Lo sguardo della ragazza s'illuminò.

"Grazie, mi fai un favore enorme!" Esclamò entusiasta Evie, baciando sulla guancia l'uomo.

L'umore della ragazza migliorò notevolmente durante il resto della serata, mentre progettava di prenotare il biglietto aereo; quella notte dormì serena, sognando Orlando.

Era appena uscita dalla doccia, quando squillò il telefono; guardò l'orologio, erano poco più delle nove del mattino, praticamente le cinque nei Caraibi. Era proprio fuori di testa, quel ragazzo.

"Sì?" Rispose tranquillamente, dopo qualche squillo.

"Ma dov'eri?!" Sbottò Orlando.

"Ho appena finito di fare la doccia." Spiegò con pazienza Evie, sedendosi sul divano.

"Ah..." S'immaginò la sua espressione cambiare, le sue labbra arricciarsi in un sorriso malizioso, i suoi occhi illanguidirsi. "Perciò hai addosso solo l'accappatoio..."

"Orlando, fermati." Gli consigliò la ragazza. "Devo dirti una cosa."

"Spara." La incitò lui.

"Mi hanno dato le ferie." Confessò Evie; silenzio, dall'altra parte della cornetta, come se trattenesse il respiro.

"Quando parti? Domani?!" Il tono di Orlando era diventato concitato, urgente.

"Il due." Rispose la ragazza.

"Ma è tra una settimana!" Esclamò spazientito lui.

"Meno di una settimana, e poi prima era impossibile, arrenditi." Replicò lei, decisa, ma sorrideva soddisfatta.

"Cazzo..." Imprecò arreso il ragazzo; forse si era adagiato sui cuscini. "Ma guarda che se non ti vedo qui il tre, faccio un casino." Evie rise piano.

"Tranquillo, anche tu mi manchi da morire..." E stavolta, il tono che usò, fu proprio quello giusto; lo sentì sorridere, sì, lo sentì davvero.

 

Il viaggio fu abbastanza agevole; Evie si distrasse leggendo, anche se il pensiero di rivederlo era prepotente. Il fatto d'indossare una sua maglietta lo rendeva, in qualche modo, più vicino.

All'arrivo l'accolse un cielo scintillante, azzurro terso, ed una bella giornata ventosa e non troppo calda; era comunque una gioia, dopo il gelo della Londra invernale.

Non lo riconobbe subito; il tizio con i capelli lunghi, una maglietta psichedelica ed un paio di pantaloni verde militare che gli arrivano ai polpacci, non poteva essere niente di più lontano dal signor Orlando-i'm so cool-Bloom. Poi portava gli occhiali da sole; visto così poteva sembrare un qualsiasi turista, ma quel pizzetto, quelle collanine e, soprattutto, quel sorriso, non potevano essere di nessun altro.

Evie gli si avvicinò lentamente, sorridendo, mentre teneva stretto a se il libro che aveva letto in aereo; lui la osservò a lungo, poi chinò appena il capo, abbassando leggermente gli occhiali. I suoi occhi dolci e maliziosi la colpirono in pieno, dandole i brividi.

"Ciao." Le fece.

"Ciao." Rispose lei, fermandosi davanti al ragazzo; Orlando la squadrò per un attimo.

"Quella maglietta è mia!" Esclamò poi; Evie rise, facendo un giro su se stessa.

"Non protestare!" Disse ancora ridendo. "Non ho resistito, quando ho visto nel tuo cassetto una maglietta con scritto 'Bored of the rings', e dietro quel dito medio con l'anello! Troppo forte!" Continuava a ridere, ma forse era l'emozione.

"Vabbene, puoi tenerla..." Ribatté lui, con un sorriso tranquillo. "Adesso dammi un bacio." Aggiunse poi; lei si fermò e lo guardò.

Orlando fece un passo verso di lei, prendendola per la vita, mentre con l'altra mano le carezzava il viso. "Un bacio vero." Le sussurrò sulle labbra, appena prima di coprirle con le sue. E fu vero, un bacio dolce e appassionato, che entrambi desideravano da chissà quanto.

"Bene, ora che ci siamo scambiati un bacio cinematografico, davanti a tutto lo scalo internazionale..." Affermò Evie, una volta saliti in macchina. "...immagino che mi accompagnerai in albergo." Orlando ridacchiava divertito, poi annuì.

"Sì, ti ho preso una camera." Le disse, mentre metteva in moto.

"Grazie..."

"All'inizio non volevo prendertela..." Lui guardava avanti, la ragazza lo osservò insospettita.

"Perché?" Chiese, quasi con timore.

"Beh, ho pensato che così ti avrei obbligata a dormire con me..." Sembrava concentrato sulla guida, ma la sua voce era chiaramente maliziosa; Evie aggrottò le sopracciglia, facendo un broncio strano. "...poi mi sono detto che, nella mia suite, c'è sempre un gran viavai, così..." Le lanciò uno sguardo assassino. "...era meglio se prendevo una camera anche a te, così posso venire io..."

I loro occhi rimasero incatenati, calò il silenzio; Orlando allungò una mano e prese quella di Evie, con sulle labbra un sorriso dolce.

"Guarda la strada." Gli consigliò la ragazza, continuando a fissarlo; lui accettò, tornando a guardare avanti. "Sei impossibile..." Aggiunse poi, il ragazzo sorrise. "...ma mi fai impazzire..." Questo lo disse a voce talmente bassa che lui non la sentì, coperta com'era dal rumore della strada.

La lasciò in hotel, perché lui doveva rientrare in tutta fretta sul set; la promessa era di rivedersi a cena. Evie, tra l'altro, era ancora un po' scombussolata dal fuso orario, così andò a riposarsi.

 

La ragazza, per l'ora di cena, si preparò accuratamente; indossò una maglietta con le spalline sottili, nera ed aderente, ed un paio di pantaloni ampi che le cadevano perfettamente sui fianchi. I capelli li legò in una coda alta, poi si truccò in modo leggero, un tocco di lucidalabbra e via, era pronta. Ma non sapeva cosa aspettarsi. Prese, intanto, il regalo per Orlando, almeno quello glielo voleva dare.

Lui arrivò un po' in ritardo, quando la ragazza si era già seduta al tavolo del ristorante di quel lussuoso hotel dove alloggiavano; era vestito come quella mattina, con la stupida maglietta e i pantaloni militari, ma almeno si era pettinato i capelli. Era un gran figo, nonostante tutto; Evie represse una risatina, a quel pensiero da adolescente.

"Eccomi qua!" Esclamò Orlando sedendosi, poi la osservò per bene. "Se non ci stessero guardando tutti, ti bacerei..." La ragazza fece un piccolo sorriso sbieco.

"Ne parleranno comunque, sei seduto da solo al tavolo con una ragazza..." Commentò poi.

"Una bella ragazza, specifichiamo." Precisò lui; si sorrisero. "Hai già ordinato?" Le domandò; lei negò col capo. Chiamarono il cameriere. "Io muoio di fame... Spero ti piaccia il pesce, perché qui non si mangia altro..." Le mormorò Orlando; Evie annuì.

Mangiavano da un po', quando la ragazza si accorse dello sguardo di Orlando fisso su di lei; lo guardò, con espressione interrogativa. A dire il vero non è che avessero parlato molto, fino ad allora; lui le aveva chiesto della ferita alla mano, lei aveva riferito che le avevano tolto i punti, roba così, niente a proposito delle loro pratiche telefoniche, grazie a Dio...

"Cosa c'è?" Gli chiese.

"Ho qualcosa per te." Le confessò lui; la ragazza sbatté gli occhi. "Sono andato a New York per Natale, e ti ho preso un regalo." Aggiunse.

"Non dovevi..." Mormorò preoccupata Evie; non sapeva cosa aspettarsi, ma aveva paura.

"Prendilo." Affermò Orlando, porgendole una scatoletta di velluto nero. "Non l'ho incartato, non ci so fare con queste cose..." Disse poi, un po' imbarazzato.

"Grazie..." Evie prese la custodia, ma mentre l'apriva guardava il viso del ragazzo, che le sorrideva tranquillo.

Niente di terrificante, era solo una catenina, d'oro bianco; al centro c'erano due lettere, tempestate di luccicanti pietruzze bianche, da cui partiva la catena sottile: O... e... B...

Evie la osservo attentamente, sollevandola dalla custodia; era davvero carina... Ma che cavolo pensava, quel deficiente di un ragazzo?!

"E' molto bella..." Lui sorrise compiaciuto. "Però..." Il sorriso morì, piano. "...non ti sembra un regalo un po'... egocentrico?" Gli disse, aggrottando le sopracciglia; Orlando fece un'espressione stupita.

"Perché?" Chiese, con faccia ingenua.

"Dovrei andare in giro con le tue iniziali al collo? Sembra il guinzaglio di un cane..." Lui sgranò gli occhi, totalmente sorpreso.

"Io... non... davvero, non ci ho pensato neanche..." Era decisamente imbarazzato. "Volevo solo che ti ricordassi chi te lo aveva regalato... Se avessi saputo, chessò, il tuo segno zodiacale, magari..." Sembrava rammaricato, molto, e lei si accorse di essere stata brusca.

"No, scusa..." Affermò, alzando una mano. "Mi spiace, davvero, ho frainteso..."

"No, sono io che..."

"Anch'io ti ho fatto un regalo." Dichiarò lei, interrompendolo; Orlando sollevò gli occhi e la trovò sorridente, che gli porgeva una scatolina quadrata impacchettata d'oro.

"Un regalo? Per me?" Gli luccicavano gli occhi, era molto carino, così sorpreso. "Spero che non siano un paio di calzettoni rossi..." Aggiunse, più sarcastico; Evie sbuffò divertita.

"Aprilo, e falla finita, giullare."

Orlando aprì il pacchetto con velocità, ma, quando vide l'oggetto, fece un'espressione interrogativa; sollevò la medaglietta. Aveva la forma di una piastrina da militare, ma più piccola, d'oro giallo, bordata d'oro bianco. Il ragazzo alzò su Evie uno sguardo retorico.

"Questa..." Dondolò il ciondolo. "...è per il guinzaglio?" Domandò, alzando un sopracciglio; scoppiarono a ridere.

"Oh, dai, scioccherello!" Lo rimproverò dopo un po', in modo scherzoso. "Almeno io ti ho lasciato lo spazio, così puoi farci incidere quello che vuoi!"

"Sì, scusa..." Anche Orlando smise di ridere. "Ho già una mezza idea di cosa farci scrivere..." Aggiunse, osservando il ciondolo.

Ordinarono il dessert, ma il ragazzo sembrava dare segni di cedimento. Evie lo osservava, se ne stava col capo appoggiato sulla mano sollevata, con gli occhi lucidi ed il viso arrossato; decisamente era l'immagine della stanchezza.

"Ne hai preso di sole, oggi." Commentò la ragazza, contemplando il suo bel viso cotto dai tropici; trovava che gli donasse, lo addolciva.

"Umpf..." Sbuffò Orlando, passandosi una mano tra i capelli. "...non me ne parlare, la faccia mi scotta, e pure il petto..." Mormorò poi, mestamente.

"Beh, ma tutti dovrebbero tornare dai Caraibi con un'abbronzatura atomica!" Scherzò lei.

"Altro che atomica, queste sono proprio scottature da radiazioni!" Replicò divertito il ragazzo. "Abbiamo girato tutto il pomeriggio sotto il sole..."

"Sembri stanco..." Gli disse dolcemente lei, allungando una mano e sfiorandogli uno zigomo.

"Lo sono." Ammise Orlando, stiracchiandosi appena. "Ti dispiacerebbe tanto se me ne andassi a letto?"

"Hm, bel finale, per la mia prima sera ai tropici..." Rispose Evie, levando gli occhi al cielo. "Vorrà dire che mi troverò un disponibile giovanotto locale, che m'insegni quei balli caraibici in cui si struscia bacino contro bacino..." Aggiunse, allusiva.

"Se fai una cosa del genere, domattina ti affogo in piscina." Annunciò, serissimo, Orlando.

"Andiamo, morto di sonno, ti accompagno in camera!" Intervenne lei, prendendolo per mano e facendolo alzare dal tavolo.

 

La serata terminò in camera di Orlando. Evie lo aiutò a spogliarsi, e gli passò la crema idratante. Il tutto, naturalmente, mentre si baciavano e la mani di lui s'infilavano sotto la maglietta della ragazza. Continuarono a baciarsi e accarezzarsi per un po', finché, cullato da una grande luna caraibica che entrava dalla vetrata, e dalle carezze di Evie, Orlando non si addormentò. Lei lo lasciò sorridendo, dandogli un ultimo bacio sulla fronte.

 

CONTINUA...

   
 
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