Videogiochi > Silent Hill
Segui la storia  |       
Autore: Leonhard    10/12/2010    1 recensioni
Alessa Gillespie. La strega. Considerata la figlia del demonio da tutti...da tutti? Un episodio segreto della triste infanzia della bambina sta per sorgere...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alessa Gillespie, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 4.
 
Anche quel secondo giorno, Leon fu gentile e sorridente con lei. Quando vide che sotto il suo banco non vi era altro che cartacce, le prestò il suo quaderno e la sua matita e, quando i suoi compagni le lanciarono una pallina di carta, poté chiaramente vederlo lanciare ai banchi dietro di loro un’occhiataccia. Tutti gesti che, l’indomani sarebbero cessati e si rimproverò quando si accorse che le facevano piacere. Nell’intervallo, i due mangiarono assieme.

“Senti, perché ti prendono tutti in giro?” chiese. Alessa andò nel panico: cosa poteva rispondergli? Scosse la testa e rimase in silenzio, pregando che non insistesse su questo punto. Ma in quel momento, arrivarono i suoi compagni. La bambina sudò freddo: tempismo a dir poco pessimo.

“Leon, possiamo parlarti un istante?” chiese un bambino. Lui li guardò con occhi incuriositi, poi si volse verso Alessa.

“Scusami, arrivo subito” disse. Le sorrise e si avvicinò al gruppetto. Lei rimase immobile, guardando la sua schiena. Sentiva dolore; non al corpo, ma dentro, da qualche parte. Era colpa sua.

Sapeva che Leon prima o poi avrebbe cominciato a fare come tutti gli altri compagni. Era colpa sua, se si era affezionata a lui; era colpa sua se l’aveva preso sul serio quando le aveva detto che sarebbe diventato suo amico; era colpa sua se adesso gli insulti avrebbero fatto più male perché Leon si sarebbe unito al coro.

“Devi stare attento a lei” disse un bambino, senza preoccuparsi di abbassare la voce. “La mia mamma e il mio papà dicono che è cattiva. Ti farà del male”.

“Perché sarebbe cattiva?” chiese Leon, incuriosito. “Cos’ha fatto?”.

“Lei non ha il papà” disse una bambina. “Potrebbe essere chiunque, anche il demonio. È una strega e le streghe fanno solo del male a noi persone normali. Me lo ha ha detto la mia mamma”.

“Così Alessa è una strega?” chiese Leon. I bambini annuirono. “È una strega e quindi è cattiva. E tutto questo perché, visto che non si sa chi è suo padre, potrebbe essere anche il demonio”. I bambini annuirono nuovamente. Stupendo tutti, il bambino si mise a ridere. “Quante scemenze!” disse. “Ed io che sono senza mamma cosa dovrei essere, un angelo?”. I bambini lo guardavano a bocca aperta. Alessa non poteva credere alle sue orecchie. “A me, mio padre non ha mai detto nulla del genere e quando gli ho detto che avevo conosciuto Alessa Gillespie mi ha chiesto che tipo di bambina era, non mi ha detto di starle lontano.

“Facciamo così: voi fate pure come volete. Trattatela come una strega, evitatela, prendetela in giro, fare cosa volete; io voglio essere suo amico. Punto. Al limite, il dannato sarò io e non voi”.

“Noi te l’abbiamo detto perché anche vogliamo essere tuoi amici” protesto uno di loro. Leon scosse la testa.

“Se volete essere miei amici nulla in contrario” rispose. “Ma accetterete il fatto che anche lei è mia amica e che non è diversa da me e da voi in nessun modo”.

Alessa si sentiva strana. Aveva una voglia di piangere molto più forte del normale. Eppure si sentiva felice: perché le veniva da piangere? Si era aspettata che Leon andasse con loro e poi, una volta tornato, si sarebbe spostato con la cartella accanto ai suoi compagni per prenderla in giro e lanciarle i quaderni a distanza di sicurezza: perché aveva liquidato i suoi compagni in quel modo? Perché voleva rimanere suo amico? Si rendeva conto delle conseguenze della sua scelta? Probabilmente no, altrimenti come poteva spiegarsi il suo rifiuto? In quel momento il bambino tornò a sedersi accanto a lei. Si mise dritto sullo schienale e sospirò.

“Mi hanno detto che tu sei una strega” disse. Lei si volse e rimase sorpresa nel vedere che stava sorridendo. “Assurdo, eh?”. I bambini uscirono dall’aula, borbottando qualcosa di incomprensibile.

“Guarda che è vero” mormorò Alessa. Leon la guardò con occhi sorpresi. “Io sono una strega, sono cattiva: per questo non ho nessun amico, per questo mi fanno tutti quei dispetti…non hai paura che ti lanci il malocchio o che ti faccia fare cose cattive?”.

“Tu non sei una strega” replicò categorico il bambino. “Non puoi esserlo; le streghe sono persone cattive, ma tu mi sembri solo timida: essere timidi è normale, quasi divertente”. Alessa lo guardava con occhi stupiti. “E poi, non è vero che non hai nessun amico…”.

“Scusami…” mormorò Alessa. Leon sospirò, poi sorrise.

“Non c’è nulla da perdonare” rispose. “Stavo scherzando. Comunque, credo che tu abbia bisogno di distrarti: cosa fai quando vai a casa?”. La bambina pensò alle sue giornate prima di rispondere: già, cosa faceva quando tornava a casa? Mangiava e poi si chiudeva in camera, nel suo mondo privato, dove nessuno la feriva, nessuno la chiamava strega.

“Faccio i compiti…” rispose infine.

“Sì, ok. E quando non ne hai?”. La bambina cominciò a sudare.

“Faccio i compiti”.

“Come fai i compiti?” rise Leon. “Cioè, non fai altro?”. Alessa scosse la testa.

“Chiacchiero con mia madre, disegno…”.

“Disegni?!?”. Il volto del bambino s’illuminò. “Davvero? Li hai qui?”. Lei annuì. “Posso vederli?”.

Alessa lo guardò sorpresa. Mai nessuno, oltre sua madre, si era interessato ai suoi disegni. Quella domanda le fece provare una calda sensazione, mentre una forte voglia di sorridere la prendeva. Dunque con un amico si viveva così? Si chiacchierava così? Prese l’album dalla cartella, ma quando fu il momento di porgerlo a Leon si fermò. Cos’avrebbe detto? Lì dentro c’era tutto il suo mondo, il suo piccolo paradiso privato: come avrebbe reagito lui? Prima che potesse fare qualunque cosa, il bambino le prese l’album e lo aprì. Sfogliò qualche disegno, poi sorrise.

“Alessa, disegni benissimo!” esclamò. “Sei bravissima! Guarda che paesaggio! E questa? Questa sei tu? Ma guarda che carina! Senti, devi assolutamente fare un disegno anche per me!”.

“Non so…” rispose lei, spostandosi imbarazzata una ciocca di capelli dalla fronte. “Cosa vuoi che ti disegni?”. Leon richiuse l’album e glielo porse.

“Quello che vuoi!” rispose. “Tanto non farebbe differenza: sei talmente brava che qualunque tuo disegno, sono sicuro, mi piacerà da matti”.
Calore, il cuore che batteva, un calore insopportabile al viso: tutte sensazione perfettamente sconosciute ad Alessa, che si chiese se per caso non le fosse venuta la febbre. Annuì timidamente, abbracciando l’album.

“D’accordo” rispose. Leon le porse il mignolo. Lei sussultò.

“Promesso?” chiese, sorridente. Lei guardò la mano del bambino, poi la sua. Vedendola in difficoltà, Leon acciuffò il mignolo e lo incrociò con il suo. “Si fa così”. Alessa non aveva mai avuto un mignolo destro così bollente. Annuì nuovamente.

“Promesso…” sussurrò.

 
ECCO, COSI’ DOVEVA SUCCEDERE A SILENT HILL. CHE DIAMINE, ALMENO UN AMICO ALESSA SE LO SAREBBE MERITATO. BEH, DOPOTUTTO, SIAMO QUI PER CREARE CIO’ CHE I PRODUTTORI DEL GIOCO NON HANNO FATTO, NO?
SCUSATE IL RITARDO, MA SEGUIRE SCUOLA, LAVORO, ESAMI…NON LO AUGURO A NESSUNO…COMUNQUE, PROSSIMAMENTE IL PROSSIMO CAPITOLO.
RECENSITE IN TANTI!
CIAO!
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Silent Hill / Vai alla pagina dell'autore: Leonhard