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Autore: Giulia K Monroe    12/12/2010    15 recensioni
E se Harry Potter avesse avuto una sorella minore?
E se Sirius Black non fosse stato catturato e portato ad Azkaban?
Cosa sarebbe successo alla storia più amata di tutti i tempi? Scopritelo leggendo!
***
All'improvviso lo sguardo opaco, grigio metallo sporco, si accese. Luminoso e carico di rabbioso odio, si riversò su quello della ragazza, che trasalì spaventata.
Alexis fece per indietreggiare, ma lui non glielo permise: lasciata scivolare la mano da sotto le sue, le aveva artigliato le spalle con una presa tanto violenta da farla gemere per il dolore; l'aveva quindi trascinata contro l'armadio e l'aveva sbattuta furibondo contro lo specchio, facendole mancare il respiro.
«Perché non ti sei fidata di me?!» ruggì Draco e alzò il braccio con una mossa così repentina che lei, per un attimo, temette che stesse per colpirla; lui invece scaraventò il pugno al di sopra della sua spalla e il suo viso venne sfiorato solo dall'aria smossa: le nocche pallide avevano cozzato con lo specchio al quale era poggiata, incrinandolo.

[IN FASE DI REVISIONE]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Harry Potter, Nuovo personaggio, Sirius Black | Coppie: Harry/Ginny, Lucius/Narcissa, Ron/Hermione
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Bene, un po’ in fretta e in furia riesco a finire questo capitolo.
Non rivelo nulla per non rovinarvi la sorpresa, ma spero davvero che vi piaccia!
Ammetto, che è stato davvero difficile scriverlo e ancora non mi convince al 100%, ma aspetto di sentire le vostre opinioni, per cui non siate timide e commentate numerose *___*
Ringrazio come sempre tutti voi che mi seguite:

siamo arrivati ad oltre 200 recensioni
Vi    A D O RO!

 

Godetevi il capitolo!
Un bacione :3

 

 

Giulia.

 

 

 

 

 

 

 

~Un Particolare In Più~

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo XXXI
Piccolo errore di calcolo alla Guferia

 

 

 

 

 

Il serpente si snodava fiero, avvolgendosi intorno ad un rovo di fitte spine e rose colorate di rugiada. Le spire violente non lo ferivano e la sua serica pelle d’argento brillava sotto il sole.
Ne era incantata.
-…e quindi, ha detto la professoressa Sprite che oggi primo e secondo anno avranno la lezione di erbologia in comune!-
Alexis alzò lo sguardo dal braccialetto che si allacciava elegante al suo polso e fissò Diamond che, accanto a lei, stava scegliendo un pasticcino dal vassoio.
-Tu cosa ne pensi?-
Si strinse nelle spalle, allungando una mano per prendere una fetta di panettone con canditi tutti i gusti + 1.
-Potrebbe essere interessante. In fondo, fare lezione con gli studenti più grandi è divertente-
Blaise Zabini le lanciò un’occhiata diffidente.
-Dovrei interpretarlo come un complimento o come un’offesa?-
Alexis ridacchiò, facendogli una linguaccia.
-Tu che ne pensi, Draco?-
Draco Malfoy, che fissava un pasticcino con aria assorta, si voltò a guardare Diamond e scrollò le spalle.
-Le lezioni sono tutte una palla, ma almeno così avrò qualcosa di interessante con cui…distrarmi.-
Lanciò un’occhiata densa ad Alexis, che arrossì appena.
-Scemo.-
Lo rimproverò con un sorriso, dandogli un lieve colpetto su di una spalla. La mano di Draco corse a circondarle il polso, delicata, e la trattenne.
-Devi smetterla di insultarmi, Black, o prima o poi deciderò di vendicarmi e, allora, Dio solo sa quello che potrei farti.-
Minacciò con voce morbida, l’ombra di un sorriso sull’espressione divertita.
Alexis fece una smorfia contrariata, gonfiando poi le guance. Draco portò la mano libera a premerle, facendole corrucciare le labbra in un’espressione buffissima.
-E’ inutile che mi guardi così. Ricordati che tu sei mia e di te ne faccio quel che voglio.-
Dichiarò con un sussurro, l’espressione serafica. Poi le strappò un bacio a stampo.
Quando fu libera dalla sua presa, Alexis incrociò le braccia al petto e alzò il mento, fiera.
-Non ricordo di aver mai concordato con la seconda parte della tua affermazione.-
Rispose, e il ragazzo le lanciò un’occhiata indifferente, come a sottolineare che, la cosa, poco lo tangeva.
Qualcuno si schiarì la voce, facendoli tornare alla confusione della Sala Grande.
-Se avete finito di fare i piccioncini…ci saremmo anche noi.-
Li informò Blaise Zabini, non capacitandosi del fatto che qualcuno non gli prestasse attenzione. Diamond, accanto a lui, annuì vivacemente. Era da sola, perché la sera prima aveva litigato con Nott e lei l’aveva messa un po’ sul tragico, lamentandosi che il suo matrimonio – Alexis si chiedeva quanto quella ragazza fosse in grado di volare con la fantasia-  era rovinato e che non avrebbe mai più trovato l’amore. Peccato che, quella mattina, avesse già fatto gli occhi dolci ad almeno due Corvonero e tre Serpeverde.
Quella ragazza era davvero incorregibile, ma la Potter era convinta che, tempo qualche giorno, avrebbe perdonato Theo; o, almeno, lo sperava: lui sembrava caduto in una cupa depressione e, seduto accanto a Tiger e Goyle, fissava ora il piatto con sguardo assorto. Povero ragazzo, ad essersi intrecciato con una tipa tutto pepe come Diamond Anne Cherin. Era un po’ come innamorarsi di Blaise Elìas Zabini: uno struggersi di dolore eterno, dal momento che lui non poteva amare una sola ragazza, ma aveva il dovere di amarle tutte allo stesso modo.
Draco Malfoy ignorò l’amico, rubando un piccolo cupcake al cioccolato dal piatto di Alexis.
-Ehi!-
Si lamentò la ragazza, cercando di riappropiarsene, ma Draco fu più veloce e se lo mise in bocca.
-Così impari a contraddirmi.-
L’avvertì, ostentando un’occhiata orgogliosa.
Blaise Zabini sospirò, decidendo di dedicarsi alle sue piccole fan, che schiamazzarono contente quando rivolse loro la parola. Diamond Cherin scosse il capo, esasperata, e si andò a sedere vicino a Theodore Nott. Tempo qualche minuto e i due si alzarono, lasciando la Sala Grande mano nella mano. Alexis Potter immaginava di sapere in che modo Diamond avesse dato a Nott la possibilità di farsi perdonare.
Ridacchiando divertita, Alexis allungò una mano e rubò un biscotto alle mandorle dal piatto di Draco.

 

 

Il cielo, quella mattina di inizio Dicembre, era un’immensa distesa uniforme; il grigio terso era tanto chiaro e luminoso da far male agli occhi senza l’ausilio del sole, che era sparito chissà dove, dietro quella coltre densa.
Cielo da neve.
-E’ mai possibile che non riusciate ad essere puntuali nemmeno una volta?-
La voce alterata di Hermione Jane Granger si levò nel silenzio, sovrastando l’unico frullare d’ali di stormi di uccelli neri che si libravano sopra le loro teste. Camminava a passo spedito lungo il giardino, diretta alla serra numero tre per la lezione di erbologia. Lei e Ron ed Harry – che la seguivano con passo lento e assonnato -, erano terribilmente in ritardo, almeno secondo lei. Quella prima ora si prospettava già difficile di per sé: una lezione sperimentale da condividere non solo con Serpeverde, ma anche con i primini delle rispettive case! In quell’ultimo periodo, Hermione si era spesso trovata a pensare che i professori di Hogwarts ne sapevano una più di Grindelwald in persona: prima, Gilderoy Allock scatenava il panico nella sua prima lezione, lanciando contro gli studenti un gruppo cospicuo e dispettoso di Folletti della Cornovaglia; poi veniva organizzato il Club dei Duellanti, nel quale aveva rischiato di trovarsi senza numerose ciocche di capelli per colpa di Millicent Bulstrode, e ora quello! Era decisamente il momento che si dessero una calmata, o il suo stress, già a livelli abbastanza alti a causa dello studio, l’avrebbe davvero lasciata pelata.
-Eddai, Hermione! E’ solo qualche minuto di ritardo!- si lamentò Ron, trascinandosi come uno zombie ambulante. – E poi, non solo ci hai fatto saltare la colazione, ma ora pretendi anche che ci mettiamo a correre di prima mattina?-
La ragazza, senza fermarsi, si voltò a lanciargli un’occhiataccia da sopra la spalla destra.
-Non sono io che vi ho fatto saltare la colazione, Ronald!- precisò indignata –Se solo voi imparaste a svegliarvi qualche minuto prima, tu avresti la tua colazione nello stomaco e io sarei già seduta al banco, pronta a seguire la lezione!-
Ron Weasley si voltò a guardare il suo migliore con aria disperata e quello si limitò a coprire un grosso sbadiglio con la mano.
-Da quando è uscita dall’infermeria per quell’incidente con la Pozione Polisucco mi sembra più suscettibile del solito, non trovi?-
Gli bisbigliò all’orecchio e Harry si limitò a stringersi nelle spalle non trovando, nella confusione mentale del tentativo di risvegliarsi, un qualcosa di più intelligente da dire che non fosse un grugnito stanco.

Notte da Grifoni, mattina…
Hermione Jane Granger non era mai stata una ragazza rilassata, specialmente quando si trattava dell’ambito scolastico; molto spesso, sia Harry che Ron, si erano ritrovati a pensare che dovesse seriamente rivedere le sue priorità: già al primo anno, aveva dichiarato che essere esplusa da Hogwarts sarebbe stato peggio che morire. Ma, in quell’ultimo periodo, sembrava più nervosa del solito: si guardava sempre intorno con aria circospetta, occupava le sue giornate studiando come una matta, e saltava non appena qualcuno la sorprendeva alle spalle o le sfiorava un braccio per richiamarne l’attenzione.
Harry Potter, lanciando un’occhiata assonnata all’amica, si ritrovò a chiedersi se tutta quella faccenda della Camera dei Segreti non la stesse facendo diventare paranoica: in fondo, come non mancavano mai di far notare quegli idioti di Malfoy e Zabini, lei era una nata-babbana e, come tutti loro, era in pericolo. Quel dannato Erede di Serpeverde stava seminando il panico nella scuola: molti studenti, in verità, apparivano agitati e cadevano facilmente preda di qualche crisi isterica, ma vedere Hermione Granger, la sua migliore amica, stare in quelle condizioni, lo faceva riflettere e star male allo stesso tempo.
In molti avevano sospettato che l’Erede di Salazar fosse lui, il Bambino Sopravvissuto, ma Harry sapeva bene di c’entrarci ben poco con quella storia: sì, aveva scoperto di essere un rettilofono e il cappello parlante avrebbe voluto assegnarlo a Serpeverde, ma questo non provava nulla, giusto? E poi, a meno che non fosse diventato sonnambulo o psicopatico, non ricordava affatto di essersene andato in giro a pietrificare Mrs Purr e Colin Canon e a scrivere scritte sanguinolente sulle mura della scuola.
La seconda candidata per il ruolo di Erede ufficiale era stata la piccola Alexandra Black: figlia di una famiglia dal nome tanto nobile quanto spaventoso, era arrivata solo quell’anno ad Hogwarts e faceva proprio parte della casata delle serpi. Eppure, chiunque la conoscesse appena un po’, avrebbe di certo capito che lei, così dolce e così fragile, sarebbe stata incapace di far del male persino ad un Bilywig che minacciasse di pungerla.
Alla fine, secondo Harry Potter e i suoi due migliori amici, il colpevole di tutto ciò non poteva che essere una maledetta serpe che tanto odiava i Mezzosangue: Draco Malfoy. Discendente delle due famiglie più potenti e antiche del Mondo Magico, era figlio di Lucius Malfoy che, secondo i tre, aveva aperto la Camera dei Segreti cinquant’anni prima e poi aveva detto a Draco come farlo. Così, grazie alla Pozione Polisucco creata dalle abili mani di Hermione Granger, lo avevano interrogato, ma non avevano cavato un’acromantula dal buco. Nonostante lo odiasse con tutte le sue forze, Harry Potter doveva ammettere che Malfoy gli era sembrato sincero quando, pur insultando lui e tutti i suoi amici, aveva detto di non sapere nulla di quella faccenda; in fondo, conoscendolo, non si sarebbe di certo risparmiato di vantarsi davanti a quei tonti dei suoi migliori amici.
Quindi, ora, erano punto e a capo. Nessuna informazione sull’Erede di Serpeverde e la tensione che tanto irrigidiva l’amica raggiungeva, come un involucro di rami e spine, anche lui.
Hermione affrettò il passo e Ron imprecò sottovoce.
-Insomma Hermione, potresti andare più piano? Mi fanno male le gambe!-
Si lamentò Ron e la ragazza si voltò a considerarlo con un’occhiata fulminante.
-Sai Ron, un detto babbano recita: ‘Chi è causa del suo mal, pianga se stesso!’-  disse, senza fermarsi né rallentare l’andatura – Per cui, meno lamentele e accelera il passo!-
Ronald Weasley fissò la schiena della ragazza con un’occhiata confusa, poi si voltò a guardare Harry, per trovare un po’ di amichevole conforto; ma quello si era fermato qualche metro dietro di lui e, ora, osservava due ragazze che, poco distanti da loro, correvano verso la serra numero tre.
-Accidentaccio a te, Diamond! Non potevi fare pace con Nott questo pomeriggio?-
Imprecò Alexandra Black, stringendosi nella sciarpa verde-argento per cercare riparo dal vento gelido che le sferzava il viso mentre correva accanto all’amica.
-Oh, non ti lamentare, Alexandra! L’amore non può aspettare e tu dovresti saperlo bene!-
La rimbeccò, con una recitazione melodrammatica degna di lei, lanciandole un sorriso malizioso, mentre si risistemava il nodo della cravatta. Alexis arrossì appena sulle guance e non solo per il freddo.
-Questo non c’entra nulla…-
Borbottò e Diamond Cherin scoppiò in una risata divertita.
-Chi arriva per ultima alla serra è perdente come una Grifondoro!-
La sfidò la bionda, accelerando il passo. Alexis storse il naso, ma fece per raggiungere l’amica, quando i suoi occhi incontrarono quelli caldi di Harry Potter, che la stava fissando a pochi metri. Non riuscì ad impedirsi di sorridere e rallentò, alzando una mano in segno di saluto.
-Per questa volta te la lascio vincere, Cherin!-
Urlò dietro alla ragazza, prima di fermarsi del tutto.

In fondo, Lei era una Grifondoro.
Diamond si voltò a considerarla con un’occhiata di superiorità e quando scorse il vero motivo per cui l’amica si era fermata, si limitò a brontolare qualcosa di poco chiaro e, roteando gli occhi, superò Ron Weasley ed Hermione Granger che, ancora discutendo sui proverbi babbani, si apprestavano ad entrare nella serra.
Alexis Potter corse invece incontro al fratello che l’accolse con un sorriso gentile.
-Ciao Harry!-
Esclamò, trafelata dalla corsa.
-Ciao Alex, tutto bene?-
La ragazza annuì.
-Sì, tutto apposto! Tu, invece? Il braccio è guarito?-
Si informò, allungando una mano per posargliela sull’avambraccio.

Un calore dolcissimo proveniente da quelle dita delicate gli percorse il braccio e lo scaldò, nonostante il freddo duro dell’inverno penetrasse nella carne e gli gelasse la pelle sotto i vestiti.
Harry sorrise e i suoi occhi, dietro le lenti rotonde, si illuminarono appena. Distese il braccio e strinse la mano.
-Come nuovo!- dichiarò, alzandolo verso il cielo –Madama Chips sarà anche petulante, ma sa fare bene il suo lavoro.-
Alexis annuì e si incamminò verso la serra con Harry che gli passeggiava accanto. Alzando il viso verso il cielo, non potè fare a meno di notare quanto quella volta tersa e grigia promettesse un candido manto bianco.
-Nevicherà.-
Sospirò, intrecciando le mani dietro la schiena. Harry si voltò a guardarla e rimase in silenzio, semplicemente a fissare il profilo delicato che lei gli offriva e che quell’accecante cielo le illuminava di sprazzi argentati.

Irresistibile sensazione di allungare una mano e sfiorarle il naso con gentilezza.
Proibito desiderio peccaminoso che era stato convinto di aver arginato già al suo primo rifiuto.
La carne debole.

Chiuse le mani in due pugni tanto violenti che solo sentire le unghie perforargli i palmi riuscì a distoglierlo da quei pensieri e quando lei si voltò a guardarlo, con lo scintillio interrogativo negli occhi di smeraldo, lui si limitò a sorriderle con la fredda gentilezza che si riserva ad uno sconosciuto.
-Mi piace la neve.-
Si limitò a risponderle, mentre riprendevano di nuovo a camminare e lui, con sguardo assorto, fissava l’entrata della serra ormai vicina.
-Anche a me.-
Concordò Alexis. Poi si voltò e, improvvisamente, lo prese per mano, facendolo sobbalzare appena per la sorpresa.

Dita piccole e fragili che si intrecciarono ad una mano grande e calda, appena indurita dagli allenamenti di Quidditch, così diversa da quella elegante e affusolata che aveva la caratteristica di essere sempre e comunque gelida.
Harry la fissò con un cipiglio confuso e lei si limitò a sorridere tanto ampiamente che gli occhi, ridotti a due fessure, brillarono divertiti.
-Ci conviene sbrigarci se non vogliamo che la professoressa Sprite ci levi qualche punto! E’ molto indulgente, ma non così tanto.-
Disse e, sempre tenendolo per mano, lo trascinò all’interno della serra con una piccola corsetta.
Quando i due fratelli entrarono nella stanza di vetro, un silenzio sorpreso li accolse. La professoressa Sprite, che era già entrata in classe, li osservò con un sorriso rabbonito, che comunicò loro che non avrebbero fatto perdere punti alle loro case.
-Signorina Black, signor Potter: siete un po’ in ritardo, ma ancora in tempo per ascoltare la lezione! Se volete prendere posto a quel banco lì- li accolse, indicando un banco vuoto in prima fila –Sarete la prima coppia di questa classe sperimentale!-
Annunciò.

Un bicchiere di vetro andò in frantumi e l’acqua si sparse sulla scrivania di Draco Malfoy, insieme al sangue che usciva ora dalla sua mano destra.
Alexis sobbalzò appena, spaventata, e il suo sguardo corse a cercare quello di Draco che, ora, era rigidamente fisso sulla propria mano ferita, che sanguinava appena.
-Signor Malfoy, stia attento, per Amor di Merlino!-
Lo riprese la professoressa, lanciandogli un’occhiata preoccupata.
Malfoy non si voltò neanche a guardarla e si limitò a scrollare le spalle e la mano.
Alexis lo osservò ansiosa, mentre Harry la guidava al loro banco, posto alla sinistra di quello del Serpeverde. Dietro di loro, Pansy Parkinson fece comparire una benda e, richiamando l’attenzione di Draco con un debole tocco sulla spalla, gli sorrise timida e lo aiutò a fasciarsi la ferita.

Un dolore caldo e pungente le si allargò sul petto e il cuore venne colto da una fitta secca.
Gelosia: il tuo nome è Amore.

Alexis voltò le spalle ai due ed estrasse il blocco degli appunti e la piuma dalla cartella, riponendoli sul banco.
-Allora, ragazzi, in questa lezione sperimentale di erbologia impareremo ad addestrare piccoli bonsai di Platano Picchiatore.-
Esordì la professoressa Sprite, indicando gli alberelli legati nei vasi posti su ogni banco.
-Qualcuno sa dirmi quali sono le proprietà di questo particolare albero?-
Hermione Granger e la sua immancabile manina scattorono verso l’alto.
-Sì, signorina Granger?-
-Il Platano Picchiatore è un albero magico capace di muoversi se viene toccato. La sua furia, che aggredisce chiunque gli si avvicini, muovendo i grossi rami bitorzoluti nell’aria, viene placata solo premendo una sorta di bottone posto nelle radici. Ogni Platano ha un suo piccolo nodo particolare…-

Alexis, osservando la miniatura dell’albero davanti ai suoi occhi, si ritrovò inevitabilmente a ricordare quella sera lontana in cui Draco l’aveva condotta davanti al maestoso Platano del giardino di Hogwarts. Rimembrava perfettamente come i suoi rami si agitassero nell’aria e, specialmente, la ferita che avevano saputo infliggere al braccio del ragazzo quando l’aveva salvata.
Inevitabilmente, il suo sguardo scivolò sulla figura del biondino, che ancora fissava la propria mano fasciata, come volesse incenerirla.
Blaise Zabini, seduto accanto a lui, si chinò lievemente verso il compagno.
-Cerca di controllarti, Draco.-
Gli sussurrò all’orecchio, evidentemente riferito alla sua precedente reazione. Draco, senza nemmeno voltarsi, scrollò velocemente le spalle e i suoi occhi si puntarono sulla Black, che ora, dritta e orgogliosa, gli rivolgeva le spalle.
-Molto bene, signorina Granger: dieci punti al Grifondoro.-
Hermione sorrise soddisfatta e Diamond Cherin, all’ultimo banco della fila di destra, la scimmiottò, facendo ridacchiare le compagne di Serpeverde.
-D’accordo, ragazzi: ora formerò le coppie e poi cominceremo a lavorare…-
Alla fine, a Draco Malfoy venne affidata una primina di Grifondoro, piccola e biondina, che gli rivolse un’occhiata da cerbiatto ammaliato; fu costretta immediatamente a borbottare contrariata quando lui la incenerì con lo sguardo. Erano seduti esattamente dietro Potter e la Black.
Blaise Zabini venne accoppiato con Demelza Robins, Grifondoro, e Diamond Cherin finì al banco proprio con Hermione Granger.
Quasi tutti insoddisfatti di quelle coppie insensati, la lezione cominciò tra lo scontento generale e le lamentele borbottate.

La professoressa Sprite spiegò loro quello che dovevano fare e tutti cominciarono a slegare i piccoli Platani, che cominciarono a muoversi agitati.
-Ehi! Questo Palatano mi ha appena frustato!-
Si lamentò Ron, sventolando la mano verso l’alto. La professoressa si limitò a considerarlo con un’occhiata quasi disperata, poi si rivolse alla classe.
-Bene, ragazzi: il vostro compito di oggi è collaborare con il compagno che vi è stato affidato e trovare il nodo segreto della vostra pianta. Mi raccomando, fate attenzione, perché i Platani possono essere parecchio cattivi.- e lanciò uno sguardo verso Ronald Weasley, che arrossì in zona orecchie.
Sorridendo, Harry Potter si voltò verso la Black.
-Io provo a tenerlo fermo, tu cerca il nodo.-
Propose e Alexis annuì. Il ragazzo prese la bacchetta e la puntò contro il piccolo Platano.
-Immobilus.-
Mormorò, cercando di imitare l’incantesimo che aveva eseguito Hermione nella prima lezione di Difesa contro le Arti Oscure per fermare gli impazziti Folletti della Cornovaglia.
I rami del piccolo Platano sembrarono fermarsi, ma continuarono a tremare violentemente, come nello sforzo di liberarsi di quella magia.
Alexis tese le mani e sbirciò le piccole radici che affondavano nel terreno umido, alla ricerca del nodo che l’avrebbe fermato.
All’improvviso, qualcosa le colpì la schiena più volte, distraendola.
Voltandosi, notò che sul pavimento c’erano dei pezzetti di rami di Platano.
Lasciò scorrere lo sguardo sulla pianta di Draco Malfoy che, ora, senza quasi più rami fruscianti, se ne stava immobile, torturata e poi bloccata.

 

 

Quando, finalmente, a parere di molti studenti, la lezione di erbologia si concluse, era ormai mezzogiorno passato. Harry Potter, salutando la Black con un sorriso luminoso, tutto soddisfatto di quella mattinata – e, probabilmente, anche l’unico – si incamminò verso il castello con Hermione Granger – che sembrava avere un diavolo per capello a causa della Cherin – e Ronald Weasley – che ancora si lamentava per le ferite riportate dalle frustate dell’albero.
Alexis Potter, che si era riunita a Diamond, stava facendo lo stesso percorso, qualche metro più dietro, quando qualcuno l’afferrò per un polso, costringendola a fermarsi.
Voltandosi, si trovò davanti la figura slanciata e rigida di Draco Malfoy, al quale lanciò un’occhiata confusa, corrugando entrambe le sopracciglia.
-Dobbiamo parlare.-
Si limitò a dire e, alle orecchie di lei, risuonò quasi come un ordine. Chinò la testa su di un lato.
-Ehr..D’accordo.-
Asserì confusa, scuotendo appena il capo. Si girò a considerare Diamond che, sorridendo, scrollò le spalle e corse da Pansy Parkinson, il cui sguardo, se avesse potuto, li avrebbe uccisi entrambi seduta stante.
Senza aggiungere altro, Draco Malfoy la trascinò con sé, brusco.
Le dita pallide che le si stringevano sul polso sembravano una manetta di ferro troppo stretta.
-Draco…Mi stai facendo male….-
Si lamentò lei dopo un po’, cercando di stare dietro al suo passo lungo e affrettato.
Senza nemmeno voltarsi a considerarla, il ragazzo continuò a trascinarla.

Ma la stretta della sua mano divenne appena meno pressante, trasformandosi in una presa gentilmente violenta.
Si fermò solo quando raggiunsero il limitare della Foresta Proibita.
Alexis osservò la sua schiena, preoccupata.
Era rigida e tesa e rigonfi fasci di nervi gli tiravano appena la camicia immacolata.
Non si stupiva di certo che le sue mani fossero sempre così fredde: le era sempre sembrato che Draco vestisse in modo un po’ troppo leggero.
-Draco? Che succede?-
Chiese, quasi intimidita da quel silenzio che era calato tra di loro, opprimente come una notte scura senza luce.
La stretta attorno al suo polso si fece nuovamente più dura, mentre si voltava di scatto e la trascinava contro il tronco di un albero, sul quale le fece poggiare la schiena, violento, ma senza farle davvero male.
Alexis trattenne il respiro, quasi spaventata.
-Draco, ma che ti prende…?-
Mormorò, cercando quello sguardo argenteo che sfuggiva come un vento implacabile.

Tempesta agitata di mari impetuosi che lasciano scaricare fulmini rabbiosi nelle sue onde furiose.
Draco Malfoy chinò il viso e, senza incrociare mai lo sguardo di lei, la baciò.
Un baciò rude e violento, che le lasciò sfuggire un gemito di protesta costretto a morire tra il loro duro modellarsi di labbra. Le morse il labbro inferiore per costringerla ad aprire la bocca e lasciar scivolare dentro la lingua, senza alcuna gentilezza. Non la lasciò respirare neanche un attimo, intrecciandosi a lei come un serpente dolcissimo e velenoso. Le leccò il palato, esplorò la lingua, le morse le labbra con violenza e attirò la lingua di lei nella sua bocca, succhiandola con una dolcezza rabbiosa.
Si allontanò da lei, brusco, solo quando la sentì sussultare appena sotto le sue dita. Solo allora, si concesse di guardarla finalmente in viso: respirava a tratti, aveva le guance accesse, le labbra gonfie e livide e  gli occhi sfavillanti di eccitazione e paura.
Allentò la presa attorno al suo polso e, improvvisamente gentile, le accarezzò l’interno, dove le vene azzurrine correvano sulla pelle diafana, pulsando agitate.
Alexis alzò lo sguardo, per trovare finalmente quello torbido e offuscato di Draco, che la osservava rabbioso, la piega dura della mascella che faceva guizzare un nervo sulla guancia bianca. Lo sentì sospirare e il suo fiato di pioggia le accarezzò le guance, caldo e delicato. Sembrò riprendere il controllo delle sue emozioni e si chinò di nuovo, per poggiare la fronte su quella della ragazza, gli occhi chiusi.

-Odio il modo in cui ti guarda.-
Sibilò, con cattiveria, e la presa intorno al polso si fece di nuovo ferrea.
Alexis osservò i lineamenti del suo viso vicino, contratti. Alzò la mano libera e gliela posò sul petto, leggera.
Senza aprire gli occhi, Draco sollevò la mano e la poggiò su quella della ragazza, stringendola lievemente.
-Draco, guardami.-
Mormorò, riacquistando fiato e sicurezza. Senza darle retta, lui le prese entrambi i polsi e glieli portò sopra la testa, bloccandola.
Alexis rimase impassibile, a fissarlo.
-Tu sei mia, Black. E Potter non deve osare sfiorarti neanche con lo sguardo.-
Mormorò rabbioso, con tono cavernoso.

Una fitta di dolore che partiva dalla bocca dello stomaco e si riversava sul cuore, facendogli perdere un colpo prezioso.
Un sospiro di albicocca che sfiorava deliziose labbra umide di baci.

Alexis cercò di divincolarsi da quella presa, ma Draco non glielo permise, tenendola bloccata.
-Draco, guardami.-
Ordinò ancora e lui, lentamente, quasi riluttante, riaprì gli occhi per fissarli in quelli della Black.

Pozze d’argento fuso di odio profondo. Scintillante specchio rabbioso. Cieca torbidità di tempesta implacabile.
Alexis lo osservò determinata, gli occhi di smeraldo seri, le guance ancora arrossate.
-Ora, lasciami andare.-
Lui le lanciò un’occhiataccia carica di risentimento.

Piccole tracce di indecisione nelle striature argentate di quel liquido torbido.
-No.-
-Ma mi stai facendo male.-
-Non mi interessa.-
Alexis sbuffò e scosse la testa. Poi, inaspettatamente, sorrise appena.
-Perché devi essere così geloso?-
Lo schernì e gli occhi di Draco si aprirono appena.

Grigio scuro e denso, quasi offuscato.
Le sue labbra si distesero appena in un ghigno sfrontato e lui chiuse di nuovo gli occhi. Lentamente, le lasciò andare i polsi e lei fu libera di abbassare le braccia. Senza lasciarle il tempo di fare altro, le circondò la vita con impeto, stringedola con forza e strappandole un altro gemito sorpreso. La costrinse a finirgli addosso e le premette la testa contro la spalla, senza tuttavia farle alcun male.
Lui non gliene avrebbe fatto, mai.
-Non solo geloso, solo estremamente possessivo per le cose che mi appartengono.-
Chiarì serio e lei alzò gli occhi al cielo. Posandogli entrambe le mani sul petto caldo, forzò appena contro la sua presa per distanziarsi in quell’abbraccio e guardarlo in viso.
-Mi stai implicitamente dando della cosa, Malfoy?-
Gli fece notare, alzando un sopracciglio, con aria offesa. Draco si chinò a guardarla senza divertimento negli occhi, il guizzo di un nervo infastidito che ancora gli induriva la mascella.
-Hai capito perfettamente quello che volevo dire, Black.-
La riprese e lei scosse la testa, lasciandosi di nuovo stringere al petto.
-Sei uno sciocco.-
Lo rimproverò, circondandogli la vita con le braccia a sua volta e poggiandogli una guancia contro il petto. Draco chinò il viso per sfiorarle una tempia con le labbra.
-Qui, l’unica sciocca, sei tu. Ti diverte così tanto vedermi arrabbiato?-
Si informò con voce rauca, che vibrò nel suo petto, e lei non riuscì a trattenere il brivido che le corse lungo tutta la colonna vertebrale. Draco la strinse di più a sé e si stupì di quanto potesse sentirla rilassarsi sotto le sue dita.
-No, ma diventa sempre più difficile non farti arrabbiare.-
Osservò e lo sentì lasciare andare uno sbuffo, a metà tra lo spazientito e il divertito.
Draco sorrise appena, socchiudendo gli occhi e poggiando il mento sulla testa della ragazza.
-E non ti sei mai chiesta perché?-
Mormorò.

Una frase semplice e carica di complicati significati nascosti che neanche lui aveva scoperto davvero.
Una dichiarazione strana e forte, come la fitta dolorosa che le squarciò il petto.

Alexis deglutì e si distanziò da lui, che la osservò dall’alto, lo sguardo improvvisamente cieco e lontano. Gli posò entrambe le mani sulle spalle, con un tocco delicato, e lui la lasciò andare, sciogliendo l’abbraccio. Le sue braccia inermi si posarono lungo i propri fianchi.
Una traccia d’odio che gli colorava lo sguardo duro.
Alexis fece un passo all’indietro, come per allontarsi, e Draco non fece nulla per impedirglielo, limitandosi a fissarla impassibile.
Lei lasciò scivolare le mani dal suo petto, che ora vibrava lievemente sotto il suo tocco gentile. Poi, lentamente, percorse tutta la linea tesa dei muscoli delle braccia, fino a sfiorare l’interno del polso, esattamente come aveva fatto lui poco prima, e soffermarsi sulla mano destra, accuratamente fasciata.

Lampo d’odio anche nella tempesta marittima di quel verde quasi innaturale.
Sospirò.
-Anche io odio il modo in cui ti guarda.-
Affermò poi e, inaspettatamente, alzò il viso di scatto e, con la determinazione nello sguardo, gli lasciò andare il polso per lanciargli le braccia al collo, di slancio, e cercare le sue labbra, che baciò con la stessa foga che aveva utilizzato lui poco prima.
Sorpreso, Draco fu costretto a circondarle la vita con le braccia e a sollevarla appena, per non far cadere entrambi. E si lasciò baciare, docilmente soddisfatto, mentre rispondeva alla durezza di quelle labbra sdruggevoli, mordendole di nuovo la bocca e lasciando scivolare la lingua all’interno, in movimenti veloci ed espliciti, intrecciandola a quella di lei e attirandola nella propria.
La posò di nuovo contro il tronco dell’albero e interruppe il bacio con un gesto secco; questa volta anche lui aveva il fiato corto. Le prese il mento tra le dita, con una forza gentile, e la costrinse a voltare il viso su di un lato.
-Devi smetterla. Devi smetterla di giocare in questo modo con me, Black.-
La avvertì con voce roca e lei rabbrividì di nuovo. Le posò le labbra su di una guancia e cominciò a lasciarle una lenta scia di baci sensuali, fino ad arrivare all’incavo del collo, che prese a succhiare con rabbia delicata. Poi, quando fu soddisfatto, le girò nuovamente il viso e le rapì le labbra in un nuovo bacio aggressivo.
-Te l’ho detto…- Sussurrò, quando si allontanò dalla sua bocca, rimanendo comunque a pochi centimetri dal suo viso arrossato e, di nuovo, intimidito da tanta violenza. Draco sorrise lievemente, in quello che sembrava un ghignetto divertito -…prima o poi deciderò di giocare anch’io sul serio e finirai per farti davvero male.-
La dolcezza di quelle parole era paragonabile solo al modo tenero in cui ora la stava osservando, mentre le tracciava il profilo di una guancia con le nocche.
-Sei uno sciocco, Draco Malfoy-
Si limitò a rispondere lei e lui scoppiò inaspettatamente a ridere, circondandole di nuovo la vita con le braccia e stringendola ancora a sé.
-E’ per questo che mi sono innamorato di te.-
Affermò con un’altra risata e Alexis gli diede un colpettino sul petto, prima di lasciarsi andare anche lei e allacciargli le braccia intorno alla vita.

Era così bello, stare con lui.
Rabbia. Dolcezza. Odio. Delicatezza. Gelosia. Amore.
Tanti sentimenti contrastanti in quella miscela agrodolce che tanto la faceva sentire desiderata.
La semplicità di ogni gesto, dettato dall’istinto e guidato dal cuore.

Socchiuse gli occhi e respirò il suo profumo inconfondibile che, ogni notte, la cullava nei ricordi e la guidava in quei sogni che, ormai, erano tutti per lui.
E rimasero così, semplicemente.
Nessuna parola, più di quelle effuse manifestazioni, avrebbe più potuto dargli salde certezze.

E, all’improvviso, un fiocco di neve le sfiorò il viso.
Dolce, come il sorriso che lui le rivolse, quando sollevò lo sguardo meravigliato.
E un altro fiocco cadde dal cielo, impigliandosi tra i capelli biondi, subito seguito da un altro e un altro ancora, che divennero presto una moltitudine infinita.

L’aveva detto che era tempo di neve.
Si allontanò da Draco e lui la lasciò semplicemente andare, perché sapeva che non sarebbe fuggita via questa volta. Alzò le braccia verso il cielo e accolse quelle piccole gocce ghiacciate con una risata divertita, mentre cominciava a volteggiare nel manto di neve che, veloce, stava già invadendo il parco di Hogwarts.
Draco si limitò ad osservarla, ritrovandosi a pensare che Alexandra Black riusciva a tramettergli un calore inspiegabile anche con tutto quel freddo.
Poi, improvvisamente, una palla di neve lo colpì in piena schiena, costringendolo a voltarsi.
Tornare alla realtà dopo quegli attimi, fu quasi disorientante, ma la seconda palla che gli arrivò in pieno viso lo costrinse a risvegliarsi completamente.
-Blaise.-
Avvertì, mentre il moro, che li aveva ormai raggiunti – anche da un po’ di tempo, sicuramente – insieme a Diamond, Tiger, Goyle e Nott, gli tirava ancora della neve.
-Sei morto!-

E la battaglia ebbe inizio.

 

 

Quando tornarono al dormitorio, erano tutti completamente fradici. Così, si separarono per andare ognuno nella propria stanza a cambiarsi, altrimenti avrebbero preso un brutto raffreddore. Dopo essersi fatta una doccia calda e aver lasciato il bagno a Diamond, Alexis prese una pergamena nascosta nella sua borsa, una lettera, e se la mise nel mantello. Poi, indossò di nuovo la sciarpa, celando quel marchio rosso di appartenenza che Draco Malfoy le aveva fatto poco prima.
-Diamond, vado a spedire una lettera, ci vediamo dopo, d’accordo?-
Dopo aver ricevuto un urlo d’assenso in risposta, uscì dalla camera e si diresse alla Guferia.
Gli altri Serpeverde si incontrarono in Sala Comune poco dopo e quando Draco Malfoy chiese alla Cherin dove fosse Alexandra, decise di seguirla, perché voleva farle una proposta.

Natale in casa Malfoy.
La raggiunse e la trovò che stava ancora salendo gli ultimi gradini che portavano alla Gueferia. Aveva lo sguardo assorto e non si era evidentemente accorta della sua presenza. Teneva una lettera tra le mani e la stava leggendo. Così, quando Draco le si avvicinò, silenzioso come un gatto, lei continuò ad ignorare la sua presenza. E quando il ragazzo allungò una mano per rubarle la lettera, sobbalzò spaventata e cacciò un urlo terrorizzato, voltandosi di scatto, con gli occhi spalancati colmi d’orrore.
Draco sghignazzò divertito: le piaceva sempre metterla in difficoltà.
-Certe volte sei così buffa, amore. Sembra che tu abbia appena visto Tu-Sai-Chi in persona.-

Peggio.
Si ritrovò a pensare Alexis, mentre si sforzava di sorridere appena e rilassare lo sguardo.

Non aveva neanche notato il modo in cui l’aveva chiamata.
-Ero…Ero sovrappensiero e mi hai spaventata.-
Si giustificò, deglutendo.

Lo smeraldo sincero dei suoi occhi, quasi completamente inglobato dalle pupille enormi, tremava impercettibilmente, come la mano che gli porse.
-Ora, saresti così gentile da ridarmi la lettera?-
Cercava di apparire serena, senza troppi risultati

Lo sguardo grigio di stralci di nuvole nere cariche di pioggia, scese a studiarla, improvvisamente dimentico di ogni ilarità.
-Tu stai tremando…-
Osservò stranito e lei si limitò a stringersi nelle spalle.
-Ho semplicemente freddo.- si giustificò, porgendogli di nuovo la mano, insistentemente – Se mi ridai la lettera, vado a consegnarla e torniamo giù, al caldo, d’accordo?-
Piegò il viso su di un lato, sorridendo ancora.

Una folata di vento gelido le spazzò la frangetta all’indietro, scoprendo completamente lo sguardo inquieto che brillava di autentico terrore.
Draco corrugò entrambe le sopracciglia.
-Che cos’è che ti preoccupa tanto, Alexandra Black?-
Domandò con un’occhiata assorta, mentre prendeva la lettera e se la dispiegava davanti al viso, per leggerla e cercare di capire quale fosse la fonte della sua improvvisa paura.

Che qualcuno la minacciasse?
-NO!-
Urlò Alexis, lanciandosi in avanti per riprendere la lettera.
Ma, disgraziatamente, il piede le scivolò sul gradino ghiacciato dalla neve e si sbilanciò in avanti. Draco alzò il viso dalla lettera, di scatto, e vide la scena quasi al rallentatore. Allungò una mano per afferrarla, ma riuscì a prendere solo la stoffa della sua sciarpa, che le scivolò tra le dita.

E poi, Alexis cadde giù dalle scale.
Rotolò fino al pianerottolo inferiore, sul quale sbattè violentemente la testa.
E poi, inerme, si afflosciò al suolo.
Draco Malfoy strinse la lettera in una mano e corse giù dalle scale, rischiando di inciampare a sua volta.
-Alexandra!-
Esclamò preoccupato, prendendola tra le braccia e controllando i danni.
Una volta appurato che era solo svenuta, la prese in braccio di slancio, stringendola a sè con fare protettivo. 
Le sfiorò il viso con le labbra, chiudendo gli occhi e respirandone il profumo, ansioso.
Poi, incuriosito, mentre si avviava verso l'infermeria, riprese la lettera.

Che diavolo conteneva quella lettera da spaventarla tanto?
La lesse e, fermandosi di botto con un colpo secco al cuore, non si rese subito conto che, quell’esclamazione preoccupata che aveva sospirato poco prima, sarebbe stata l’ultima che avrebbe pronunciato con quel nome.

 

 

 “Sirius.
Sono davvero contenta che tu stia finalmente bene.
In questi mesi ho davvero temuto di non vederti mai più.
Immagino che non passeremo il Natale insieme, vero?
Riesco a capirlo, ma mi auguro che, almeno, tu possa passarlo in tranquillità.
Harry è esattamente come lo immaginavi.
Somiglia molto a papà, almeno da come me lo hai sempre descritto.
Non potrei desiderare un fratello migliore.
Mi sta sempre accanto, nonostante ancora non sappia la verità su di me.
Non vedo l’ora di informarlo, ma lo farò solo quando tu mi assicurerai di essere davvero al sicuro.
Aspetto presto tue notizie, allora.
Mi manchi anche tu. 

Alexis.”

 

 

Un moto d’odio nello sguardo d’argento.
La stretta intorno all’esile corpo che si faceva tanto forte da rischiare davvero di spezzarla in due.
Il volto che si chinava verso il viso disteso della Black.
No, di Alexis Lily Potter.
Le labbra che, furiose, lasciavano un bacio su quelle semi aperte di lei.
Come se questo fosse servito a cancellargli il sapore amaro che gli aveva riempito la bocca, come veleno.
-Potter. Sei una schifosa bugiarda.-

   
 
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