Ok.
Sono
leggermente sbalordita.
No,
ma che dico!
Sono
esageratamente sbalordita!*___*
Cioè,
21 recensioni solo per lo scorso
capitolo!
Sono
ancora emozionata al pensiero: è il numero più
alto di commenti che ho ricevuto
per un solo capitolo!°___°
Davvero,
grazie mille a tutti per l’affetto e
l’entusiasmo
con cui continuate a seguirmi!
Quando,
due anni fa ormai, iniziai a scrivere il primo capitolo di questa
storia, giuro
che non mi sarei mai e poi mai immaginata di riuscire a ricevere
addirittura 21
recensioni per un solo capitolo!
Né,
di riuscire ad avere, in totale, a storia ancora da concludersi, ben
250
commenti!
Grazie, grazie,
grazie!
Sono
sempre un po’ in imbarazzo in questi casi, perché
ho sempre l’impressione che
un mio semplice GRAZIE non sia abbastanza per ripagarvi
dell’affetto che mi
trasmettete tramite i vostri commenti.
Sul serio, io vi
adoro, dal primo all’ultimo!
Adoro
chi commenta sempre e chi sporadicamente, i nuovi arrivati che riescono
a
leggersi 400 pagine di fan fiction in una sola botta
–complimenti, davvero!-,
chi mi aggiunge tra le sue autrici preferite, chi aggiunge questa
storia a
preferiti, ricordati e seguiti, e anche coloro che, in silenzio,
continuano a
leggere e ad apprezzare questa mia piccola storia!
Poi
un grazie davvero speciale alle 21
persone che si sono prese un po’ del loro tempo per lasciarmi
un commento allo
scorso capitolo ( Books; gufetta_95; Lione94;
Misery13; Zakurio; le_montagnine; Panta Rei; jececca; terryborry;
harmon8y9; Enris;
miyuko; BeggyStar; elita; edlla; Minnieinlove; brando; googletta;
_bambolina_; pulcino;
FrankyDamix )
G
R A Z I E davvero,
infinitamente grazie!
Per
ogni parola che mi avete lasciato, per avermi fatto capire di essere
riuscita a
scrivere il capitolo che volevo, per l’affetto delle vostre
frasi e per il
sostegno che mi regalate con ogni lettera pigiata sulle vostre tastiere
per
lasciarmi un commento!
Il
capitolo in sé mi piace, ho dovuto tagliarlo
perché già così erano 19 pagine e
aggiungere le ultime due parti che mi ero prefissata sarebbe stato
allungarlo
ancora di più e forse rischiava di diventare troppo pesante!
Il
mio problema è che dopo un capitolo come ‘Our
Solemn Hour’, ricco di emozioni e
molto apprezzato da tutti voi, ho paura che questo qui non ne sia
all’altezza,
risultando un po’ deludente e non rispettando le vostre
aspettative.
Beh,
spero sinceramente che non sia così. Anche per questo
capitolo, come per quello
scorso e tutti gli altri prima, ci ho messo tutta me stessa, quindi
spero vi
piaccia *_*
E, ovviamente,
sarebbe un sogno vedervi
nuovamente tanto numerosi a commentare!
Mi
scuso se questa presentazione è un po’ disconnessa
con le parole, ma non mi
sento troppo bene…
Quindi,
dopo questa lunga prefazione, vi lascio a leggere il capitolo :3
Un
bacione enorme<3
Giulia.
PS.
Ho creato un profilo su facebook
per questo account di EFP,
dove poter interagire con chi mi segue e magari, di tanto in tanto,
aggiungere
qualche spoilerata sui nuovi capitoli di ‘Un Particolare In
Più’. Se vi va di
aggiungermi, ne sarei davvero onorata!
Questo
è il link al profilo à
http://www.facebook.com/profile.php?id=100000118708744
~Un
Particolare In Più~
Capitolo XXXIII
Schiava di Malfoy
Eppure,
stranamente, non sentiva affatto freddo, nonostante fosse vestita
solamente di
una camicia da notte estiva, di bianca seta, piacevole contro la sue
pelle.
Come
era finita lì, sinceramente, non se lo ricordava affatto.
Non
ricordava nulla, veramente. Come se fosse stata Obliviata
più di una volta,
ripetutamente. Una fitta alle tempie sembrava volerle confermare la
cosa.
Alexis
Potter si guardò intorno, smarrita: non aveva memoria di
nulla, se non di
quello splendido campo innevato, come se la sua vita l’avesse
vissuta
interamente lì.
Eppure,
era felice.
Con
un sorriso sulle belle labbra, si alzò in piedi, leggera
come non si era mai
sentita in tutta la sua vita. Volteggiò tra i fiocchi di
neve, sollevando le
braccia al cielo per raccoglierli nei palmi: erano soffici e delicati,
ma
assolutamente non freddi, come invece si sarebbe aspettata. La cosa la
fece
ridere divertita, come una bambina. Chiuse gli occhi e
lasciò che la neve le
accarezzasse il profilo delle guance.
Poi,
l’odore della legna bruciata le solleticò il naso,
costringendola a voltarsi
appena.
Odore
di casa.
Le
aveva sempre ricordato Sirius: le sere passate davanti al caminetto a
Grimmould
Place, accanto a lui che le raccontava le avventure dei Malandrini,
conservavano sempre un posto speciale nel suo cuore.
Un
posto a cui nessuno avrebbe mai
potuto avere accesso.
Aprì
gli occhi e si trovò davanti ad una casetta di campagna. Era
piccola e
interamente in legno e dava l’idea di essere terribilmente
accogliente. Dal
piccolo comignolo fuoriusciva una lunga nuvola nera, che si perdeva nel
cielo
buio di quella notte priva di stelle.
Per
un solo momento, ebbe quasi la certezza che aprendo la porta avrebbe
trovato
Sirius ad accoglierla: i capelli neri che scendevano in ciocche
eleganti a
coprire di sfuggita lo sguardo arrogante e le sopracciglia oblique.
Dimenticata
la neve, si precipitò all’ingresso della casetta e
sbirciò l’interno dalla
piccola finestrella illuminata: all’interno c’era
una donna intenta a cuocere
qualcosa in un calderone. La osservò per qualche minuto, poi
la donna alzò il
viso e intercettò il suo sguardo. Le sorrise, come solo lei
sapeva fare, e le
fece un cenno con la mano, invitandola ad entrare. Senza farselo
ripetere due
volte, Alexis aprì la porta e si introdusse nella casa, dove
un caldo
accogliente l’avvolse piacevole.
La
donna le si avvicinò: aveva una lunga massa di capelli
boccolosi, di un rosso
tanto intenso da far male e due occhi spaventosamente verdi e materni.
-Ben
tornata, piccola Alexis.-
La
salutò, porgendole una mano. Senza rispondere, la Potter si
limitò a sorridere
e le prese la mano, lasciandosi condurre al tavolo che occupava un lato
della
stanza. La bella dea, come l’aveva rinominata lei stessa
tempo prima, le porse
una scodella e la riempì con il contenuto del calderone.
-Ecco,
mangia: devi essere affamata.-
Alexis
sorrise ancora, quasi incapace di parlare. Si sedette composta e prese
il
cucchiaio che la donna le porgeva. Lo immerse nella ciotola, ma
scattò
immediatamente indietro, come scottata. Cacciò un urlo e
balzò in piedi,
rovesciando la sedia.
Era…sangue?
La
donna le rivolse un’occhiata strana, corrugando le eleganti
sopracciglia.
-Qualcosa
non va, tesoro?-
Alexis
si voltò a guardarla, gli occhi enormi sul visino pallido.
-È…È
sangue quello!-
Urlò,
con una punta d’isteria nella voce incrinata.
La
dea piegò il viso su di un lato e si avvicinò
alla ciotola, che prese tra le
mani. Poi, inaspettatamente, scoppiò in una risata delicata
che ebbe il potere
di farla tranquillizzare immediatamente.
-Ma
no, sciocchina! E’ solamente zuppa di pomodori.- la
schernì, scuotendo il capo
e porgendole di nuovo la scodella –Vedi?-
Alexis
chinò lo sguardo sul liquido rossastro e ora, in effetti,
aveva tutta
l’impressione di essere un’ottima e calda zuppa di
pomodori. Sbattè le palpebre
più di una volta e poi si prese la fronte con una mano,
accasciandosi sulla
sedia che la dea aveva di nuovo tirato su.
-Perdonami,
Lily…Devo essere proprio stanca.-
Si
scusò, mordendosi appena il labbro inferiore. Si
tastò delicata le tempie, come
sorpresa di non trovarci qualcosa che invece avrebbe dovuto esserci. Un
nuovo
dolore alla base della cute la convinse a desistere dal ricordare.
La
dea le sorrise e le si avvicinò, prendendole delicatamente i
polsi.
Un
flash, nella sua memoria, le fece
dolere il petto.
Mani bianche che le sfioravano i polsi
in una presa gentile, per toglierle le dita da quella ferita.
Sobbalzò,
spalancando gli occhi, come se solo in quel momento si fosse resa conto
di una
cosa importantissima che però, appena incrociò lo
sguardo di smeraldo, dolce e
materno, della sua dea, dimenticò completamente,
lasciandosela scivolare via
come sabbia bianca tra le dita.
-C’è
qualcosa che ti preoccupa, mia piccola Alexis?-
Le
chiese ansiosa, prendendole il viso con una mano e costringendola ad
alzare il
mento, per poterla guardare.
Occhi
d’argento davanti ai suoi,
carichi di odio e frustrazione, che sostituirono quelli della dea che
lei aveva
rinominato Lily, come sua madre, per un solo istante e basta, prima di
tornare
ad essere il nulla vuoto nella sua memoria inesistente.
La
guardò con occhi vacui e scosse appena il capo.
-No.
Non me lo ricordo.-
Mormorò,
corrugando le sopracciglia nello sforzo. La donna la strinse a
sé, premendole
il viso contro il petto, pericolosamente vicino al punto in cui la
strana rosa
rossa le penetrava la carne bianca e perfetta.
Sorrise
e di un sorriso un po’ folle.
-Esatto.-
Le
sibilò all’orecchio, prendendo a sfiorarle i
capelli con gesti lenti e misurati.
Poi,
all’improvviso, qualcuno bussò alla porta della
piccola casetta.
La
dea si voltò di scatto, dando le spalle ad Alexis che la
sentì
chiaramente…ringhiare?
Accadde
tutto troppo velocemente perché lei ci capisse qualcosa. Il
mondo prese a
vorticarle intorno, la porta esplose e la dea scomparve.
La
sua attenzione fu catturata da un dolore acuto al polso: era come se
qualcuno
di molto forte le stesse stritolando la pelle. Alzò il
braccio e vide il
braccialetto diventare sempre più piccolo, creando quasi un
solco sul suo
polso.
Il
serpente si snodò dal rovo di spine
e le sibilò contro, maligno, prima di emanare una
luminescenza accecante ed
esplodere in piccoli frammenti.
Poi,
scomparve anche lei, nell’oblio della dimenticanza.
Alexis
Potter si rigirò nell’enorme letto, muovendo le
mani alla disperata ricerca di
libertà dal pesante groviglio di coperte che quasi la
soffocavano. Mugugnò
qualcosa di indefinito e scosse la testa più volte, prima di
spalancare gli
occhi, che brillarono di puro terrore. Si alzò a sedere di
scatto, come fosse
stata improvvisamente punta da un inferocito Ricciocorno Schiattoso. I
capelli
le si riversono sul viso, in ciocche scomposte e disordinate; aveva il
fiato
corto, come se si fosse appena svegliata da una lunga corsa.
Una
corsa per scappare da quel sogno
maledetto.
Socchiuse
gli occhi e respirò lentamente, portandosi una mano al petto.
Inspirare.
Espirare.
Calmarsi.
Il
mondo le vorticò leggermente intorno, come lamentela della
testa ferita che
protestava per quello scatto così brusco. Si prese tutto il
tempo necessario
per stabilizzarsi e si portò le mani, dalle dita gelide, ad
accogliere le
guance bollenti, trovando sollievo.
Deglutì
e riaprì gli occhi, piano, solo quando fu sicura che le
immagini non le
traballasero più davanti. Si guardò intorno e il
ricordo della sera precedente
la colpì.
Come
uno Schiantesimo in pieno petto.
Si
liberò del groviglio di coperte che le stavano ancora
soffocando le cosce e
raccolse le gambe al petto, nascondendovici il viso sopra.
Che
cosa aveva fatto?
Battè
la fronte contro le ginocchia, ignorando il dolore alle tempie.
Stupida.
Stupida.
Stupida.
-Stupida!-
Esclamò
infine, dando l’ennesima capocciata. Si mise poi le dita tra
capelli e piegò la
testa all’indietro, sbattendo appena contro il muro.
Ancora
dolore.
Ignorarlo nuovamente.
Si
rimise le mani sulle guance e si diede qualche colpetto, sperando in
chissà
quale grazia divina che, lo sapeva, non sarebbe mai arrivata.
Poi,
all’improvviso, spalancò di nuovo gli occhi.
Draco!
Si
voltò di scatto ad osservare l’altro lato
dell’enorme letto in cui, la sera
prima, si era addormentata piangendo.
Lo
fissò per qualche istante, poi sospirò e
allungò una mano.
Una
fitta al cuore.
Le
dita tremanti sfiorarono il cuscino e ricaddero miseramente nel vuoto.
Lui
non c’era.
Era
arrabbiato.
Ragionevolmente ed esageratamente
incazzato.
E ora, sapeva tutto.
La verità: un’arma a doppiotaglio, che
poteva ferire la prigioniera e il carceriere in qualsiasi momento.
Bastava solo una mossa più azzardata
per superare il confine.
Lei, sua schiava.
Dove li avrebbe portati quella storia?
Alexis
riaprì gli occhi, sentendosi improvvisamente stanca e
svuotata di tutte le
forze, come un palloncino sgonfio, che non ha più la forza
di librarsi
nell’aria. Pigra, si alzò dal letto e si diresse
in bagno, dove si tolse la
benda ormai scomposta e si sciacquò il viso, prima di
osservare il suo
disastroso riflesso nello specchio: i capelli erano gonfi e privi di
forma, gli
occhi vuoti e scavati nel viso troppo pallido, le labbra gonfie della
violenza
subita. Un brivido le percorse la schiena, al ricordo della prepotenza
con cui
Draco l’aveva toccata.
Quasi
violentata.
Le
venne da piangere, di nuovo, ma si trattenne coraggiosamente e
alzò il mento,
lanciandosi un’occhiata fiera al di là dello
specchio. Contro ogni logica
razionale, le venne da sorridere: si ricordava Blaise Zabini, in quel
momento,
sempre pronto a lanciarsi affascinanti occhiate da ogni superficie
riflettente
del castello – che stesse impazzendo? Scosse la testa e
frugò nei cassetti del
mobiletto, alla ricerca di una spazzola: trovò solo un
piccolo pettine e si
accontentò, utilizzandolo come meglio poteva per sbrigliarsi
i capelli che ora,
leggermente elettrici, le si alzavano da una parte all’altra,
indomabili.
Capelli
di una Potter.
Si
diede qualche pizzicotto sulle guance, per ridarsi colorito, e poi
tornò in
camera. Si guardò intorno, mettendo le mani sui fianchi,
senza sapere che cosa
fare. Guardò la porta, indecisa: andare a prendere una
divisa pulita –
cambiarsi la camicia strappata, magari – non sarebbe stata
una cattiva idea.
“Resta
qui e non ti muovere. Non ti conviene disobbedirmi,
fidati, o la prossima volta non basteranno tutte le suppliche del mondo
a
fermarmi.”
Le parole di Draco
le attraversarono la
memoria e un brivido violento le scrollò le spalle.
Scosse la testa per l’ennesima volta, per
cacciare la sensazione terribile che le opprimeva il petto ad ogni
ricordo di
quella dannata serata.
Draco
dormiens numquam titillandus.
Recitava il motto di Hogwarts e forse era
meglio dargli retta.
Non
voleva di certo attirarsi ulteriormente le ire del drago.
Si
guardò intorno, ancora, senza sapere
cosa fare. Poi, il suo sguardo si concentrò sul letto
disfatto.
“Da
oggi sarai mia schiava”
Sbattè
le palpebre, un po’ perplessa per
il pensiero che le era baluginato in mente.
Una
schiava.
Rimuginò,
poi alzò lo sguardo al cielo e
prese il piumone, gettandolo ai piedi del letto.
Una
schiava era dedita alle faccende domestiche, no?
Stava
sprimacciando un cuscino, quando la
porta della camera si aprì, facendola sobbalzare appena. Si
voltò di scatto per
osservare Draco Malfoy entrare nella camera e richiudersi la porta alle
spalle,
come se lei neanche ci fosse.
Senza guardarla né rivolgerle un saluto,
si levò il mantello e lo lanciò sopra la sedia;
si allentò la cravatta e si
sbottonò la camicia, frizionandosi i capelli con una mano,
distrattamente.
Aveva il viso pallido e profonde occhiaie
scure gli scavano appena gli occhi spenti.
Doveva
essere stato sveglio tutta la notte, chissà dove.
Alexis
deglutì appena, mentre lui si
toglieva le scarpe e le lanciava sotto la scrivania, dove presto le
raggiunsero
anche la cravatta e la camicia. La ragazza gli voltò le
spalle, leggermente
rossa in viso: anche se l’aveva quasi violentata, non poteva
di certo impedirsi
di pensare che, comunque, Draco Malfoy fosse dannatamente bello, con i
muscoli
dell’addome che tiravano in modo sublime la pelle bianca,
dove i duri
allenamenti di Quidditch, iniziati molto prima, a casa sua, lo avevano
forgiato.
Scosse ancora la testa e si riconcentrò
sul cuscino, che depositò sul letto, prima di coprirlo con
il lenzuolo. Draco
la oltrepassò e si infilò nel bagno, come se lei
neanche ci fosse. Poi, tornò
indietro e le lanciò uno sguardo perplesso dalla porta del
bagno.
-Si puo’ sapere che diavolo stai
facendo?-
Alexis sobbalzò spaventata perché non si
era assolutamente aspettata di sentire la sua voce.
Quel
tono freddo e ancora decisamente arrabbiato, velato appena da una
confusione
comprensibile.
Si
tirò su, raddrizzando la schiena, e
alzò il mento, fiera, senza voltarsi a guardarlo. Rimase a
fissare il suo
riflesso nello specchio, perché, in effetti, non aveva il
coraggio di
affrontarlo a viso aperto.
Mai
lasciare al serpente la possibilità di incantarti con il suo
sguardo serafico o
potresti ritrovarti morsa e avvelenata prima che riesca a rendertene
conto.
Si
schiarì appena la voce, ostentando
quel coraggio che, oramai, le apparteneva solo per facciata.
-Ti sto sistemando il letto.-
Si limitò a rispondere, secca.
Draco le fissò la schiena con insistenza,
sollevando un sopracciglio.
-E perché?-
Questa volta fu il turno di Alexis di
aggrottare la fronte; incrociò le braccia al petto,
leggermente stizzita.
-Hai detto che dovevo essere tua schiava.
Non è forse questo quello che fanno le schiave?-
Fredda e tagliente, la sua voce berciò
nel silenzio con autentico orgoglio e gli occhi di Draco bruciarono
sorpresi.
Senza degnarlo di ulteriori attenzioni, Alexis si piegò di
nuovo e continuò a sistemare
il letto.
-Smettila.-
Il tono imperioso del ragazzo le fece
salire un brivido lungo tutta la schiena e la gelò sul
posto. Deglutì e strinse
le mani in due pugni.
-Sei una stupida.- la rimproverò, atono,
e lei si voltò, finalmente, a fronteggiarlo, con le
sopracciglia corrugate
nello sforzo inutile di comprenderlo –Ho detto che saresti
stata mia schiava,
non un elfo domestico.-
Le fece notare, poggiando la testa sullo
stipite della porta e osservandola con un’occhiata
infastidita. Alexis sbattè
le palpebre ripetutamente e le sue guance assunsero una deliziosa
tintarella.
No,
non deliziosa.
Bugiarda.
Odiosa.
Maledetta.
Dannata…
mente deliziosa.
Draco
Malfoy strinse gli occhi
pericolosamente a quel pensiero e un nervo teso affiorò
sulla guancia bianca.
Infido
angelo ammaliatore.
Lei
deglutì e indietreggiò di un passo,
spaventata dalla cattiveria improvvisa e gratuita di quello sguardo
che, fino
ad un giorno prima, l’aveva sempre guardata con protettiva
gentilezza e fermo
desiderio. Abbassò il viso e prese a contorcersi le mani,
nervosa, mentre
borbottava qualcosa di poco chiaro. Senza degnarla di ulteriori
attenzioni,
Draco si chiuse in bagno.
Alexis si prese la fronte tra le mani ed
ebbe voglia di strapparsi tutti i capelli. Poi, pensò che
sarebbe stato ancora
più rilassante strappare quelli di Malfoy. Magari a morsi.
Si lasciò ricadere a peso morto sul letto
e si massaggiò le tempie: era sinceramente preoccupata per
quello che
l’aspettava.
Un
inferno, sicuro, dal momento che il suo carceriere era un demonio
vestito da
angelo.
Quando il
Demonio uscì dal bagno, aveva un aspetto decisamente
migliore: i capelli erano stati trattenuti dalla solita mano di gel e
il viso
pallido non recava alcuna traccia della nottata bianca che aveva
affrontato.
Alexis lo studiò di sottecchi, sollevandosi lentamente dal
letto, e lui, senza
degnarla di attenzioni, aprì l’anta
dell’armadio, scansando i residui dello specchio
con un gesto non curante del piede, coperto di nuovo dalle scarpe
lucide.
Scelse una camicia e se la infilò, con la pigra lentezza di
chi non ha nulla da
fare. Poi, si annodò la cravatta al collo e
infilò il maglioncino grigio.
Quello stesso
maglioncino
che lei, ultimamente, adorava sfiorare con le dita, per sentirne la
morbidezza
incredibile e il calore che solo lui sapeva regalarle.
Strinse le
mani in due pugni, a quel pensiero, che le faceva solo
male.
Lanciandogli un’altra occhiata di sottecchi, le venne
spontaneo domandarsi
che cosa avesse intenzione di chiederle.
Che cosa ne sarebbe stato di loro.
A quale caro
prezzo si
protegge un segreto.
-Andiamo.-
Le ordinò all’improvviso e lei, di nuovo,
sobbalzò sorpresa, come
se non si aspettasse che lui le rivolgesse ancora la parola.
-Do…Dove?-
Domandò, incerta, scattando in piedi.
Draco Malfoy sorrise con fredda gentilezza.
-Ma a colazione, amore.
Dove se no?-
La schernì e il tono mellifluo delle sue parole le scese
sulla
pelle come una ventata gelida e tagliente. Rabbrividì e
abbassò lo sguardo,
deglutendo appena.
Quella situazione
non le
piaceva. Non le piaceva per niente!
Poi, come
ricordatasi di un elemento importante, alzò il viso di
scatto e Draco si limitò ad osservarla impassibile.
-Ma non posso andarci così…Insomma, mi serve
un’altra camicia.-
Mormorò, tirandosi giù il lembo del maglione con
le mani, come per
nascondere la pelle bianca della pancia che era inevitabilmente rimasta
scoperta.
Draco sogghignò appena, tanto che, per un momento, lei
temette
davvero per il peggio.
Poi, si girò e, sbuffando, prese una sua camicia
dall’armadio e
gliela lanciò.
-Ecco. Vestiti e andiamo, ho fame.-
Forse anche di
più.
Era questo
quello che pensava Blaise Zabini, mentre gli studiava
la mano malamente fasciata.
Scosse il capo, leggermente esasperato, e alcune ciocche di
capelli neri calarono a coprirgli lo sguardo.
Un coro di sospiri
si levò
alla sua destra.
Con un
gesto elegante della mano abbronzata ricacciò le ciocche al
lato del suo viso e poi si allungò a prendere uno dei suoi
dolcetti viola,
prima che Draco decidesse di ridurli tutti nuovamente in briciole.
Un altro coro di
sospiri si
sollevò alla sua sinistra.
Draco
Malfoy lanciò un’occhiataccia al piccolo fan club
personale
di Blaise Zabini, mentre l’idolo in questione rivolgeva loro
un sorriso
seducente.
Inutile dire che,
nuovamente, le piccole ochette schiamazzarono entusiaste.
-Dì
loro di smetterla o sarò io a rivolgergli qualche parola.-
Crucio…o
Avada Kedavra,
magari.
Blaise si
voltò a lanciargli un’occhiata offesa.
-Malfoy, se sei stressato, sei pregato di non sfogarti sulle mie gioie.-
Lo rimproverò e le piccole primine – ma anche
qualcuna più
grandicella, se vogliamo dirla tutta – fecero una linguaccia
al biondino, tutte
soddisfatte.
-Non mi sembra che io mi sfoghi su Alexandra, quando sono
nervoso.-
Aggiunse, alzando il mento con aria indispettita e allungando una
mano per capovolgere la tazzina che aveva di fronte; subito, una
piccoletta dai
capelli rossi gli versò del the e lui le regalò
un sorriso distratto che la
fece arrossire.
Draco gli lanciò un’altra occhiataccia, che
però cadde nel vuoto,
dato che Zabini, sotto richiesta, era tutto preoccupato ad insegnare
alle sue
fanciulle come bere del the in perfetto stile inglese. Lo
mandò mentalmente al
diavolo più di una volta, prima di pulirsi la mano dalle
briciole dell’ultimo
biscotto che aveva, involontariamente, stritolato.
Alexandra Bl…No, Alexis Potter, seduta accanto a lui, fissava il
proprio piatto con innaturale interesse, spezzettando una briosche
senza avere
davvero l’aria di una che volesse mangiarla. Poco distante,
Pansy Parkinson e
la sua banda di ochette starnazzavano divertite ad una barzelletta di
Goyle
che, sicuramente, non avrebbe fatto ridere nessun altro che delle teste
vuote
come loro. Diamond Cherin aveva preso posto al tavolo dei Corvonero e
parlava
in modo concitato con Charlie Liplose, facendogli venire in mente che
forse, la
biondina, dopo aver provato gran parte della fauna maschile di
Hogwarts, voleva
passare anche all’altra sponda. Chissà cosa ne
avrebbe pensato Nott che, quella
mattina, a colazione, non c’era.
Che fosse rimasto
traumatizzato dalla notizia che forse la sua ragazza volesse diventare
lesbica?
In
effetti, tempo addietro aveva avuto il mezzo sospetto che la
Cherin fosse attratta dalla piccola Alexandra Black ma, fortunatamente
per lui,
Alexandra…no, Alexis Potter, era convintamente etero.
Strinse la mano in
un
pugno, al ricordo di quel nome che forse era solo un nome; o forse,
segnava
qualcosa di più profondo al quale, sinceramente, non aveva
neanche voglia di
pensare.
Certo, se
la Cherin si fosse davvero rivelata lesbica, sarebbe
stato un colpo di scena: aveva dovuto farsi gran parte della
popolazione
maschile di Hogwarts per capirlo?
Beh, anche Blaise tendeva a farsi tutta la fauna femminile della
scuola, solitamente, e non era minimamente intenzionato ad avere una
relazione
fissa, ma questo non significava affatto che lui fosse gay.
No…?
Spalancando appena gli occhi, Draco si voltò verso Blaise
che continuava
a tenere la tazzina da the a mezz’aria, il mignolo
rigorosamente alzato come
una regina. Lo fissò e deglutì.
-Ehm…Blaise?-
Il ragazzo si voltò a guardarlo con un’occhiata di
sufficienza,
infastidito dall’essere stato interrotto proprio nella parte
migliore della sua
spiegazione.
-Sì, Malfoy?-
Draco lo osservò per qualche istante e Zabini
restituì l’occhiata
con un sopracciglio alzato.
-Tu non sei gay, vero?-
C’era quasi una nota di sottile panico nella voce di Draco, a
quel
pensiero: per Salazar, lo aveva visto più volte nudo Blaise
che Alexis! – e
nessuno pensi male.
Il moro lo fissò impassibile, come se quella domanda non
fosse
neanche degna di una risposta.
-Draco, gioia dei miei occhi.- cominciò, posando la tazzina
con
innaturale calma e girandosi di nuovo verso di lui per mettergli una
mano sulla
spalla. Malfoy deglutì ancora, seguendo le dita
dell’amico con lo sguardo. –Per
quanto tu possa essere incredibilmente affascinante, mi dispiace
deluderti: non
sei il mio tipo.-
Draco allargò gli occhi, preoccupato. Blaise gli sorrise in
modo
seducente, alzando una mano a sfiorargli una guancia, sotto lo sguardo
preoccupato del piccolo fan club: insomma, Blaise Zabini, il loro
idolo, non
poteva essere gay!
-Certo, se tu fossi un pochino più in carne, con due gambe
chilometriche, una lunga massa di capelli biondi e un florido paio di
tette,
allora forse potrei cambiare idea.-
Lo schernì, dandogli un pizzicotto sulla guancia. Draco fece
una
smorfia e gli schiaffeggiò la mano.
-Ah ah, divertente Blaise, davvero.-
Il moro si strinse nelle spalle.
-A domande stupide, risposte stupide. Dì, ti sei fatto una
dose di
Artigli di Drago stamattina? Perché se è
così e non mi hai invitato, potrei seriamente offendermi.-
Draco storse le labbra in un’altra smorfia e Zabini gli diede
una
pacca confortevole su di una spalla.
-Mi dispiace, mon ami,
ma sono etero ed intendo restarci. Non potrei fare un torto
così grande al
genere femminile, non ti pare? So che anche tu sei rimasto affascinato
dalla
mia bellezza smodata, ma dovrai cercare altrove.- lo
schernì, scuotendo i
capelli con fare vanitoso – Prova a chiedere ad Ernie
Macmillan, gira voce che
lui apprezzi molto…-
Ma non concluse la frase, perché Draco gli mollò
un ceffone sulla
nuca, come chiara risposta che a lui, degli altri maschi, non
interessava
proprio una zucca secca.
Blaise si strinse nelle spalle e tornò ad occuparsi delle
sue
‘gioie’, che sospirarono sollevate alla notizia che
il ragazzo che amavano e
veneravano era convintamente etero.
Alexis Potter, che aveva sorriso di quella scena di tenera
quotidianità, come se tutto quello che fosse successo la
sera prima fosse,
momentaneamente, solo un ricordo lontano, che poteva venir
tranquillamente
archiviato, non aveva comunque detto una parola. Ora, tra
l’altro, la sua
attenzione era stata catturata dall’entrata in Sala Grande
del “Trio Miracoli”:
Hermione Granger, come sempre in prima fila, con un grosso tomo tra le
braccia,
Ron Weasley, che si trascinava dietro di lei coprendo un grosso
sbadiglio e,
infine, Harry Potter, il cui sguardo, come attratto da una forza
incontrastabile,
era andato immediatamente a cercare quello della Black, che aveva
sorriso
appena, come semplice saluto.
-Versami del latte.-
La voce di Draco, al suo fianco, la fece trasalire. Si voltò
verso
di lui e gli lanciò un’occhiata confusa.
-Come, scusa?-
-Versami del latte.-
Ripetè lui, impassibile, mostrandole la tazza vuota. Alexis
lo
fissò stranita e poi il suo sguardo scivolò sulla
caraffa del latte, che si
trovava decisamente a pochi centimetri dalle mani di Draco. Non
potè impedirsi
di sollevare un sopracciglio.
-Non avevi detto che non mi volevi come tuo elfo domestico?-
Si informò accigliata.
Draco sorrise, sollevando appena un angolo delle belle labbra.
Alzò una mano, con un gesto lento e calibrato, e le
accarezzò il viso solo con
la punta delle dita, facendola rabbrividire.
-Amore, amore, amore…Quante
cose che devi imparare, ancora.-
Mormorò con sguardo assorto. La sue dita si mossero lente
lungo
tutto il profilo del collo e poi si intrecciarono ad una ciocca dei
capelli
corvini. Gli bastò tirare appena, perché lei
fosse costretta a farsi più
vicina.
-Non lamentarti.- le soffiò nell’orecchio,
ammonendola per il
fatto di aver appena emesso un gemito di dolore e protesta; poi le
lanciò
un’occhiata di sbieco. –Prova a disobbedirmi ancora
una volta e sarà l’ultima
cosa che farai sotto il nome dei Black, sono stato chiaro?-
Aggiunse sibillino e lei spalancò appena gli occhi,
guardandolo di
sottecchi, poi annuì appena. Draco le si avvicinò
ancora e le regalò un bacio
delicato sulla guancia.
-E ora sorridi, amore,
non vorrai che gli altri si insospettiscano, vero?-
Alexis scosse lentamente il capo e si voltò a guardarlo, le
labbra
tirate in un sorrisino spento. Draco mise il broncio.
-Puoi fare di meglio.-
Le suggerì e lei non riuscì a trattenersi dallo
sbuffare,
meritandosi un’occhiataccia e un’altra tirata di
capelli. Alexis chiuse gli
occhi e quando li riaprì mostrò al ragazzo un
sorriso luminoso.
Il cuore
mancò un battito.
Quel sorriso, così bello e
così sincero come tanti altri che gli aveva rivolto e del
quale si era
innamorato.
In realtà falso, bugiardo,
maledetto, come tanti altri…?
Draco
ghignò appena e si avvicinò a rubarle un rumoroso
bacio a
fior di labbra.
-Brava…-
Le mormorò sulla bocca, prima di lasciarla andare
bruscamente. Si
voltò e si versò il latte.
-Alla tua, amore.-
Alexis e Draco si
erano separati all’ingresso della Sala Grande,
diretti ognuno ad una diversa classe a seconda dell’orario di
lezioni. La
Potter era ora in compagnia di Diamond, che continuava a parlare di
qualcosa
che, sinceramente, non aveva la minima intenzione di stare a sentire.
Così, con
aria assorta in pensieri tutt’altro che rassicuranti, si
limitava ad annuire o
a negare, di tanto in tanto, a seconda delle occhiate che
l’amica le rivolgeva
durante il suo discorso, fatto con un’enfasi tale da
costringerla ad agitare le
mani per aria.
Magari li avesse
avuti lei
i suoi frivoli problemi.
Nonostante
non stesse ascoltando una sola parola, non le era poi
così difficile immaginare di cosa Diamond stesse parlando:
ragazzi o trucchi; o
alla possibilità di esplorare nuovi orizzonti sessuali,
avrebbe pensato Malfoy.
Alexis sospirò e scosse lievemente il capo, ritrovandosi a
pensare
che non aveva assolutamente la minima voglia di seguire una lezione, in
quel
momento; se poi ci aggiungeva che si trattava di due ore di Pozioni, il
desiderio diminuiva notevolmente.
Con l’umore che si ritrovava e tutti i pensieri che aveva in
testa, avrebbe sicuramente fatto un’altra pessima figura con
il professor
Piton, che le avrebbe assegnato chissà quale altra punizione
o avrebbe tolto
altri punti a Serpeverde, facendole meritare mille occhiatacce dai suoi
compagni di casa.
In certe
situazioni,
neanche il cognome Black poteva salvarla.
Erano
appena scese dalla scalinata principale e si stavano
dirigendo verso i sotterranei, quando una mano gelida le
afferrò il polso con
decisione, costringendola a fermarsi.
Alexis si voltò, a metà tra
l’infastidito e il curioso.
Davanti a lei
c’era,
ovviamente, Draco Malfoy – chi altri, se no?
Corrugò
le sopracciglia in una muta domanda, perplessa.
-Ciao, Draco!-
Lo salutò Diamond, con un’allegria che, per i due,
era decisamente
fuori luoghi. Il ragazzo si limitò a considerarla con un
breve cenno del capo,
prima di tornare a concentrare tutta la sua attenzione sulla Potter,
che ancora
lo osservava con la fronte aggrottata. La guardò per un
lungo istante, senza
dire nulla.
Solo Alexis si
accorse che,
in fondo a quell’occhiata impassibile, bruciava una luce
strana, spaventosa,
folle.
Ne ebbe paura.
Deglutì
e la presa attorno al suo braccio si fece appena più
insistente, a prova del fatto che Draco aveva letto la sua paura e le
stesse
silenziosamente comunicando che la sua reazione non era accettabile. Si
costrinse
allora a sorridere appena e chinò il capo verso una spalla.
-Tutto bene, Draco? Ti serve qualcosa…?-
Si era sforzata di mantenere il tono più normale che avesse,
ma
non era riuscita ad impedire alla sua voce di tremare appena sulle
ultime
parole, cosa che le fece meritare un’ulteriore stretta al
polso. Non osò
emettere neanche un sospiro e il sorriso le si congelò
semplicemente sul viso.
Senza risponderle, Draco socchiuse gli occhi e quando
sollevò il
viso si concentrò su Diamond.
-Scusami Cherin, potresti lasciarci…?-
La domanda era solo una forma di gentilezza, perché era
chiaro
l’ordine sottointeso. Lentamente, Alexis si voltò
ad osservare l’amica e in
quel momento desiderò con tutta se stessa che Diamond la
conoscesse così bene
da cogliere il suo sguardo allarmato e capire che c’era
qualcosa che non
andava.
Purtroppo, Diamond
Anne
Cherin non era propriamente la migliore amica modello.
Tendeva sempre di più a
preoccuparsi di se stessa che non degli altri e raramente faceva caso a
tutto
ciò che la circondava.
Era egocentrica ed egoista,
a volte.
E forse, semplicemente
troppo Serpeverde.
In ogni
caso, non notò l’occhiata di sottile supplica che
la mora
le aveva lanciato e si limitò a sorridere, un po’
maliziosa.
-Ma certo, Malfoy.-
Ammiccò, come se avesse capito tutto di quella situazione, e
diede
una leggera gomitata al fianco di Alexis, mostrandole poi il pollice
all’insù,
prima di sgattaiolare via, verso i sotterranei, ridacchiando come una
scema.
Per un momento,
Alexis
Potter desiderò non aver mai scelto Serpeverde come sua casa
di appartenenza;
sarebbe benissimo potuta andare a Grifondoro, proprio come Sirius. Era
sicura
che Hermione Granger o Ginny Weasley avrebbe colto al volo la sua
occhiata.
Quel
pensiero improvviso le fece male.
Era come
desiderare di
voler cancellare ciò che era successo in quei mesi, come se
tutte le scelte
fatte fossero state sbagliate; come se anche il suo rapporto con Draco,
fosse
stato solo un errore, al quale, tornando indietro nel tempo, avrebbe
voluto
riparare.
Se si fosse presentata ad
Hogwarts con il suo vero nome…Se avesse scelto
Grifondoro…Se avesse stretto
amicizia con Hermione Granger…Se si fosse lasciata stringere
da suo fratello,
invece che da Draco Malfoy…
Un’altra
fitta di dolore, ancora più forte, e questa volta non
solo al petto, ma anche al polso che Malfoy aveva stretto duramente per
costringerla a farsi appena più vicina al suo viso.
Tornare alla realtà fu disorientante e trovarsi il soggetto
dei
suoi pensieri tormentati ad un centimetro dal viso non fu di certo di
grande
aiuto.
-Dove credevi di andare?-
Il soffiò di quelle parole le sfiorò, malavolo,
le labbra.
Alexis scosse appena il capo, costringendosi a cancellare ogni
strana congettura dalla mente, e corrugò ancora le
sopracciglia, muovendo
freneticamente lo sguardo per non lasciarsi catturare da
quell’argento vivo.
-A lezione…?-
Rispose titubante e Draco sorrise appena, chinandosi per trovarsi
esattamente a qualche millimetro dal viso della ragazza; le
posò la mano libera
sotto il mento, per costringerla a guardarlo negli occhi.
-Sbagliato.- mormorò, socchiudendo appena le palpebre e
inspirando
profondamente, come se stesse annusando un profumo inebriante
–Non ti avevo
forse detto che ti volevo sempre accanto a me?-
Aggiunse e il tono della sua voce era chiaramente velato da una
sottile minaccia.
-Sì, ma…-
Prima che potesse concludere la frase le dita di Draco le si
premettero sulle labbra, costringendola a tacere. Il ragazzo rimase
immobile
per qualche secondo, con ancora gli occhi socchiusi. Lei si
limitò a guardarlo,
preoccupata. Poi, lentamente, lui allontanò il viso e le
lanciò un’occhiata
strana – forse, di dolce minaccia -, intimandole di non
contraddirlo ancora. Le
lasciò andare le labbra e le accarezzò una
guancia, deponendole una ciocca di
capelli dietro l’orecchio.
-Niente lezioni per te oggi, amore.
Vieni con me.-
Sorrise di quel sorriso strano, che a lei faceva davvero paura, e
le lasciò andare il polso per intrecciare le dita a quelle
della ragazza, con
una presa gentile ma salda, come tacito monito a non provare a
sfuggirgli –
come se le fosse anche solo possibile pensare di farlo.
Alexis si lasciò condurre, guardandolo con
un’occhiata a metà tra
il nervoso e il dispiaciuto.
Odiava il modo in
cui lui
la chiamava: amore, quando quel sentimento, ora come ora, sembrava non
avere
quasi più senso tra di loro.
L’aveva
lasciata andare solo quando erano usciti in giardino, dopo
aver fatto una veloce visita ai dormitori, dove Draco l’aveva
costretta ad
indossare un suo maglione pesante – che ora arrivava a
coprirle appena sopra le
ginocchia, vista la differenza di statura – e una
morbidissima sciarpa grigia,
che profumava dolorosamente di lui.
Ora, camminavano in silenzio nella neve, affondando lievemente in
quella coltre bianca e gelida. Draco le era davanti e sembrava quasi
passeggiare da solo, non prestando alcuna attenzione a lei, che quasi
faticava
a stare dietro al suo passo lungo. Dovette raggiungerlo con una
corsetta, per
non allontanarsi troppo.
-Do…Dove stiamo andando?-
Gli domandò trafelata, mettendoglisi di fianco e alzando il
viso
per poterlo guardare. Il profilo che Draco le offriva era serio e
altezzoso e
non cambiò minimamente alle parole della ragazza. Neanche le
rispose,
limitandosi a rimanere con lo sguardo fisso davanti a sé, ad
osservare quella
che doveva essere la sua meta.
Alexis sospirò e abbassò lo sguardo: tutto
avrebbe accettato, in
quel momento, ma la sua indifferenza era decisamente la cosa peggiore.
C’era un
peso sul suo cuore
che l’avrebbe schiacciato molto presto.
Draco la
condusse fino al campo di Quidditch e la lasciò al centro
di esso, come quella ormai lontana mattinata, dopo l’uscita
del loro articolo
su Vanity Witch.
Non c’era bisogno di vederlo tornare dagli spogliatoi con la
scopa
da corsa in spalla, per capire che aveva intenzione di
volare…con lei.
Alexis deglutì e, istintivamente, mosse un passo indietro.
No.
Non di nuovo.
Perché di tante cose aveva scelto proprio quella?
Sapeva che odiava
volare e
sapeva che soffriva spaventosamente di vertigini.
Appunto,
si ritrovò a pensare poi, dandosi mentalmente della
sciocca.
Draco sapeva benissimo quali erano le sue paure e, adesso,
scoperta la verità, non sembrava volersi fare alcuno
scrupolo per utilizzarle a
suo vantaggio.
La vendetta del
serpente,
dolorosa e lenta come il suo veleno nel sangue.
Il ragazzo
la raggiunse e le scoccò un’occhiata molto
spasmodica
quando la vide indietreggiare ancora, con gli occhi spalancati. La
squadrò da
capo a piedi, con un’impassibilità terrificante;
poi, le diede le spalle e
prese la scopa, sulla quale si mise cavalcioni, dando una leggera
spinta con i
piedi per cominciare a fluttuare.
-Sali.-
Ordinò brusco, senza voltarsi a guardarla nuovamente.
Alexis rimase immobile ad osservargli la schiena tesa e le spalle
larghe, senza avere davvero intensione di seguire quelle parole.
Indietreggiò
di un altro passo, scuotendo lievemente la testa, e il fruscio
dell’erba del
campo calpestata si propagò nel silenzio, facendogli intuire
i suoi movimenti,
nonostante non potesse vederla.
-Sali, ho detto.-
Ripetè, con una nota dura nel tono di voce, basso e
gutturale,
come un ringhio rabbioso. Lei sobbalzò appena e strinse gli
occhi, prima di
avvicinarsi lentamente alla scopa. Allungò le dita per
sfiorare il manico di
legno e abituarsi all’idea di quello che stava per fare.
Per
Salazar…
Mentre si
metteva cavalcioni della scopa, si ritrovò a pensare che
avrebbe voluto avere la forza e il coraggio di ribellarsi, in quel
momento.
Perché continuare ad assecondarlo, in fondo?
Bastava andare da Harry e raccontare tutta la verità e
quella
tortura sarebbe finita.
Draco non avrebbe più avuto niente per tenerla legata a
sé e lei
avrebbe potuto finalmente allontanarsi da lui.
Ma che cosa stava
dicendo?
Ancora,
una fitta all’altezza del ventre.
Lei non voleva
assolutamente allontanarsi da Draco. Non dopo tutto quello che avevano
passato
insieme. Non dopo che, finalmente, si erano resi conto dei loro
sentimenti – dopo
tre sofferti mesi di agonie e dispiaceri.
E se si fosse ribellata
alle sue imposizioni, rendendosi libera dalla sua momentanea
schiavitù, non
aveva effettivamente idea di quello che sarebbe successo a loro.
Forse, si sarebbero
allontanati per sempre, irrimediabilmente.
E lei, non voleva.
Si strinse
alla schiena di Draco, correndo a circondargli la vita
con le braccia in una presa ferrea e lui, fortunatamente, non
protestò.
Premette la guancia contro di lui e chiuse forte gli occhi.
Poi, Draco partì a tutta velocità, senza darle
nemmeno il tempo di
essersi davvero abituata all’idea del volo. Presero quota in
pochi secondi, con
il vento che li feriva tagliente e fischiava nelle loro orecchie.
Alexis si
strinse di più contro di lui, perché stavano
continuando a salire
pericolosamente e lei si sentiva tirata giù dalla forza di
gravità e temeva
sinceramente di scivolare dal manico e precipitare verso la morte
sicura.
Continuavano a salire e a salire, fino a che, con una manovra
brusca, che le fece contorcere le budella nello stomaco, Draco
cambiò rotta.
Deglutì, stringendo gli occhi al tal punto da farsi male.
Ora le sembrava di
procedere in picchiata verso il basso e il vento quasi le si congelava
sul
viso, facendola tremare per il freddo e per la paura.
-Dra…Draco, ti prego…-
Mormorò spaventata, ma non era sicura che lui
l’avesse sentita o,
se l’aveva fatto, era certa che l’avrebbe ignorata.
Perché
avrebbe dovuto
preoccuparsi di lei, piccola bugiarda?
Draco
continuò nella sua folle corsa, con le braccia di lei che si
stringevano convulsive attorno alla sua vita e il piccolo corpo
ancorato alla
sua schiena che tremava con forza. Il suo sguardo d’argento
bruciò di
indecisione, rabbia e frustrazione, mentre compiva un’altra
manovra pericolosa
e la sentiva sussultare dietro di sé. Sbuffò,
scocciato, e lasciò il manico con
una mano, facendo compiere alla scopa un piccolo sobbalzo, senza
però accennare
a rallentare.
Alexis mugolò spaventata e quasi non si rese conto della
mano di
Draco che, per un secondo soltanto, si era sollevata a sfiorare il
dorso della
sua, stretta sul ventre del ragazzo, prima di tornare a sorreggere il
manico e
spronare la scopa al massimo della velocità, con rabbia,
verso la sua meta.
Quando cominciarono a rallentare, le sembrò di avere un
leggero
capogiro e si strinse ancora più forte contro la schiena di
Draco, senza
tuttavia accennare a riaprire gli occhi. Alla fine, dopo quello che le
era
sembrato il viaggio più lungo di tutta la sua vita, la scopa
planò dolcemente
fino a fermarsi, annunciandole che erano di nuovo sulla terra ferma.
Troppo
scossa, non riuscì a muoversi e se ne rimase semplicemente
lì, ancorata a quel
corpo che, nonostante tutto, riusciva a darle sicurezza.
-Guarda che puoi lasciarmi, ora. Siamo arrivati.-
Le comunicò ma lei scosse la testa contro la sua schiena,
stringendosi ancora di più.
-Potter, lasciami.-
Le intimò severo, facendola sobbalzare. Riluttante, sciolse
la
presa delle sue braccia, sentendole improvvisamente indolenzite. Si
allontanò
lentamente, contenta, per lo meno, di sentire il terreno sotto i propri
piedi.
Beh, non proprio
il
terreno.
Aprì
gli occhi che era ancora seduta sulla scopa e ciò che vide
le
fece sbalzare il cuore in gola e spalancare gli occhi, che brillarono
di puro
orrore.
C’era una distesa immensa, davanti ai suoi occhi,
completamente
imbiancata dalla neve che aveva infuriato su Hogwarts per tutta la
notte. Il
giardino si estendeva a perdita d’occhio e il Lago Nero
scintillava appena
sotto i raggi soffusi di quel sole che, faticosamente, si faceva largo
tra le
nuvole grigie del cielo. Da lì, poteva vedere tutto: le
numerose serre dove si
tenevano le lezioni di Erbologia; le fronde degli alberi scuri della
Foresta
Proibita, che si muovevano minacciose e frusciavano sinistre,
nascondendo,
forse, cose decisamente peggiori; la casetta di Hagrid, dal comignolo
della
quale usciva una densa nube di fumo nero, segno che il caminetto era
stato
acceso per riscaldare l’ambiente.
Con il cuore in gola e gli occhi ancora spalancati, Alexis si
portò una mano al petto, inorridita.
Draco Malfoy
l’aveva
portata sul tetto più alto di Hogwarts.
Senza
che fosse ancora riuscita a fermare la corsa folle che il suo cuore
aveva
intrapreso ormai da un po’, scese dalla scopa, con una
lentezza quasi
esasperante, cosa che spinse il giovane Malfoy a sbuffare infastidito.
Non le
aveva neanche porto una mano, per aiutarla a scendere, e la cosa stava
rendendo
tutto molto più faticoso.
In
fondo, non se lo meritava il suo
aiuto.
Una
volta che fu sicura che i suoi piedi non scivolassero sulle tegole
ripide del
tetto, Alexis lasciò andare il manico di scopa e Draco lo
ritrasse bruscamente,
poggiandolo poi in terra. Senza muoversi di un solo millimetro, la
ragazza si
voltò ad osservarlo mentre, con una tranquillità
decisamente spaventosa, si
metteva a sedere accanto alla sua Nimbus 2001 ed estraeva una sigaretta
dal
portasigarette in argento che aveva preso dalla sua tasca. Un colpo di
bacchetta e l’odore dolciastro di cocco e cannella bruciate
si mischiò al
profumo freddo dell’inverno e della neve. Senza dire una
parola, Alexis si
abbassò lentamente e si rannicchiò su se stessa,
portando le gambe al petto e
stringendole con le braccia.
Bastava
non guardare giù.
Bastava non guardare giù e tutto
sarebbe andato per il meglio.
Bastava non…
Come
la lingua che continua a tormentare un dente dolorante, così
lo sguardo di
smeraldo scese a controllare la vista ai suoi piedi: erano
terribilmente in
alto; se fosse caduta da lassù, neanche il medimago
più bravo del San Mungo
avrebbe potuto salvarle la vita.
Un
brivido le scosse violento le
spalle.
Mugugnò
disperata e affondò il viso sulle ginocchia, stringendo
forte gli occhi.
Mai
far arrabbiare un Malfoy.
Ignorandola,
Draco continuò a fumare e il suo sguardo grigio,
così simile al cielo plumbeo di
quella giornata, si perse all’orizzonte, senza concentrarsi
su alcun dettaglio
particolare.
Gli
aveva mentito.
La sua piccola Alexandra Black…No, la
sua piccola Alexis Potter, gli aveva mentito e ancora non riusciva a
capacitarsi della cosa.
E ogni volta che si ritrovava a
pensarci, un moto di rabbia tanto forte lo coglieva quasi di sorpresa,
togliendogli ogni barlume di lucidità.
Si era sentito annientato, quando aveva
letto quel nome.
Lei, la ragazza che lo aveva catturato
con il suo sorriso e la sua timidezza.
Lei, la ragazza che lo aveva fatto
disperare in quei mesi, perché diversa da tutte le altre.
Lei, che aveva dovuto conquistare tra
mille difficoltà.
Lei, così pura ed innocente che accanto
a lui desiderava solo un abbraccio.
Lei, che pur cedendo al suo fascino
aveva combattuto fino allo stremo, prima di cedere a quel
corteggiamente
spietato e possessivo.
Lei, che aveva imparato ad amarlo
esattamente come lui aveva, senza alcuna remore, imparato ad amare lei.
Lei, che non si era fidata di lui abbastanza
da raccontargli la verità.
Lei, che aveva dato così poco valore a
quello che lui provava nei suoi confronti.
Lei, che come una perfetta Potter, era
solo una piccola Mezzosangue bugiarda.
Lo aveva preso in giro.
Lo aveva incastrato.
Lei, rosa di tutti i peccati più
innocenti, lo aveva accarezzato con i suoi petali setosi e poi, a
tradimento,
lo aveva stretto tra le sue spine velenose.
Gliel’avrebbe pagata.
Nessuno si prendeva gioco di un Malfoy
e la passa liscia.
Nessuno.
Neppure lei.
Draco
Malfoy strinse la mano in un pugno tanto forte che la sigaretta si
spezzò
irrimediabilmente in due parti inutilizzabili. Lo sguardo
d’argento scese ad
osservare il danno fatto, con indifferenza, mentre riapriva le dita
indolenzite
– doveva averle strette tanto violentemente da un
po’ ormai, senza rendersene
conto – e lasciava scivolare via i residui della sigaretta.
Alexis
si era ora voltata a guardarlo, perché concentrarsi su di
lui l’avrebbe di
certo aiutata a non pensare all’altezza. Aveva disteso una
gamba e portato
l’altra al petto, sul ginocchio della quale aveva posato il
gomito. Teneva
l’altra la mano vicina al fianco, le dita aperte a sorreggere
il peso di quel
corpo che sembrava esile solo all’apparenza, ma che possedeva
muscoli tesi e
rigidi fasci di nervi che lo rendevano decisamente forte – e
lei aveva potuto
sperimentarlo la sera prima, quando era riuscito a bloccarla senza
alcuno
sforzo. Il viso era apparentemente tranquillo, ma al suo sguardo
attento non
sfuggiva la linea dura delle sue mascelle, accentuata dal nervo gonfio
sulla
guancia bianca; gli occhi bruciavano di qualche pensiero rabbioso e non
le fu
difficile immaginare a chi fosse rivolto. I capelli biondi, ormai
liberi dalla
mano di gel, dopo il bel volo, si agitavano inquieti nel vento
invernale,
danzandogli intorno al viso con un’eleganza quasi impossibile.
Ogni
volta che lo guardava, Alexis Potter non poteva non pensare a quanto
quel
ragazzo fosse bello.
Così
d o l o r o s a m e n t e
bello.
Ebbe
l’impulso di allungare una mano e intrecciarla a quella che
lui teneva distesa
sulle tegole. Le sarebbe piaciuto poter saggiare la pelle vellutata del
dorso e
sentire le dita gelide e affusolate tra le sue.
Ma,
fortunatamente, la distanza le impediva di raggiungerlo, cosa che le
diede la
forza di rimanere ferma, al suo posto. Chiuse gli occhi e prese un
profondo
respiro, poi si voltò di nuovo a guardarlo.
-Malfoy?-
Non
sapeva perché era di nuovo passata al cognome, ora, ma
sentiva quasi che era
giusto così perché, improvvisamente, il ragazzo
che aveva davanti le sembrava
solo uno sconosciuto.
Draco
non si voltò a guardarla, ma lei riuscì a notare
lo stesso il lampo ferito che
aveva attraversato i suoi occhi per un istante solamente. No, forse se
lo era
solo immaginato, perché ora il suo sguardo era completamente
svuotato di ogni
emozione.
-Che
cosa vuoi?-
Brusca,
la sua voce tagliò l’aria con gelida cattiveria,
regalandole l’ennesimo
schiaffo morale della giornata. Strinse di più le braccia
attorno alle gambe,
come se le volesse inglobare nel petto e sparire per sempre.
In
un luogo dove non avrebbe più dovuto
soffrire ancora.
Si
morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo sulle sue
ginocchia, sforzandosi
di non guardare il panorama sotto di sé che, in un luogo
più sicuro del tetto
della scuola, avrebbe forse trovato affascinante.
-Per
quello che vale…mi dispiace.-
Mormorò
e sentì gli occhi velarlesi appena di lacrime che,
miracolosamente, riuscì a
ricacciare indietro.
O
forse era stato solo il vento a
congelargliele prima che scivolassero sulle guance arrossate.
Attese
in silenzio una risposta che, forse, sapeva non sarebbe mai arrivata.
-Amore, guardami.-
Inaspettata,
la voce di Draco aleggiò nell’aria con una
dolcezza sorprendente, che la
convinse a rialzare lo sguardo immediatamente. Il ragazzo la stava ora
guardando e sulle sue labbra figurava un sorrisino appena.
Lento
e pigro come un felino, Draco gattonò vicino a lei e le si
mise di fronte, con
le ginocchia poggiate sulle tegole ma le coscie distese, in modo da
torreggiare
su di lei.
Continuava
a sorridergli con gentilezza, mentre avvicinava una mano al suo viso e
le
sfiorava una guancia, arrossata dal freddo. Si avvicinò
tanto che i loro nasi
si sfiorarono delicatamente.
Il
cuore di Alexis si gonfiò appena di
gioia…
-Non
penserai che delle semplici scuse possano basta, vero?-
…e
poi si ridusse alla dolorosa
dimensione di una nocciolina.
La
ragazza lo guardò atterrita, spalancando gli occhioni verdi
sul viso
improvvisamente pallido. Draco le sorrise ancora e i suoi occhi
bruciarono di
soddisfazione.
-L’ho
sempre pensato che fossi una piccola sciocca, amore.-
Un
altro schiaffo morale diretto al suo cuore, mentre quelle dita gelide,
da
elegante pianista, le accarezzavano la guancia con tenerezza, dove lei
sentiva
invece il dolore graffiante di un colpo ben assestato.
Sì,
era questo che voleva vedere nei
suoi occhi.
Tristezza.
Delusione.
Umiliazione.
Le stesse cose che aveva provato lui di
fronte a quella verità rivelata da una lettera traditrice.
Alexis
non disse una parola, forse perché era troppo scioccata
anche solo per pensare
di aprire bocca e parlare.
Draco
continuava a sorridere in quel modo arrogante e a sfiorarla con carezze
che
promettevano solo un dolore acuto e fastidioso. Poi, le sue dita fredde
scesero
a lambirle il collo e le presero la sciarpa che portava al collo,
snodandola
con lentezza. Lei si limitò a guardarlo, senza capire cosa
avesse intenzione di
fare.
Quando
le sfilò la sciarpa, lei sentì il freddo pungente
dell’inverno attaccarle la
pelle sensibile del collo e, istintivamente, si strinse nel colletto
del
maglione che, come la sciarpa, profumava maledettamente di lui.
Draco
la osservò con un sorrisino strano, prima di allontanarsi
lentamente e
sollevare la mano. Le dita attorno alla sciarpa si allentarono e il
pregiato
pezzo di cashmere finamente lavorato si librò
nell’aria, con la delicatezza di
una farfalla. Alexis la seguì con lo sguardo, fino a che
essa non si impigliò
in un pinnacolo del tetto e cominciò a volteggiare come una
bandiera.
Draco,
che si era rimesso seduto accanto alla scopa, si voltò a
lanciarle un’occhiata
tutt’altro che rassicurante.
-Valla
a riprendere.-
Le
ordinò cattivo, mentre le labbra si aprivano in un ghigno
malevolo.
Alexis
abbassò il viso di scatto, incrociando lo sguardo argenteo e
determinato che il
ragazzo le stava rivolgendo.
-Che
cosa?!-
Urlò
quasi, solo che, per la mancanza di fiato, la voce le uscì
tremula e stridula
come il suono di una corda di violino suonata da un drago.
Draco
non si scompose minimamente.
-Valla
a riprendere.- ripetè deciso, reclinando appena la testa.
–E’ un ordine.-
aggiunse infine, sottolineando la cosa per marcare tutti i sotto sensi
che essa
conteneva.
Alexis
sgranò gli occhi e il suo visino si fece ancora
più pallido.
-Ma
l’hai fatta volare via apposta!-
Protestò,
mentre metteva giù le gambe e artigliava i lembi del
maglioncino con le dita.
Draco le rivolse un’occhiata arrogante.
-E
allora?-
-E
allora te la vai a riprendere da solo!-
Sbottò
al limite della sopportazione, gli occhi che scintillavano e le guance
improvvisamente rosse per lo sdegno.
Era
così bella quando si arrabbiava.
-Bene.-
Si
limitò a rispondere Draco, apatico.
Come
bene? Era stato così semplice?
Alexis
aggrottò le sopracciglia, mentre una brutta sensazione si
faceva largo dentro
di lei, allargandolesi nel petto come una macchia di sangue.
Senza
rivolgerle più lo sguardo, Draco si alzò
lentamente, alzando le braccia verso
l’alto per stiracchiarsi pigro. Si mise alla sinistra della
sua scopa.
-Su!-
Ordinò
e la Nimbus2001 saltò nella sua mano che, pronta la accolse.
Poi, con eleganza,
si mise cavalcioni di essa.
-Che
cosa stai facendo?-
Si
informò Alexis preoccupata, guardandolo dal basso. Draco si
voltò a considerla
con un’occhiata di sufficienza.
-O
mi riprendi la sciarpa o io ti lascio qui.-
Dichiarò
e sorrise soddisfatto quando la vide sbiancare di nuovo.
Sofferenza
e paura.
-Non
oseresti davvero!-
Replicò
decisa, ma la nota in fondo al suo sguardo era tinta di una chiara
insicurezza.
Lui
era un Malfoy.
E quando voleva qualcosa lo otteneva,
sempre, in un modo o nell’altro.
-Non
sfidarmi.-
La
avvertì, improvvisamente serio. Si voltò in
avanti e si diede una spinta con i
piedi, cominciando a salire verso il cielo. Alexis sbarrò
gli occhi,
terrorizzata, e scattò in piedi.
-Va
bene! Va bene!-
Urlò
e Draco si voltò a guardarla, fluttuando ad un metro
d’altezza.
Aveva
di nuovo le guance rosse e gli occhi scintillavano di puro terrore.
Deliziosa.
-Vai.-
Le
ordinò duro, scoccandole un’occhiataccia. Lei lo
guardò dal basso, ma compreso
che non avrebbe ricevuto nessuna grazia divina – non dal
Principe delle Serpi,
per lo meno- deglutì e sospirò. Si
riabbassò lentamente e si mise gattoni,
cominciando ad avanzare verso il pinnacolo che, a lei, sembrava
decisamente
troppo lontano.
Draco
la seguì con lo sguardo, attento: la vide avanzare
lentamente lungo le tegole e
fermarsi di tanto in tanto, mentre una folata di vento più
decisa le faceva
volare i capelli davanti al viso; si accucciava su se stessa e se li
ritirava
indietro, prima di tornare a gattonare indecisa. Alla fine,
riuscì a
raggiungere il pinnacolo.
Alexis
alzò lo sguardo e allungò una mano per prendere
la sciarpa, inutilmente: il
pinnacolo era abbastanza alto e lei avrebbe dovuto almeno mettersi in
piedi per
riuscire a raggiungerlo. Si voltò a lanciare uno sguardo di
supplica a Malfoy
ma quello, impassibile, si limitò ad osservare le sue mosse.
Chiuse allora gli
occhi e si ancorò al pinnacolo, sollevandosi lentamente. Una
volta che fu
sicura di essere stabile, allungò di nuovo il braccio, ma
alla fine dovette
sollevarsi in punta di piedi per aggrapparsi alla sciarpa e tirarla
giù. Quando
la ebbe finalmente tra le mani, sospirò di sollievo. La
strinse tra le dita con
rabbia e, quasi dimentica dell’altezza, si voltò a
fronteggiare Draco, che la
osservava soddisfatto.
-Contento?-
Gli
urlò contro, arrabbiata, e lui ghignò prepotente,
alzando un sopracciglio.
-Sì,
molto.-
Rispose
divertito; ma non era propriamente per la sciarpa, quanto per il fatto
che,
mentre si arrampicava, una folata di vento più forte le
aveva sollevato la
gonna, mostrandogli le mutandine di pizzo nero che indossava.
-Bella
biancheria, amore. Stasera vorrei
avere il piacere di esaminarla più da vicino.-
La
schernì e lei arrossì di vergogna, alzando un
pugno verso l’alto con fare
minaccioso.
-Porco!-
Gridò
indignata e fece per raggiungerlo.
Magari
poteva attuare quel piano di
strappargli i capelli con i denti.
Infuriata
e con lo sguardo concentrato sul viso del giovane, non si rese conto
che il suo
piede si incastrava in una tegola mancante. Si fermò quando
non riuscì più a
muoversi e si voltò a guardare la sua scarpa incastrata tra
due tegole. Tirò
appena, ma non riuscì a disincastrarsi. Draco la
guardò e un’ombra preoccupata
gli attraversò lo sguardo.
-Che
succede?-
-Mi…Mi
sono incastrata. Aiuto!-
Mormorò
lei, nello sforzo di tirare via il piede da quella trappola. Draco
sbuffò e
alzò gli occhi al cielo: ma se la
poteva
scegliere una ragazza più imbranata?
Uno
strano calore gli pervase il petto,
doloroso, ma lo ignorò prontamente.
-Aspetta,
arrivo.-
Biascicò
con tono infastidito, volandole pigramente accanto.
Ma
prima che riuscisse a raggiungerla, Alexis aveva tirato più
forte ed era
riuscita a disincastrare il piede. Il problema era che, con lo sforzo
compiuto,
era stata sbalzata indietro e ora, sotto gli occhi spalancati di Draco
Malfoy,
era scivolata all’indietro e stava rotolando lungo tutte le
tegole…fino al
bordo.
-AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!-
L’urlo
terrorizzato di Alexis riecheggiò nel silenzio e uno stormo
di uccelli neri si
levò dalla Foresta Proibita, scomparendo immediatamente
dietro le nuvole
plumbee. Draco osservò la scena quasi al rallentatore, il
grido che lo
trapassava come una pugnalata dritta allo stomaco.
Senza
sapere come o perché, il suo corpo reagì,
piegandosi in avanti e facendo scattare
la scopa. Quando si rese conto, con orrore, che non l’avrebbe
raggiunta in
tempo, si lanciò dalla scopa, picchiando forte con la spalla
sulle tegole e
prese a scivolare a sua volta. Allungò le mani per
prenderla, ma le sfuggì più
volte, mentre si avvicinava sempre di più al bordo del tetto.
Quando
la vide scivolare oltre di esso,
si sentì morire.
Con
uno sforzo immenso, la raggiunse appena in tempo e, allungato il
braccio,
riuscì a prenderla per un polso prima che cadesse
inevitabilmente verso il
vuoto.
Rimasero
fermi per un solo istante, ad assorbire la gravità della
situazione: Draco era
piegato oltre il bordo del tetto, con una mano che lo artigliava, il
busto che
sporgeva quasi completamente e un braccio disteso a tenere il polso di
Alexis
che, inerme e spaventata, penzolava.
Compiendo
uno sforzo enorme – che gli costò un dolore acuto
di tutti i muscoli della
spalla – Draco riuscì a tirarsi su insieme alla
ragazza che, per contraccolpo,
gli cadde addosso.
Rimasero
entrambi fermi, distesi sulle tegole innevate del castello, con il
fiato corto
e i corpi tremanti. Senza neanche rendersene conto, Draco la strinse
forte a sé,
mentre un senso di gelo gli circondava il cuore. Alexis strinse forte
gli occhi
e le lacrime cominciarono a rigarle il viso, mentre, tutta tremante,
stringeva
le dita sul morbido maglione del ragazzo. Passarono qualche minuto
buono a
rendersi conto che erano ancora vivi per puro miracolo. Lui
deglutì e le sfiorò
i capelli, delicato, non capacitandosi del fatto che l’aveva
quasi persa.
E
questa volta per davvero.
Alexis
tirò su con il naso e, lentamente, alzò lo
sguardo per osservare Draco.
-Mi…Mi
hai appena salvato la vita.-
Mormorò
incredula e lui abbassò lo sguardo per incrociare quello
smeraldo liquido e
spaventato che gli diede uno scossone forte al cuore.
-Già…Hai
un altro debito nei miei confronti, ora.-
Nonostante
le parole gelide, Alexis sentì chiaramente la sua voce
tremare provata. Non
disse nulla e lui, senza alcuna cattiveria, le sfiorò il
viso con una carezza,
raccogliendole le lacrime tra le dita. Poi, le lambì la
fronte con un bacio
delicato mentre, con gesti lenti e misurati, si alzava in piedi e la
prendeva
per le mani per aiutarla a fare lo stesso. Richiamò la scopa
e, questa volta,
la aiutò a salire, mettendosela davanti.
-Andiamo.-
Disse
semplicemente e, mentre lei si aggrappava forte al suo collo,
nascondendo il
viso nella sua spalla, lui si sollevò in volo e la ragazza
potè chiaramente
sentire il suo cuore battere agitato nel petto.
-Draco…per
favore.-
Mormorò,
ma lui non la lasciò finire e la strinse di più a
sé con un braccio.
-Andrò
piano, non preoccuparti.-
Il
volo del ritorno fu molto più
tranquillo.