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Autore: Ginny85    14/01/2011    4 recensioni
Non era previsto che diventassimo quello che siamo diventati. Non era previsto, e non sapevo darmene pace. So che la notte non è come il giorno: che tutte le cose sono diverse, che le cose della notte non si possono spiegare nel giorno perché allora non esistono... ma con lui non c’era questa differenza. Se la gente porta tanto coraggio in questo mondo, il mondo deve ucciderla per spezzarla. Il mondo spezza tutti quanti, e poi molti sono forti nei punti spezzati. Ma quelli che non spezza li uccide. Lo sapevo bene. Avrebbe ucciso anche noi, e senza una particolare premura.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo dieci: From hell with love – Parte prima

Ed io faccio una preghiera, e la ripeterò fin che la mia lingua si secchi: possa tu non trovar mai riposo fin ch'io vivo. Tu dici che io ti ho ucciso: tormentami, allora. Le vittime perseguitano i loro assassini, io credo. Io so di fantasmi che hanno errato sulla terra. Sii sempre con me, prendi qualsiasi forma, portami alla follia. Solo non lasciarmi in quest’abisso, nel quale non riesco a trovarti.

Emily Bronte, da “Cime Tempestose”.

Mi svegliai di soprassalto, credendo di soffocare, e il volto che aveva dominato il mio sonno per tutto quel tempo scomparve di fronte a me. Tentai di rievocarlo, di ascoltare il suono rassicurante della sua voce, un qualsiasi segnale che mi dicesse che la notte prima era stato soltanto un brutto sogno e che la realtà in cui mi ero risvegliata non era tale. Ma tutto quello a cui riuscivo a pensare adesso erano le terribili parole di Harry, il modo in cui mi aveva lasciata, e la bacchetta di Draco che giaceva accanto a me sul pavimento.
Draco…
Ad occhi chiusi, avvertivo in lontananza la pioggia torrenziale battere sui vetri, nella notte prossima all’alba. Un altro tipo di tempesta imperversava dentro di me. Non potevo credere alle parole di Harry, nonostante tutto. In quel racconto c’era qualcosa che non riuscivo ad accettare e quel qualcosa riguardava le motivazioni per cui Malfoy avrebbe dovuto trovarsi a Londra due notti fa.
E’ assurdo, tutta questa storia è assurda… non può essere vero, lui non avrebbe mai fatto questo…
Una voce familiare mi scosse improvvisamente facendomi sussultare e spalancare gli occhi. Non mi ero resa conto della presenza di un’altra persona nella stanza. Non mi ero nemmeno accorta che non mi trovavo più sul pavimento – dove dovevo aver perso i sensi per chissà quanto tempo, forse ore – e che il mio corpo premeva su qualcosa di molto più soffice adesso.
Un altro volto e un altro paio di occhi mi scrutavano preoccupati; incontrando i miei si illuminarono.
“Si è svegliata, per fortuna” disse Ron a qualcuno che si trovava fuori del mio campo visivo.
“Ron…” Non riuscivo a parlare, tentai ma il nodo era troppo doloroso. Automaticamente mi cinsi il busto con le braccia rendendomi conto per la prima volta che il mio cuore batteva di nuovo. Respiravo, grossi e vivi respiri, anche se ognuno di essi era accompagnato da una fitta dolorosa che mi trafiggeva il petto facendomi desiderare che i polmoni cessassero per sempre il loro lavorio.
“Cosa ci fai tu qui?” riuscii infine a mormorare, la mia voce così debole.
“Harry è tornato indietro per vedere se stavi bene e ti ha trovata svenuta sul pavimento. Mi ha chiamato ed eccoci qui.”
Alzai gli occhi e incrociai lo sguardo verde e cupo del mio amico, fermo sulla soglia del soggiorno senza neanche un’ombra di preoccupazione sulla faccia.
“Mi dispiace, Hermione” disse soltanto, la sua espressione non mutò né mostrò di voler avvicinarsi al divano dove ero sdraiata. Ron era seduto invece accanto a me sul letto e non sembrava volesse lasciarmi andare la mano.
“Hai avuto uno shock, una reazione nervosa molto forte. Niente di grave, ti passerà presto.”
Ignorai la spiegazione superflua di Harry. Dovetti raccogliere invece tutto il mio coraggio per fissare Ronald e domandare ciò che più volevo conoscere, una risposta che temevo e al tempo stesso bramavo.
“Ron, cos’è successo a Londra? Voglio la verità.”
Il mio amico si passò una mano sui capelli rossi; era pallido, spettinato e sembrava sfinito da una lunga battaglia.
“Temo che Harry ti abbia già detto la verità, Herm.”
Scossi violentemente il capo. “No. Non posso crederci. Non ha senso che Malfoy sia tornato a Londra, per cercare me oltretutto… ti prego Ron, almeno tu…”
“Lo so che è terribile ma non ti stiamo mentendo. Noi lo abbiamo visto, era ferito gravemente ma ancora respirava quando lo abbiamo trovato…”
“Smettila!” mi portai le mani alle orecchie, in un gesto poco razionale e fuori controllo. “Se gli fosse accaduto qualcosa io lo avrei saputo prima di chiunque altro, capisci?” conclusi incespicando sulle ultime sillabe.
Gli rivolsi uno sguardo fermo e nello stesso tempo implorante, gli occhi che bruciavano sempre di più.
Perché hai fatto tutto questo, invece di tornare semplicemente da me? Io devo saperlo… non ho più intenzione di fuggire, non stavolta.
“E’ vivo. Deve essere ancora vivo” mi morsi il labbro mentre avvertivo le lacrime inondarmi lo sguardo.
Ron sospirò.
“Perdonami Hermione…”
Per un attimo uno squarcio di speranza mi allargò il petto. Forse mi avrebbe raccontato che Malfoy li aveva costretti a mentire perfino a me – probabilmente rifilandogli la solita balla che si trattava del mio bene – che era stato solo un piano ben congeniato degli Auror e magari che tutta l’idea di simulare l’attacco era nata proprio da Ronald…
“…per non esserti stato vicino come avrei dovuto, per aver lasciato che ti facessi tante congetture. Avrei dovuto immaginarlo, che stupido… L’altra notte Malfoy è venuto a Londra. Ci ha fatto credere che fosse tornato in città con i rinforzi, perciò un’ora dopo abbiamo contrattaccato numerosi. Solo quando era tutto finito abbiamo capito che si trattava di un bluff e che Malfoy agiva da solo. Eravamo sconvolti, Herm. Abbiamo setacciato la zona sperando di arrivare in tempo ma quando lo abbiamo trovato tra le macerie dell’edificio era già troppo tardi…”
“Dove… dove l’avete portato?”
“Al Ministero della Magia, nei laboratori sotterranei. Conosci la procedura.”
“Se eseguirete dei controlli scoprirete che si tratta di una contraffazione, di un’altra persona” parlavo quasi a scatti, aggressiva, ringhiando più che pronunciando vere e proprie parole.
Ron invece sembrava stesse ripetendo un copione che conosceva alla perfezione, rassegnato.
“Hanno già eseguito i test per riscontrare la presenza di qualche pozione mutante, come la Polisucco ad esempio. Non abbiamo trovato tracce, in più le analisi del sangue corrispondono a quelle che avevamo già in archivio risalenti al suo arresto di due anni fa. Non ci sono dubbi, Hermione. Quell’uomo è proprio Draco Malfoy.”
“Se è così lasciami andare da lui…”
“Non posso, mi dispiace. I laboratori sono fuori dal controllo degli Auror, solo il personale autorizzato può accedere. Forse, con una richiesta diretta al Ministro…”
Avevo voglia di mettermi a piangere e gridare ma stranamente sentivo come se dentro di me tutto si fosse seccato, non c’era spazio per nient’altro che un vuoto incolmabile. Mi circondai il petto con le braccia, un gesto che avevo già fatto poco prima e che pensavo scioccamente mi avrebbe recato sollievo. Non servì a nulla, anzi acuì se possibile il vuoto che stavo sperimentando.
“Non ti sei neanche fatto vivo un’ultima volta…” sussurrai più a me stessa, mordendomi le labbra.
“Non credo sia andata proprio così” parlò improvvisamente Harry, dal posto distante che aveva scelto per partecipare alla conversazione, e per la prima volta mi parve che fosse a disagio.
Si avvicinò, recuperando qualcosa dalla tasca del mantello. Una busta giallina, ancora sigillata, lo stemma di cera non mi era affatto nuovo e sgranai gli occhi.
“E’ per me?”
Harry si strinse nelle spalle, sembrava infastidito e in difficoltà nello stesso tempo.
“Non l’ho aperta, ma credo lo sia. Non so come ma ce l’avevo nella divisa. L’avrà fatta evanescere prima…”
Deglutii, sentendo che non avrei retto ancora per molto. La mia forza di volontà era tornata ad essere della consistenza del burro al pensiero che, se avessi letto quella lettera, avrei avuto la certezza assoluta che i miei due migliori amici non mi stavano ingannando. Volevo davvero saperlo? Un conato m’investì, ma lo ricacciai con decisione. Dovevo sapere. Dovevo vedere.
In silenzio la aprii e cominciai a leggerla. Riconobbi subito la grafia allungata ed elegante, il tratto deciso e nobile. Le ultime frasi che Malfoy spendeva per me erano di una brevità crudele e sconvolgente.

Hermione,

Mai avrei creduto di dover iniziare un giorno una lettera con il tuo nome. So cosa stai pensando in questo momento. Che sono un serpente e che ti ho ingannata come sempre. Hai ragione, ragazzina. Questo dimostra che anche un serpente, un assassino come me, può combinare qualcosa di decente nella vita se ha la giusta motivazione, e io ne avevo una innegabile. So che comprenderai i miei motivi, come hai sempre fatto, perciò non mi dilungherò in spiegazioni inutili.
Non prendertela per l’espediente che ho usato per uscire di scena. Era necessario che Draco Malfoy scomparisse così.

Stranamente ho un solo rimorso. Sarebbe stato bello scoprire cosa si provava.

D. L. M.

“Assurdo.”
Lasciai cadere la lettera in grembo. Chinai il capo, prendendo un grosso respiro dalle narici.
“E’ tutto così assurdo” ripetei, avvertendo una stranissima sensazione di distacco della mente dal corpo. Quella non ero io e la mia voce non mi apparteneva più. Non avvertivo più nemmeno la pioggia scrosciante o il respirare ansioso di Ron accanto a me.
Così, adesso sapevo la verità.
Non solo Draco era morto, ma era morto per me€, per restituirmi quella cosiddetta libertà che pretendeva di avermi tolto. Oltre che per espiare la colpa di un assassinio che non era riuscito ad evitare, quello di sua moglie e suo figlio.
“Sarebbe stato bello scoprire cosa si provava.”
In tutto questo mi confessava pure che avrebbe voluto continuare a vivere per sapere come sarebbe stato, insieme.
Insieme.
Cosa poteva esserci di più egoista, irresponsabile e stupido?
“Oh Hermione, mi odio tanto per il mio errore” gemette Ron afferrandomi la mano con entrambe le sue, ma il suo intervento mi giunse ovattato, quasi inconsistente. “Se solo avessi immaginato cosa aveva in mente glielo avrei impedito ad ogni costo. Ha giocato d’anticipo, sapendo bene che eravamo pronti a rispondere ad un eventuale attacco a oltranza. Ha preso in giro tutti noi e soprattutto ha fatto soffrire te e questo non posso perdonarglielo.”
“Non è stata colpa vostra… non prenderti la responsabilità per quello che è successo, voi avete fatto il vostro dovere…” conclusi con apatia, come se dovessi essere io a confortare Ron.
Ma nessuno conforterà te, ragazzina.
Chiusi gli occhi e avvertii il pizzicore causato da una lacrima solitaria che scivolava silenziosa sulla guancia.
“Stupido” dichiarai, rivolta all’unica persona che mi aveva cambiato la vita e poi se l’era egoisticamente ripresa. Per evitare che altre lacrime cadessero, alzai il mento al soffitto grigio.
“Avevi ragione Malfoy. Sei sempre stato un serpente vigliacco e opportunista.”
E’ stato detto che la verità può rendere liberi.
Per me non era affatto così.
La verità può uccidere.

***

It was only one hour ago
it was all so different then
there's nothing yet has really sunk in
looks like it always did
this flesh and bone
it's just the way that you would tied in
now there's no-one home

I grieve for you
you leave me
'so hard to move on
still loving what's gone
they say life carries on
carries on and on and on and on

Peter Gabriel, I grieve.

La vita continua. Dopo ogni temporale, anche il peggiore, dopo ogni catastrofe, dopo ogni colpo doloroso, dopo ogni perdita anche se insostenibile, la vita continua.
Tutte balle.
Quello era il ritornello che amava pronunciare mia madre ogni volta che a casa giungeva la notizia di una scomparsa improvvisa. Non avevo mai tollerato simili sciocchezze, discorsi futili fatti da gente che non aveva idea di ciò che può significare perdere una persona amata.
Eppure a dispetto di tutte le mie convinzioni, erano proprio quelle parole a salirmi alla mente. E finalmente capii cosa intendesse dire mia madre.
Era vero, la vita continuava, ma per tutti gli altri. Non per me. E non al rallentatore come dicono, anzi sembrava avesse innescato la quinta appositamente. Ogni giorno volava via e pesava quanto cento anni. Ogni giorno mi sentivo più stanca e vecchia di un secolo. Eppure restavo a galla. Anziché affogare, come credevo che sarebbe successo, restavo a galla.
Respiravo. Il mio cuore batteva, quasi si rendesse complice di un contorto e malvagio disegno soprannaturale che mi costringeva a restare cosciente fino alla fine.
Dopo aver parlato con Ron, decisi che non avrei aspettato ancora prima di tornare segretamente a Londra. Non avevo alcuna intenzione di chiedere asilo agli Auror, ma avevo nostalgia dei miei genitori ai quali avevo dato una spiegazione poco esauriente della mia repentina decisione di trasferirmi. Inoltre dovevo assolutamente recarmi al Ministero della Magia, ma per vie secondarie. Non avevo intenzione di accusare Ron o Harry di un omicidio che non avrebbero mai voluto compiere, ma ero sicura di poter trovare le prove che il Ministro della Magia fosse coinvolto nello scandalo di Lastrange, il quale al momento marciva ad Azkaban in attesa di un processo che forse non ci sarebbe mai stato, considerato l’alto tasso di corruttibilità che si riscontrava all’interno del Wizengamot. Portare alla luce le loro losche attività era l’unico modo che mi restava per rendere giustizia alla morte di…
Non lo avevo più sognato da quella notte. Non tornò più a trovarmi nel dormiveglia, per quanto lo aspettassi e desiderassi.
Se all’alba riuscivo ad assopirmi per qualche minuto non facevo in tempo a chiudere gli occhi che una serie di volti familiari iniziavano a sfilarmi di fronte. Tutte le persone che avevo amato e che adesso non c’erano più, tutti gli amici a cui avevo dovuto dire addio nel corso degli anni. Tonks, Lupin, Fred, Sirius, Dobby… Ginny… e Draco.
Il suo spiccava sopra tutti gli altri, pallido e grave.
Era come se un interruttore che non credevo di possedere mi fosse scattato dentro, posizionandosi sull’off e disabilitando la mia capacità di sognarlo. Stava accadendo lo stesso anche per quello che riguardava il passato. Dopo i primi mesi trascorsi a rievocare anche il più piccolo indizio, i ricordi e le sensazioni fisiche andavano facendosi scoloriti. Sapevo che il tempo porta via traumi e ferite, anche profonde, ma non credevo che arrivasse a farlo così rapidamente. Come se in realtà non fosse mai esistito. Stavo gradualmente dimenticandomi di lui e non potevo impedirlo.
Mai avrei creduto di poter provare il vuoto, di percepire l’assenza derivante dal fatto che non potevo più vederlo, toccarlo, litigarci ogni volta che volevo. Il rimorso dovuto al pensiero, funesto, ingiusto, eppure dolorosamente delizioso, della vita che avremmo potuto avere. Improvvisamente mi ritrovavo a fantasticare sul fatto che forse – in un universo diverso da questo – avremmo potuto semplicemente incontrarci, col tempo innamorarci e creare una famiglia… e allora giungeva il ricordo impercettibile, ingiusto, eppure dolorosamente delizioso, dei figli che avrei potuto avere da lui… una famiglia. Un ricordo che non esisteva, se non nei miei pensieri.
“E’ la tua ultima possibilità, Hermione.”
Le parole che Malfoy mi rivolgeva al tempo dei miei strani sogni adesso suonavano sempre più premonitrici e foriere di angoscia.
Avrei dovuto ascoltarlo, avrei dovuto tornare a Londra. Forse avrei potuto salvarlo.
Ma forse non te l’avrebbe permesso. Da come ha agito era evidente che avesse deciso da tempo di ricorrere a questa soluzione. Senza neanche pensare a come ti saresti sentita tu. Subdolo, ambiguo e bugiardo fino all’ultimo.

Odio: denso, inarrestabile odio per il modo in cui mi aveva trattata. Non aveva mai avuto una grande considerazione per me, ma Merlino santo! gli avevo comunque salvato la vita altre volte, mi aveva aperto il suo cuore e io, come una sciocca, gli avevo permesso di leggermi dentro…
Tristezza: una tristezza particolare, nuova, asciutta.
Una sorta di appiccicosa apatia mi aveva agguantato, una sensazione di distacco micidiale, come se mancasse qualcosa perché mi sentissi meglio ma a malapena il mio corpo si rendeva conto della sua necessità. Quel qualcosa che bramavo come l’ossigeno era ormai lontano da me, distrutto dai pregiudizi e dall’orgoglio.
L’ultima sensazione era la più terrificante.
La paura che presto non me ne sarebbe rimasto nulla dentro.

***

Dicembre, Londra.

Esattamente come un anno prima, la neve che aveva cominciato a cadere nel finesettimana donava alla mia città fervente nei ridondanti preparativi delle feste un aspetto straordinariamente candido e irreale. L’aria era fredda ma il modo fastidioso in cui pungeva la gola e rendeva aride le labbra era in qualche modo utile. Mi avvertiva che ero ancora viva, che camminavo ancora su questa terra.
Allungando il passo sul marciapiede ghiacciato, rimisi in tasca il telefono dopo aver controllato l’ultimo messaggio di Ron – aveva imparato da poco ad usare quei simpatici congegni babbani e ogni occasione era buona per usarlo. Utilizzando una serie infinita di virgole e punti mi ricordava della solita cena mensile che si sarebbe tenuta a casa sua quella sera. Daphne era sempre contenta di vedermi – l’imbarazzo che provavamo inizialmente nel ritrovarci a condividere la stessa stanza era andato sfumando col tempo, con mio grande sollievo – e il piccolo Luke letteralmente mi adorava. Si metteva a piangere quando me ne andavo e voleva sempre stare in braccio. La cosa m’imbarazzava in maniera talmente palese che ormai ero diventata una specie di barzelletta vivente.
Sapevo che anche Harry sarebbe intervenuto alla riunione, sebbene fino all’ultimo – come suo solito – avrebbe cercato di esimersi con la scusa del lavoro. Glielo dicevamo tutti ormai che lavorava troppo. L’ultima volta gli avevo detto chiaro e tondo che doveva smetterla di non vivere e cominciare a pensare di rifarsi una vita. Pessima scelta dei tempi. Non avrei dimenticato tanto facilmente il suo sguardo scuro e il sorriso quasi malefico come un tempo mentre mi rispondeva:
“E tu Hermione? Immagino che sei la prima a mettere in pratica il tuo consiglio.”
Sì, proprio io, che predicavo a spada tratta la necessità di lasciarsi il passato alle spalle, non ero disposta a dimenticare e rimanevo ancorata ad un ricordo sterile.
Perché a dispetto della calma piatta che esternamente mi avvolgeva, ero tutto fuorché guarita. Lui era sempre con me. L’ombra di Malfoy mi accompagnava ovunque andassi.
Anche quella mattina, in pieno centro di Londra mentre la neve mi vorticava intorno, era così facile chiudere gli occhi e immaginarlo vicino, a percorrere lo stesso marciapiede, il mantello che ondeggiava al ritmo del passo frettoloso e sicuro, il cipiglio annoiato e in qualche modo sempre infastidito da qualcosa che non mi era chiaro, gli occhi grigi marca Malfoy… Malfoy… Draco…
Draco” sbottai, bloccandomi in mezzo alla strada infestata di gente.
Mentre i passanti distratti dalle proprie faccende mi correvano affianco riempiendomi di spinte, frugai affannosamente con lo sguardo quell’inarrestabile fiume umano. Tutto era tranquillo, la vita mi scorreva addosso nella sua monotonia senza interruzioni.
Scossi il capo con una piccola risata.
Assurdo. Per un momento mi era parso di vedere… ma no, non poteva essere… eppure…
Forse la mia stabilità mentale non era più quella di una volta, magari stavo lentamente e inesorabilmente scendendo negli abissi della follia.
Eppure l’avevo visto. Con questi stessi occhi.
La figura alta e magra di Draco Malfoy sfilarmi accanto, a pochissimi centimetri, quasi che avessi potuto allungare una mano e toccarlo.
“Non è possibile. Stai dando i numeri, Hermione” mi dissi.
Eppure mio malgrado mi ero voltata e stavo ritornando sui miei passi, veloce, grossi respiri spezzati man a mano che procedevo più spedita. A malapena mi accorgevo delle proteste delle persone che spintonavo senza pietà nella mia folle e cieca ricerca. Svoltando l’angolo scivolai sul ghiaccio e rischiai di cadere, ma ripresi a correre, senza rallentare… poi mi bloccai sull’orlo del marciapiede, ansante.
Nulla. Evidentemente si era trattato di una visione.
Strinsi le labbra tra i denti mentre un’immensa sensazione di fastidio mi sopraffaceva e mi voltai per proseguire. In quel momento udii un irritato “EHI!” a pochi centimetri da me, quindi venni travolta da qualcuno che doveva avere parecchia fretta. Venni spinta oltre il ciglio della strada mattonata e i piedi persero il loro appoggio. Barcollai per qualche istante poi, come nella parodia di un vecchio film muto, il piede destro s’infilò nella grata di un tombino posto sotto il marciapiede, causando la perdita immediata dell’equilibrio. Venni sbalzata sull’asfalto, il gomito fu la prima cosa che cozzò col cemento provocandomi un intenso e stordente dolore.
Altre grida nel panico mi raggiunsero, poi fu la volta di un rumore ben più acuto e stridente ad investirmi, come quello di una ruota che si ferma di botto.
Tutto il resto si risolse in una bolla ovattata. La mia mente impresse, un attimo prima di chiudere gli occhi, un volto pallido e affilato che mi ballonzolava davanti e due occhi grigi che mi fissavano, ricolmi di curiosità.

***

Ero morta? Forse. A giudicare dall’impossibilità totale di muovere gli arti e dal buio che mi circondava, era quasi certo che avessi tirato le cuoia. La memoria pian piano stava riaffiorando. Ero stata investita da un camion, o una bicicletta, insomma un mezzo con delle ruote. Una doveva essermi passata sopra, perché non era possibile sentire dolore contemporaneamente per tutto il corpo a meno che le tue ossa non siano frantumate. E se le ossa sono tutte frantumate, non puoi essere molto vivo.
Perfetto. La cosa quasi non mi dispiaceva… se solo avessi potuto smettere di sentire tanto dolore. Le fitte rendevano il trapasso decisamente fastidioso, inoltre qualcuno mi urlava da mezz’ora negli orecchi e anche questo era insopportabile.
“Ehi guardate, si sta muovendo… ma respira? Ci può vedere?”
“Lasciatela riprendere, insomma!”
Qualcun altro mi scrollava senza riguardo e provai invano a chiedergli di smetterla.
“Sta bene, ha solo preso una bella botta in testa nella caduta…”
Finalmente smisero di sbatacchiare il mio povero corpo e un istante dopo la mia schiena premette contro qualcosa di duro. Il buio si faceva meno pesto, pian piano il nero si scompose in tanti piccoli coriandoli che cominciarono ad allontanarsi l’uno dall’altro sempre più rapidamente, svelandomi i colori e la luce. Riuscivo a vedere le sagome sfocate in movimento, il cielo terso sopra la mia testa e ad avvertire il marciapiede ghiacciato sotto le mie gambe…
“Come si sente?”
Una voce maschile mi parlò in tono educato. Impiegai qualche istante per comprenderne il senso, poi riuscii a rispondere:
“Molto bene, grazie.”
La stessa voce scoppiò a ridere senza motivo. Ancora non riuscivo ad alzare la testa per via della luce che mi feriva gli occhi ma istigata da quella reazione incomprensibile tentai ugualmente. Guardai.
Fu una cattiva idea.
Di fronte a me c’era Draco Malfoy.
Mi aveva appena chiesto se stavo bene.

***

Una giovane donna mi intimò di stare ferma, perché non era saggio muoversi prima dell’arrivo dell’ambulanza. Le dissi che non avevo alcun bisogno dell’ambulanza e comunque non potevo rimanere ferma. Cominciai a strofinare le gambe contro il marciapiede, puntellandomi con le mani e usandole come leva per tirarmi su. Tentai più volte, inutilmente. Le gambe non riuscivano a sostenere il peso del corpo e le vertigini persistenti mi impedivano di sollevarmi per più di mezzo metro da terra.
Come se non bastasse – e questa era la cosa più spaventosa – Draco Malfoy continuava a stare in piedi di fronte a me, immoto, fissandomi con i suoi profondi e attenti occhi grigi. Uno spettro dall’aspetto terribilmente reale.
Avrei voluto gridare ma non volevo allarmare ulteriormente tutta quella brava gente che era accorsa ad aiutarmi.
“Accidenti!” sbottai al terzo tentativo di alzarmi e andarmene da quel posto.
“Aspetti, la aiuto io.”
Osservai con orrore lo spettro accostarsi, allungare il braccio col chiaro invito ad aggrapparmi a lui. Mi ritrassi sgranando gli occhi.
“No, no…” mormorai. “Tu non sei reale… va via…”
Il fantasma scostò di scatto il braccio come se le mie parole l’avessero mortificato.
“Deve essere sotto shock poverina…” sentenziò un uomo con gli occhiali rivolgendosi a Malfoy, che annuì senza staccarmi gli occhi di dosso.
A quel punto cominciai sul serio a preoccuparmi. Che io riuscissi a vedere il mio spettro e parlarci era un conto, ma che anche la gente intorno a me potesse fare altrettanto, era impossibile!
Nel frattempo la piccola folla accorsa sul luogo dell’incidente era diventata una massa informe e rumorosa di curiosi. Il vociare era insostenibile e la vista andava e veniva, ero ancora troppo stordita per sopportare la confusione. Ero riuscita a carpire da alcuni brandelli di discorso intorno a me che la motocicletta mi aveva evitato per un pelo quando ero caracollata in strada come un sacco di patate, quindi l’incidente si risolveva in un semplice scivolone sul marciapiede ghiacciato e nient’altro.
“Sentite sto bene, ho solo bisogno di un attimo…” farfugliai con voce un po’ impastata.
Chiusi gli occhi, speravo che così la visione di Malfoy si sarebbe dissolta.
Le voci si facevano vicine e insistenti, qualcuno chiamava a gran voce un medico tra la folla. Non m’interessava più nulla di tutto questo. Volevo solo dormire, dormire per sempre… perché non mi lasciavano stare un po’?
Improvvisamente sentii di nuovo la sua voce parlare, stentorea e rapida, pronunciando parole che inizialmente non colsi, quindi cadde un grande silenzio, come se la gente fosse scomparsa e persino il traffico si fosse interrotto. Poi di nuovo la sua voce, stranamente sommessa. O chiaramente vicina.
“Tieniti a me.”
Nello stesso tempo perdevo peso, mi sentivo sollevare e trasportare lontano da tutto quel caos, lontano dai miei fantasmi…
Quando riaprii gli occhi, provai la sensazione che fosse passato molto più di un istante dal momento in cui avevo chiuso gli occhi. Il silenzio era denso, quasi più insopportabile del rumore.
Poi udii la voce di prima, la sua voce. Aprii gli occhi e mi ritrovai di fronte la figura di Malfoy torreggiante su di me, solo.
“Ora va molto meglio” commentò e un breve sorriso gli attraversò le labbra gentili.
Gentili?
Fu strano associare quell’aggettivo a lui.
Era strano anche guardarlo con questi stessi occhi.
Le lacrime mi salirono agli occhi. Non potevo più negarlo. Era reale. Non si trattava di una proiezione della mia mente, altrimenti non avrebbe potuto interagire con altre persone, sollevarmi dal terreno e portarmi… dove mi trovavo, a proposito?
“E’ il mio appartamento” rispose al mio sguardo interrogativo. “Chiedo scusa, ma ho pensato che le servisse un po’ di tranquillità per riprendersi dalla caduta.”
Sussurrai un ringraziamento confusa, senza riuscire a smettere di fissarlo. Lui faceva lo stesso, ma con pacata, interrogativa curiosità. Nonostante lo shock di ritrovarmelo davanti non potei fare a meno di domandare istintivamente, ricordando le sue parole prima che svenissi:
“Le mie condizioni sono critiche?”
“Ho finto di essere medico e tutti se ne sono andati tranquilli per i fatti propri. Una piccola bugia per togliere di mezzo i curiosi” replicò lui ridendo. “In realtà è stata solo una brutta caduta, nulla di irreparabile. Può stare tranquilla, signorina…”
E si bloccò come in attesa che gli dicessi il nome. Ero senza parole. Diamine, mi stava prendendo in giro? Era proprio Malfoy, ne ero più che sicura, ma si comportava come se non mi conoscesse o facesse finta di non ricordarsi di me. Potevo capire se mentre eravamo in compagnia dei babbani avesse preferito essere discreto ma adesso eravamo solo io e lui e nessun altro.
Non sapevo cosa diavolo stava succedendo e se si trattava solamente di uno scherzo, ma non potevo rimanermene buona. Mi alzai di scatto dalla poltrona, ignorando la scossa al piede. Lui tentò di impedirmelo stringendomi un braccio.
“No, deve stare ferma…”
“Smettila!” gli gridai in faccia. “Hai idea di come mi sono sentita io per tutto questo tempo? Come hai potuto farmi questo, come puoi adesso rispuntare nella mia vita come se niente fosse?”
Sussultò e i suoi occhi grigi si spalancarono pieni di sorpresa. Piangevo, lasciando che le lacrime mi gocciolassero sulla sciarpa.
“Ti odio…” singhiozzai, premendo una mano sulla bocca e chiudendo gli occhi per non vedere ancora quel viso che per troppe notti avevo anelato sognare, sfiorare e baciare.
Lo sentii sospirare profondamente, la presa sul mio braccio allentarsi e diventare quasi impercettibile.
Anche se non volevo, incontrai i suoi occhi grigi e mortificati.
“Mi dispiace” mormorò. “Mi dispiace se ho fatto qualcosa di sbagliato, con le mie parole o con le azioni… ma la verità è che io non la conosco.”

********

ndA: Eccomi!!! Credevate che fossi scomparsa? Beh, in effetti è stato così! Chiedo scusa per aver abbandonato la fan fiction in piena pubblicazione, ma ho avuto vari imprevisti, tra cui le feste natalizie, lavoro ecc… insomma, in questo periodo non sono riuscita a scrivere più di mezza riga! Infatti questo capitolo è straordinariamente corto, mi dispiace ma ho dovuto dividerlo in due parti perché tuttora non trovo il tempo di revisionare la conclusione… se per caso vi ricordate ancora di cosa parla la mia storia, fatemi sapere come avete trovato questo capitolo ok? ^__^ Lo so che è passato tanto tempo, ma siate comprensivi!!

Non mi sento di dare una scadenza per la seconda parte, perciò vi dico solo… restate sintonizzati!

Baci,

Ginny.

  
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