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Autore: Herit    20/01/2011    1 recensioni
In una Midgar troppo sporca e macchiata dalla piaga della droga vive Cloud. Poliziotto che non fa altro che sopravvivere senza combattere o affrontare quelli che sono i fantasmi del suo passato. Nella stessa Midgar c'è una ragazza, Tifa, che l'aspetta paziente da troppo, troppo tempo, ma che non ha il coraggio di lasciarlo andare. Due persone tanto vicine da risultare tremendamente distante. E quando Tifa viene rapita, lui è costretto a fare i conti con il passato, con il presente, ed anche con il suo futuro.
Dal racconto:Vive da solo. Un fantasma di se stesso e di quello che era stato. La vita frantumata a soli ventitré anni. O per lo meno così si sente. Preda di sensi di colpa non suoi. Per cose che lui non ha fatto. Ed è forse per questo che si ritiene ancora più responsabile. [...] Con il braccio che non sorregge Denzel va ad avvolgere il collo del biondino, costringendolo a posare il capo chino sulla sua spalla. Lo stesso capo contro il quale lei appoggia il proprio. -Profumi di gigli. Sei stato alla chiesa.- Non è una domanda, quella della ragazza, ma una semplice constatazione. Lui la lascia fare. Gli piace quel contatto.
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cloud Strife, Denzel, Marlene Wallace, Sephiroth, Tifa Lockheart
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Track 5. Girl in The Mirror

Why is she crying?


-Ha chiamato Reno.- Esordio banale, in quel tentativo di riprendere un discorso, solo per non stare in silenzio, mentre l'aiuta a liberarsi dall'ingombro della canottiera nera che indossa il ragazzo, svelando così un addome fasciato da una garza ormai non più bianca, macchiata di sangue. Cloud non l'osserva, limitandosi a rabbrividire quando Tifa gli sfiora la parte lesa. Un fremito sotto le sue mani, ma lei non par essere intenzionata a lasciare a metà il proprio lavoro.

-Lo so. Sto andando da lui.- Ammette senza particolari sfumature nella voce il ragazzo, portando gli occhi ad osservare l'ordine più assoluto di quella stanza. E la pulizia che a quanto pare non manca. Ci mette poco a far due più due, andando a terminare il proprio giro sul profilo dell'amica ancora intenta a toglierli la fasciatura. Concentrata. Ne segue i tratti con lo sguardo. Li carezza appena, prima di scendere con gli occhi lungo la linea del suo collo sottile. E poi lì si ferma, impedendosi di osservarla ancora, chiudendo gli occhi ed andando a volgere nuovamente il capo altrove.

-Claud...- Beccato. Ecco come si sente quando la voce della ragazza gli giunge poco distante dall'orecchio, in un sussurro quasi. Beccato in pieno, come un bambino con il dito nel vaso della marmellata. Non par rendersi conto del fatto che quella calma apparente nella voce della donna sia solo la calma prima della tempesta. -Ma ti sei mai fatto visitare da un dottore?- Gli domanda indicandogli il foro d'entrata del proiettile richiuso da alcuni punti di sutura, ma che par essere sul punto di infettarsi. Di nuovo lui porta il proprio sguardo in un'altra direzione, dopo averla brevemente guardata, in un tacito dissenso. Avvertendo chiaramente il disappunto della donna che si traduce in uno sbuffo che gli arriva, caldo, sul collo facendolo rabbrividire appena.

Suoni arrivano dal piano di sotto. Probabilmente i due gemellini si stanno impegnando a trovare la cassetta del pronto soccorso. E d'improvviso è una canzone vivace, che batte e che sale fino alle loro orecchie, lasciandoli momentaneamente interdetti. Lemon Crush. La conoscono entrambi. La conoscono bene. L'avevano trovata un po' casualmente in un cd di colonne sonore comprato in quei mercatini dove si acquista tutto a buon prezzo. Zack l'aveva preso perché c'erano canzoni che conosceva già e che il suo Mp3 non poteva ancora vantarsi di contenere. L'aveva dato a Tifa, una volta che le tracce erano finite all'interno dell'apparecchio, per “ravvivare un po' l'atmosfera del locale” e scherzando aveva aggiunto che c'era una canzone adatta in tutto e per tutto al loro amico, suscitando il disappunto del biondino. Tale canzone era appunto Lemon Crush. La proprietaria del bar si era sempre chiesta del perché delle parole del SOLDIER. Ma in un certo modo era la loro canzone. Quella del loro quartetto. Ci era affezionata, a modo suo.

La canticchia sommessamente. Ormai la sa a memoria.

-If I'm working at my jobba... I'm the victim, U're the robba...- Ha una bella voce, Tifa. Più di quanto il poliziotto non ricordasse. L'ha sentita cantare in rare occasioni, e solitamente c'era anche Aerith a farle la spalla. Erano meravigliose quando si esibivano assieme. Creavano una bella melodia, due voci tanto diverse. Due persone tanto diverse. E poi di solito saltava fuori Zack che si univa al coro facendole desistere dal loro intento di proseguire con la canzone designata. L'ultima volta che era successo, le due giovani, coalizzatesi, l'avevano riempito di farina per dolci.

Passi per le scale e la ragazza si distacca da lui andandosi ad avvicinare alla porta della stanza, uscendo e chiudendosela alle spalle. Sa che non vuole che i bambini lo vedano in quelle condizioni. La sente parlare con i due gemelli. Li sente protestare. Ma Tifa è magica e alla fine sembrano calmarsi e avverte i loro passi proseguire fino al piano di sopra.

La canzone riparte da capo. Quasi sicuramente hanno premuto qualche pulsante a caso e quelle note verranno ripetute più e più volte. La ragazza torna con la cassetta d'emergenza già aperta e da questa va a tirar fuori una bottiglietta di acqua ossigenata ed un pezzo di cotone che imbeve nel liquido. Lo disinfetta con calcolata delicatezza. In silenzio, stando bene attenta a quello che combina sulla spalla del giovane. Lo stesso giovane che sopporta stoicamente quando il disinfettante prende a bruciare come se gli stessero versando sopra dell'acido. E poi è di nuovo la voce di Tifa che gli risuona dolcemente nelle orecchie infrangendo quel silenzio tra loro. Un silenzio che non comprende la musica che ancora risuona vivace, né tanto meno la pioggia che scroscia contro le finestre. Un silenzio troppo opprimente e fastidioso tra loro due.

-Don't matter how much I try 2 stoppa... I can't Help thinkin' about cha...- Alle ultime parole si ferma per qualche istante, andando ad osservare di sottecchi il ragazzo, colto in flagrante nell'osservarla assorto.

La guarda in volto.

L'osserva tanto da farla sentire quasi in imbarazzo, visto che per una volta non distoglie lo sguardo ed è lei a farlo al posto suo.

La studia come se fosse un alieno e quello fosse il loro primo contatto.

“E' solo una questione di coraggio. Diglielo!” Zack l'haa incitato dichiararsi migliaia di volte, ma lui, recidivo e testardo, non l'ha mai fatto. Timoroso di ricevere un maledetto “no” per risposta. Sono passati tre anni. Se anche ora glielo dicesse, lei probabilmente lo rifiuterebbe con delicatezza e quella leggera nota di rimprovero nella voce. Quella di chi ha pazientemente atteso e ora ha smesso di aspettare. Sempre che l'abbia mai aspettato e non fossero solo fantasie del collega che voleva vederlo accasato. Lui però non parla. Poco avvezzo alle parole. Poco uso a dimostrare i propri sentimenti sia oralmente che tramite i gesti. Tifa torna ad osservarlo dopo aver afferrato una benda pulita, cominciando a fasciargli il braccio e parte del torace, così da nascondere la ferita. E' in piedi. Davanti a lui. Costretta a quella posizione per via del lavoro che sta compiendo con i capelli scuri che nel mentre stuzzicano il viso del giovane Strife. Cloud abbassa di nuovo lo sguardo ad osservare le sue mani che gli passano sul torace una. Due volte prima che si fermino, facendo attaccare il finale della fascia autoreggente contro un lembo incollato alla sua pelle. E' solo un istante quello in cui la mano della giovane donna sfiora l'incarnato del ragazzo e questo par bastare per chiudere lo stomaco ad entrambi. Ma è la consueta indifferenza a quel genere di sensazioni che ha la meglio e mentre lui torna ad osservare il vuoto innanzi a sé come se fosse la cosa più interessante del mondo, l'amica d'infanzia va a recuperare una seconda benda. Ne tira un lembo, assicurandosi che sia pulita, e riprende da dove aveva smesso.

-I bambini...- Un nuovo esordio da parte della proprietaria del bar, che però vien smorzato dalla voce del poliziotto, che sembra decidersi a parlare solo in quel momento, sovrastandola.

-Non puoi andare avanti...- O quel silenzio denso e palpabile, o l'intrecciarsi di quelle due voci che si mischiano senza però confondersi l'una nell'altra, mentre i due vanno avanti con i propri pensieri. Scostanti. Dissonanti.

-Vorrei adottarli...- Imperterrita Tifa va, prosegue senza desistere. Senza permettersi il lusso di tacere, ora che ce l'ha davanti. Anche solo per metterlo al corrente della cosa.

-Ad accudirli da sola...- Snocciola quei pensieri con voce grave, come se fosse una cosa a cui sta pensando da tempo ormai. Ed alle ultime parole della giovane si zittisce e sgrana gli occhi.

-Però per farlo, mi hanno detto che devo assicurargli un futuro anche a livello pecuniario e che se voglio occuparmi di entrambi, dovrei almeno raddoppiare le entrate del bar.- Gli spiega senza guardarlo in volto. La voce priva di esitazioni, nonostante lei tenga il capo chino e per qualche istante le mani le tremino per un nervosismo mai espresso. Cloud l'osserva come se avesse di fronte un'estranea e lei si ferma a metà di un giro della fasciatura, intrappolandone il collo tra le braccia senza nemmeno accorgersene, in un primo momento. Quando par rendersene conto, va semplicemente ad abbassare un po' di più il capo fino ad incontrare il suo. Fronte contro fronte, con gli occhi chiusi. Rilassata in quel silenzio che ha accolto le sue parole, disperdendole poco a poco. Piccole onde che viaggiano, senza però poter arrivare troppo lontano. Ma alle orecchie del giovane arrivano fin troppo chiare. Tanto che, nonostante la posizione in cui sono, lui non accenna ad osservare la donna.

-Non posso aiutarti.- Si risolve a dire semplicemente, cercando di liberarsi dalle braccia della ragazza e soprattutto di quel contatto tra i loro corpi, quando si accorge che sono effettivamente troppo vicini. La sensazione di calore. Il fiato della ragazza sul viso che si mischia al suo respiro.

-Non ti ho chiesto di aiutarmi a livello finanziario. Non ti ho chiesto proprio di aiutarmi.- Errore: grave errore. Fraintendere Tifa è davvero uno degli sbagli peggiori che lui o chiunque altro può permettersi il lusso di commettere. Ma ormai è tardi. Ormai lui è già in piedi. Canottiera e camicia tra le mani e si avvia verso l'uscita della stanza. L'unica volta in cui Tifa Lockheart si confida, riesce a fraintenderla. E' un lento sospiro quello che gli esce dal naso, mentre volge appena il capo in direzione della ragazza, rimasta accanto alla scrivania, interdetta.

-Io...- Comincia, ma quell'inizio muore miseramente, cristallizzandosi sulle sue labbra ed impedendo alle altre parole di fuoriuscire liberamente. La garza che gli penzola da dietro la schiena, ancora in parte arrotolata, gli batte pigramente contro il coccige, ma lui ha ben altro cui pensare in quel preciso istante. Per una volta lo sguardo puntato sull'amica d'infanzia in silenziosa attesa.

-Ti chiedo solo di star più a lungo con loro. Alla fine sei tu ha hai promesso a Aerith e Zack che ti saresti occupato dei Loro bambini.- Quel possessivo. Lo marca. Lo marca fin troppo bene con il tono di voce solitamente quieto, che ora prende però una venatura frustrata. No, a lei non pesa tirar su i bambini. Li ama come fossero suoi. Li ha cresciuti per tre anni. Ma li ha cresciuti Lei, quando invece la promessa era stata fatta da Cloud. Una sfida, la sua. Uno sprone per fargli assumere ed affrontare quelle che sono le sue responsabilità.

-C'è una cosa che devo fare, prima.- Le risponde semplicemente. La sua ultima parola. E quindi se ne va, lasciandola lì, immobile, con gli occhi che le pizzicano, ma è troppo orgogliosa per farlo vedere. Con i pugni chiusi per la stizza, ma è troppo orgogliosa per farglieli vedere. Con il cuore di nuovo in frantumi, proprio ora che stava cominciando a pensare che no, non avrebbe più sofferto per Cloud Strife. Ma è troppo orgogliosa per farglielo vedere e per ammettere che si sbaglia. E si sbaglia ancora quando non gli risponde più. Perché quel cuore lei gliel'ha offerto e continua ad offrirglielo. Ogni volta. Senza che questo però venga accettato. Prima. Prima. Prima. C'è sempre qualcosa prima. Lei sa cosa c'è, ed è per questo che non l'accetta.

Il rombo della Fenrir l'attira verso la finestra alla quale si avvicina lentamente, quasi sperando che la moto sia già andata portandosi via il suo proprietario. Ma moto e proprietario sono ancora lì. Lui con lo sguardo alto verso quella finestra dove sa esservi lei e lei con la fronte appoggiata al fresco vetro che si appanna poco a poco, mano a mano che respira con lo sguardo puntato verso il basso, dove sa esserci lui. Quel gesto noto di infilarsi e sistemarsi gli occhiali gliel'ha visto ripetere mille e mille volte ancora. Ed ogni volta ha il potere di farla sorridere perché così sembra uno di quei centauri ai quali aveva continuato a dare la multa nel suo primo anno nella polizia di quella città. Sorride, ma lo sguardo cade presto altrove, quando la Fenrir scompare dietro una secondaria.


Un uomo onesto, un uomo probo

s'innamorò perdutamente

d'una che non lo amava niente.


Gli disse -portami domani...-

gli disse -portami domani...

Il cuore di tua madre per i miei cani.-”


Ancora note dal piano inferiore del locale. Note diverse rispetto a quelle di prima. Quando si dice che una canzone rispecchia completamente lo stato d'animo di qualcuno. Tifa si sentiva proprio così. Come quell'uomo innamoratosi perdutamente di una donna che nemmeno lo considera. Solo che lei non era onesta. Con se stessa né tanto meno con Cloud.

E non poteva definirsi proba. Però non era stato il cuore di sua madre ad andare in pasto ai cani. Lei si sente così. Come se quell'organo che a tratti sa essere tanto pesante, le fosse stato strappato dal petto e dato in pasto a dei cani affamati.

E' lì: con la testa ancora appoggiata al vetro della finestra. Ad osservare il proprio riflesso che si ripete come infranto mille e mille volte ancora. Palpebre abbassate a richiamare a sé ricordi. A scacciarli. A farle tornare di nuovo la sua espressione di composta serietà e gentilezza. E quando si rialzano, lei osserva la finestra e due occhi scuri la guardano a loro volta. Due occhi rossi che, umidi, minacciano lacrime: il suo tentativo di tornare in sé è fallito.

Le trattiene.

Le respinge.

Le scaccia.

Poi si gira verso la porta che in poche rapide falcate supera e se la richiude dietro.

Il 7th Heaven deve comunque aprire.











Beh, che dire? 
Volevo creare un'atmosfera intima tra Cloud e Tifa, ma temo di non esserci proprio riuscita, visto che finiscono per litigare <.<""" 
Le due canzoni citate sono per l'appunto "Lemon Crush" di Prince, che da il titolo anche al racconto, e "la ballata dell'amore Cieco" del grandissimo Fabrizio de Andrè.
Grazie a tutti quelli che leggono. **S'inchina**

   
 
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