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Autore: Leonhard    22/01/2011    1 recensioni
Alessa Gillespie. La strega. Considerata la figlia del demonio da tutti...da tutti? Un episodio segreto della triste infanzia della bambina sta per sorgere...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alessa Gillespie, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 5.
 
Tornata a casa, Alessa raccontò alla madre la decisione di Leon. Era talmente felice che rischiò più volte di strozzarsi con gli spaghetti. Parlava a raffica, senza respirare, ma la madre non poteva rimproverarla, dato che  non respirava neanche lei. La notizia che le aveva portato la piccola l’aveva scioccata. In bene, ovvio. Ma non poteva non essere stupita della decisione del compagno. Sorrise: non aveva mai visto sua figlia così felice.

Finito di mangiare, la bambina si chiuse in camera sua e si mise a disegnare. Aveva promesso un bel disegno per Leon e non voleva deluderlo: i compiti li avrebbe fatti la sera. Prese un pastello e si fermò. Cosa poteva disegnare? Cosa piaceva a Leon? Lui gli aveva detto di fare lei, sicuro che qualunque cosa avesse fatto, gli sarebbe piaciuto, ma non voleva dargli un disegno che piaceva a lei: voleva che fosse lui a dirle cosa disegnare. Presa la decisione, tornò a guardare il disegno incompleto, continuando a pensare a come fare perché non fosse più così, diciamo, difettoso.

 
“Cosa mi piace?” chiese Leon, vagamente incuriosito, mordendo il suo snack. Il giorno dopo, durante l’intervallo, Alessa aveva subito chiesto al suo compagno cosa gli piacesse. Non senza una punta di timidezza: ancora non riusciva a credere di avere un amico.

“È per il disegno che mi hai chiesto” spiegò. “Mi hai detto che qualunque cosa io abbia disegnato, ti sarebbe piaciuta…però non mi è venuto in mente nulla e allora ho pensato…ecco…di chiederti cosa ti piacerebbe”. Il giovane rise.

“Beh, grazie per la premura” disse. Rimase un attimo in silenzio a pensare, poi si volse verso Alessa. “A me piacerebbe il mare”.
“Il mare?” chiese la bambina incuriosita. Lui annuì.

“Sai, io non sono mai andato al mare: sempre montagna. Quindi, vorrei il disegno del mare”. La bambina abbassò lo sguardo.
“Neanche io…sono mai andata al mare” mormorò dispiaciuta.

“Ah…” commentò Leon, abbassando lo sguardo. “Scusami”. Lei scosse la testa.

“No, scusami tu: non posso farti il disegno…”.

“Aspetta!” esclamò. “Però ho qualche cartolina del mare! Oggi pomeriggio, finiti i compiti, passa all’ospedale e te le mostro, se non hai nulla da fare”.

Per Alessa fu una sorpresa. Lei? A casa di qualcuno? Notò gli sguardi scandalizzati che i compagni volsero nella loro direzione. Invitare la strega a casa era un po’ come inviare un lupo a mangiare in una famiglia di capretti. Abbassò la testa. Per lei non era un problema: compiti a parte, non aveva molto da fare a casa e sua madre sarebbe stata sicuramente felice di accompagnarla all’ospedale per un motivo che non fosse una botta o un taglio che i suoi compagni le facevano. In più, anche lei aveva modo di fare conoscenza con il padre di Leon. Era tutto perfetto, ma preferì rispondergli che avrebbe chiesto a sua mamma di accompagnarla.

In realtà non c’era nulla da chiedere: sapeva che per andare, le sarebbe stato sufficiente dirle che Leon l’aveva invitata all’ospedale: si sarebbe precipitata in macchina e sarebbero arrivati in cinque minuti, anche se abitavano dalla parte opposta dell’ospedale. Era sorprendente come le giornate a scuola potessero essere veramente divertenti, con un amico come Leon. Gli insulti ed il lancio di oggetti si erano rarefatti e lei stessa stava lentamente imparando ad aprirsi con il compagno. Ogni volta che gli parlava non la interrompeva insultandola, ma stava ad ascoltarla, con espressione interessata ed un piccolo sorrisetto sulla bocca. La cosa che la spiazzava era che quel sorriso non era di scherno, ma serviva per metterla a suo agio. Perché lei si sentiva veramente tranquilla con lui come compagno di banco.

Sapeva di star commettendo un errore. Sapeva che era solo questione di tempo prima che Leon cominciasse ad insultarla, ma non riusciva più a pentirsi: la sua aria spensierata, gli occhi, il tono della sua voce, sempre accomodante e cauta, che non sarebbe mai andata oltre uno scherzoso ‘scema’ seguito da una sua risata e dalla sua mano che le scompigliava bonariamente i capelli. Quel contatto le piaceva: era caldo e delicato, ma allo stesso tempo forte. Non c’era nulla da fare.

Si stava affezionando a lui. Lo vedeva come un amico, un fratellino che le voleva bene. Era la seconda persona che dimostrava affetto nei suoi confronti ma, stranamente, sentiva di voler più bene a lui che alla sua mamma; nella sua ingenuità si chiese perché. Fu tentata dal chiederlo anche a Leon, ma ebbe un attacco timidezza tale che non riuscì neanche a richiamare la sua attenzione.

 
Come si era aspettata, la madre mise la macchina sul vialetto appena un’ora e mezza dopo la richiesta della figlia di andare all’ospedale ad incontrare Leon e suo padre. Aveva chiamato in causa anche il padre del suo compagno perché sapeva che da quando il papà era sparito, la mamma aveva sofferto tanto e chissà quanto doveva sentirsi sola quando lei era a scuola con Leon. Salì nella macchina e si mise a guardare i suoi disegni, mentre la ridente e soleggiata Silent Hill sfrecciava veloce fuori dal suo finestrino.
 
L’ospedale Alchemilla era un ospedale veramente molto grosso, con tantissime stanze. I muri, verniciati di bianco, avevano sempre trasmesso ad Alessa una sgradevole sensazione di freddo: perché i muri degli ospedali non potevano essere colorati di rosso o di giallo? Perché solo colori freddi negli ospedali. Fu sorpresa che quel giorno, alla vista dei muri bianchi e verde chiaro, non senti nessun freddo, anzi: quel calore che sentiva sul volto non accennava a diminuire. La segretaria si rivolse a loro con occhi gentili.

“Posso aiutarla?” chiese. Dahlia annuì.

“Abbiamo ricevuto un invito dal dottor Kauffman” disse. “Sa dirmi dove possiamo trovarlo?”.

“Credo che sia nel suo ufficio, visto che oggi c’è anche suo figlio. Aspetti, glielo chiamo”. Il cuore di Alessa batteva forte per il nervosismo: in tutta la sua vita non era mai entrata in casa di un suo compagno. Si ritrovò a chiedersi come fosse il dottore, la camera di Leon, cosa avrebbero fatto e cosa si sarebbero detti: era una novità, per lei, avere domande diverse da ‘mi faranno male’ e ‘quanto mi insulteranno’.
Stranamente, quei timori sembravano spariti dalla sua mente, nella confusione più totale: non aveva qualche domanda, ne aveva a milioni, tutte prive di una risposta. Perché Leon aveva deciso di essere sua amica, perché non aveva dato retta ai suoi compagni, perché l’aveva invitata a casa sua pur sapendo che quella cosa entro la sera successiva tutta la scuola l’avrebbe saputa.

Perché lei si sentiva così felice di questa sua scelta. Si sentiva un’egoista, ma non riusciva a non provare una gioia che non le apparteneva, una gioia che, fino al mese prima, credeva di non aver il diritto di provare. Si chiese se una semplice amicizia con un compagno di scuola potesse farle provare simili sensazioni.

E chi lo sapeva? Di sicuro non lei, che non aveva mai avuto nessun amico.

Il dottore era un uomo dall’aspetto severo e dal carattere serio e controllato; quante volte le aveva curato lividi e sbucciature? Una volta, si ricordava, le aveva curato una gamba rotta. Se lo ricordava bene per via del dolore e per il periodo successivo in cui era stata costretta a camminare con le stampelle, offrendo ai suoi compagni un ottimo bersaglio per gli sgambetti.

Quando aprì la porta del suo ufficio, guardò con occhi seri prima sua mamma poi lei, che si sentì trapassata. Subito dopo si sciolse in un sorriso.

“Ah, ecco!” esclamò. “Scusi, ma il nome di Alessa non mi era nuovo: non pensavo che fossi proprio tu. Entrate, accomodatevi”.
Disorientata da quella calorosa accoglienza, la bambina entrò nello studio. La prima cosa che vide una volta dentro fu Leon, la seconda il divano su cui era seduto.
 

 
ED ECCOCI QUI; HO FINITO UNA FIC PARTICOLARMENTE IMPEGNATIVA ED ANCHE CON LA SCUOLA SONO A POSTO: IL CHE SIGNIFICA CHE DOVREI ANDARE PIU’ SPEDITO CON GLI AGGIORNAMENTI, ANCHE SE NON PROMETTO NULLA.
SPERO CHE LA STORIA VI STIA PIACENDO ALMENO UN PO’. QUASI MI DISPIACE PENSARE CHE ARRIVERA’ UN CAPITOLO (NON DICO QUANDO ) IN CUI DOVRO’ ALLACCIARMI CON IL FILM.
RECENSITE IN TANTI.
AL PROSSIMO AGGIORNAMENTO!
CIAO!!
   
 
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