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Autore: JiuJiu91    27/01/2011    9 recensioni
Chi combatte contro i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. Quando guardi a lungo nell'abisso, anche l'abisso guarda dentro di te. [Friedrich Nietzsche]
Le gemelle Spencer vivono su binari paralleli: Maggie è esuberante, goffa e maldestra, perennemente intenta a collezionare figuracce, mentre la riservata Therese è una studentessa modello, saggia dispensatrice di consigli e ottima strega. Destinate a non incontrarsi mai, se non si fossero trovate intrappolate, assieme, in un piano molto più grande di loro, divise tra Bene e Male. Sempre che Bene e Male esistano ancora, quando i Buoni sono pronti a tutto pur di vincere la guerra e i Cattivi non sembrano poi così cattivi.
In un Mondo Magico in cui non è più tutto bianco o tutto nero si intrecciano storie d'amore e di guerra, d'amicizia e di fratellanza, di alleanze e di tradimenti. In tutte le sfumature che preferite.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo, personaggio, Serpeverde, Tom, Riddle/Voldermort
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Dato il secondo – ed ultimo – esame di questa sessione sono ufficialmente in vacanza per un mese.

Avrò finalmente il tempo di rispondere alle vostre recensione e di impaginare gli ultimi capitoli.

Buona lettura!


PER DOVERE O PER AMORE


Il ritorno ad Hogwarts fu piuttosto fiacco. L'argomento principe, per tutto il viaggio in treno, era stato il rapimento di Luna Lovegood con tutte le varianti del caso: alcuni dicevano che fosse fuggita di sua spontanea volontà alla volta della steppa russa per trovare gli Avvincini, altri invece sostenevano che fosse stata uccisa, fatta a pezzi e che i suoi resti fossero stati distribuiti nel giardino di Hogwarts, come monito agli studenti dell'Esercito di Silente.

Naturalmente, io non credetti minimamente a nessuna di quelle fantasiose versioni – anche perchè Draco, fonte di gran lunga più attendibile, diceva che aveva sentito Yaxley dire che Luna sarebbe stata custodita nelle segrete del palazzo dei Lestrange – ma non appena entrai in bagno e vidi la scritta sullo specchio, per un attimo pensai che fosse stata fatta con il sangue di Luna.

Poi mi accorsi che il rossetto di Chanel di mia sorella era aperto, sul bordo del lavandino, e il mio cuore riprese a battere.

Non per molto, però.

La scritta, in una grafia precisa ed ordinata, come se l'autore si fosse impegnato a renderla più leggibile possibile, recitava: "Se volete rivederla viva venite questa notte alle tre nella foresta di Sherwood".

Nell'angolo in alto a destra dello specchio era appiccicata, con un pezzetto di nastro adesivo di carta, una foto di Cissie.

Lanciai un urlo e indietreggiai fino a colpire il muro e fare un salto in aria, terrorizzata.

L'atmosfera da film horror che mi aveva suggerito quella scritta color amaranto sullo specchio del mio bagno mi faceva pensare che da un momento all'altro un vampiro con i canini scoperti, uno zombie verdaceo con i bulbi oculari vuoti o Daisy Miller armata di katana sarebbero comparsi alle mie spalle e mi avrebbero sgozzata lasciando la mia testa a rotolare sul pavimento di pietra della scuola.

Mia sorella accorse, attirata dalle mie grida.

  • Hai trovato una doppia punta? - cercò di ironizzare, entrando nel bagno.

Le indicai lo specchio, senza dire nulla e lei si girò a guardarlo. Mi sembrò di vivere la scena al rallentatore, anche questo molto filmico, mentre lei si copriva la bocca con le mani e spalancava gli occhi, visibilmente sconvolta.

  • L'hanno trovata – riuscii a dire, alla fine.

  • Forse no – ribattè Therese – Forse è una trappola. -

  • E se non lo fosse? - suggerii – Dobbiamo andare. -

Non sapevo da dove mi venisse tutto quel coraggio. Io, la stessa Maggie che aveva paura delle ombre sulle pareti di Casa Riddle al tramonto, stavo suggerendo di inoltrarci in una foresta di notte per fronteggiare tre, o forse più, Aurors esperti.

  • Certo che andremo – decretò mia sorella con altrettanta decisione – Glielo dobbiamo. È il minimo che possiamo fare per lei. -

Rilessi la scritta, coltivando ancora la remota speranza di essermi inventata tutto, ma la scritta era ancora lì e sbrilluccicava beffarda sotto la luce gialla dello specchio.

  • La foresta di Sherwood è enorme. Come faremo a trovarla? - chiesi, colta da una subitanea illuminazione.

Immaginai me e Therese in un intricato labirinto di piante alla disperata ricerca di Cissie, per giorni e giorni, e rabbrividii.

  • Non credo che Daisy Miller abbia scelto di scrivere col rossetto perchè è scenografico – mormorò Therese, osservando il tubetto di rossetto aperto sul ripiano del lavello – Credo sia un indizio. -

Lo prese in mano e lo osservò attentamente.

  • Credi sia una Passaporta? - sussurrai.

  • Ne sono quasi certa – annuì lei.

Ci guardammo per qualche secondo. Nelle nostre menti, gli stessi pensieri – e se fosse solo una trappola? Se non avessero mai trovato Cissie? Se stessero solo cercando di scoprire se e quanto sappiamo? Se avessero iniziato a sospettare anche di noi? Se Daisy, alla fine, avesse capito che Cissie ormai non c'entrava più nulla e che a dirigere i giochi eravamo io e mia sorella? - ma anche la stessa determinazione: per nulla al mondo avremmo lasciato che Cissie rischiasse la vita, non dopo che, proprio grazie a lei, avevamo saputo la verità.

Quella notte non chiusi occhio. Therese aveva puntato la sveglia alle tre meno un quarto, sostenendo che un paio d'ore di riposo ci avrebbero fatto comodo, ma io ero rimasta per un'ora e mezza a fissare il baldacchino sopra al mio letto, chiedendomi se in quel momento Cissie stesse subendo chissà quali torture.

Mi alzai, non sopportando più quel silenzio interrotto solo dal battito del mio cuore, e uscii in corridoio.

Pansy aveva il turno di ronda quella notte e speravo di incontrarla casualmente per sentire la sua vocetta stridula cinguettare qualche pettegolezzo di poco conto.

Fui fortunata: Pansy era esattamente dove mi aspettavo che fosse, seduta davanti all'ingresso della Stanza delle Necessità, e sfogliava un libricino dondolando le gambe avanti e indietro.

  • Quei bastardi non la faranno franca per sempre – decretò, salutandomi con due baci veloci sulle guance – Li prenderemo e gli faremo fare la fine della Lovegood. -

  • Tu sai che fine abbia fatto Luna? - le chiesi.

  • Rapita a scopo intimidatorio, direi, come sostiene Macmillan. Doveva aspettarselo quel bifolco di suo padre! Continuare a pubblicare tutti quegli articoli di sostegno a Potter, quand'è ormai chiaro quale sia l'orientamento del Ministero. È una sciocchezza, diciamocelo chiaramente – esclamò, con l'aria arrogante di chi sa esattamente come sono andate le cose.

Mi sfiorai la manica sul Marchio Nero e sospirai, al pensiero di Luna legata nelle segrete del palazzo di Bellatrix.

  • I Carrows hanno ragione. Tu non credi? - riprese Pansy.

  • A cosa ti riferisci? - le domandai, distratta.

  • A tutto. Alla disciplina a scuola, tanto per cominciare. Con Silente era la totale anarchia: ognuno faceva quello che gli pareva e Hogwarts stava perdendo la sua secolare fama. Pensa che mia zia, dovendo iscrivere sua figlia al primo anno, pensava addirittura di mandarla a Durmstrang. Là ti fanno rigare dritto. - commentò Pansy.

  • Non ti sembra un controsenso parlare di disciplina e poi organizzare feste nella Stamberga Strillante? - le feci notare – Voglio dire, l'anarchia di Silente a noi andava bene. -

  • Certo, ci andava bene perchè siamo ragazze e vogliamo divertirci ma a lungo andare, tra una decina d'anni, magari, o quando saremmo state madri, ci saremmo accorte di quanto la mancanza di disciplina abbia pesato sulla nostra educazione. Non nego che mi piacerebbe studiare in una scuola senza coprifuoco e senza regole ma le regole sono utili alla formazione dell'individuo – precisò.

Parlava come un libro sull'educazione. Mi chiesi se non avesse intenzione di diventare la prossima McGranitt.

  • Io dico che fanno bene. I Carrows e Piton. Nott dice che i Carrows sono Mangiamorte. Beh, non mi stupirei se anche fosse vero. Del resto, ormai tu-sai-chi controlla il Ministero. E di certo non può fare più danni di quel cretino di Caramell, o di Scrimgeour. Il Ministero era caduto così in basso, mio Dio! - Pansy sospirò teatralmente e si portò una mano alla fronte.

L'ultima cosa che volevo era ascoltare un pamphlet politico. Perchè non parlava delle doppie punte di Stacie Benjamin quando ne avevo bisogno?

  • Dimmi un po' – disse abbassando decisamente il tono della voce e indagandomi con eccessiva attenzione – Ma tu sei ancora una di loro? -

  • Ma cosa...? - cercai di prendere tempo.

  • Il discorso che mi hai fatto nella redazione di Gossipschool, mesi fa, sul tuo ruolo di collaboratrice col Signore Oscuro... - Pansy cercò di rinfrescarmi la memoria, come se davvero me lo fossi dimenticata.

Ora che il mio ruolo di 'collaboratrice' era marchiato nero su bianco sul mio avambraccio, consideravo quella confessione una vera e propria leggerezza e desiderai non averla mai fatta. Ero stata una sciocca sprovveduta.

  • Più o meno – risposi, vaga.

  • Io ti appoggio in pieno – decretò – Se fossi un po' meno paurosa forse mi unirei ai Mangiamorte -

Sorrisi del fatto che mi considerasse coraggiosa dato che non mi ero mai considerata tale. Ma, del resto, dovevo esserlo se mi apprestavo a presentarmi ad un appuntamento coi rapitori di Cissie, in una foresta.

Erano le due e mezza, decisi che dovevo tornare in fretta nel mio dormitorio e prepararmi a partire con mia sorella.

  • Beh, la passeggiata ha avuto l'effetto sperato – buttai lì, con un mezzo sorriso – mi è tornato il sonno! Vado in camera prima che mi passi -

E corsi via prima che Pansy potesse fermarmi.

Un sacco di volte mi girai, convinta di aver sentito dei passi alle mie spalle e sospettando che qualcuno mi stesse seguendo. Glenda, forse, o quelli dell'Esercito di Silente.

Quando arrivai in camera il cuore mi martellava nel petto.

  • Dove diavolo eri finita? - mi chiese Therese, con fare ansioso.

  • Ho fatto un giro per i corridoi. - mormorai – Non sono ancora le tre... - soggiunsi.

A riprova di quello che avevo appena detto, la sveglia di mia sorella suonò in quell'istante e lei la spense subito, rimanendo seduta sul letto a fissarla.

  • Dovremmo ripassare qualche incantesimo – osservai.

  • Non ci sono molti incantesimi da ripassare – mormorò mia sorella increspando le labbra in un ghigno – Avada Kedavra, Avada Kedavra e Avada Kedavra. -

  • E se non mi viene in mente in quel momento? - ipotizzai.

  • In quel caso probabilmente morirai. - rispose lei, pacifica.

Feci una smorfia. Il suo cinico umorismo non mi divertiva tanto, in situazioni simili. Mi infilai il cappotto scuro, poi decisi che mi avrebbe intralciata nei movimenti e mi limitai al mantello, seguendo l'esempio di Therese.

Alle tre meno dieci entrammo in bagno e ci chiudemmo la porta alle spalle. Io mi ci appoggiai contro, respirando affannosamente.

Non potevamo chiuderla con un incantesimo, o le nostre compagne di dormitorio si sarebbero insospettite, ma neppure potevamo rischiare che Calì o Lavanda decidessero di entrare nel bagno nell'esatto momento in cui venivamo risucchiate da una passaporta.

  • E se non fosse una passaporta, poi? - quel pensiero mi attraversò la mente come un lampo, alle due e cinquantotto.

  • Ci Materializzeremo nella foresta di Sherwood e la percorreremo da cima a fondo – disse Therese, col tono deciso e piatto di chi ha già preso in esame ogni possibilità.

Alle due e cinquantanove prememmo i nostri indici sul rossetto e ci prendemmo per mano. Alle tre in punto il rossetto si illuminò e noi fummo risucchiate in un vortice colorato.


Ebbi quasi un conato di vomito quando toccai terra, in parte per l'effetto della passaporta e in parte per il nervosismo accumulato in quelle ore d'attesa.

Avevo ancora la mano stretta in quella di mia sorella. Mollai la presa, un po' imbarazzata di dover essere sempre io ad avere bisogno di rassicurazioni materne.

L'oscurità era profondissima, tanto da non permettermi di vedere a più di un paio di centimetri dal mio naso. La foresta sembrava fatta di velluto nero.

  • Lumos – dicemmo in coro io e Therese e le nostre bacchette si accesero, illuminando lo spazio attorno a noi per diversi metri.

Ci trovavamo in un'ampia radura e sotto i nostri piedi c'era un tappeto di erba ghiacciata. L'aria di gennaio si faceva strada tra gli alberi spogli facendo volteggiare i nostri mantelli. Al centro della radura c'era un tronco cavo all'interno del quale si distingueva un corpo apparentemente addormentato.

Io e mia sorella ci muovemmo silenziosamente in quella direzione e quando fummo a pochi metri dal tronco ci accorgemmo che il corpicino là sotto era quello di Cissie: aveva la pelle quasi blu, per via del gelo, le labbra pallidissime e i capelli bagnati appiccicati alla fronte. Ed era legata per le mani e per i piedi al tronco.

Mi lasciai sfuggire un gemito d'orrore.

Pensai a Luna, imbavagliata e legata nelle segrete dei Lestrange, e mi chiesi se quello non fosse un buffo contrappasso, una ripicca, un dispetto infantile di chi si diverte a ripagare i cattivi con la stessa moneta.

Mi gettai a terra accanto a Cissie e le presi una mano gelida tra le mie, cercando invano di scaldarla. Lei sembrò riaversi dallo stato di torpore in cui era piombata, forse a causa del freddo, e sbattè le palpebre due o tre volte, incredula.

  • Andate via – disse infine, con un filo di voce appena percettibile.

  • Non ti lasciamo qui, sciocca – replicò mia sorella, con decisione.

Puntò la bacchetta sui lacci.

  • Diffindo! - urlò.

I lacci magici si dissolsero, cadendo rumorosamente a terra, e Cissie si passò una mano sui polsi e sulle caviglie, visibilmente massacrati dalle corde.

  • Epismendo – mormorò Therese, e le ferite si riassorbirono.

Cissie rimase immobile, non osando muovere un passo verso di noi. Feci per abbracciarla, ma lei si scostò.

  • Dovete andarvene – ripetè, questa volta con maggiore decisione – Loro sono qui. Sanno che ho scoperto Glenda, se non ve ne andate subito prenderanno anche voi. -

  • Dovranno sconfiggerci, prima – le ricordò Therese, indicandole la bacchetta – Ho intenzione di divertirmi, questa notte. -

  • Therese, loro non vogliono duellare! - piagnucolò Cissie.

Era terrorizzata. Mi chiesi da quanto tempo fosse nelle loro mani e quali orrori avesse dovuto sopportare per diventare così. Era irriconoscibile: la bambina dall'aria gioviale che conoscevo aveva lasciato il posto ad uno scheletrino dalla pelle bluastra e gli occhi grandi e tristi.

  • Vogliono farvi prigioniere e chiamare qua Tom e uccidervi davanti a lui – disse ancora.

  • Sciocchezze – tagliò corto Therese

  • Andiamo via insieme, ora – proposi io.

Le porsi la mano, sperando che lei l'afferrasse e che potessimo Smaterializzarci in fretta ma lei non si mosse.

  • Ci sono incantesimi tutto intorno – sussurrò – Controllate, se non mi credete. Una bolla infrangibile attorno alla radura. Non si può uscire di qua e non ci si può Smaterializzare qua dentro. Siamo in trappola. -

Therese corrugò la fronte, dubbiosa. Poi puntò la bacchetta verso il cielo, come a volerla contraddire, ma un fiotto di scintille ricadde su di noi.

  • Un Sortilegio Bolla tutto attorno, è vero. - commentò, tradendo una certa sorpresa.

  • D'accordo, possiamo rompere l'incantesimo e andarcene – dissi frettolosamente.

  • Non possiamo romperlo – ribattè Cissie.

  • Può romperlo solo la bacchetta che l'ha evocato – puntualizzò mia sorella.

  • Stefan – sussurrò Cissie.

Pensai che volesse dire che Stefan aveva evocato il Sortilegio Bolla ma poi sentii un rumore alle nostre spalle e mi resi conto che Stefan era lì e ci teneva la bacchetta puntata contro.

  • Quanta solerzia, sorelline Spencer – disse, con un sorriso sghembo.

Per quanto sapessi che Stefan Redastaire era un mago, un Auror, per di più, mi ritrovai a stupirmi nel vederlo con una bacchetta in mano. Mi sembrava fuori posto quell'asta di legno chiaro tra le sue grosse mani abbronzate.

  • Tu non dovresti essere un Babbano? Non è saggio farti vedere in giro con una bacchetta. Questo potrebbe rovinare i vostri piani – gli fece notare Therese.

  • Poco importa. Vi porterete il segreto nella tomba – ribattè lui.

  • O vi ci manderemo te, in una tomba – precisò lei.

Stefan rise e prese a passeggiare avanti e indietro, come se quello tra di noi fosse un simpatico incontro tra amici.

  • Ci avete sottovalutate – soggiunse Therese – è stato questo il vostro errore -

Stefan si fermò e rimase a fissarla perplesso, come se non l'avesse mai davvero vista prima, come se il suo volto gli risultasse del tutto nuovo. Per qualche istante mi sembrò quasi confuso, come se non si aspettasse di trovarsi in quella radura, con noi e una bacchetta tra le mani, ma poi riprese a passeggiare come poco prima, riacquistando la padronanza di sè.

  • Non ci siamo lasciati sfuggire nulla – decretò – Non più, almeno. -

Io e Therese eravamo ferme, schiena contro schiena, in modo da avere le spalle coperte da un eventuale attacco improvviso di Stefan.

  • Ammetto che abbiamo fatto degli errori in passato, abbiamo compiuto parecchie leggerezze, a dir la verità, ma ora le cose sono diverse. Daisy non è più la ragazzina sprovveduta ch'era una volta – commentò.

Mi stupii nel sentirgli pronunciare quel nome. Mi aspettavo che mantenesse il segreto almeno su quello, e invece parlava a viso aperto, come se fosse davvero sicuro di ucciderci da un momento all'altro. Sentii la schiena di mia sorella irrigidirsi contro la mia: evidentemente anche lei aveva fatto caso a quel dettaglio.

  • Nemmeno noi siamo le ragazzine sprovvedute ch'eravamo una volta – sibilò e ridusse gli occhi a fessura – Avada Kedavra! -

Tutto accadde in un istante, ma mi sembrò di vivere la scena al rallentatore. Therese lanciò l'incantesimo e Stefan rimase immobile e la fattura lo colse in pieno petto, sollevandolo di un paio di metri e facendolo poi precipitare a terra, gambe e braccia disarticolate e sguardo vacuo, con la bacchetta a diversi metri dal corpo.

Cissie aveva gli occhi sgranati, le labbra serrate e i pugni stretti. Immaginai di avere più o meno la sua espressione.

Non avevo mai visto qualcuno morire colpito dall'Avada Kedavra. In realtà, non avevo mai visto qualcuno morire, escluso il tale al quale zia Tracie aveva sparato, che non avevo poi neppure visto, quanto piuttosto avevo sentito gli spari e le urla.

Allora, invece, il cadavere era a pochi passi da me e l'assassina lo guardava fisso, col volto svuotato di ogni emozione.

  • Prendigli la bacchetta, Maggie. - disse, piatta.

Eseguii, senza chiedere spiegazioni. Le porsi la bacchetta di Stefan e lei la puntò verso il cielo mormorando qualche controincantesimo. La mano le tremava appena ma, a parte questo piccolo dettaglio, era straordinariamente calma per avere appena ucciso un uomo.

  • Cosa...cosa dobbiamo farne? - chiesi preoccupata, indicando il corpo.

  • Cosa vuoi che ne facciamo? - sbuffò Therese – Ardemonio! - gridò e il cadavere prese fuoco scomparendo in un cumulo di cenere magica in pochissimi istanti. Gettai la bacchetta nel fuoco, prima che Therese lo fermasse.

Si rinfilò la bacchetta in tasca, come se niente fosse.

  • Non usarlo mai, l'Ardemonio, se non impari prima a fermarlo – mi suggerì, col tono che usava per darmi qualche prezioso consiglio durante le ore di lezione – Può essere molto pericoloso -

Cercai di dire qualcosa di sensato ma avevo ancora negli occhi il lampo di luce verde e il corpo di Stefan che cadeva a terra senza vita. Acciuffai Cissie per la mano e le feci cenno di muoversi.

  • Sicure che è morto? - domandò, incerta.

  • Come sarebbe a dire 'sicure'? Gli ha fatto un'Avada Kedavra, e poi l'ha incenerito! - esclamai, in tono vagamente isterico.

  • Ma Glenda e Piton? - continuò Cissie imperterrita – C'erano anche loro. E anche un altro uomo. -

  • Un altro uomo? - chiese Therese, dubbiosa.

  • Un uomo incappucciato, un prigioniero – precisò Cissie.

  • Humanum Revelio! - dissi con tono forte e deciso, puntando la bacchetta verso il fitto buio che ci circondava.

  • Non c'è nessuno, visto? - fece Therese alla volta di Cissie, innervosita.

  • Sei salva – soggiunsi.

Eppure anche io, finchè non ci Smaterializzammo, ebbi la fastidiosa sensazione di essere osservata.


Ci Materializzammo a Casa Riddle. Tom ascoltò il racconto con il volto tirato, accompagnando ogni commento con un bicchiere di scotch e lanciando occhiate preoccupate a Cissie, cui era stato ordinato di aspettare in salotto.

  • Così l'hai ucciso e hai bruciato il suo cadavere, hai detto? - ripetè Tom, grattandosi il mento.

  • Non potevo lasciarlo là per terra. Avrebbero controllato la sua bacchetta e scoperto che ero stata io... - cominciò Therese, in tono di scusa.

  • Avresti potuto bruciare la bacchetta. E comunque lo sanno che sei stata tu. C'eravamo solo tu e io, e ovviamente io non sono stata – mormorai.

  • Non ti sto accusando – si affrettò a precisare Tom – Hai fatto bene. Un Auror morto è sempre meglio di un Auror vivo. Dico solo che...beh, è strano che abbiano mandato solo lui -

  • Non ci credevano in grado di ucciderlo – Therese sollevò le spalle – Avranno pensato che fossimo due sciocche alle prime armi. -

  • E hanno indovinato per metà – osservai amaramente.

  • Non è vero – protestò Therese – Tu hai controllato che non ci fosse nessuno -

  • Niente di davvero utile – bofonchiai – E l'ho fatto solo per far stare tranquilla Cissie -

  • A proposito di far stare tranquilla Cissie – ci interruppe Tom – Naturalmente qui non può stare. -

  • Come sarebbe a dire che qui non può stare? - sgranai gli occhi – E dove vuoi che la mandiamo? -

Gettai un'occhiata apprensiva a Cissie che sbocconcellava lentamente i biscotti che Tom le aveva messo in una scodella guardandosi avidamente intorno, come per richiamare alla mente ogni dettaglio.

  • Glenda è stata qui questa settimana e finchè Tracie è in ospedale forse verrà ancora. Non sarebbe saggio lasciare che in una delle sue visite veda Cissie scorazzare in giardino. La manderemo da Bellatrix – decretò Tom.

  • Con i prigionieri?! - saltai su, indispettita – Dopo mesi durante i quali ha visto chissà quali orrori vorresti mandarla in una cantina con... -

  • Che diavolo dici? - mi interruppe Tom – I prigionieri non sono al palazzo dei Lestrange -

  • Ce l'ha detto Draco – mi giustificai.

  • Strano – commentò lui – Dovrebbe saperlo bene, visto che i prigionieri sono a casa sua -

  • I prigionieri sono a Malfoy Manor? - disse mia sorella con un filo di voce.

  • Beh, l'importante è che non siano dove Tom vuole mandare Cissie – osservai, placidamente – Dovremmo chiamare Bellatrix e sentire cosa ne pensa -

Mentre Tom convocava Bellatrix attraverso il Marchio Nero e mia sorella preparava un the verde, entrai in salotto con fare circospetto.

Temevo di disturbare Cissie che sembrava gradire la solitudine. Mentre noi confabulavamo in cucina non ci aveva lanciato nemmeno uno sguardo incuriosito.

La sua espressione seria e cupa mi preoccupava. Certo, avrei trovato altrettanto preoccupante se si fosse comportata come se niente fosse, ma non era affatto da Cissie starsene seduta in silenzio, dando le spalle ad una stanza in cui si dicevano cose interessantissime sul suo conto.

  • Non vuoi andare a salutare Nagini? - le domandai, facendola sobbalzare all'improvviso. Probabilmente non si aspettava di vedermi arrivare – Credo che tu le sia mancata molto -

  • Anche lei mi è mancata molto – mormorò Cissie e poi tacque, rimanendo immobile.

  • Dev'essere al piano di sopra. Ora dico a Tom di chiamarla... - cominciai.

Mi aspettavo che si mostrasse allegra e impaziente, che proponesse di andare da sola a cercarla, che finalmente mi abbracciasse e urlasse che le eravamo mancati tutti un sacco e che era felice di essere finalmente con noi.

Invece si limitò a sorridere a mettere in bocca un altro mezzo biscotto. Lo masticò lentamente, come se ogni microscopico movimento le procurasse un gran dolore e sospirò.

  • Non preoccuparti, posso aspettare – sussurrò infine.

Intanto, Bellatrix si era Materializzata in cucina e doveva aver accolto la proposta di Tom con entusiasmo perchè si fiondò in salotto e abbracciò Cissie con trasporto, quasi soffocandola nella sua gran massa di riccioli scuri.

  • Oh, Cissie! Ho pensato così spesso a te! - esclamò, con un sorriso.

Non avevo mai visto Bellatrix tanto calorosa e disponibile con una persona. In compenso, non avevo mai visto Cissie tanto fredda. Ad un tratto si divincolò dalla stretta di Bellatrix, con un gemito di fastidio, o quasi di dolore.

  • Ti piacerà stare da noi, vedrai. - continuò Bellatrix, senza apparentemente far caso alla stranezza di Cissie – Rodolphus proteggerà la casa con nuovi incantesimi e ti faremo portare un pianoforte a coda, così potrai esercitarti. E ti insegneremo tutte le materie Babbane. Per il momento è meglio che tu non riprenda la scuola, ma non è il caso che rimanga indietro col programma. Magari chiameremo un precettore privato. -

Tentò di abbracciarla nuovamente ma questa volta Cissie fece un passo indietro, con determinazione.

  • Può venire anche Nagini? - chiese, dura.

  • No, Nagini rimane qui con me – rispose Tom, dalla soglia della cucina – Ma qualche volta posso portarla con me, così potrai salutarla -

Cissie si rabbuiò ma non disse nulla. Si risedette sulla poltrona e ci guardò attentamente, come se volesse fissare bene la nostra immagine nella sua mente.

  • D'accordo, io e Bellatrix dobbiamo discutere un paio di dettagli. Voi, ragazze, portatela di sopra da Nagini – tagliò corto Tom e fece cenno a Bellatrix di seguirlo nello studio in fondo al corridoio.

Io e Therese scortammo Cissie al piano di sopra. Lei ci seguì lentamente, facendo gli scalini con fatica.

  • Riaverti con noi è bellissimo – ripetei, cingendole le spalle con un braccio.

  • Nagini dovrebbe essere qui, nella camera di Tom – borbottò Therese, socchiudendo appena la porta per controllare che il serpente fosse effettivamente nella camera.

  • Dov'è Tracie? - chiese Cissie all'improvviso.

Mia sorella ed io ci guardammo per qualche istante, indecise sulla risposta da darle.

  • Settimana scorsa ha preso troppe pastiglie di sonniferi ed è stata male – disse infine Therese, addolcendo il tono della voce.

  • Ma ora sta molto meglio – mi affrettai a precisare – Tra qualche giorno potrebbero già dimetterla e allora potrai vederla -

Cissie non disse nulla. Si sedette sulla poltrona di Tom e appoggiò il viso sui palmi delle mani, con aria piuttosto sconsolata.

  • Devo dirvi una cosa – esordì.

  • Dicci tutto – la incitai.

  • Poi mi odierete – bofonchiò lei.

  • Puttanate – sbottai.

Fece un respiro profondo e si appoggiò allo schienale.

  • Sapevo che Glenda sarebbe venuta a cercarmi. Ero stata troppo esplicita, sapevo che aveva dei sospetti su di me – cominciò – così me ne sono andata dal nascondiglio dei Dursley. Stare lì era troppo pericoloso: ci aveva portati laggiù Lupin e sicuramente non avrebbe esitato a dire a Glenda che mi trovavo lì, se lei gliel'avesse chiesto. Dapprima sono andata al Little Angels; pensavo fosse un posto sicuro e sapevo che sarei stata accolta bene. Ci sono rimasta un paio di settimane, poi, una mattina, ho visto Glenda Rosweth entrare nel giardino dell'orfanotrofio. Veniva a chiedere di me alla direttrice. Lei mi ha assicurato di non aver detto a Glenda che mi trovavo là perchè le era sembrata una persona 'strana' ma io non mi sentivo protetta. Del resto, Glenda è una strega e non c'era bisogno che fosse la direttrice a dirle dove mi trovavo: poteva benissimo leggerlo nella sua mente. -

Mi sporsi in avanti, verso di lei. Il discorso si faceva sempre più interessante.

  • Sono scappata di nuovo, con un po' di soldi. All'inizio andavo in albergo, magari lasciando nomi falsi, ma una bambina di dieci anni in un albergo desta sospetti, così ho comprato una tenda e ho cominciato ad accamparmi vicino ai camping organizzati. Poi, invece, mi sono spinta nei boschi, nelle foreste, finchè, tre giorni fa, non mi hanno trovata. - proseguì.

  • Tre giorni fa? - ripetei, perplessa.

Cissie annuì con aria grave. Immaginai che in quei tre giorni l'avessero tenuta legata, magari a digiuno, e probabilmente era stata torturata a lungo, il che avrebbe chiarito il perchè della sua freddezza nei rapporti fisici.

  • C'erano Glenda, e Piton, e Stefan e quell'altro. Un prigioniero come me, ma sempre coperto in volto, e una pozione che bolliva, bolliva, bolliva. - Cissie strinse gli occhi, come a cercare di ricordare qualche dettaglio in più della scena – Mi hanno fatto un sacco di domande. Io non volevo rispondere, ve lo giuro, ma... -

La voce le si spezzò in gola. Therese le mise una mano sulla spalla, dolcemente, invogliandola ad andare avanti.

  • Lo sappiamo – mormorò – Non è colpa tua, tu sei una Babbana e loro sono maghi... -

  • Mi hanno torturata, mi hanno dato da bere il Veritaserum, e io non so fare Occlumanzia, non sono proprio capace. Io non volevo! - ripetè – Mi hanno chiesto cosa sapessi e a chi lo avessi detto e io ho fatto i vostri nomi. Non volevo dirlo, non volevo proprio. Mi credete? -

  • Certo che ti crediamo! - la rassicurai, sebbene fossi terrorizzata.

L'abbracciammo e lei si scostò ancora.

  • Mi fa male dappertutto. Quella Cruciatus... - ammise.

  • Chiederemo a Tom di preparare una pozione che ti faccia stare meglio. Ora dovresti riposare un po'. Che ne dici di andare a dormire nel letto di Tom? Per questa notte potrai stare qui. - propose Therese.

Cissie annuì, rassicurata dalla nostra comprensione e sollevata all'idea di avere una pozione curatrice. Appena toccò il cuscino cadde subito in un sonno profondo, stremata dagli avvenimenti degli ultimi giorni, per non dire mesi.

Io e Therese rimanemmo sedute sul ciglio del letto, in silenzio.

  • Glenda sa che noi sappiamo – sussurrai.

  • Glenda sa che noi sappiamo quello che sa Cissie – precisò Therese – e Cissie ora sa molto meno di noi. -

  • Ma è solo questione di tempo perchè Glenda scopra cosa sappiamo esattamente – le feci notare.

  • Non può farlo troppo esplicitamente: non vorrà mandare a monte il piano – replicò mia sorella.

  • Stefan non si è fatto problemi a farsi vedere con la bacchetta magica in mano. Glenda potrebbe anche accettare di mostrarsi per quella che è davvero, e ucciderci. - mormorai.

  • Per quello aspetterà la distruzione degli Horcrux, ne abbiamo già parlato – tagliò corto Therese – Piuttosto, è il caso di cercare gli Horcrux che ci mancano. La Coppa di Tassorosso, ad esempio. -

La guardai, in attesa del piano.

  • Si trova alla Gringott, nella camera blindata di Bellatrix. Non dev'essere difficile per noi entrarci – precisò.

  • Entrare alla Gringott, dici? No, è solo la banca più sicura del Mondo Magico. Sarà un gioco da ragazzi intrufolarsi nella camera blindata di Bellatrix – ironizzai.

  • Dimentichi che abbiamo Simon – mi ricordò.

  • Dimentichi che Simon non ti vuole più vedere perchè sei una Mangiamorte – ribattei.

  • Ma mi ama ancora – sorrise Therese – andrò da lui e gli dirò che sono innamorata di lui, gli chiederò scusa e poi gli chiederò di farmi un favore. Non potrà negarmelo, dopo che gli dirò che lo amo! -

  • Lo faresti davvero? - le chiesi, ammiccante.

Therese sorrise imbarazzata.

  • Lo faccio per la causa, naturalmente – disse precipitosamente – Se non fosse per quest'urgenza non mi verrebbe mai in mente di chiedergli scusa. -

  • Per la causa, certo... - sorrisi.

  • Per la causa, certo. - ribadì lei – Per dovere. -



L'Angolino delle Anticipazioni


  • La questione è abbastanza facile – esordì Therese – Sono innamorata di te e ho bisogno di un aiuto. -


*


  • L'etica della banca è estremamente rigida – borbottò Simon, rovistando nei cassetti – e non è facile trovare delle scappatoie ma esiste una possibilità. -


*


Sapevo che Bellatrix e Rodolphus erano molto ricchi, che erano i discendenti di due delle famiglie più nobili e ricche dell'intero Mondo Magico, eppure mi stupì vedere quella stanza traboccante d'oro.


*


  • Io vado a fare una passeggiata – borbottai, tra me e me.

  • A quest'ora? - mia sorella si sganciò da Simon, preoccupata.

  • Da sola? - soggiunse Simon, altrettanto confuso.

  
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