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Autore: topolinodelburro    29/01/2011    3 recensioni
Shinobu era consapevole di quanto quella carta fosse stupida, ma non riusciva a non stringerla spasmodicamente tra le mani. Di sicuro una volta giunto a casa se ne sarebbe liberato, o l'avrebbe fatto sua sorella al posto suo. Nel frattempo, rossa, spiegazzata, veniva osservata ogni tanto, di nascosto, giusto perchè Ephraim non si accorgesse che la stesse studiando forse un po' troppo rispetto a quanto avrebbe dovuto.[...]
Avrebbe potuto regalarla a Miyagi-san forse, probabilmente gli avrebbe portato fortuna; dopotutto era lui tra i due, quello che credeva ciecamente nell'astrologia.
[Seconda classificata al contest "le 22 stelle(multifandom)" indetto da souseiseki]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nuovo Personaggio, Shinobu Takatsuki , Yō Miyagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Probabilmente non erano state Le Stelle, ma non poteva dirlo con certezza.
Forse erano state solo sue supposizioni, e si era lasciato trasportare rovinandosi pezzetto per pezzetto, senza che nessuno potesse fermarlo.
In teoria, nemmeno gli astri della notte avrebbero potuto intervenire, perchè era vero, ciò che gli avevano insegnato, dalle stelle nascono le anime, ma in esse non si compiono di certo.
Stava rendendosi conto di aver ostacolato stupidamente il naturale svolgersi dell'avvenire.
Miyagi era stato sordo quella notte, a qualsiasi cosa.
Shinobu aveva pensato che fosse il destino che si prendesse una rivincita contro di lui.
Non c'erano Le Stelle, nè stelle, nè sfortuna.
Erano soli in due, immersi in bolle di disperazione, mentre si consumavano l'un l'altro senza mai toccarsi o riuscire a raggiungersi.
Erano così lontani, ma così vicini come in quei mesi non lo erano mai stati.
Miyagi lo prendeva rudemente, senza cura, non amore li invadeva, il sentimento s'era nascosto per paura. Shinobu lo accoglieva dentro, a fondo, e non avrebbe voluto.
Non sapeva se questo facesse di quella una violenza.
Non era riuscito a dormire. Il professore accanto a lui, si era già abbandonato al sonno.
Continuavano a ripassargli nella mente quei mesi, li riviveva, li sezionava e rielaborava.
Spostando stancamente lo sguardo al calendario nella penombra, poteva vedere che questo segnava l'inizio di Febbraio.
Ricordò che all'incirca un anno prima, in quello stesso periodo, aveva trovato quella carta, ed il pensiero delle Stelle lo avevano condizionato sino a deviare e rendere contorta e sbagliata ogni sua azione, lasciandolo illudere che ciò avvenisse per colpa di una sfortuna trascendente, mentre invece ne era lui l'unica causa.
Ed ora non distingueva più ciò che era dovuto, con ciò che era accidentale, non poteva crederci, davvero, non poteva credere di essere stato d'intralcio al suo destino, cercando inutilemente di sfuggire ad una carta.
Bhè, se il destino esisteva, dopo averlo ostacolato e dimenticato, di certo l'aveva pure perduto.
Fu grazie a questa consapevolezza che riuscì a mettere insieme le sue forze e flettere la colonna vertebrale fino ad arrivare in posizione seduta. Le sue mani passavano lente sul lenzuolo, accarezzandolo e lasciandovi dei piccoli segni.
Mosse le ginocchia, andando a sfiorare con un piede la gamba di Miyagi.
Decise che avrebbe dovuto alzarsi, almeno per la sua dignità, o per quella che ancora gli rimaneva, e per il suo orgoglio, che quello non gli mancava mai, tale da non permettergli di svegliare il professore per non umiliarsi. Aveva disgusto della su pietà.
In piedi, attraversò silenzioso la casa, erano passate le due del pomeriggio, il giorno s'era svegliato da prima di lui.
Quelle stanze gli sembravano estranee, non riconosceva nulla di quel luogo, nessun oggetto possedeva più un significato, in realtà qualcosa gli impediva di ricordare la sofferenza e la passione che aveva vissuto tra quelle mura.
Era stato un lungo anno, quello passato.
Accese i fornelli e riempì la caffettiera, ponendola sul fuoco. Preparava il caffè per Miyagi, ma non era una sua abitudine, voleva essere un grido, ed una frase, dolci scuse, e rivendicazioni. Voleva essere un insulto con quell'odore forte che sprigionava la bevanda, e che gli entrava nella testa, Shinobu in realtà voleva dirgli che l'amava, con tutto quello zucchero.
Spense la manopola del gas, versò il contenuto della moka nella tazza grande, e lo lasciò raffreddare in tavola, mentre si vestiva e raccoglieva in una borsa ciò che poteva servire.
Uscì di casa, si incamminò, l'aereoporto era vicino, avrebbe potuto farcela, a scappare.
Il caffè era già freddo, quando Miyagi si svegliò non trovando nessuno al suo fianco.
Shinobu era lontano, immerso tra la gente, l'andi-rivieni del terminal gli metteva il voltastomaco, si era scordato la sensazione di mobilità che gli davano quei luoghi.
Il tempo era tutto scandito da un fastidiozo ed incalzante ticchettare proggrammato, voci altoparlanti riempivano ogni silenzio lasciato vuoto dalle esclamazioni della massa. Non si era mai sentito così leggero prima d'allora, talmente tanto leggero da non possedere consistenza e materia. Gli sfuggiva il suo corpo, veniva spinto avanti, di lato, dagli altri, lui non aveva potere, e la confusione lo albergava, mentre si chiedeva cosa stesse facendo.
Già, stava cercando il suo destino.
Il cuore sobbalzò nel realizzare che lì, tra tutti i posti in cui avrebbe potuto cercare, di certo non l'avrebbe trovato. Stava vorticando tutto, gente che s'affaccendava, rumori ripetuti, il pavimento troppo liscio gli scappava dai piedi, ma che faceva? Si ritrovò al check-in ed in un baleno varcava il gate. Ed il tempo?
Prese a correre, ma non capì perchè. Qualcuno lo richiamò per questo.
E poi.
Poi era su quell'aereo. Guardava Sado dall'alto, era piccola.
Nubi di stelle la ricoprivano. Non ebbe paura nel guardarle.
Era finito, era tutto finito, questo lo capì, prima di addormentarsi.
Quando si svegliò, aveva solcato l'oceano, era il padrone del mondo.
L'Australia lo stava salutando dal suo oblò attraverso il quale guardava di sotto, gli era mancata.
Ora viveva nella stessa cittadina che aveva abbandonato al suo ritorno in Giappone, Ephraim era stato entusiasta di rivederlo. Gli aveva spiegato che aveva dovuto lasciare Sado a causa di una malattia che aveva colpito un membro della sua famiglia, si era scusato, erano tornati apposto.
Scoprì che il lavoro di fioraio gli piaceva, gli interessava tutto il regno vegetale in generale, passione questa che scoprì talmente forte da spingerlo ad iscriversi alla facoltà di botanica, nell'università di Sidney. Sembrava girare, la sua vita.
Aveva avuto notizie dalla sorella, alcune buone, altre meno.
L'omicida del padre era stato trovato, ed il caso era stato chiuso ed archiviato, definitivamente. La notizia che ad assassinare il signor Takatsuki era stato il maggiordomo lo lasciò prima interdetto, poi lo fece quasi ridere.
Anche il testamento, era ritornato negli archivi del notaio, il quale lo invitava a rientrare in Giappone il prima possibile, per riscuotere il suo dovuto. Rise, forse non l'avrebbe fatto, avrebbe abbandonato quattro monete in una tasca del cappotto e sarebbe vissuto di vita, assaporando la giornata, e lasciando che fosse il destino a girare per lui.
Ah, giusto, il destino; lo venne a trovare un giorno.
Era un mercoledì sera, si trovava a Sidney da mesi ormai, per via dell'università preferiva non spostarsi troppo. Ottobre lasciava le serate ancora calde, ed a Shinobu piaceva restare seduto nella veranda del suo appartamento in affitto.
Non lo diceva, ma guardava le stelle, sarebbe stata una cosa che si sarebbe portato dietro per tutta la vita.
Non si aspettava quello che vide.
Era un'automobile nota, nera, dai finestrini oscurati. Si morse le labbra quando lesse la targa, che la identificava originaria del Giappone.
Si alzò dalla seggiola a dondolo, aveva preso a sorridere come un'idiota. I piedi gli si mossero da soli, mentre anche Miyagi gli veniva incontro.
-Ehi baka- lo salutò -Avevi lasciato a casa questi-
Non seppe cosa, e che glie ne fregava poi? L'aveva baciato, e questo bastava.
Ok, ora era davvero apposto, e si era pure risparmiato una fatica immane.
Avete visto stelle, urlava dentro.
Era stato il destino che aveva trovato lui.
   
 
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