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Autore: Jade MacGrath    28/12/2005    2 recensioni
[incompleta](...)Guardava allo specchio quel riflesso estraneo. Il suo riflesso. Non avrebbe mai dimenticato la mattina del suo ventunesimo compleanno, in cui l’aveva visto per la prima volta. Un riflesso, che a giudicare dagli sguardi che aveva raccolto fino a quel momento, l’avrebbe probabilmente marchiata più del nome che il destino le aveva impedito di portare. Tremando, toccò la superficie liscia dello specchio, in corrispondenza della sua faccia. Strinse il pugno. E infranse lo specchio.(...)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Bellatrix Lestrange, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Lucius Malfoy, Luna Lovegood, Molly Weasley, Narcissa Malfoy, Nuovo personaggio, Pansy Parkinson, Rodolphus Lestrange, Ron Weasley, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hermione scese alla stazione di Hogsmeade quasi travolgendo i passeggeri che stavano scendendo di fronte a lei, e a passo di corsa si diresse verso il luogo dell’incontro

Hermione scese alla stazione di Hogsmeade quasi travolgendo i passeggeri che stavano scendendo di fronte a lei, e a passo di corsa si diresse verso il luogo dell’incontro. Molto astuto da parte di Ron, doveva ammetterlo, riutilizzare i vecchi Galeoni incantati del ES. Sapeva che sia lei che Harry li avevano tenuti a ricordo di quell’esperienza di cui, in un modo o nell’altro erano stati gli istigatori. Il cappuccio del mantello scivolò dalla testa, lasciando cadere sulle sue spalle i lunghi capelli biondi. Di solito stava molto attenta a non far notare molto il suo aspetto, ma tanto, che importanza aveva in quel momento? Arrivata nella piazza del borgo, si guardò intorno ma senza vedere nessuno dei suoi amici. In compenso tutti i passanti avevano visto lei. Hermione invece di gelarli con lo sguardo sorrise e salutò quelli che conosceva, che pur di evitarla si scapicollarono in modo molto comico.

“Ci faranno il callo, prima o poi.”

Silenzioso come un gatto, Harry le era arrivato alle spalle. Hermione sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Quante volte avrebbe voluto vederlo, parlargli, raccontargli tutto… e ora finalmente lui era lì accanto a lei. Hermione girò sui tacchi e lo abbracciò stretto, asciugandosi le lacrime.

“Non hai la minima idea di quanto tu mi sia mancato!”

“Vale anche per me. Ma dov’eri finita?”

“Oh, lo sai… un po’ qui e un po’ lì…”

Harry le guardò gli occhi umidi  e quasi ridendo le asciugò una lacrima “Piano con queste. Aspetta di rivedere Ron per scoppiare in lacrime, d’accordo?”

Hermione non ebbe cuore di contraddirlo. Fu guardando alle spalle dell’amico che si accorse di due facce familiari che si stavano avvicinando anche loro a passo sostenuto: Padma Patil e Ernie MacMillian.

Non li vedeva da quando si era ammalata di polmonite. Praticamente, una vita fa.

A differenza della sorella, Padma era meno incline a pettegolezzi e giudizi affrettati e lo dimostrò subito salutandola e abbracciandola, fregandosene degli sguardi degli altri. Ernie invece strinse la mano a lei e ad Harry, e fece la domanda che tutti stavano pensando.

“Avete una vaga idea di cosa Ron Weasley voglia esattamente da noi?”

“Neanche mezza” rispose Hermione, stringendosi nel suo mantello. “Spero che si muova però. Fa un freddo del diavolo.

“Ma come, una viaggiatrice esperta come te…”

“Sta zitto, Harry.”

“Ernie ha ragione” continuò Padma. “Insomma, ha scribacchiato qualcosa su Hogwarts e sul suo futuro anche a voi?”

Tutti annuirono, ed Hermione espresse i suoi dubbi al riguardo. Se la lettera aveva avuto il merito – o la colpa – di farla uscire dal suo nascondiglio, era stato per rivedere Ron che era lì in quel momento.

“Ron lavora al Ministero. Forse ha sentito qualcosa. Lo sappiamo tutti che il Ministero aspettava da una vita l’occasione di interferire ad Hogwarts.”

Interferire, Hermione?” replicò Ernie. “Molto di più. Il Ministero ora possiede Hogwarts. Ha insegnanti del Ministero, segue le regole dettate dal Ministero… è praticamente un feudo del Ministero.

“Io mi ricordo l’ultima volta che è successo qualcosa di simile. Non ne è venuto fuori niente di buono.

Harry e gli altri annuirono alla frase di Padma. Harry soprattutto ripensò alle cicatrici che ancora si vedevano sulla sua mano. Non aveva potuto nascondere una fitta di intensa felicità quando aveva sentito che la Umbridge era stata rinchiusa in manicomio. Era come aver avuto indirettamente vendetta per tutto quello che aveva dovuto passare quando era alla sua mercé.

“Beh, ora ne sapremo di più” disse Ernie, voltandosi e poi indicando qualcosa alle sue spalle. Gli altri guardarono e videro che aveva indicato Ron, che li stava raggiungendo a passo di corsa.

Non era cambiato molto dall’ultima volta che l’aveva visto Hermione. Era l’ennesima prova che lui era rimasto dov’era mentre lei, ma anche tutti gli altri, avevano raggiunto altri obbiettivi. Non si era mai sentita più felice di averlo mollato. Ron si guardò attorno come se si aspettasse di essere spiato, e salutò frettolosamente i suoi vecchi amici.

“Andiamo via, diamo troppo nell’occhio.”

“Ron, che hai? Sembri nervoso.”

“Sono nervoso, Padma, e lo sarete anche voi appena avrete visto… Andiamo dentro ai Tre Manici di Scopa, nessuno farà caso a noi…”

“Spiacente di contraddirti, Ron, ma temo che a me faranno molto caso” disse Hermione.

Solo allora Ron diede segno d’aver notato il cambiamento fisico di Hermione, rimanendo a bocca aperta e con gli occhi spalancati.

“Sant’Iddio del cielo, ma che hai fatto?”

“Io niente, ma… senti, è una storia lunga e oserei dire anche un po’ spiacevole. Troviamoci un posto più discreto, e parliamo. Che hai da dirci su Hogwarts? Il suo futuro è col Ministero, ormai. Che possiamo farci noi?”

“Cosa possiamo farci? Tante cose. E ora andiamo, camminiamo un po’. Troviamo un posto lontano da sguardi indiscreti e vedrò di spiegarvi la situazione.

Hermione si rimise il cappuccio in testa, seguita dagli altri, e si diressero verso i confini della città

Dritti verso la Testa di Porco.

La locanda era come sempre frequentata da brutti ceffi e da altri che preferivano trattare affari poco leciti senza orecchie troppo curiose intorno. Hermione fece per levarsi il mantello, ma poi decise invece di tenerlo, memore di quanto fosse facile che lì ci fossero spie del suo nuovo signore… era stupido, perché sicuramente avrebbe dovuto fare molto di meglio per tenere celata la sua partecipazione a quel gruppo, ma comunque la faceva sentire calma e tanto bastava. Fu lei a rivolgersi al barista e a domandare una saletta dove poter parlare, e l’uomo acconsentì di buon grado, soprattutto soppesando la manciata di Galeoni che Hermione gli fece scivolare sul bancone lurido.

Una volta al piano di sopra, dopo aver reso imperturbabile la porta, Hermione, Harry Ron, Padma ed Ernie si sedettero intorno ad un tavolo, e Ron tirò fuori la lettera che aveva innescato tutto questo.

“Egregio Ministro” lesse Ron “vi scrivo questa lettera – che le arriverà in quello che temo sarà il primo anniversario della distruzione di Hogwarts per mano dei Mangiamorte – per comunicarle quali sono le mie volontà, in quanto preside uscente, per la scuola che ho diretto fino a questo giorno. Si domanderà forse perché questa lettera non le sia arrivata subito, ma la risposta è semplice. Volevo essere certo che chi ho designato come successori avesse il tempo di ultimare ritornare nel paese dove appartengono, come nel caso di Hermione Granger ed Harry Potter. O di ultimare le loro ricerche, come nel caso di Padma Patil e Ernie MacMillian. O di capire…” e qui Ron si interruppe, prendendo un respiro profondo “o di capire, come nel caso di Ron Weasley, che non sempre la strada che si ritiene di dover seguire sia anche quella più giusta. Non ho mai ritenuto la Divinazione una scienza esatta… ma non posso nemmeno ignorare quanto mi è stato rivelato, anche perché sono certo sarà la scelta migliore per Hogwarts, affidarla ad alcuni dei suoi migliori ex alunni...”

“Un momento” interruppe Ernie.” Significa quello che penso?”

Nessuno dei presenti osò parlare, limitandosi a studiare le facce altrui con sguardi perplessi. Hermione soprattutto ripensava all’ultima frase. Non considero la divinazione una scienza esatta ma non posso nemmeno ignorare ciò che mi è stato rivelato… Solo un nome le veniva in mente, ed era quello di Michelle Silenius. Nel suo anno di cattività francese si era spesso domandata che fine avesse fatto. Se si fosse ripresa da quello che aveva passato.

Non sapeva che mentre lei e i suoi amici stavano discutendo di un’eredità che poteva sconvolgere le loro vite, Michelle stava cercando di fare i bagagli più in fretta che poteva.

Avrebbe seguito il consiglio di Raven. Doveva fuggire, il più lontano possibile. Non doveva morire, non ora… e al diavolo il suo destino di Veggente. Lo aveva mandato al diavolo il giorno in cui aveva realizzato che il Mangiamorte che le aveva usato violenza, l’aveva anche lasciata incinta. Non aveva avuto la forza di liberarsi del bambino, certa che dopotutto, c’era uno motivo per ogni cosa. E ora la sua bellissima bambina di due mesi, Deirdre, dormiva nella sua culla. Era a lei che doveva pensare, a non lasciarla orfana. La sola cosa che voleva evitare più di lasciarla da sola, era lasciarla alla mercé di suo padre.

Eppure…

Cercò di cancellare dalla sua testa i brutti presagi per l’ennesima volta, e presa la bambina si affrettò per andarsene dalla casa dove si nascondeva. Si pietrificò sulle scale, e sentì il suo cuore fermarsi.

Il suo persecutore era immobile nell’entrata, e la stava fissando. Gli occhi la lasciarono per un istante, posandosi sulla neonata, e poi ritornarono su di lei. Michelle d’istinto strinse la piccola più forte a sé.

“Sai, mi domandavo cosa ti fosse successo. Ora vedo che i miei sospetti erano giusti.

“Spiacente di deluderti. È una femmina… che delusione, suppongo.

“Dammi mia figlia, Michelle.”

“Mai. Dovrai…”

L’uomo rise divertito “Cosa, Michelle? Dovrò prima ucciderti? Tu neanche sai quanto mi stai rendendo le cose facili.”

Troppo tardi Michelle si rese conto dei passi dietro di lei, e della corda che due mani le stavano tendendo contro la gola, soffocandola.

Lucius salì lentamente le scale, dove Rabastan stava svolgendo con perizia il suo incarico, e prese la piccola dalle braccia della donna.

“Non preoccuparti. Se solo sapessi che grandi progetti ho per lei…”

Michelle boccheggiava inutilmente per l’aria, con gli occhi sbarrati, una mano protesa verso la sua piccola e l’altra che cercava di afferrare la corda che la stava soffocando. L’ultima cosa che vide prima di morire fu Lucius voltarsi e andarsene con sua figlia. Lo sentì chiamarla Elizabeth, come quella figlia che, disse alla piccola, non aveva mai avuto da Narcissa, la sua nuova madre…

No, non fu l’ultima. L’ultima cosa che realmente vide prima di morire fu una visione.

Una visione, che la lasciò col sorriso sulle labbra… un sorriso che Rabastan, prima di Smaterializzarsi, fissò perplesso per lungo tempo.

 

***

 

Hermione e gli altri si erano mossi dal pub, diretti a piedi verso Hogwarts. Nessuno aveva detto una parola da quando Ron aveva finito di leggere il testamento di Silente. Nessuno sapeva esattamente che dire al riguardo.

Avevano a malapena ventidue anni, come si poteva pretendere che potessero governare una scuola tanto antica e complessa come Hogwarts? Nessuno di loro si sentiva all’altezza dei loro vecchi, defunti professori. Forse il Ministero aveva avuto ragione a tenerli all’oscuro. Forse.

Hermione non poteva far a meno di ricordare quando un anno prima stava lei stesa camminando per quella strada, in senso opposto. Poteva ancora dire con esattezza dove aveva incontrato quel Mangiamorte. Dove lo aveva ucciso senza pensarci due volte, e con una prontezza di riflessi che la faceva rabbrividire. Senza rendersene conto sfiorò la fasciatura sul braccio – il Marchio Nero – e si domandò perché nessuno dei Mangiamorte fosse già venuto a fargliela pagare. Aveva disertato, dopotutto. Era strano. E lasciava presagire solo il peggio.

Il Preside di Hogwarts li accolse con cortesia, e si bevve la balla che Harry gli raccontò, ovvero che erano venuti a visitare la scuola e la tomba di Silente sull’onda della nostalgia che aveva scatenato il loro incontro ‘casuale’ in Hogsmeade. Li lasciò liberi di girare, ma quando Harry gli chiese perché non li avesse ricevuti nell’ufficio del Preside, l’uomo perse per qualche istante l’aura serena.

“Ci abbiamo provato, ma quel gargoyle continua a ripetere che non sono il legittimo preside. Non è possibile rimuoverlo o costringerlo a cedere il passo, così ho preferito avere un ufficio da un’altra parte. Quello che apparteneva a Silente credo rimarrà sigillato in eterno.”

“Di solito la parola d’ordine è un dolciume in vendita da Mielandia. Li avete già provati?” domandò Harry innocentemente.

“Tutto il repertorio. E tutti i nomi di stelle, di esseri mitologici, di persone che Silente conosceva e non conosceva… Niente.

“Lo sa com’era Silente” disse Hermione. “Era molto avvezzo a fare tutto a modo suo.

Non aveva avuto l’intenzione di fare del sarcasmo, ma osservando le facce di Padma e Ernie si rese conto che inconsapevolmente l’aveva fatto. Ormai era una cosa che le veniva naturale.

“Per lei va bene se facciamo un giro?” domandò Padma.

“Certo, ragazzi. Questa scuola non è cambiata molto… grazie a Dio non è stata rasa al suolo.

Appena il Preside si fu allontanato, Harry e gli altri andarono per vie traverse fino al gargoyle che nascondeva l’accesso all’ufficio del Preside.

“Se Silente ci voleva qui, probabilmente la parola d’ordine la conosciamo” disse Ron. “Peccato non abbia la minima idea di cosa o chi sia.”

“Ron, tira di nuovo fuori la lettera” mormorò Harry. “Forse c’è qualcosa…”

“Forse… la sto buttando lì, ma non potrebbero essere i nostri nomi?” domandò Ernie.

“Hanno già provato con le persone che Silente conosceva… ma riprovare non costa nulla, no?”

Ma non erano quelle le parole che il gargoyle voleva sentire.

Tutti si stavano guardando con aria perplessa, cercando in quella lettera un indizio qualsiasi, quando Hermione mossa da ispirazione improvvisa si avvicinò alla statua. Stava per pronunciare il nome di Michelle, quando si fermò, e al suo posto pronunciò il motto latino della famiglia Silenius. Lo conosceva da anni. La piccola ma preziosa rappresentazione dello stemma e del motto campeggiava da sempre sopra una libreria alle spalle della scrivania di Anara Silenius, nell’ufficio che lei aveva avuto modo di frequentare molto, a suo tempo.

Il gargoyle si fece finalmente da parte, mostrando la scala.

“Il motto di famiglia. Intelligente… nessuno avrebbe pensato a questo. Blasoni e motti ormai sono caduti principalmente in disuso.

“Non è il motto di Silente. Appartiene ad un’altra famiglia… e in effetti mi domando come mai… beh, ci penseremo più tardi. Saliamo, e non facciamoci vedere.”

“Già. Non ho proprio voglia di dover dare spiegazioni.

Mentre salivano, Padma domandò a Hermione a quale famiglia appartenesse il motto che aveva aperto loro le porte, ed Hermione rispose che era della famiglia Silenius.

“La mia Preside di Facoltà era Anara Silenius. Sua figlia Michelle era tirocinante della Cooman… ma lei ha davvero la Vista. Mi ha fatto le carte… è stato impressionante vedere una vera Veggente al lavoro.

“E che ti ha detto? Calì mi ha sempre detto che tu non ami la Divinazione!”

“Niente che non sapessi già… e delle cose molto improbabili che avvengano” aggiunse quasi sottovoce Hermione, dicendolo più a sé stessa che agli altri.

L’ufficio di Silente, rimasto miracolosamente intatto e inviolato, conteneva ancora tutti gli strani marchingegni cari al vecchio mago, sebbene ora fossero tutti ricoperti da uno spesso strato di polvere. I ritratti dei maghi e delle streghe dormienti avevano ragnatele che li univano da un lato all’altro della stanza, ma eccetto questi segni di lungo disuso, era esattamente come Harry, Ron ed Hermione lo ricordavano. Era ancora strano però essere in quel posto, e non vederci Silente.

“Bene” disse Ernie guardandosi intorno, per rompere il ghiaccio “Siamo entrati Vuol dire che è realmente noi che Silente vuole… voleva qui.”

“Già” commentò laconicamente Padma, guardando a terra. Harry mosse qualche passo per avvicinarsi alla scrivania di Silente, e Hermione iniziò a fissare i ritratti. Come loro solito, erano tutti svegli. Poteva dire con certezza di averne scorti un paio che la stavano occhieggiando con grande curiosità da dietro le palpebre socchiuse.

Hermione fece un inchino, rivolta a tutti i quadri della sala, e si presentò.

“Signori… Signore… mi chiamo Hermione Granger, e Silente mi ha designato tra gli eredi della sua scuola.

I ritratti smisero subito di fingere di dormire, e le fecero un cenno di saluto. Gli altri la imitarono e si presentarono anche loro.

“Silente ci disse che aveva scritto una lettera per il ministero con i nomi dei suoi eredi, ma non ci aveva detto chi… anche se un nome era ovvio” disse una strega con i colori di Grifondoro, occhieggiando benevolmente Harry.

Molti nomi erano ovvi, Grimelda” disse un mago dalla voce possente, con in mano una pesante mazza di legno.

“Sempre a puntualizzare l’ovvio, Walden…”

“Non vedo nessun Serpeverde” disse Phineas Nigellus Black, vecchia conoscenza di Harry “E fin troppi Grifondoro. Non mi pare giusto che Silente continui a influenzare questa scuola anche dalla tomba.

“Solo perché nel corpo docenti attuale ci sono dei Serpeverde non significa che siano anche…”

E questo diede inizio ad una disputa tra i vecchi e le vecchie Presidi di Hogwarts, ognuno molto pronto a difendere la propria casa e a dare addosso alle altre.

Quando Hermione, stanca delle urla, stava per urlare basta, una strega dai ritratti lo fece per lei.

“Basta! Per l’amor del cielo, un po’ di contegno! Io venivo da Serpeverde e ho diretto Grifondoro. E allora? Non mi risulta di aver portato la Casa alla rovina! Quindi per favore smettiamola!”

Hermione si levò tanto di cappello di fronte alla strega, che aveva detto all’inizio e alla fine esattamente quello che avrebbe voluto dire lei. La strega in questione aveva capelli rosso scuro e grandi occhi verdi, oltre che un’aria familiare… e sebbene avesse detto di aver diretto Grifondoro, i suoi abiti avevano i colori di Serpeverde.

“Come vuoi tu, Judith” disse Phineas senza molta convinzione, seguito dagli altri.

Fu quando finalmente si voltò a guardare Harry, che si rese conto che l’amico era sbiancato. Riguardò Judith, e alla fine ricordò a chi assomigliava. A Lily Potter, e andando un po’ più indietro a Alice Morgaine Shaw. Ma quando si avvicinò a vedere il nome inciso nella cornice, fu il suo turno di sbiancare.

Il nome inciso era Judith Elaine Rosier. Colta di sorpresa, non si accorse che Judith la stava fissando con interesse, avendo notato lei stessa una certa somiglianza in due dei cinque ragazzi entrati nell’ufficio.

“Bene, sono lieta di vedervi. Non capita tutti i giorni di avere alla mia presenza i discendenti più giovani dei due rami della famiglia. Hermione Granger Rosier e Harry Potter. Quegli occhi verdi sono retaggio della nostra famiglia, non ci si può sbagliare.

Harry e Hermione si guardarono con aria strana.

“Come, non sapevate di essere cugini?”

Entrambi scossero la testa, e da una rapida occhiata in giro si resero conto che era una cosa che non sapeva nessuno. Harry stranamente trovò la cosa piacevole. C’era stato un tempo in cui chiunque ne sapeva più di lui sulla sua vita, era felice che quel tempo fosse finito.

Hermione tornò a sfiorarsi il braccio, cercando di mascherare l’espressione cupa che aveva in viso. Ecco una delle ragioni per cui era ancora viva. Volevano il suo cervello, e lo sapeva. Ma più ancora, sapevano a differenza di lei quanto fosse stretto il legame tra lei e Harry, più stretto di quanto lei avrebbe mai potuto supporre.

 

Lasciato l’ufficio, ognuno vagò per la scuola gironzolando per i vari dipartimenti che sarebbero diventati di loro competenza. Hermione fu l’unica a scendere nei sotterranei dove si trovavano l’ufficio dell’insegnante di Pozioni e la classe. E guardandosi intorno si rese conto di essere l’unica da molto tempo a scendere laggiù. Un avviso appeso alla porta dell’ufficio comunicava che l’insegnante di Pozioni aveva spostato ufficio e classe in un’altra parte del castello più calda e meno lugubre. Ovviamente non aveva usato quelle precise parole, ma il senso era quello.

Per prima cosa Hermione entrò nella vecchia aula. Non sapeva esattamente cosa aspettarsi, ma l’aria di abbandono la colpì profondamente. Lei lì dentro ci aveva gioito e sofferto, e ora sembrava aver perso quello che la rendeva speciale. Poi pensò che doveva essere perché era morto suo zio. Lui aveva vissuto per quel lavoro.

Hermione sospirò. Non avrebbe mai pensato di poterlo dire, ma pensare a quell’uomo, sapere che era suo zio, e sapere anche di non averlo mai potuto conoscere in tal senso…

Basta. Trovarsi in quel luogo, avere quei pensieri, era semplicemente troppo. Aveva faticato a ritrovare un minimo di equilibrio, non voleva lasciarsi andare.

Visto che si trovava lì, visitò anche il suo ufficio. Le venne da sorridere. Ne aveva passate di ore lì dentro, a fargli da schiava. La studiosa in lei si domandò se ora che lui non c’era più poteva accampare diritti sulla sua collezione privata di testi di pozioni, che aveva tanto avidamente bramato durante il tirocinio. Certo che posso, si disse, sono la sua unica parente in vita!

Afferrò un libro, impaziente di sfogliarlo, quando a terra cadde una pergamena piegata . Hermione si chinò a raccoglierla, e una volta aperta riconobbe la scrittura di Severus Piton.

Era una lettera indirizzata a lei, nascosta nell’unico posto dove era sicuro che lei e solo lei l’avrebbe trovata, assieme ad un minuscolo involto di stoffa che conteneva una collana d'argento a forma di serpente, con due smeraldi per occhi.

 

Hermione,

se stai leggendo questa lettera significa che io sono morto. Se per mano mia, dell’Oscuro Signore o per colpa del male che mi sta mangiando vivo ormai da qualche anno, solo tu ora lo sai. Voglio dirti una cosa: sei stata un vero tormento per il sottoscritto. Quella tua dannata mania di sapere sempre tutto ti ha fatto rischiare di non arrivare a prendere il diploma viva, meglio che tu lo sappia! Ma, ad ogni modo, sono stato un vero imbecille (ovviamente quanto ho appena scritto non uscirà da questa pergamena) a non rendermi conto per sette anni, anzi, quasi otto, di quanto tu assomigliassi a mia sorella Annabeth. E come te, lei era insopportabile, saccente e pronta a rischiare tutto per le persone che amava. Perfino la vita.

Questa collana non è un regalo, è solo parte dell’eredità che volontariamente voglio darti (il resto è solo perché sei l’ultima erede rimasta sia dei Rosier che dei Piton, non certo per altri motivi): era di Annabeth, e lei l’ha regalata a mia moglie Chloris il giorno del nostro matrimonio. Chloris è morta due anni prima della caduta di Voldemort. Mi hanno fatto credere che avesse scoperto il fatto che ero un Mangiamorte e che si fosse suicidata, ma non è andata così. Ho scoperto solo per caso, qualche mese più tardi, che è stato Voldemort a ordinare il suo assassinio… e questo è stato il motivo per cui sono tornato dalla parte di Silente. Chloris nonostante le sue origini e l’avere parte della famiglia nelle schiere di Voldemort credeva abbastanza in quello che Silente predicava, ed è morta piuttosto che piegarsi all’Oscuro Signore.

Concludendo, ho appena saputo che Silente con un atto di demenza senile ha deciso di nominare come eredi di Hogwarts, oltre  te, Harry Potter, Ronald Weasley, Padma Patil e Ernie MacMillian. Nessuno di quei mocciosi arroganti si dovrà MAI, e dico MAI avvicinare al MIO ufficio, al MIO laboratorio e soprattutto ALLA MIA CASA. Se li vorrai, li lascio a te. Non portarli alla rovina.

Severus Piton

 

Che si poteva dire dopo aver letto una tale missiva?

Hermione rimise la lettera dentro il libro, ma non rimise il libro nello scaffale. Stringendolo al petto, percorse i corridoi fino a ritrovare i suoi amici, e tutti ritornarono di soppiatto nell’ufficio di Silente.

Dalle espressioni sulle loro facce, era chiaro che i dubbi erano spariti. Erano giovani, ma non voleva dire che non avrebbero potuto farcela. Discussero ancora un poco, su come far sapere al Ministero che sapevano la verità, poi si dedicarono a decidere chi dovesse essere il Preside.

Beh, per tutti puntare il dito contro Harry fu questione di qualche secondo, come lo fu con Hermione quando si trattò di scegliere una vicepreside. Rimanevano da decidere i capi delle Case. Lì era una scelta meno ovvia. Se Ernie e Padma sarebbero stati a capo di Tassorosso e Corvonero, chi sarebbe andato a Grifondoro e chi a Serpeverde?

Fu in quel momento che Hermione, stringendo forte a sé libro e lettera, disse che da quel momento lei sarebbe stata la nuova professoressa di Pozioni e capo di Serpeverde.

  
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