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Autore: _Dubhe    02/02/2011    6 recensioni
«Non mi piacciono gli indovinelli, mezzosangue, e neppure le conversazioni abbozzate tra un balletto e l’altro.. – sorrise, vedendola arrossire - ..mi piacerebbe proseguire questa conversazione in privato, vuoi? Domani sera alle nove, a Malfoy Manor. Non dovresti avere difficoltà nel trovarla, no?»
«Cosa ti fa credere che accetterò un tuo invito, Malfoy? – sputò velenosa lei – Il tuo fascino o la tua spudorata e immotivata arroganza?»
«Il ricatto, Granger. – rispose semplicemente lui..
***
Un ricatto, 8 Metalli, i tranelli di un Malfoy e la fierezza di una paladina della II Guerra Magica, costretta a vivere come una babbana dalle nuove leggi della Corte. Cosa nasconde Malfoy dietro il mistero delle Fiale e dei Metalli? A cosa porterà la sua ricerca? E lei, riuscirà a resistere al suo ricatto? E lui, riuscirà a resistere a Hermione Granger?
Una storia ricca di colpi di scena, sorprese e misteri ancora da svelare. Draco/Herm la ship principale. Buona lettura!
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Your blackmail, My downfall. Vol 1
***
 Capitolo IV:

the second one: Luran
 

«No, perché sei tu, tu tu e ancora e soltanto tu la colpa di tutto! Non lo vedi come mi tratti? Un’offesa dopo un’altra, un fraintendimento dopo l’altro. Non sono altro che il tuo giocattolino, oramai, buono tra le lenzuola e praticamente inutile fuori dal letto. Che cosa direbbe il tuo caro amico Harry? Non passi forse più tempo con lui che a casa? Cosa dovrei pensare, che la sua compagnia ti è più gradita della mia? La tua fidanzata, Ronald! Sono la tua stramaledettissima fidanzata, vuoi ficcartelo in quel cervello? O ti si è ristretto alla grandezza di un boccino e non riesci più a pensare? Per Merlino, cosa diamine.. »

«Sei fuori di testa.. non sei in grado di ragionare.. calmati e ne riparleremo quando sarai a mente fresca..»

«Non osare! Tu, maledetto Troll! Non osare!!!»

Ma era tardi. Il rosso si era già smaterializzato con un sonoro ‘pop’, lasciandola da sola. La mora si accasciò per terra, il volto rosso dal pianto fra le mani, e lasciò che le lacrime scivolassero piano lungo le sue guance, come un fiume in piena nel bel mezzo del disgelo, irrefrenabili e interminabili. Ancora, gli aveva permesso ancora una volta di ridurla in quello stato. E poi, come se non bastasse, non era riuscita a risolvere la situazione, permettendogli per l’ennesima volta di scappare e nascondersi dall’amico, ancora. Maledetto il giorno in cui aveva deciso di trasferirsi a vivere con Ronald Weasley, maledetto il giorno in cui aveva acconsentito a fidanzarsi con lui e gli aveva promesso di sposarlo. Non si era neppure resa conto, all’inizio, di quale terribile errore avesse commesso, con quel piccolo ed insignificante monosillabo. Gli uomini sono confetti, quando devono corteggiare una ragazza ma, una volta che l’hanno conquistata e ci hanno attaccato sopra un cartello con su scritto ‘proprietà privata’, tutto inevitabilmente cambia: le carezze, i sorrisi, le gioie, i piccoli piaceri insignificanti del giorno e della notte diventano abitudini o, peggio, ricordi.

Erano mesi ormai che non poteva sentirsi appagata, nella sua relazione, erano mesi che sentiva un macigno all’altezza del petto, che l’opprimeva e non la lasciava respirare quasi per niente. Non che Ron avesse qualcosa di sbagliato – lungi da lei dall’accusarlo di una qualche colpa! – ma era la situazione a non andare: ormai pretendevano cose diverse, volevano cose diverse e vivevano situazioni diverse. Non erano più i ragazzini che avevano sfidato e sconfitto l’Oscuro, non erano più adolescenti con sogni e speranze da realizzare, erano cresciuti, erano diventati adulti e, con la maggiore età, avevano messo da parte le illusioni e i desideri in un cassetto. Il magico Trio era diventato leggenda e, con quest’ultima, erano diventati anche leggendari i tempi in cui ancora potevano capirsi con uno sguardo o con un sorriso. Lei, se chiudeva gli occhi, vedeva ancora con estrema precisione quella notte, in cui aveva fiorato le labbra di Ron per la prima volta, in cui aveva sentito il calore del suo corpo e la ferrea stretta del suo abbraccio, poteva ancora dire cosa aveva provato e come quella corrente elettrica le avesse percorso la schiena, in un’unica e fulminea scossa di adrenalina e passione pura. Ma, adesso, dov’erano quei sentimenti, dov’era la passione, l’ardore, l’adrenalina? Dov’era il loro amore? Non c’era più, era diventato leggenda esattamente come loro. Lei era l’eroina del Mondo Magico – sfrattata dal Ministero e certamente parecchio danneggiata, ma restava pur sempre un’icona e un’eroina a tutti gli effetti; e malgrado questo, si sentiva incompleta, vuota: quei volti  e quel mondo che un tempo avevano significato tutto per lei stavano pian piano sfuocandosi sempre di più, mentre i confini di quel mondo divenivano sempre meno nitidi e più grigi. Non era dovuto alla Legge Magica in vigore, al Ministero o alla quotidianità: quel senso di disagio era dettato da un unico fattore, l’unico su cui la società e il pubblico non potessero influire, la sua vita privata – ergo, Ronald.

Quella notte, per la trilionesima volta, si era alzato dal letto dopo che avevano fatto l’amore. Era stato bello, certo, ma come sempre quel momento di intimità  che li legava si era concluso troppo in fretta e lui, senza nemmeno aspettare di riprendere fiato, si era alzato, rimettendosi i boxer e i pantaloni, per poi andare in cucina. A fare cosa? Se vuoi bere, mangiare o cagare puoi benissimo farlo nudo  e tornare dalla tua fidanzata a letto, puoi benissimo dormire stringendola accanto a te, non allontanarti e sparire. Perché comportarsi così, perché? Lei aveva gridato, piangendo, supplicando una spiegazione, lui come sempre non gliel’aveva data, l’aveva anzi guardata con pietà – come a dire che di lei non gliene poteva importare di meno, o almeno non in quel momento – e da vigliacco qual’era, aveva fatto l’unica mossa che poteva fare: si era smaterializzato, per andare o da Harry o da Molly. Povera Molly, anche per lei non doveva poi essere tanto facile gestire quella situazione che – come Ginny le aveva confidato un tempo, prima che il gelo scendesse anche nel loro rapporto – non sapeva spiegarsi, temendo sempre di perdere una nuora così gradita e vedere il figlio invecchiare alcolizzato sul divano.

Fosse per me, non ci arriverebbe vivo su quel maledettissimo divano – con tutto il rispetto per la Tana!!

Già, Ginny. Non aveva avuto il cuore o la voglia di raccontare quello che aveva visto a Malfoy Manor né a Harry né a Ron: al primo perché le si spezzava il cuore a rivelare al suo migliore amico che sua moglie lo stava tradendo, al secondo perché non solo non gliene importava ma anche perché non si sentiva abbastanza disposta a parlagli di cose così intime. Come poteva essere mai possibile? E lei, Ginevra Molly Weasley, come aveva potuto tradire suo marito, il suo amato marito, Harry, per un serpeverde privo di spina dorsale – bello come un dio, senza dubbio, ma comunque un pesce lesso e un cretino, proprio come tutti quelli che sfoggiavano i colori verde argento!
Rimase in quella posizione raggomitolata per un bel pezzo, sperando in una sequenza di cose che, una volta non avverata, la fece sentire soltanto peggio: primo, Ron non era tornato per consolarla; secondo, Ginevra non aveva chiamato per spiegarle nulla; terzo, il sonno non le era venuto in soccorso ed era rimasta a piangere sul tappeto, raggomitolata in posizione fetale e tremendamente patetica.
L’arrivo di un messaggio le accese una speranza, quasi come se fosse l’unica ancora di salvezza a cui aggrapparsi per non cadere nel baratro del dolore; lei lo afferrò, sperando che, chiunque fosse, avesse il potere di risollevarle il morale: Ron, Ginevra, persino sua madre con le sue continue prediche e raccomandazioni sarebbe stata particolarmente gradita. Ma non era nessuno di loro. Era un numero sconosciuto, per aveva già avuto la sfortuna di vedere e, altrettanto facilmente riconoscere dal testo: Io chiamo, tu arrivi. Ah, non poteva cambiare slogan! Stava diventando talmente stressante! E poi erano esattamente le sei di mattina – se l’orologio sul caminetto segnava l’ora giusta, non era propriamente un orario decente a cui chiamare la gente, aveva una vita privata, lei! Oddio, appesa alla punta della Bacchetta, ma ce l’aveva per la miseria! Non era mica una di quelle sciacquette che lui poteva permettersi di chiamare, giorno e notte, per il suo desiderio personale. Erano rapporti di lavoro, i loro!

Troppo furiosa per ricordare di darsi una ripulita o una sistematina, Hermione si infilò un paio di jeans e un maglioncino scuro, stivali e un cappotto – le prime cose che era riuscita a trovata in giro per casa. Il cellulare in tasca, la bacchetta nell’altra, girò su se stessa, pensando a Malfoy e alla prima domanda che gli avrebbe fatto, una volta che l’avrebbe avuto a portata di tiro: come diavolo faceva a conoscere il suo numero di cellulare? E, meglio ancora, come diavolo sapeva usarlo un cellulare?

***

Il giovane Malfoy stava ancora sistemando gli ultimi affari con Armando, quando le sue dita affusolate scrissero veloci poche e significative parole con quell’apparecchio babbano che chiamavano “cellulare”. Una volta Armando aveva cercato di spiegargliene il funzionamento, con tanto di “fili elettrici” “connettività” e robaccia simile, ma l’unica cosa che aveva capito era anche l’unica a essergli poi realmente servita: digiti le parole, il numero, mandi invia, e dall’altra parte – qualcun altro con un apparecchio simile – riceve la tua comunicazione. I maghi non usavano simili mezzi da quattro soldi – e, anche se lo facevano, non tendevano certo a sbandierarlo ai quattro venti, diversamente da lui invece, che aveva acconsentito ad un simili sistema per potersi mettere in contatto con Armando ogni qualvolta ce ne fosse bisogno: perché – altra magia – con quel coso si poteva anche comunicare a distanza, parlare insomma, quindi in breve si poteva risparmiare una materializzazione. Adesso poi, con la ricerca e la Granger e il resto, quel coso gli era parso come mai utilissimo: anche la mora ne possedeva uno e, in questo modo, poteva comandarla a bacchetta anche a distanza. Era una cosa grandiosa!

Armando gli mostrò gli ultimi documenti, che necessitavano soltanto la firma del giovane Slytherin. «Una volta firmati, saranno in piena regola e potrete stare tranquillo. Ho svolto tutto nel massimo della riservatezza ma anche della legalità: nessun Ispettore, babbano o mago, potrà trovare nulla di strano.»

«E anche se così fosse.. – aggiunse distratto il giovane, sfogliando il fascicolo con aria interessata - ..potremo sempre ricorrere al vecchio sistema: un Oblivion piazzato come si deve. E, mi raccomando: la Granger non dovrà mai scoprire chi è lei. Non voglio che creda che intrattengo rapporti con..»

Si schiarì la voce, aggiustandosi il colletto e chiudendo il fascicolo con uno scatto, per poi firmarlo con una piuma apparsa dal nulla. Firmò con la sua calligrafia sinuosa e consegnò i fogli all’uomo, guardandolo dritto negli occhi. Chiunque altro avrebbe considerato quella un’offesa bella e buona, ma Pellwan non aveva dato segno di avervi colto un riferimento implicito o un insulto: malgrado non fosse altro che un dipendente, aveva visto Draco crescere, diventare un uomo. Aveva visto, con il tempo, qual’era la sua vera indole e l’aveva compresa, fino in fondo, comprendendo con questo anche il peso che lui attribuiva all’immagine di “Draco” e, dall’altra parte, in pubblico, quella di “Malfoy”. Per lui era inevitabile continuare ad essere impeccabile, perfetto, davanti ai maghi, come ogni Black e ogni Malfoy era stato prima di lui, valoroso, coraggioso e perfetto. Ma lui non era come loro, era infinitamente migliore, sia come uomo che come mago, ed era per questo che sapeva altrettanto bene che quelle parole non erano dettate dal disprezzo ma dal vano tentativo di proteggere entrambi. Perdendo visibilità Draco avrebbe perso potere, perdendo potere avrebbe perduto anche il suo denaro e con quello qualsiasi influenza, cosa che non poteva assolutamente verificarsi.

L’uomo sorrise, con un ceno del capo per salutarlo. Proprio mentre si stava congedando, con un piccolo rumore, apparve sulla soglia una ragazza: non doveva avere più degli anni che lo stesso Draco dimostrava, era di media altezza e con una chioma castano chiaro, in perfetta armonia con gli occhi. L’uomo rivolse al suo superiore uno sguardo di scuse – capendo perfettamente che quella ragazza era la ragazza, e non avrebbe dovuto vederlo – e si smaterializzò.

Il biondo si ricompose in un attimo, senza lasciar trapelare il lieve fastidio che aveva provato nel vedere la ragazza comparirgli in casa, senza avviso: i suoi affari privati con Pellwan non erano un qualcosa che la dovesse riguardare. Dal canto suo, la ragazza, aveva fiutato fin da subito qualcosa che non andava, in quella stanza: il modo in cui quell’uomo l’aveva guardata, quasi come se la conoscesse, il modo in cui si era smaterializzato, in fretta e furia, e lo sguardo dello Slytherin, indecifrabile eppure così freddo. Maledizione, poteva finirla con quelle scenate?

«Chi diamine era quell’uomo?» «Come diamine hai fatto ad arrivare così velocemente, Granger?»

Le frasi si sovrapposero e i due rimasero a guardarsi in cagnesco, a qualche metro di distanza.

«Chi era quell’uomo non era affare tuo, mezzosangue. E, comunque, non ti aspettavo tanto presto. Pensavo che dormissi e che avresti letto il mio appunto solo una volta..»

«Sono sveglia, ok! – si alterò lei per un nonnulla, avanzando verso di lui – Che diamine volevi?»

Malfoy inquadrò subito l’aria sconvolta della ragazza, dotato com’era di un’acutissima arguzia ma, anche se questa non fosse stata tra i suoi pregi, non ci voleva un genio per capirlo: i capelli in disordine, gli occhi e il naso rossi di pianto, gli abiti indossati senza cura e in maniera grottesca. Era ovvio che ci fosse qualcosa che non andava. E, azzardando un’ipotesi, dato che erano le sei di mattina, non poteva che trattarsi di Lenticchia. Probabilmente avevano litigato o qualcosa di simile, visto che poche erano le cose che potevano mandare in bestia una ragazza, la mattina all’alba. E non c’era da sorprendersi: per le poche volte che aveva avuto dei contatti con il Rosso, gli era sempre sembrato un debole e un buono a nulla, utile soltanto in quanto “migliore amico dell’Eroe”, come se quel titolo potesse conferire un qualche magico potere o qualche abilità. Era sempre stato bravo soltanto perché Potter glielo aveva lasciato fare, era stato al centro dell’attenzione perché Potter gliene aveva dato modo. Potter, Potter e ancora Potter. La Granger si era imposta come figura forte fin dal loro Primo Anno, non ci voleva un elenco dettagliato per capire il come e il perché delle sue innumerevoli azioni e dei suoi meriti, lei era troppo per lui, lei era troppo per chiunque.

Anche per te, giovane Slytherin? Davvero credi che non potresti averla? No, certo che tu potresti.. potresti e puoisempre tutto, ma non ci proverai neppure, dico bene? Lei è una Mezzosangue, non potrà mai essere all’altezza della tua Persona proprio come tu non sarai mai all’altezza del suo Cervello.

«Se gridi tanto rischi di svegliarmi l’intera Manor, ragazzina, e poi perché mi appari in casa? Non si usa bussare?»

«Tu chiami, io arrivo.. – cantilenò lei, ironica e disgustata – Eri stato tu a dirlo, e nessuna clausola mi impedisce di evitare minuti fuori a congelarmi.
Quindi, Malferret, che diamine vuoi da me, alle sei di mattina?»

Il biondo roteò gli occhi, sentendo di nuovo quell’odioso soprannome: era la prima volta che la ragazza lo usava, probabilmente perché aveva cercato di trattenersi le volte precedenti mentre ora, infuriata com’era, il suo autocontrollo era decisamente inferiore di qualche grado. Decise di dirle tutto e lasciarla andare velocemente: conciata in quello stato non gli sarebbe stata utile, doveva avere il tempo di riprendersi e rimettersi in forze, se quella sera stessa dovevano di nuovo uscire.

«Volevo soltanto in formarti che oggi usciamo, di nuovo, io e te. Fatti trovare qui alle sette.»

La Gryffindor alzò un sopracciglio. «Tutto qui? Una settimana che non ci sentiamo, dopo che ti ho salvato il collo, e questo è tutto quello che mi sai dire?»

«Non ho intenzione di sedermi sul divano e raccontarti i miei segreti! Granger, lavoro, solo lavoro, ricordi?»

Sorrise, angelico, eppure maligno quanto una serpe e infido come il Demonio. «Ci vediamo alle sette. Stavolta niente abito da sera. Anzi, cerca di essere in più babbana possibile, ci servirà. Non dovrebbe essere un problema, per te

La salutò con un movimento veloce della testa, prima di scomparire in qualche corridoio secondario. Maledetta mezzosangue, lei e la sua interminabile curiosità: sapere non le avrebbe dato più conoscenza, come lei sperava e agognava, le avrebbe semplicemente dato una ragione in più per odiarlo, un motivo in più per ucciderlo addirittura. Era legata a lui, ma quanto sottile era l’anello che stringeva le sue catene? L’aveva costretta a fidarsi di lui, ad accettare di aiutarlo nell’ignoranza, costretta a mentire ai suoi amici, alla sua famiglia, a Lenticchia – quella sotto specie di fidanzato; e lei, senza battere ciglio, l’aveva seguito e aveva riposto la sua fiducia in lui, nelle sue parole, nelle sue promesse; promesse di una serpe, di un ingannatore, di un Malfoy. Dirle quello che cercava realmente avrebbe portato ad una reazione a catena, un evento peggiore dell’altro all’infinito, e ancora oltre, nei secoli dei secoli. Benchè sembrasse romanzata, quella frase non aveva proprio nulla a che vedere con i finali smielati e sdolcinati delle favole o delle fiabe, era un’implicita minaccia di un futuro catastrofico di sventure e morte, disgrazie e morte, morte e morte. Lei, malgrado alzasse il mento e guardasse tutti con uno sguardo fiero, mostrandosi come una donna forte e determinata, orgogliosa e indomabile, in realtà era ancora così pura, così fragile: l’aver affrontato il Signore Oscuro era stata una sfida difficile, senza dubbio, ma non l’aveva scalfita neppure di un centimetro. Era rimasta la stessa ragazzina che aveva fatto piangere, tanti anni prima, in giardino, con il terribile nomignolo di Mezzosangue.

Era strano il moto di compassione che cominciava a provare nei suoi riguardi, e non gli piaceva affatto. Aveva imparato a rilegare i sentimentalismi in una parte talmente nascosta del suo intimo che non emergeva più nemmeno a Natale o per Pasqua. La corazza di ghiaccio poteva resistere a tutto, soprattutto se quel “tutto” comprendeva il potere e i mezzi per raggiungerlo, ma non ai ricordi vecchi quanto il mondo, in suo mondo, quello che suo padre aveva creato per lui e quello che il Signore Oscuro si era preso la briga di distruggere. No, nessuno più avrebbe interferito con i suoi piani, nemmeno una piccolo moretta dagli occhi scuri: lui avrebbe raggiunto la meta che si era prefissato, l’avrebbe raggiunta e avrebbe ottenuto quello che molti avevano avuto modo soltanto di sognare.

***

La ragazza rimase ferma sulla soglia del salone, indecisa se muoversi e inseguire il padrone di casa per picchiarlo o, molto più semplicemente, schiantarlo e ritornare a casa a dormire, per poi aspettare Ron e schiantare anche lui. Aveva una strana smania omicida del sangue, quella mattina, e c’era il serio rischio che ci scappasse un morto ancor prima del sorgere del sole. Certo, il comportamento di Malfoy – tanto banale da essere prevedibile – non aiutava affatto: il solito arrogante, il solito prepotente e il solito barone di buone maniere. Sembrava non capire, non ancora, che il loro accordo non prevedeva che lui la comandasse a bacchetta, dicendole cosa fare, come quando e perché. Affari, lavoro, certo, ma non schiavismo dispotico, quello non era più in discussione dai tempi della segregazione razziale, ultima forma legalizzata di schiavitù, abolita e fermata per sempre. Lei non era una schiava, lui non era il suo padrone e non lo sarebbe diventato mai.

Abiti babbani. Stavolta niente festa? Ci aveva quasi preso gusto, a dire la verità: mettere un vestito elegante e un paio di tacchi era il sogno di ogni donna e lei, prima che formidabile strega, era anche e soprattutto una donna. Con Ron era fuori discussione uscire o andare a qualche gala e, nelle rare occasioni in cui aveva accompagnato Harry a qualche ricevimento, si era sentita a disagio, additata come la povera sfigata che accompagnava il migliore amico, visto che il fidanzato di accompagnarla non ci pensava proprio. Indignazione, vergogna. Con il tempo aveva smesso di agghindarsi e di andare a quelle serate. Poi, circa una settimana prima, indossare quella sottile stoffa, quella seta morbida e flessuosa, era stato magico, in tutti i sensi: era stato riscoprire la sua femminilità, il suo essere donna e il suo lato bello, che aveva dimenticato di avere. E, tutto questo, grazie e Malfoy. Maledetta e viscida serpe!!!

Eppure adesso le aveva detto che non sarebbero andati ad un ricevimento ma addirittura nel mondo babbano. La ragazza si squadrò, ricordandosi che non doveva avere l’aspetto migliore di questo mondo. No, non stava malissimo, ma un colpo di bacchetta sistemò la maglia stropicciata e la rese nuovamente candida e stirata, un altro colpo le lisciò le chiome ribelli, che lei raccolse in una cosa. La mancanza di borse o occhiaie le risparmiò la fatica di nasconderle, quindi capì che – a copertura – lei stava benissimo. Una semplice babbana in piena regola. Dato che era ormai sistemata, optò per la comoda poltrona vicino al fuoco, nella quale poter aspettare il giovane mentre si cambiava a sua volta: ritornare a casa non sarebbe stato utile o necessario, quindi meglio sonnecchiare in attesa di partire di nuovo.

Malgrado la stanchezza e la spossatezza per il recente (doppio) litigio, la giovane non chiuse occhio, rimanendo invece a fissare le fiamme danzanti del camino, in attesa che Malfoy si decidesse a scendere. L’aveva chiamato Malferret, come non si permetteva ormai dai tempi della scuola: all’epoca era stato facile trattarlo così, soprattutto se era per difendere Ron o spalleggiare Harry, ma lontano dalle antiche mura di Hogwarts quel soprannome, sfuggitole per l’eccesso di ira, era qualcosa che suonava fin troppo offensivo per ripeterlo. Malfoy poteva aver fatto un miliardo di errori, poteva essere anche una maledettissima serpe, eppure era anche lui un essere umano, a modo suo e con i suoi limiti ovviamente. Sto difendendo Malfoy? Ah, Ronald e i suoi litigi mi scombussolano il cervello, è fin troppo evidente! Riprenditi donna! Alzati e cammina, anzi no.. aspetta quell’altro imbecille e poi fai fori qualche nemico e sventa l’ennesimo attacco alla vita del furetto. Si, così va meglio.

Stranamente le piaceva molto quel suo ruolo, quasi di una guardia del corpo, l’esperienza più vicina che si possa provare per essere un Auror. La carriera, di per sé, non l’aveva mai attirata, dato che aveva deciso, una volta finita la Guerra, di aver visto troppe stragi e di aver combattuto fin troppe battaglie per continuare quella vita spericolata  ed avventurosa: come lo stesso Harry aveva scherzato, una volta a cena, anche lei riteneva di aver avuto abbastanza guai per una vita intera. E ora, eccola: di nuovo nella mischia, di nuovo in missioni pericolose senza capo ne coda e costretta a difendere il suo nemico giurato. Meglio di così..

«Beh, malandato come stile ma, suppongo, per dove andremo non ci sarà bisogno di costosi abiti firmati.»

Il biondo si era cambiato. Ora che lo vedeva, Hermione si rese conto di non averlo mai visto indossare abiti da babbano e, peggio, fu ancora più strano rendersi conto di quanto bene gli stessero quei vestiti addosso. Un paio di jeans scuri, scarpe di pelle nera, un maglioncino a rombi con da sopra una giacca sportiva, una sciarpa a proteggere la pelle bianca del collo e un cappotto lungo dall’aria calda e molto, molto costosa, anche per gli standard babbani. Era evidente che non era nato per abiti del genere, ma gli stavano bene, senza contare che lo stile – che non mirava certamente ad essere legante – riusciva comunque a dargli quell’aria aristocratica, anche se non si riusciva bene a distinguere se la cosa fosse dovuta solo al suo portamento, al suo sangue blu o soltanto all’aspetto generale. E, come ultima ma non certo come osservazione meno importante, la giovane finì con il pensare l’impensabile: era bello. Il fascino di Draco Malfoy non era mai stato messo in discussione, da nessuno; fin dai tempi della scuola era risaputo che le ragazzine gli sbavavano dietro come se fosse una divinità. Lei, tuttavia, non era mai finita nella sua rete di conquiste, non solo perché lo considerava indegno della sua attenzione ma anche perché non si era mai materialmente soffermata a guardarlo come un uomo. E lo era diventato, invece.

«Avevi detto che l’eleganza non sarebbe servita. – commentò piatta lei, alzandosi e raggiungendolo con un sopracciglio alzato e le braccia incrociate sul petto – O mi sbaglio?»

«Non sono vestito elegante, Granger. – la corresse il giovane – Io sono l’eleganza, e di certo questi stracci babbani non mi rendono giustizia.»

Il tono vanitoso della sua voce la fece sorridere. «Stracci? Potresti sfamare un paese intero del terzo mondo con quello che sono costati!»

Il giovane roteò gli occhi al cielo, evidentemente annoiato dalle solite accuse e dalle battute ormai antiquate, e quindi si limitò ad alzare il braccio ad angolo retto, in attesa che la ragazza si avvicinasse e lo afferrasse, era evidente. Ancora una volta, era troppo circospetto e non intendeva rivelarle il posto in cui erano diretti. Era un posto babbano, questo era chiaro, ma il mondo è grande, i pericoli troppi per poterli affrontare tutti nell’ignoranza. La mora sbuffò, afferrando fin troppo bruscamente la manica del suo soprabito per reggersi, e quindi arricciò le labbra evidentemente alterata. L’altro non parve farci troppo caso eppure, nello smaterializzarsi, un sorriso increspò le sue labbra.

***

La prima cosa che Hermione pensò, vedendo il posto in cui si erano materializzati, fu irlandese. Stranamente, il solo aspetto dell’edificio che si trovava proprio davanti a lei le dava l’idea dei folletti, della birra e i Kenmare Kestrels, di cui ovviamente aveva sentito parlare di sfuggita ma con dovizia di particolari nelle discussioni estenuanti fra Ron e Harry sul Quiddich. E poi dicevano che ad essere noiose erano loro ragazze, con discorsi futili come capelli o trucco o vestiti! Loro erano molto peggio, visto che i loro discorsi si riducevano sempre ai paragoni fra le persone della loro vita e le mosse dei giocatori nelle partite. Frankley era un cacciatore molto veloce, molto astuto e piuttosto robusto, quindi non appena vedevano un uomo con le stesse caratteristiche sbuffavano, a metà fra l’invidia e l’ammirazione “Ooh, guarda! Quel tipo è proprio come Frankley.. te lo ricordi in quella partita del 1976 contro…” Si, esatto. E via così per ore intere. Oppure Bangs, un battitore che era riuscito a ricacciare un bolide al mittente talmente forte che il povero avversario era stato ricoverato al San Mungo per tre mesi, mentre cercavano di fargli ricordare chi fosse e come fosse finito lì dentro. Lui era un paragone più divertente ad esempio, ma egualmente monotono.

Quiddich, Quiddich e ancora Quiddich. Non c’era da sorprendersi quindi che il primo paragone a cui potesse pensare, che includesse qualcosa di irlandese, fosse proprio una squadra di Quiddich. Il locale davanti al quale si trovavano era un pub, come si intuiva dalle risate allegre provenienti dall’interno, costruito per lo più in legno e con un grosso camino di pietra che diffondeva raffiche di fumo puzzolente nell’aria fresca. Era sera.. perché era sera? Ricordava benissimo che aveva litigato con Ron quando il sole non era ancora sorto e che non era rimasta da Malfoy più di una mezz’ora.

L’unica spiegazione possibile era che non si trovavano più in Inghilterra ma in qualche altro paese, con ogni probabilità l’America, se i suoi calcoli erano esatti. E così era lì che avrebbero cercato il nuovo “pezzo del puzzle”: in assenza di ulteriori informazioni, la giovane strega aveva preferito definire quella sorta di ricerca come un grande puzzle e, ogni missione, un nuovo tassello utile per completarlo. Prima finivano i tasselli, prima lei sarebbe stata libera di andarsene da Malfoy e di ritornare nel mondo Magico al posto che le spetta. Ah, che immagine deliziosa!

«Bene, ora tu entri nel pub e mi aspetti.»

I suoi sogni a dieci metri d’altezza vennero bruscamente interrotti, scaraventandola a terra, costretta dalle catene dell’ignoranza e dello stupore.

«Prego?» La sua voce suonò tanto indignata quanto sorpresa: che motivo c’era per portarsela dietro, se la lasciava in un pub e andava per i fatti suoi chissà dove. Il suo compito non era in fondo quello di aiutarlo, di assisterlo in quelle missini suicide? Se non per questo, quale altra ragione poteva avere lui per trascinarla da una parte all’altra del mondo. La confusione crebbe mentre il suo livello di sopportazione si abbassò di parecchi punti.

«Spiegami bene.. – continuò, gli occhi ridotti a due fessure – Mi stai dicendo di avermi portata qui per starmene rinchiusa in pub? Mi hai fatto alzare dal mio letto, venire da te, solo per portarmi in un pub americano mentre tu vai a sperderti chissà dove? E’ uno scherzo? No, perché odio essere presa in giro Malfoy, non osare trattarmi come una sempliciotta. C’è un motivo per cui sono qui.. sono con te perché..»

«Perché..- l’interruppe bruscamente il biondo, afferrandole un polso e tenendola ferma davanti a lui – Io ti pago. Perché io ti ho tolto da quella bettola dove maiali puzzolenti e grassi sbavavano addosso alle tue cosce e ad tuo petto nudo, dove la tua bacchetta non era altro che un pezzo di legno e le tue abilità di strega erano sepolte sotto cumuli di vergogna e umiliazione. Io ti ho tolto da lì e ho posto le mie condizioni perché potessi pagarti con i miei soldi e potessi usarti per i miei scopi.»

La sua voce era tagliente come una lama, la sua faccia esaltata dal discorso e corrugata in una smorfia di rabbia. Perché si stava alterando tanto? Cosa pretendeva, una serva self-service, 24 ore su 24? C’erano molte cose che una donna pagata potesse fare per il proprio superiore, ma non una come Hermione Granger. C’era una linea così precisa nella sua persona, una linea tanto sottile da essere invisibili, e proprio per questo così tagliente, che impediva qualsiasi sua azione se bloccata dal senso di dovere o, peggio, di orgoglio. Quel discorsetto non poteva avere nessun altro potere su di lei, se non alterarla più di quanto già non fosse. Aprì la bocca per replicare ma la stretta sul suo polso si fece tanto ferrea da toglierle il respiro e lasciarle sfuggire un sibilo di dolore.

«Tu sei qui perché io ti voglio qui, ma allo stesso tempo non posso lasciare che questa maledetta cosa mi distragga a tal punto da farmi salvare da una Mezzosangue come te. Hai capito? Quindi vai in quel bar e mi aspetti.. Hermione.»

Entrambi sussultarono, come colti da una scarica elettrica: lui che non capiva come il nome della ragazza avesse potuto sfiorargli le labbra, lei incredula che l’avesse chiamata per nome dopo più di dieci anni che si conoscevano. La presa sul suo polso allentò. Vide le iridi di Malfoy osservarla con tanta intensità da imporle di abbassare lo sguardo, non lo fece. Era incuriosita da quella specie di intimità che il suo nome sulle sue labbra sembrava aver creato. Il giovane era così vicino,così stranamente vicino. Fu lui il primo a sottrarsi, pochi centimetri lontano dal volto di lei, voltarsi bruscamente e sparire nel bosco. Maledizione! Aveva appena rischiato di baciare Draco Malfoy?!?! Ok, il pub capitava proprio a pennello: aveva bisogno di un paio di drink.

Entrò, notando fin da subito che aveva fatto bene a non cambiarsi, poiché qualsiasi abito diverso d quello che aveva indosso l’avrebbe resa un lampeggiante luminoso con la scritta “guardatemi”. Invece passò inosservata, si sedette davanti al bancone di legno e venne subito investita dal forte odore di malto e di alcol, intenso e inebriante.

«Dolcezza! – la salutò un allegro barman dai capelli rossicci – Cosa vuoi da bere? O hai fame?»

«Qualcosa di.. forte. – ammise lei, dopo un attimo di incertezza – Non è stata esattamente una mattina.. ehm, serata piacevole. Però nulla che mi stenda al tappeto, o mi faccia dimenticare.. anzi, no, voglio dimenticare però..»

Sorrise, passandosi la mano sulla fronte e guardando imbarazzata il ragazzo, che sorrise a sua volta. «Si, ho capito. Fidati di me: quello che ti verso, tu bevilo. Faremo molto prima..»

«Non è che poi mi droghi e ti approfitti di me?»

Il giovane alzò un sopracciglio malizioso, per poi avvicinarsi a lei e sussurrarle piano, tanto che la giovane potè udirlo a fatica. «Credo che tu saresti quella perfetta per il ruolo di serial killer. Io al massimo potrò difenderti dagli altri cani che ci sono qui dentro. Dai, tutto d’un fiato!»

La giovane strega guardò dubbiosa il bicchierino con il liquido trasparente. Ah, al diavolo: il suo fidanzato era un troll, il suo socio era un idiota e lei era una strega caduta in disgrazia, se c’era un motivo per ubriacarsi era decisamente quello. Prese il vetro fra le dita tremanti e quindi vuotò il contenuto il un solo sorso, scagliando con forza la testa all’indietro, in maniera fin troppo teatrale forte. Quando il liquido le bruciò in gola non si trattenne dal tossire, rendendosi conto che non aveva mai assaggiato nulla di tanto forte in vita sua. Sorrise, una mano davanti alla bocca, mentre percepiva la prima ondata di calore invaderle la carne. Il barman battè una mano sul bancone. «Grande! Se non sei svenuta dopo questo, direi che stanotte ci sarà da divertirsi! Billy, portami un whisky di quelli che piacciono a me. La signorina è una che regge!»

Si sentì un “wohoooo” prolungato da parte di un paio di altri clienti, tutti uomini e tutti già mezzo andati. Hermione non se ne curò affatto. «Si, Billy, porta quel whisky. Stasera si balla!»

***

Aveva fatto un percorso eccellente, era stato più che bravo nell’arrivare fino a quel punto, ma dubitava di poterla passare liscia anche stavolta. Sentì le ginocchia cedergli e le orecchie bruciare come se si trovasse in una fornace. Avrebbe voluto urlare ma le sferzate di vento che gli colpivano la faccia come lame gli impedirono anche quello: se urlò, nessuno lo udì mai. Strinse l’ampolla di pozione ancora più forte nella propria mano, cercando di aprire gli occhi contro il vento e osservare il proprio assassino e carnefice. Ah, com’era bello poter morire se la morte giungeva dalle mani di un angelo. Un angelo terribile potente quanto il Signore Oscuro eppure bello quanto il Paradiso. Sorrise, temendo di impazzire per quel misto di agonia e gioia che stava provando: non tutte le sfide erano fatte per essere vinte, non tutte le vittorie erano necessariamente la fine di una battaglia.

Proprio come la sua ricerca gli aveva indicato, il tempio era situato in un piccolo boschetto, impetrato di magia e invisibile ad occhio babbano, talmente antico da meravigliare per la modernità delle linee del piccolo palazzo di pietra, completamente bianco e con le vetrate trasparenti come finestre. Niente porte, nessun ingresso, nessun incantesimo che potesse essere utile allo scopo di penetrare quella fortezza. La smorfia sul volto del mago, quando aveva dovuto tagliarsi la mano, era stata quasi impercettibile. Il punto in cui lo schizzo scarlatto aveva toccato il vetro, un bagliore improvviso lo aveva accecato, rivelando un ingresso inesistente fino a qualche istante prima. L’aveva varcato, la bacchetta tesa nella mano sanguinante e il legno pronto sotto le dita pulsanti di adrenalina: era vicino, la stanchezza che cominciava a percepire doveva essere soltanto un riflesso. Poi il buio e la voce, tanto simile a quella udita in Russia eppure completamente diversa, che mielosa gli sussurrava all’orecchio. Ricordi, emozioni, sua madre che gli accarezzava i capelli, il padre che lo picchiava sulla mano con il bastone per la sua maldestra esecuzione di un incantesimo. Il fuoco ardente nella Stanza delle Necessità, il dolore per la perdita di un amico. Il calore tra le lenzuola, Pansy e le sue cure amorevoli, le scappatelle con Daphne, le confidenze con lei, sua amica eppure null’altro che una conoscente. E poi, ancora, il forte bruciore all’altezza dell’ombelico, fino ad arrivare al bacino, alla visione della Mezzosangue a pochi centimetri dal suo volto. No, non le stava evocando lui quelle immagini, erano una mossa astuta di qualcuno che voleva distrarlo, che voleva abbatterlo. Si concentrò, usando tutte le forze che gli restavano per Occultare la sua mente, e pian piano i contorni della stanza riaffiorarono, i colori andarono al loro posto e le voci nella sua testa si spensero. Aveva vinto la prima sfida.

Ma era ancora ben lontano dal traguardo, lo capì non appena vide ala figura incappucciata avanzare verso di lui. Era molto più alta di quella che vedeva nei propri sogni, più forte, più maestosa; il suo incedere era più simile ad una barca che scivola sull’acqua, le sue vesti sembravano smeraldo fuso. Ma non era un colore chiaro, quello del suo mantello, era un verde scuro, quasi nero, forte e lucente, che faceva ricadere nel buio la stanza stranamente luminosa. Era come se assorbisse luce, invece di emetterla. Era logico, dopotutto, il suo compito era quello.

«Non mi avrai, maledetta! – urlò con una smorfia, facendo qualche passo indietro – Io sono Draco Malfoy, mi spetta questo potere.»

La figura non parve averlo sentito. Continuò ad avanzare, mentre una nuova folata di vento si sollevava da un posto non ben definito e cominciava ad avvolgere nuovamente lo Slytherin, trafiggendolo con perforanti coltelli invisibili. Ma non c’erano ferite sulla sua pelle candida, quel dolore proveniva dall’interno, come si rese conto anche lui con sgomento. Così come la voce, di nuovo quella voce che risuonò chiara e forte nella sua testa, tanto da costringerlo a cadere in ginocchio, la testa fra le mani e l’ampolla ancora miracolosamente stretta nel suo palmo.

«Non metto in dubbio quanto questo potere ti spetti, Draco Malfoy, ma è meglio per te rinunciarvi. L’anima non è qualcosa che puoi prendere e cedere a tuo piacimento, una volta perduta non potrai riaverla più. Devi renderti conto di quanto uscirai sconfitto da questa ricerca. Arrenditi. Voltati e non tornare.»

«Al diavolo! Vattene, non lascerò andare questo metallo, vai al diavolo!!»

Una risata seducente, mielosa. «Oh, ci sono stata all’Inferno, non temere. Non è un posto che temo e neppure ho paura di tornarvi, anche se non c’è gusto nel vedere al sofferenza di chi ormai è senza speranza. Ma tu.. quello è soltanto un pezzo in più sulla tua strada verso la dannazione. Potrei ucciderti, so che sai quanto vorrei farlo, ma è mio dovere darti un’alternativa. Arrenditi, ora. Rinuncia.»

«Mai! Mi hai sentito, mai! Ardemonio ignis! – urlò, con le sue ultime forze, la bacchetta rivolta alla figura solitaria, per poi puntarla contro la finestra e urlare ancora più forte – Confringo!!!»

Con le lacrime agli occhi, un po’ per il vento ancora fortissimo e un po’ per la felicità, Draco si rese conto che l’incantesimo che aveva sigillato le vetrate era valido soltanto dall’esterno. Il vetro esplose in mille pezzi, mentre il vento si disperse in un attimo. Senza accertarsi se la figura ci fosse ancora o fosse scomparsa, evitando con abilità il fuoco maledetto, per il quale sarebbe anche morto, se il suo incantesimo contro la vetrata non avesse funzionato, saltò fuori dal tempio, rotolando per terra, prima di alzarsi con velocità e gettare un ultima occhiata all’edificio bianco. Non era più bianco. Era avvolto da una nube nera, mentre le fiamme sembravano implodere al suo interno, nessuna figura che lo fissasse o tentasse di attaccarlo. Decise di non sfidare ulteriormente la buona sorte, quindi si mise a correre a perdifiato nel bosco, la seconda boccetta al sicuro sotto il cappotto. Fu nella corsa che capì, ansimando di dolore e stanchezza, di non essere uscito del tutto illeso da quello scontro: non solo era provato psicologicamente, ma sul suo braccio spiccava una bruciatura molto marcata.

Crollò per terra, inciampando in una radice, emettendo un gemito sommesso. Cavolo, non si poteva curare una cosa del genere con semplici incantesimi di guarigione, anche se era più che certo che sarebbero stati utili quanto meno a rallentare l’effetto. Il fuoco che aveva evocato non era uno scherzo, lo sapeva bene: quell’incantesimo era costato la vita a Goyle, quel giorno in cui l’Oscuro era caduto. Era morto proprio li davanti ai suoi occhi, ennesima prova di quanto potessero essere pericolosi alcuni incantesimi, se maneggiati da gente inesperta e impreparata. Ma lui non era nessuna delle due: aveva capito al volo quanto la sua situazione fosse critica e si era comportato di conseguenza, ecco tutto. I Guardiani non erano certo una cosa da nulla, i sogni da cui era tormentato da ormai una settimana ne erano la prova. Quello che cercava di ottenere era molto più forte e Oscuro di qualsiasi altra cosa, chiunque, avesse mai fatto. Era logico che ne avrebbe dovuto dare in pegno qualcosa, come la sua anima, unica merce di scambio sufficiente.

Mormorò un paio di incantesimi di guarigione, per poi fasciarsi da ferita e stringerla forte con un pezzo della sua camicia. Sospirò, rimettendosi in piedi, gli occhi ancora lucidi e l’aspetto decisamente peggiore di quello con cui aveva lasciato casa sua. Doveva sbrigarsi a rientrare. Quasi si dimenticò della Granger seduta al pub, ma il forte desiderio che le immagini evocate pochi minuti prima nella sua testa gli avevano causato non erano tanto insignificanti. L’aveva vista, aveva visto lei e se stesso, loro, insieme, in un’utopia talmente lontana da far male. Possibile che fosse davvero un suo desiderio, quello? La Granger? Poteva benissimo capire i ricordi dei proprio genitori, di sua madre, che avrebbe voluto rivedere più di ogni altra cosa a questo mondo, ma non lei, non i suoi capelli e il suo corpo: poteva averne migliaia di Hermione Granger, poteva avere chiunque lui desiderasse in qualsiasi momento. Possibile che quel desiderio nascosto fosse proprio lei? Possibile che il desiderio che aveva avuto, quella mattina, di asciugarle le lacrime e uccidere Weasley per avergliele fatte versare, non fosse un riflesso di galanteria ma semplice preoccupazione e forse addirittura interesse? No, non poteva materialmente essere. L’aveva detto anche lui, quella mattina. Era lavoro, puro e semplice lavoro. E, come sua dipendente, non poteva lasciare quella Griffyndor in mano a pazzi irlandesi ubriachi.

Raggiunto il bar sperò di non trovarla troppo annoiata: dopotutto era un pub, e Hermione Granger non era certo tipo da bar e whisky e boccali di birra. Anche se, avendo per quasi-cognata Ginevra, non l’avrebbe sorpreso di certo il contrario. E, come volevasi dimostrare…

«E poi.. si, certo che è vero! ..poi quel bastardo mi ha detto che non gli piacciono le coccole.. si, esatto! ..che non gli piacciono perché lui.. poveri.. hic! ..non ci sa fare! – una risata generale invase la sala – No, ma capite? Hic hic! Io sono nuda, completamente nuda e sexy davanti a lui e lui mi dice che.. c’è.. una partita di quiddich! I maschi e quello stramaledetto Quiddich!»

Malfoy si pietrificò, udendo parole magiche uscire dalla bocca della Granger, ma fu l’unico: la gente intorno a lei stava ridendo e annuiva ad ogni sua parola, continuando a brindare e ridere chiassosamente e senza ritegno. Ma non era la cosa peggiore: il peggio erano le guance arrossate della Granger, i suoi singhiozzi ripetuti e i bicchierini vuoti davanti a lei. Era ubriaca. Ok, adesso si che poteva dire di aver visto tutto in vita sua.

«E come se non bastasse, adesso lavoro per questo tipo..hic ..un idiota che odio fin dai tempi della scuola, e lui è gentile, capisci? – gracchiò rivolta al barman con un cenno del capo – E non mi piace che sia gentile perché quell’aria non gli si.. addice. Mi confonde, ecco. Quasi come se.. mi piacesse?»

Rise forte, provocando altri eccessi di risate intorno a lei. «A me, piacere lui? Ah, devo essere proprio fatta, sono fatta Jimmy?»

Un uomo robusto sulla cinquantina annuì rassegnato, dandole una pacca sulla spalla da dietro il bancone. «No, mia cara, in fondo non ti sei scolata poi molto. O si?» - quando vide Malfoy avvicinarsi gli fece un cenno con il dito «La conosci questa qui? Immaginavo.. portatela, prima che si scoli qualcos’altro e mi svenga qui sul tavolo. Ma devo ammettere che è un’ottima compagnia, tornate quando vi pare.»

«Certo, contaci…» - annuì il biondo scettico, passandosi un braccio della mora intorno alle spalle e reggendola con la mano non fasciata, trascinandola verso l’uscita e maledicendosi per averla lasciata in quel posto.

«Draco! Dracuccio Malfoy! – si entusiasmò lei, riconoscendolo, con un forte odore di whisky preveniente dalla bocca – Ma lo sai che mi sei mancato? Ho parlato a questi gentili signori di te.. e Ronald.. e penso di aver detto che tu mi piaccia, ad un certo punto…» rise, afflosciandosi ancora contro di lui -

«.. ma io non posso, capisci?!?! Sto con Ron.. e lui mi ama..a e.. tu mi ami vero?»

Il biondo imprecò sotto voce, trascinandola nel bosco per potersi finalmente smaterializzare. «Si, certo.» Aveva imparato che, in certi casi, era meglio annuire con fare serio e reggere il gioco, soprattutto se il tuo interlocutore è bronzo, depresso e porta di nome Hermione Granger. «Ora però muoviamoci.»

Lei rise ancora più forte. «Non voglio tornare a casa! – tirò fuori l’aria da bambina birichina, con le labbra arricciate – Non da quel Troll. Posso dormire con te?»

«Si, certo.» Roteò gli occhi al cielo, sistemandosela meglio sulla spalla, prima di tirar fuori la bacchetta da sotto il mantello, non senza qualche difficoltà, e smaterializzarsi, ritrovandosi nel caldo tepore di casa sua, nel salotto con il camino acceso.

«Che bello! – esclamò la ragazza ubriaca, gettandogli le braccia al collo, dopo aver ritrovato tutta la forza nelle sue gambe e, pareva, tutta la sua grinta insopportabile – Sesso davanti al fuoco! Che romantico! Pensi che se lo scoprisse.. io e te..hic ..Ronald sarebbe geloso? Io dico di si..»

«Non faremo sesso Granger.. – mormorò l’altro imbarazzato, spingendola via – ora tu ti fai una dormita e ne riparliamo domani, vuoi?»

«No! No, no, no! Non puoi lasciarmi qui maledetto!» Quindi, con la stessa velocità di un boccino che cambia traiettoria, si afflosciò sul pavimento, la testa posata sul divano, le lacrime a rigarle le guance e il petto mosso dai singhiozzi. «TU.. non.. mi.. vuoooooooooi! Prima quel Troll, ora tu.. non mi vuole nessuno..»

La guardò, cercando di capire se stesse recitando o stesse facendo sul serio: non l’aveva mai vista in queste condizioni, sembrava tanto fragile e bisognosa di affetto che quasi non riuscì a trattenere l’impulso di abbracciarla, come si fa con un cucciolo randagio sotto la pioggia. Quasi. Ubriaca o no, era la Granger. Il giorno dopo, probabilmente, l’avrebbe sfidato a duello accusandolo di averla fatta ubriacare per approfittare di lei, nella migliore delle ipotesi, e l’avrebbe perseguitato con le maledizioni senza perdono per tutta la casa, nella peggiore. No, non era decisamente il caso di consolarla, date le imprevedibili conseguenze il giorno dopo. Rassegnato, la sollevò di peso, avviandosi sulle scale verso le stanze degli ospiti, che di certo non mancavano.

«Ehi, ci siamo divertiti stasera eh Draco?» – ironizzò Blaise, che stava uscendo dal bagno con addosso soltanto un pantalone nero e un bicchiere di liquido trasparente che difficilmente poteva essere acqua. Riconosciuta la Granger, la sua espressione mutò in un attimo «Ma che diavol..?»

«Torna a dormire Blaise, non è come sembra.»

«Ho la Weasley, in camera, non credo che tornerò a dormire. Come nemmeno tu, del resto.» Sparì in camera sua dopo un occhiolino malizioso. Quel ragazzo sapeva essere un vero idiota, quando ci si metteva, perché ancora lo lasciasse vivere lì non se lo ricordava. Doveva essere un buon motivo, davvero buono, per sopportarlo. Aprì una porta a casaccio con un calcio, rendendosi conto solo allora che la ragazza si era addormentata. La posò sulle soffici coperte blu notte, togliendole soltanto le scarpe e il cappotto, per paura che potesse davvero ucciderlo se si azzardava a toccarle qualcos’altro. La coprì con una trapunta appellata dall’armadio e le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio: era così delicata, nel sonno, così tranquilla, nulla a che vedere con la furia che era entrata in casa sua quella mattina. Anzi, un attimo. Il sole era ancora alto nel cielo, non dovevano essere passate nemmeno le dieci. Chiuse le tende con un colpo di bacchetta, facendo fiondare la camera nel buio più totale, quindi uscì, lasciando la Granger ai suoi sogni erotici e al suo riposo.

La seconda fiala finì al sicuro, esattamente dove era conservata la seconda. Un posto sicuro. Sistemata anche quell’incombenza, finalmente, il giovane si decise a curare la sua scottatura: se n’era quasi dimenticato, in verità, non l’aveva minimamente disturbato mentre tentava di riportare la Granger a casa, sana e salva. Beh, quando la mente è annebbiata da altre preoccupazioni è logico perdere di vista anche i dolori fisici. Aprì l’essenza di Dittamo, ripensando a quella sera, e in particolar modo alle parole pronunciate dalla ragazza quella sera.

E non mi piace che sia gentile perché quell’aria non gli si.. addice. Mi confonde, ecco. Quasi come se.. mi piacesse? A me, piacere lui? Ah, devo essere proprio fatta, sono fatta Jimmy?

Sesso davanti al fuoco! Che romantico!

Com’era quell’espressione babbana, in vino veritas? Davvero la mente della Granger era stata sfiorata, anche solo per un attimo, dal pensiero di loro due, insieme, davanti al fuoco? Davvero aveva pensato che lui le piacesse? Sesso con lui, poi, che stupidaggine..

Si, come se tu non volessi lo stesso. Vero, peccato che lui, invece, non aveva bevuto, prima di pensarlo.





Spazio autrice ù.u

Ma bene bene bene. Salve, miei carissmi, come state? Spero che l'attesa non vi abbia distrutto, ma perdonerete la mia mancanza di tempo a causa di forze superiori, non so come dirvela meglio!! xD la scuola mi sta uccidendo, e io sto uccidendo me stessa per le cose dietro cui non so stare.. dietro xD bene, lo sclero delle 22:17, scusatemi!!

Beh herm ubriaca.. Cris lo sapeva, perchè aveva insistito per i miei spoiler, ma non so se è venuta esattamente come la volevo. Ebbene Draco voleva herm perchè lei doveva aiutarlo, no? Però, soprattutto dopo la villa e Kostja e il bordello in Russia si sta pian piano rendendo conto di quanto abbia fatto affidamento sulle capacità di Herm, mentre lui era troppo preso dalla ricerca e quindi dalla possibilità di trovare quello che stava, appunto, cercando. Quindi vuole dimostrare qualcosa a se stesso, giustamente, perchè altrimenti si sente impotente, ma non temete: rimane comunque un uomo e, come tale, scientificamente inferiore, cosa che farà subentrare Herm nei prossimi capitoli per salvargli il suo bel culetto da Serpe.

Nel frattempo la cara Grifa se la fa in una locanda americana... beh, andiamo! E' adulta e vaccinata, va tutto male, cosa fareste voi nella sua posizione, circondati da bottiglie di liquori e con un ambiente tipico alla USA??!! Si, dai che fareste lo stesso, ve lo si legge in faccia.. che io non vedo, che sicocca!!! Poi lei che ci prova con Draco.. è ubriaca, ricordatelo, prima di dire che sto andando fuori trama perchp i due si odiano. Continuano ad odiarsi, anche se è già una sfumatura più chiara rispetto al nero iniziale, però sta cambiando qualcosa, anche se in modo ancora impercettibile..

Blaise, ovviamente, la mette sul ridere, della serie hai capito chi si porta a letto Draco! Strano ma vero, tuttavia, è proprio Draco ad andare in bianco, mentre Blaise se la spassa con la rossa, che ovviamente è tornata fra le lenzuola dell'altro inquilino di Malfoy Manor.. qualcuno ne dubitava, forse?? xD Io no di certo.

Ah, e dato che siamo in tema Weasley, sarete contenti di sapere che Ron sta per andare a farsi benedire! No, non sarà battezzato, semplicemente, come avrete intuito, Herm si è proprio rotta di lui e sta capendo diverse cosette, tant'è vero che come dicono molti "in vino veritas". Ma, questo è un altro capitolo..

Piccola nota: vorrei farvi notare che Draco chiama la "pozione", quando il guardiano tenta di togliergliela, "metallo". Quindi.. a vostra libera interpretazione, visto che ancora non sapete di preciso cosa sia il contenuto di quelle fiale, sbizzarritevi con la fantasia e buona fortuna.. forse capirete cosa sta tramando il bel biondino, ma ne dubito!!!

Infine, come potrei non ringraziare le 5 persone che hanno messo la storia fra le preferite, le 5 che l'hanno inserita fra le da ricordare.. my god!!! O.o le 42 fra le seguite!!! Vi adoroa d 1 ad 1, e risponderò alle recensioni lasciate in sospeso al più presto.

grazie mille, sempre vostra, K



 

   
 
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