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Autore: Akiko chan    06/02/2011    1 recensioni
Qualcosa interruppe bruscamente il profondo sonno di Benji. Un urlo straziante, proveniente da chissà dove, lo fece saltare a sedere sul grande letto della sua stanza. Benji sbatté gli occhi più volte, cercando di allontanare quel senso di confusione e angoscia che l’aveva colto. Lentamente fece vagare lo sguardo attraverso la stanza, rincuorandosi man mano che identificava tutti gli oggetti familiari.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1.IL POTERE DEI RICORDI (PARTE PRIMA)
Con mano malferma scostò gli scuri tendaggi di pesante velluto e spalancò le imposte nella speranza che la fresca brezza della notte di San Francisco le donasse un qualche sollievo. Ma nulla. Tremò da capo a piedi nel vano sforzo di concentrarsi sul suo respiro mentre i rumori della metropoli americana le giungevano da poco lontano. Un respiro, due respiri, ce la poteva fare, poteva calmare quel galoppo tumultuoso che le squarciava il petto.
-Respira…uno….due…-
Il corpo magro, emaciato, coperto da un sottile strato di sudore che l’aria si affannava velocemente ad asciugare, era ora scosso da brividi di freddo misti a paura. I capelli dorati scendevano in disordinati boccoli sulle spalle esili, le labbra aride, serrate in una smorfia di dolore e gli occhi di un verde smerigliato d’oro, erano contornati da nere occhiaie che spiccavano sul volto esangue. Eppure lo sguardo spento, colmo di disperazione, pur straziando il cuore di chi lo scrutava, non cancellava del tutto la giovane bellezza della ragazza.
Un’altra notte insonne.
Da quanto tempo non dormiva? Il corpo spossato e la mente annebbiata erano allo stremo. Ma proprio non vi riusciva. Non poteva chiudere gli occhi neanche un istante, altrimenti immagini spaventose, dal chiaro sentore di morte, dilaniavano il suo animo ormai agonizzante.
Ricordi.
Verde, rossa, blu e poi di nuovo verde: le luci dei riflettori. Accecanti bagliori si sovrappongono,si mescolano in un caleidoscopio di colori. E poi i flash, continui lampi di luce che catturano e imprigionano persone, fatti, in istantanee eterne. E tra le luci emergono occhi, tanti. Occhi curiosi, invadenti,lussuriosi, avidi, rapaci, crudeli. Occhi inevitabilmente attratti dai corpi magri e perfetti delle modelle che, una dopo l’altra, sfilano ancheggiando con grazia sulla passerella. Quella grazia imposta da ore e ore di esercizi, ma dovuta anche ad un talento naturale che fa la differenza tra un’anonima modella e una top.
Un talento che le acerbe bellezze di Antlia* e Carina* hanno in abbondanza.
Antlia e Carina due costellazioni, due astri nascenti nel firmamento della moda.
Un piede davanti all’altro, capo alto, sorriso appena accennato, sguardo fiero e altero sempre fisso a scrutare un irraggiungibile orizzonte
Mani.
Mani che toccano senza dolcezza né umanità, mani che cambiano, svestono, rivestono, tirano, frugano… mani dappertutto senza pudore né rispetto... come se quei corpi fossero solo vuoti fantocci da agghindare… E via un altro giro in passerella… un altro ancora…una girandola senza fine.
Non sorprende che una vita del genere, frenetica e arida, abbia bisogno di qualche “sostegno”. Le rigide diete debilitano il corpo a cui, però, è chiesto sempre di più. Una pasticca ogni tanto tiene i nervi a posto e dà la carica per sostenere un’altra sfilata.
-Dai Antlia non fare tutte queste storie, butta giù-
-No, voglio farcela da sola, Carina-
-Uffa! Fai come credi, io senza non ce la faccio-
-Vedi? Stai diventando dipendente-
-Ma che dici!- la risata limpida e spontanea di Carina riscaldava il cuore e rassicurava.
E invece…
-Carina, mio Dio che hai fatto…-
-Ma niente, sta tranquilla é tutto sotto controllo-
E invece…
-Che schifo sto mondo. Droga e sesso… e questa non aveva neanche vent’anni… che vita bruciata-
-E l’altra?Non ne ha neanche diciotto… é una bambina-
-Bambina? Non farmi ridere. Questa é marcia come tutte le altre…-
-No no no…
-Signora sua figlia é fortunata. Nessuna traccia di droga é emersa dagli esami ematici, perciò non possiamo trattenerla. Probabilmente é un po’ di tempo che non ne assume, ma non si illuda…-
-Io non ho mai preso quella roba-
-Si Clarice lo so –
E invece no, non lo sa.
-Mamma non mi crede- una certezza dolorosa ma ineluttabile.
Nessuno le credeva. E Carina se n’era andata nell’indifferenza di quel mondo frivolo.
Basta.
Non reggeva più.
Era ora di finirla.
Un’unica semplice soluzione. Un brivido le corse lungo l’intera spina dorsale al solo pensiero. Con passo incerto si accostò alla grande scrivania di legno pregiato, fece scorrere le mani febbricitanti sulla liscia superficie levigata, cercando alla cieca un oggetto che non tardò a trovare. Afferrò il raffinato taglierino dal manico in madreperla che usava per aprire la corrispondenza, rigirò assente il coltello tra le mani osservando, come in trance la fredda lama che rispecchiava la gelida luce lunare lasciata filtrare dai tendaggi scostati. Clarice sollevò la leggera manica del pigiama di fine lino denudando il braccio ed offrendo alla vista la pelle candida solcata da delicate venature bluastre, la sua meta ultima. Un taglio profondo e la vita sarebbe defluita ineluttabilmente dal suo corpo che, ormai, non aveva più né la forza né la voglia di vivere.
Accostò la lama affilata al polso sottile e palpitante.
Il freddo dell’acciaio a contatto con la pelle febbricitante le provocò una vertigine, istintivamente strinse forte gli occhi e tutto cominciò a girarle attorno, un vortice violento che le fece perdere il senso dell’equilibrio costringendola ad aggrapparsi ad una mensola appesa alla parete. Il fragile ripiano scricchiolò sotto quel peso improvviso ma Clarice non mollò la presa finché non cedette del tutto staccandosi dalla parete e rovinando a terra in un turbinio di libri e carte.
-Maledizione!- imprecò graffiando con rabbia il freddo marmo del pavimento -Dov’è finito?- mormorò cercando con gli occhi il coltellino che le era scivolato dalle mani nella caduta. Era più che determinata ad arrivare sino in fondo, e quel piccolo incidente non l’avrebbe certo persuasa dalla decisione presa. Si trascinò carponi sino ai piedi del letto dove era finito il tagliacarte pronta a compiere ciò che ormai riteneva essere l’unica soluzione possibile. Ma qualcos’altro attirò improvvisamente la sua attenzione. Accanto alla lama spiccava un rettangolo sgualcito. Raccolse quel pezzetto di carta lucida mentre un flebile barlume si faceva strada nella sua mente stravolta. Una foto, ingiallita, con un angolino rovinato, era scivolata chissà da quale libro. Osservò trattenendo il fiato per l’emozione l’immagine ritratta, intuendo appieno il significato di quell’oggetto materializzatosi dal nulla. Due bambini di circa sette anni le sorridevano da un passato lontano e quasi totalmente dimenticato. Il bimbo dal duro cipiglio nonostante la tenera età, dai capelli e occhi nerissimi, aveva un’espressione corrucciata dovuta sicuramente all’imbarazzo e al fastidio provocato dalla bimba dai biondissimi boccoli abbarbicata al suo collo con le braccine sottili strette attorno a lui come un naufrago attaccato ad una boa. Ma la piccina non aveva paura di annegare anzi … rideva felice.
Un flash …un rumore… un nome … la diga infranta, l’ondata di ricordi …
-Genshj*…-
-Ciao Tsunami* ma che hai fatto?- il bimbo osservava allibito i segni rossastri che spiccavano nitidi sul collo e le braccia dell’amica.
-A botte con Anego-
-Ancora?-
-Si e ancora e ancora… - una scintilla di sfida vibrò nelle iridi smeraldo della bambina -Finché non ammetterà che tu sei il più bravo-
Suo malgrado il bimbo non riuscì  reprimere un ghigno di soddisfazione –Ma a me non interessa quello che pensa quella lì, io so di essere il migliore-
-Ma lei dice che il piccoletto ti batterà…-
-Ahaha non farmi ridere…-
-…-
 
-Parto Genshj-
-E dove vai?-
-In America-
-Ed è lontana?-
-Sì-
-E tornerai presto?-
-Non tornerò più-
-Perché Tsunami?-
-Non lo so, l’hanno deciso mamma e papà-
-Io ti aspetterò-
-Ma io non tornerò-
-Tornerai Tsunami-
-…-
-Tornerai..- bisbigliò Clarice sfinita – tornerai…- il fioco suono della sua voce la fece sussultare e lacrime amare iniziarono a scendere lungo le gote esangui, lente scie di angoscia repressa, inesorabili testimoni di un dolore solitario, magico balsamo in grado di dissolvere pian piano il velo di torpore che l’avvolgeva.
Quando la vita tocca il fondo, quando anche l’ultima parvenza di speranza si allontana, una mano, giunta da chissà dove, ci invita a rialzarci…
-Tornerai Tsunami-
Clarice, stremata nel corpo ma soprattutto nella mente, fece uno sforzo sovrumano per non perdere coscienza davanti alla piccola mano di un bimbo di dieci anni, tesa verso di lei. Due occhi neri e infantili la supplicavano di afferrarla e di risalire da quell’abisso che vorace la stava inghiottendo.
-Prendere o lasciare Tsunami…che farai?- mormorò alla luna e alle stelle mute testimoni di quel dolore straziante. Clarice sprofondò in quello stato tra coscienza e oblio, dove il confine tra fantasia e realtà cessa di esistere, iniziando un dialogo immaginario con il suo ricordo…
-Tornerai…-
-Tornerò? Ma io non sono più quella bimba innocente Genshj…se sapessi cosa sono diventata…-
-Tornerai..-
-Genshj ciò che io tocco marcisce. Ho seminato solo morte e vergogna intorno a me…non voglio infettare anche te… -
-Tornerai-
-No.. .non insistere … e poi tu non sarai neanche lì … ho letto che sei in Europa…Francia... no forse Germania…non me lo ricordo neppure. Ma so che ora sei veramente un fenomeno per tutti…non solo per me..-
-Non temere io ci sarò sempre per te-
-GENSHJ!-
Non fu più un impercettibile sussurro avvolto dal manto silenzioso della notte, ma un urlo struggente che, come una sciabolata, squarciò finalmente del tutto quella coltre opprimente che le avvelenava l’anima. Mossa da un’energia faticosamente, ma saldamente ritrovata, Clarice uscì di corsa dalla stanza, precipitandosi in fondo al corridoio.
In pochi attimi raggiunse la camera della madre spalancandone la porta con foga –Mamma!- chiamò la ragazza mentre la genitrice balzava a sedere sul letto togliendosi con un sussulto la mascherina antietà dagli occhi.
La ragazza fissò il volto confuso della madre, tolta quel brusco modo al pacifico sonno in cui era immersa, ignara che a poca distanza, la sua unica figlia aveva sostenuto e vinto per un soffio una dura battaglia con la morte.
-Clarice…cosa…-
-Voglio tornare a casa mamma!-
-Ma sei a casa Clarice… cara- replicò la donna con tono cauto, temendo che la figlia fosse impazzita del tutto.
-No mamma a casa … in Giappone!-
 
NOTE:
ANTLIA e CARINA: sono due costellazioni dell’emisfero Australe
GENSHJ: ( trad.) fenomeno
TSUNAMI: (trad.) maremoto, onda anomala 
  
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